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Autore: Derectum    30/08/2012    0 recensioni
Una full novelization (novelizzazione) personale ispirata alla storia del sesto capitolo Final Fantasy.
Dopo il ''Mataisen'', la Guerra dei Magi, il Mondo dell'Equilibrio ha perso e dimenticato l'esistenza della magia. Il mondo è immerso nell'era della tecnologia, dove l'acciaio e il vapore sostituiscono le spade e gli incantesimi. Quando un regno del sud, l'Impero di Gestahl, inizia a prendere possesso dei territori, alcuni cercarono di contrastare la forza che avrebbe presto conquistato l'intero mondo. Ma vennero abbattuti, ogni forma di resistenza cadde. Qual'è il segreto della sua forza? Tra conflitti, amore e disperazione, una sola persona sarà in grado di salvare un mondo corrotto da bugie e avidità, e riscoprire i valori che distinguono l'uomo dalla macchina.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Locke Cole, Terra Branford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Terra.
...

   
Con un gesto della mano, scostò le tende. La luce del mezzogiorno si espanse sulle mura della stanza. Nella mano destra teneva una tazza fumante piena di un liquido grigio. Sembrava avere un ottimo sapore, poiché l’uomo ne prendeva un sorso ogni tre secondi. Cercava di assumere un’espressione rilassata, ma le urla udite la notte scorsa lo tormentavano ancora.
Guardò fuori dalla finestra. Il sole brillava ardentemente, e non c’era traccia di tempeste in arrivo. Una moltitudine di persone correvano avanti e indietro, cercando di raccogliere cosa poteva essere ancora raccolto. Altri erano impegnati in processi di riparazione, qualche isolato più lontano. Non avevano neanche dato notizia del numero di morti.
Si allontanò dalla finestra, posò la sua tazza vuota sul tavolo, e si allontanò verso la porta d’ingresso. Controllò i movimenti fuori dalla casa, per assicurarsi che nessuno lo avrebbe disturbato.
Lo avevano visto. E lo sapeva. Non ci avrebbero impiegato molto per trovarlo.
Con passi rapidi si avvicinò alla porta della camera da letto. La aprì lentamente, cercando di fare il minimo rumore possibile. Il buio inondava la stanza, ma la luce del corridoio fu abbastanza per illuminare una figura distesa a terra, vicino al letto. Le coperte andavano a piegarsi ogni dove, coprendo per metà, il corpo nudo e indifeso della ragazza.
L’uomo la osservò per pochi attimi, dopodiché aprì del tutto la porta.
-Hai uno strano modo di dormire tu. -
Probabilmente l’uomo si era accorto che la ragazza era sveglia da un po’. In tutta risposta, la figura strinse ancora le coperte, cercando di nascondersi quanto poteva.
-Rilassati. Ti ho solo portato dei vestiti. - L’uomo si avvicinò di pochi passi e sistemò gli indumenti ripiegati sul pavimento, vicino al letto. Poi, senza aggiungere altro, si girò e uscì, chiudendo la porta alle sue spalle.

...
Terra...
La risata echeggiò in tutta la sala. Una risata forte, inquietante, senza alcun tono di allegria. Una risata penetrante, capace di raggelare il sangue. Ma non era solo questo. No, c’era molto altro.
Poiché quando il coraggio abbandonava le tue forze, quando la tua essenza veniva consumata attraverso i tuoi sensi, riuscivi a vedere tra le note...
Il dolore.
Dolore tra le fiamme.
L’uomo stava celato tra le ombre. Continuava ad osservare. E a ridere.
Ogni volta che i corpi carbonizzati cadevano sul freddo pavimento, ogni volta che un urlo veniva soffocato dalle fiamme, ogni volta che loro guardavano, e non capivano. Ogni volta, lui rideva.
Terra.
...


L’uomo era nuovamente davanti alla finestra. La terza tazza contenete il liquido grigio in mano. L’attesa lo innervosiva. Dopo pochi minuti, tirò un sospiro di sollievo.
-Buongiorno. - disse senza girarsi.
La ragazza stava in piedi sull’uscio della porta. Le mani appoggiate alla parete, pronta a scappare a qualsiasi segno di pericolo. Indossava un corpetto rosso scuro, associato a due lunghi polsini e stivali dello stesso colore. Le gambe erano coperte da una calzamaglia bianca decorata in alcuni punti, da piccoli e rotondi simboli di rose. I capelli mossi verdeggianti, ricadevano sulle spalle.
-Spero che ti piacciono. Non ho trovato molto altro. -
L’uomo si girò stavolta, sorseggiando dalla sua tazza. Era un uomo alto, robusto, sulla cinquantina. Capelli biondi corti, ed un espressione rassicurante sul volto.
-Io sono Arvis, piacere. - Si avvicinò al tavolo prendendo tra le mani un’altra tazzina che preparò da riempire con lo stesso liquido grigiastro. -Hai sete per caso? -
-Dove sono? - chiese la ragazza. Sembrava quasi gridarlo. Il suo sguardo si muoveva in fretta, analizzando i particolari della stanza. Un forno, ed un lavandino in un angolo. Piatti e bicchieri ordinati sopra un mobile, in alto.
-A casa mia. Ti ho trovata la notte scorsa, in un angolo di una stradina, mentre tornavo a casa. Eri priva di coscienza, così ti ho portata da me. Hai dormito per un giorno intero. -
La ragazza prese un attimo per rispondere, insicura di doverlo fare.
-Ho mal di testa. -
-Sì. Lavori per l’Impero no? -
-Cosa? -
-La notte scorsa, la città è stata attaccata da tre soldati Magitek. Giudicando dalla tua uniforme, o meglio dire, quel che ne era rimasta, tu eri una di loro. -
Non rispose. Si portò una mano alla fronte, cercando tra i pensieri.
-Io... Io non lo so. -
-Non ti ricordi niente? -
-No. -
Arvis la squadrò per un attimo. Il suo sguardo si fermò sui suoi occhi, cercando di capire se parlava la verità o meno.
-Perdita di memoria? -
La ragazza non rispose.
L’uomo si avvicinò di qualche passo, con la tazza fumante in mano.
-Come ti chiami? -
Osservò il liquido e il vapore che emanava per qualche secondo, poi rispose.
-...Terra. -
-Allora non hai una perdita di memoria. -
Terra indietreggiò di qualche passo.
-Rilassati. Non ho intenzione di farti del male. -
-Non riesco a ricordare altro. E’ la verità! - gridò lei, spaventata.
-Va bene, va bene! Ti credo, ma cerca di calmarti. -
Non disse altro. Gli occhi fissi sull’uomo davanti a lei.
All’improvviso, un forte rumore fece trasalire entrambi. Tre colpi alla porta seguiti da una voce maschile. -Guardia cittadina! Aprite! -
Arvis posò la tazza sul tavolo, e si avvicinò velocemente alla finestra. Erano in tre, armati.
-Maledizione. - girò la testa verso la ragazza, che ora sembrava più sconvolta di prima.
-Siamo qui per il pilota del Magitek imperiale! Aprite! - continuò la voce fuori dalla porta, continuando a bussare con più forza.
-Magitek...? -
-Non c’è tempo per spiegare, vieni con me! -

Fuori dalla piccola abitazione, mentre ognuno prendeva parte nei propri impegni, un resoconto di quanto accaduto la notte precedente si stava discutendo in un’abitazione poco lontana.
-La città non ha più possibilità di dichiararsi ora neutrale. E sarebbe inutile opporci all’Impero. -
Due persone stavano osservando attentamente una mappa disposta su un lungo tavolo, in legno. La stanza era riscaldata dalle fiamme di un camino. Uno dei due si staccò dal tavolo, dirigendosi verso il focolare. L’altro indicò con l’indice un punto sulla mappa, riprendendo il discorso.
-A sud c’è Figaro, fedele all’Impero, e a ovest, oltre le montagne, c’è Kohlingen, neutrale. Abbiamo mandato un messaggero che arriverà tra pochi giorni. Però... - si bloccò cercando con lo sguardo una qualsiasi reazione. Ma la persona di fronte a lui non sembrava farci caso, essendo molto più impegnato a riscaldarsi le mani. -...signore, da quando l’Impero ha messo le mani su tecnologia magica, niente è più riuscito a fermarlo. I Magitek possiedono forze con cui noi non possiamo competere. -
-E che cosa proponi? - parlò ad un certo punto.
-Penso che lei lo sappia. -
-L’esper? -
-Non hanno perso tempo con le trattative, non hanno fatto alcuna domanda. Hanno cercato di prendere con la forza ciò che volevano senza neanche discutere. -
-E quindi, vorresti che consegnassimo l’esper al’Impero, con la speranza di salvare la città? -
-Naturalmente sì. -
L’uomo sorrideva. Osservava le fiamme attraverso occhi stanchi e provati. Alla sua età anche una cosa priva di importanza come la luce di un fuoco riusciva a suscitare in lui nuove emozioni, ogni volta. Emozioni e ricordi.
-Signore...? -
-Lo sai... - rispose dopo qualche secondo. -...da piccolo, mio nonno continuava a raccontarmi storie. A quel tempo ero troppo giovane e sciocco per capire, ma ora... -
-Signore, dovremo prendere una decisione in fretta. -
-...basta guardare intorno. Dopo la guerra il mondo è cambiato così tanto. - sembrava intento a continuare il suo racconto, così il sovrintendente non riprese più parola.
-La nostra forza sta ora nel freddo acciaio, e nel vapore ardente. Fame, discriminazione, povertà. Il desiderio dell’uomo non ha più importanza. Tutto ciò che conta, è il potere. E l’Impero di Gestahl è l’incarnazione dell’avarizia. -
Il vecchio si alzò, continuando a fissare le fiamme.
-L’esper non ci appartiene. Se sarà sua volontà appartenere all’Impero, nessuno di noi si opporrà. -

-Di qua! - Con un colpo, Arvis spalancò una porta bassa e stretta. Il freddo iniziava già a penetrare da fuori. Terra era a fianco a lui, immobile, le mani appoggiate davanti al petto.
-Devi andartene, Terra. Segui questa strada, e poco dopo ti troverai accanto alle montagne, prosegui dritta e... -
Ma la ragazza non lo sentiva nemmeno per metà. Ogni due secondi condivideva lo sguardo con lui, poi tornava a fissare la porta, non sapendo come gestire la situazione.
-Terra, mi stai ascoltando?! -
Altri colpi alla porta d’ingresso. I soldati stavano perdendo la pazienza.
-Ascoltami... - Arvis appoggiò le mani sulle spalle della ragazza, offrendole uno sguardo sincero e supplichevole. -...non devi farti trovare qui da loro, hai capito? Non capirebbero e non ascolterebbero. Segui questa strada, ti porterà fuori città. -
Annuì due volte, facendo due timidi passi fuori dalla casa. Confusa e spaventata, continuava a guardare l’uomo che a sua volta la intimava di correre. Al contatto con la neve sulla sua pelle, s’immobilizzò ancora.
-Di là! - Una voce in lontananza, accompagnata dall’abbaio di un cane. Probabilmente i soldati si erano accorti, i passi erano sempre più vicini. Dopo pochi secondi, Terra guardò un ultima volta verso Arvis, poi scattò in avanti seguendo la strada, e cercando di ricordare le istruzioni.
Inciampò un paio di volte, ma continuava a proseguire più veloce che poteva, mentre le voci e i rumori si avvicinavano ancora. Il freddo rallentò presto la sua corsa, ma lei non sembrava voler rinunciare tanto facilmente. Appena i suoi piedi toccarono il legno di un ponte sospeso, si fermò. Altri cinque soldati la avvistarono, quindi imboccarono la strada per raggiungerla, unendosi al primo gruppo. Non sapendo che cos’altro fare, la ragazza riprese la sua corsa, superando il ponte e lasciandosi le case di Narshe alle spalle. Si ritrovò, come aveva detto Arvis, di fronte alla roccia della montagna. Spostò lo sguardo in direzione della strada appena percorsa.
-Di qua! Sbrigatevi! - fu il comando del capitano. I soldati lo superarono in fretta, percorrendo il ponte in legno, verso la ragazza. Lei fu veloce a notarli, quindi si voltò e proseguì la corsa. Si ritrovò nuovamente sul freddo bianco, percorrendo ancora la strada accanto alla parete rocciosa. Finché non fu sicura di aver trovato un’entrata. Una delle caverne usate dai minatori le sembrava un posto decisamente più sicuro che restare fuori sotto gli occhi di tutti. Ma il pericolo era ancora presente, lo sapeva.
La stanchezza e la paura ebbero la meglio dopo qualche altro metro. Si girò in cerca degli inseguitori, senza ricevere alcuna conferma della loro presenza. Forse adesso era al sicuro. Ma che cosa avrebbe fatto? Era sola, senza un posto dove andare, o tornare.
Una voce squarciò i rumori dei suoi tormenti.
-Eccola! Di qua! -
Quando si accorse fu troppo tardi, cinque soldati entrarono da un’apertura nella roccia, qualche metro sopra la sua testa. Altri sei comparirono dietro di lei, bloccando qualsiasi possibilità di scampo. Terra si ritrovò accerchiata da tutte le parti. Lentamente indietreggiò finché la sua schiena non trovò la roccia.
-E’ finita, maledetto Imperiale! - gridò uno dei soldati, mentre gli altri le puntarono addosso le armi da fuoco.
Avrebbe voluto gridare. Gridare che lei non c’entrava niente, che non sapeva nulla e voleva solamente essere lasciata in pace. Ma le parole erano prive di suono. Osservava i soldati uno per uno, e per un attimo si chiese se sarebbe stato opportuno cercare di resistere, di difendersi.
In quel momento la sua mente traboccava di pensieri, e forse fu proprio in quella struttura labirintica a formarsi. Qualsiasi cosa fosse, nell’istante successivo, i soldati si bloccarono. Per un attimo il terreno sotto i loro piedi sussultò, poi comparirono i primi segni. Probabilmente si accorsero, poiché abbassarono le armi e controllarono il terreno con lo sguardo. In una frazione di secondo le fratture si allargarono, facendo crollare la parte di terreno intorno alla quale erano tutti radunati. Terra cercò di afferrare la roccia ma si ritrovò senza alcun appoggio, precipitando tra l’ammasso di fango e polvere, verso l’oscurità. Lanciò un grido spento cercando forse aiuto tra coloro che, date le circostanze, erano suoi nemici. Ma i soldati non si ripresero abbastanza in fretta, alcuni sostenevano altri per non cadere, mentre la maggior parte non riusciva ancora a capire che cosa stava succedendo.
La distanza aumentava, le mani andavano a cercare un rilievo da ogni parte. Un gesto involontario, poiché in una simile situazione sarebbe stata troppo sconvolta persino per respirare. Il suo fianco colpì la pietra, poi un altro colpo ancora, e la sua vista si oscurò. Ora priva di coscienza, il suono del suo corpo che graffiava l’aria, la pietra, le sembrava di risentire ancora. Ancora, la risata di quel tempo.

...
Terra, non è così?
L’uomo si avvicinò, il suo volto ora illuminato dalla luce del neon. Le sue strane caratteristiche davano un significato alla sua diabolica risata. La pelle completamente bianca, gli occhi socchiusi, cerchiati da una pittura rossa. Il colore sembrava dividersi in più tendini, ricoprendo anche una parte della sua guancia. I due ragni scarlatti e il suo ghigno inquietante, che Terra avrebbe per sempre ricordato.
-Tu sei la mia più grande arma, ragazzina. Tu sei in grado di fare ciò che gli altri non possono nemmeno sognare. Non dimenticartelo! -
La sua risata spezzò l’immagine di una ragazzina di appena diciotto anni con l’insieme di corpi carbonizzati alle sue spalle.
Il vento sulla sua pelle le intimò di alzare lo sguardo. Soldati e persone erano di fronte a lei. Più in là, un uomo alto e robusto stava di schiena, con le braccia spalancate. Indossava una veste lunga e scura, i capelli sciolti e impalliditi dal tempo, come la barba. Sotto il ponte di ferro, un centinaio di persone erano in piedi con lo sguardo fisso su di lui. Quando iniziò a parlare, la sua voce roca e forte penetrò nell’animo di tutti. La paura era evidente sui loro volti.
-Popolo dell’Impero! Siamo all’alba di una nuova era! Il potere perduto della magia è tornato a noi! Noi siamo i prescelti! -
Magia? Leggende di tempi mai esistiti.
-Abbiamo finalmente la possibilità di cambiare il mondo! Di trasformarlo, secondo la nostra volontà! Di renderlo un posto migliore, per tutti noi! Perché non lavorare insieme? Come le tre divinità agirono insieme per creare il mondo, anche noi, insieme, possiamo cambiarlo! -
-Lunga vita all’Imperatore Gestahl! - fu il grido di uno dei soldati, seguito poi anche dal popolo, in un tono debole, forzato.
Una mano toccò la spalla della ragazza.
-Non temere, mia piccola strega. Andrà tutto bene. Con il tuo aiuto, l’intero mondo sarà ai nostri piedi. -
...


-Ne hai messo di tempo. -
Con un’espressione preoccupata di cui non riusciva a liberarsi, Arvis stava seduto al tavolo, con la sua tazzina tra le mani. Era vuota già da un paio di ore.
Dietro di lui, un ragazzo era appoggiato alla porta, con le braccia incrociate.
-Sarai stato occupato con furti e saccheggi da quattro soldi, giusto? -
-Io preferisco il termine ‘’cacciatore di tesori’’. - affermò il ragazzo con un sorriso. Aveva capelli castani arruffati che spiccavano da sotto una bandana decorata con diversi motivi dai colori più brillanti. Il busto era ricoperto da una giacca blu e nient’altro. Infatti cercava di nascondere il tremito dei suoi denti quando parlava. Sicuramente non era l’abbigliamento più adatto per il clima di Narshe.
-Ha! Spiritoso come sempre eh? -
Arvis si voltò verso il giovane cercando di ricambiare il sorriso.
-C’è una grande differenza sai! - precisò lui, agitando la mano per scacciare l’argomento, e forse cercare di riscaldarsi. -Comunque, perché mi hai chiamato? -
Si prese un attimo per rispondere, insicuro di come formulare la frase.
-Ho... trovato la ragazza. -
Il sorriso sul volto scomparve. Il ragazzo fece un passo in avanti.
-Non starai mica parlando di...?! -
-Sì, la guardia cittadina la sta inseguendo proprio in questo momento. -
Arvis si alzò, portando la tazzina vuota sul lavandino. -La città possiede la forza necessaria per opporsi all’Impero, ma non la userà. E la gente è troppo testarda per unirsi a noi. - Prese un momento per cercare un altro barattolo contenete la polvere grigia, poi versò l’acqua dentro una pentola, mettendola sul fuoco. -Ho persino cercato di spiegare loro, che la ragazza era sotto il controllo dell’Impero, ma non mi hanno dato ascolto. -
-Ho capito. Vuoi che la porti fuori da Narshe? -
-Ho cercato di darle le spiegazioni necessarie, ma temo che non se la caverà da sola. Trovala, e insieme, dirigetevi a Figaro. -
-Nessun problema, vecchio! -
La finestra aperta, il ragazzo stava pronto a scattare fuori.
-Potrei consigliarti di usare la porta? -
-Le signore non devono temere alcun pericolo quando Locke Cole, il cacciatore di tesori è nei paraggi! - pronunciò, ignorando il commento di Arvis.
Un balzo e la sua sagoma si dissolse nella neve, fuori dalla casa.
  
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