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Autore: Vandel    31/08/2012    0 recensioni
iniziano le avventure di un giovane ragazzo di 19 anni che per forza di cose è stato inserito nel mondo del giallo e dei polizieschi diventando lui stesso, quasi senza accorgersene, un ottimo detective da far invidia persino a quelli più esperti. dal passato oscuro, che verrà svelato man mano, Lucas dovrà affrontare grandi problemi personali insieme a suo cugino Eric e ad un agente di polizia di nome Dwane. siamo solo all'inizio del mito...
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Lucas scese dal treno con le valigie alla mano. Finalmente un po’ d’aria fresca! Respirò a lungo un’ aria macchiata dallo smog. Era finalmente giunto a Roma. Alzò gli occhi al cielo e incrociò una luna piena e candida, che brillava sovrana nel cielo notturno privo di nuvole. C’era qualcosa di magico in quella luna, Lucas lo aveva sempre detto. Aveva il potere di calmare l’animo, oltre quello, molto più poetico, di guidare i viaggiatori nella notte. “Stessa meta, stesso destino, diceva qualcuno…”. Una voce da dietro riscosse il ragazzo. Quando si voltò riconobbe il tizio seduto davanti a lui nel vagone ristorante, quel tale Dwane. Lucas sbuffò: ancora lui! “Te la sei cavata egregiamente in treno, però dovresti passare per la deposizione domani” continuò il tizio poggiando un braccio attorno alle spalle del ragazzo. Lucas assunse un espressione confusa mentre cercava di divincolarsi da quell’eccesso di confidenza che l’altro si era preso. “Non dirmi che un detective bravo come te non se n’è ancora accorto…” sorrise Dwane vedendo crescere la confusione sul volto di Lucas. Poi l’uomo estrasse dalla tasca qualcosa che mostrò al ragazzo. Era un distintivo da poliziotto! “Sei…sei uno sbirro!” esclamò Lucas strabuzzando gli occhi. “Già, quando mi hai fermato non volevo davvero andare al bagno, ne tantomeno fuggire. Andavo in camera a prendere i ferri del mestiere!” continuò Dwane con aria da superiore “A proposito, bravo davvero! Dove hai imparato?”. Lucas abbassò lo sguardo: “Non è importante…”. Dwane lo guardò incuriosito: “Non ami il tuo passato? Mi incuriosisci ragazzo!”. Non ebbe il tempo di dire altro che una macchina della polizia inchiodò davanti ai due. Ne uscì un poliziotto che dopo averle prese, sistemò le valigie di Dwane nel portabagagli. “Domani passa in centrale per la deposizione” disse quello entrando in macchina al posto del passeggero “Mi raccomando, ci conto” concluse strizzando l’occhio. Poi l’auto ripartì e sparì così come era comparsa. Lucas guardò l’auto allontanarsi, per poi accorgersi che un’altra ne arrivava. Era un panda verde scuro e si fermò a pochi passi da lui. Ne uscì un ragazzo dai capelli castani e arruffati, alto e vestito di una giacca sbottonata in più punti. “Eric!” sorrise Lucas alla vista del cugino, che non vedeva da tempo. I due si abbracciarono sinceri e sorridenti. “Hai tante cose da raccontarmi!” esclamò l’altro “Intanto però andiamo a casa”. Provò a prendere la valigia, ma dovette dargli una mano Lucas per farla entrare in macchina. Salirono anche loro e l’auto si mise in moto. “Ora sei più alto di me?” scherzò Lucas. “Era ora! Ho due anni in più!” ribattè l’altro sorridente. Poi l’aria si fece seria all’improvviso quando Eric disse: “Piuttosto, ho saputo della tragedia. Tu come stai?”. Lucas trasalì, poi abbassò lo sguardo. “Vorrei non pensarci, per quanto possibile. Ora sono qui, sono con te, abbiamo tanto di cui parlare…”. “Hai ragione! Facciamo che non ne parliamo più!” interruppe Eric “Quando ti mostrerò Roma, Milano sarà solo un ricordo, vedrai!”. E passò così il viaggio, tra i ricordi di quando da bambini giocavano insieme alle avventure che Eric aveva avuto una volta partito da Milano. Arrivarono a casa e Lucas si sistemò, stando molto attento a non svegliare la cugina (sorella di Eric) che dormiva nella stanza accanto. “Così dovrebbe andare, poi domani svuotiamo le valige” esclamò Eric una volta finito il letto per il cugino. Lucas annuì e si lanciò sul suo letto, rimbalzando per poi fermarsi con le braccia larghe. Quel gesto fece sorridere i due. “Ah, un ultima cosa!” esordì Lucas mentre il cugino entrava nel proprio letto “Puoi indicarmi la strada per la centrale di polizia. A quanto pare domani dovrò svegliarmi presto”. Eric lo guardò sorpreso: “Cos’è successo?”. “Ma niente” rispose Lucas assonnato “Domani te lo dico, ora dormiamo che sono esausto”. “Sempre stato un tipo misterioso, mio cugino!” sorrise Eric alzando le coperte “Buonanotte!” “Buonanotte!”. Detto questo anche l’ultima luce sul comodino fu spenta. Lucas sbadigliò, alzando lo sguardo. L’imponente centrale di polizia si ergeva davanti a lui mentre si avviava all’ingresso. Non ci mise molto a trovare l’ufficio di Dwane. A quanto pare, lì dentro era abbastanza famoso. Quando il poliziotto lo vide, lo accolse con un sorriso e scansò le carte a cui stava lavorando. “Prima iniziamo, prima finiamo!” esclamò sottoponendo al ragazzo un foglio da compilare. Mentre Lucas scriveva, il poliziotto lo guardò con insistenza. “Che c’è?” si stupì Lucas. “Stavo pensando che già che sei qui, potrei sottoporti un caso…” rifletté Dwane. “Non mi piace fare il detective!” sbuffò Lucas. “Però ti riesce bene! Molto meglio di chiunque altro qui dentro!” affermò l’uomo, prendendo un postit giallo dalla scrivania e leggendone il contenuto. “Si, si, mi servi!” disse alzandosi “vieni con me!”. Poi afferrò la giacca dall’attaccapanni e aprì la porta, facendo strada al ragazzo che dopo aver alzato gli occhi al cielo sbuffando, si alzò per uscire con il poliziotto. “Dai che ci divertiremo!” sorrise quello chiudendo dietro se la porta del suo ufficio. Durante il viaggio in macchina, i due ebbero il tempo di parlare. “Ascolta bene perché non lo ripeterò” esordì Dwane “ieri notte è avvenuto un omicidio in un albergo poco fuori città. C’è una testimone che giura di aver visto l’assassino fuggire da una finestra dopo aver sparato alla vittima”. Lucas ascoltava attentamente senza far domande. Poi l’albergo iniziò a farsi vedere. Si componeva di molti piani e aveva il tetto a spiovente. Tutto intorno era recintato. Il poliziotto alla guida stava per entrare nel parchetto privato dell’hotel quando Lucas lo fermò: “Se possibile vorrei prima sentire la testimone”. Il poliziotto guardò Dwane che gli fece un segno d’assenso. Dopo di chè, svoltarono dalla parte opposta, arrivando nella casa di fronte l’hotel. La donna che si presentò quando bussarono era sulla cinquantina d’anni, con capelli neri raccolti dietro la nuca. Era bassa e abbastanza cicciottella. Quando Dwane mostrò il distintivo si trovò disposta a rispondere alle domande del giovane Lucas. “La finestra dalla quale quell’uomo è uscito è quella del secondo piano” disse la signora indicando il punto “Era agile e snello, mi sembra. Era molto buio…”. “Non importa. Mi dica piuttosto se ha sentito qualcos’altro prima?” domandò Lucas da vero esperto. La donna non esitò a rispondere: “si, si è sentito chiaramente uno sparo”. “Uno solo, signora?” “Si, lo hanno confermato anche altri condomini” si intromise Dwane leggendo da un rapporto “è qui che la faccenda si complica!”. “Una cosa per volta” lo fermò Lucas, alzando una mano. Il ragazzo era immerso nei suoi pensieri. “lo ha visto fuggire una volta a terra?” chiese poi alla donna. Quella scosse la testa: “Mi dispiace ma era buio e non sapevo…non ho visto nient’altro. però non ho sentito altri rumori se non quello del poliziotto che chiamava aiuto…” “Poliziotto?” si stupì Lucas. “Stavo appunto dicendo” interruppe Dwane “che uno dei nostri uomini ha assistito all’omicidio”. “Grazie signora, è stata utilissima” sorrise Lucas, congedando la testimone. “Voglio parlare con il poliziotto” disse poi, tornando alla macchina con il compagno poliziotto. “C’è un ulteriore problema” aggiunse Dwane mentre attraversavano la strada “l’arma del delitto, ovvero la pistola, non si trova. Eppure abbiamo cercato dappertutto”. “Ok, credo sia arrivato il momento di vedere la vittima!” cambiò idea Lucas, volgendo all’Hotel. La vittima era una donna, a prima vista sulla trentina, con lunghi capelli biondi sciolti. Il suo corpo era stato ritrovato nella camera, da lei affittata, in condizioni orribili. Presentava segni e ferite in quasi tutto il corpo e i suoi vestiti erano a brandelli. Per metà era nuda, si intravedevano chiaramente le sue forme. Inoltre, come se non bastasse, all’altezza dello stomaco aveva la ferita causata dal proiettile. Lucas inizialmente inorridì, poi si mise a pensare. La cosa era parsa subito strana. Perché i segni della colluttazione se l’assassino aveva una pistola? Perché non freddarla subito? Ne aveva avuto il tempo di ridurla così dopo averle sparato. Lucas si portò due dita sulla tempia, come faceva quando doveva concentrarsi. La stanza presentava un balcone parallelo alla porta d’entrata. Poi un bagno sulla sinistra e un letto a due piazze sulla destra. “Lucas, c’è il poliziotto che ha assistito all’omicidio” esclamò Dwane entrando con un collega. Quello si presentò e poi spiegò la dinamica: “Ero in giro per l’albergo a controllare come faccio ogni notte, quando ad un certo punto ho visto la porta aperta di questa camera. Ho sentito la donna urlare di lasciarla stare, così mi sono avvicinato. Ho visto mentre voleva violentarla e così sono intervenuto! Ho sparato un colpo di avvertimento, al che l’uomo si è spaventato ed è fuggito. Però era buio, non saprei dire ne come fosse d’aspetto, ne dove sparì. La luce della stanza era spenta”. Lucas sgranò gli occhi. Aveva captato qualcosa in quel racconto che non quadrava. “Ha sparato un colpo di ammonimento? E dove?” chiese allora. “bè, alla mia destra, vedendo loro davanti alla porta e non potendo sparare in alto, ho sparato alla loro destra, nella stanza”. Rispose il poliziotto a quella che sembrava una domanda strana. Lucas tornò a riflettere. La signora della casa di fronte ha giurato d’aver sentito un solo sparo, che probabilmente doveva essere stato quello. In più il tipo uscito dal balcone, non poteva avere la pistola, il che significa che l’aveva posata da qualche parte prima. Però nella stanza non ce ne è neanche l’ombra. Allora perché la vittima si ritrovava una pallottola nel petto? Lucas uscì nel balcone mentre i poliziotti erano impegnati ad esaminare il corpo. Dopo una piccola ringhiera c’era il nulla. Si cadeva di sotto. Eppure l’assassino era riuscito a fuggire da lì. Il ragazzo scrutò un attimo i movimenti, poi saltò dietro alla ringhiera aggrappandosi con le braccia ad essa. “Hei, ragazzo!” “Lucas!” Dwane e il poliziotto accorsero per vedere cosa stava facendo quel folle ragazzo. Lucas però non li considerò. Allungò un piede ed arrivò quasi a toccare la ringhiera del balcone di sotto. “si” esclamò poi “Qualcuno più alto di me lo avrebbe potuto fare!”. L’assassino era ancora nell’hotel, non era fuggito, era semplicemente tornato in camera sua, al piano di sotto, passando per il balcone. Lucas si sollevò, tornando di sopra, poi comunicò la cosa a Dwane. “ci avevo pensato anche io sai?” disse quello, mandando a chiamare da due agenti l’inquilino di sotto. Poco dopo essi tornarono con l’uomo che si dibatteva. “Lo sparo l’ho sentito eccome!” rispose alle interrogazioni colui che per ora era l’assassino “sono fuggito spaventato, senza pensare! Ma non ho ucciso quella donna! Ve lo giuro!”. Mentre Dwane e gli altri poliziotti lo stavano interrogando, Lucas si toccò la tempia. Forse aveva capito…anzi, sicuramente era andata così! Il quadro generale era chiaro ormai, però…mancava ancora qualcosa. Pensieroso, vagò per la stanza, in cerca di quel qualcosa. Tornò sulla porta, da dove il poliziotto aveva visto i due che lottavano, per capirci di più. Dovette coprirsi gli occhi però, perché la luce entrava potente dai grandi finestroni della stanza. Abbassando lo sguardo, Lucas notò le ombre dei poliziotti sul muro, com’era normale, visto che era mezzogiorno e il sole era bello alto, nel pieno del cielo. Stava per rientrare senza un nulla di fatto quando sgranò gli occhi. Impossibile! Si disse, eppure aveva trovato quel qualcosa che mancava. Era andata proprio così! “Ho capito!” esordì a gran voce, facendosi notare da tutti i presenti. “Questo non è omicidio…almeno credo” iniziò “partiamo dal principio: quest’uomo era in camera della vittima e la stava violentando”. L’uomo fra i poliziotti abbassò la testa, colpevole. “Però, non è lui che l’ha uccisa. È scappato prima, come dice. La cosa strana fin da subito era che la testimone ha sentito un solo sparo, eppure i proiettili dovrebbero essere due, visto che anche l’agente ha sparato un colpo di avvertimento. E Il motivo per cui la pistola dell’assassino non si trova è che…non esiste! Ad uccidere questa donna è stato proprio quel proiettile di ammonimento!”. Il gelo cadde nella stanza. “Non…non è possibile” esclamò poi il poliziotto che aveva sparato “io…li ho visti chiaramente alla mia sinistra mentre ho sparato a destra!”. “Anche questo si può spiegare” riprese Lucas “con un subdolo gioco di ombre!”. La confusione si dipinse sui volti dei presenti, al che, il ragazzo continuò a spiegare: “quei grandi finestroni ora stanno facendo entrare la luce del sole, vedete? Le vostre ombre sono proiettate sul pavimento” poi Lucas si spostò sulla porta “Ecco, da questa posizione, vi posso assicurare che quelle ombre sembrano i vostri corpi reali!”. Dwane sgranò gli occhi, cominciava a capire. “Il poliziotto che veniva da lì, ha scambiato le proiezioni per le persone che lottavano e ha sparato a destra, dove effettivamente erano i due!” esclamò portandosi le mani sulla testa, incredulo. Il poliziotto che aveva sparato, si lasciò cadere in ginocchio, con gli occhi spenti. Aveva…ucciso una persona. “La notte non l’ha di certo aiutato…” aggiunse Lucas che si sentiva un po’ in colpa per aver scoperto la verità. “Infatti!” si intromise Dwane, che non riusciva davvero a rassegnarsi “Ora è giorno, ma di notte non c’è una fonte di luce grande quanto il sole! Come è possibile proiettare delle ombre se lo hai detto anche tu, la luce della stanza era spenta?!”. “Pensaci bene” suggerì Lucas “non c’era niente ieri sera che potesse produrre così tanta luce?”. Dwane rifletté un attimo, poi sgranò gli occhi e abbassò lo sguardo, sconsolato, ripensando a quando era uscito dal treno: “La luna piena…”. Era andata veramente così. Quello sfortunato poliziotto aveva ucciso quella donna, nel tentativo di salvarla. Com’era assurdo il fato! I due uomini furono portati via, tra il clamore dei presenti. Uno accusato di stupro, l’altro di omicidio colposo. I provvedimenti per i due verranno discussi in caserma. Così almeno aveva detto Dwane mentre riaccompagnava Lucas a casa. Per quello non gli piaceva fare il detective, alla fine di un caso si sentiva uno straccio e un verme. Non era per lui, quella vita!
  
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