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Autore: reggina    02/09/2012    3 recensioni
Espansione della scena iniziale di "Fear Itself". La paura in una bocca della verità particolare che somiglia ad una grande lavatrice.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una grande lavatrice aperta pare la macchina per le T.A.C.


Scruta e lava. Scopre le macchie.


Schiuma bolle di sapone inesistenti.


Sul lettino mobile sta disteso Colin. In trappola.


Le bolle inesistenti gli tappano il naso, sigillano la bocca, otturano le orecchie, gli prendono l'aria. Soffoca.


Un cestello in movimento sembra il tubo radiogeno che lavora, forma un fascio di raggi che studiano la sua testa. Che capiscono.


"Colin come ti senti? Va tutto bene?"


La voce atona, incolore della radiologa vibra dalla consolle.Quasi diabolica burattinaia come il regista Christof.


-In onda. Senza saperlo.


Spiato e ripreso, come Truman Burbank, da occhi vigili dall'altra parte. Da quella parte dove stanno i sani.


Colin no. Lui deve stare nella grande lavatrice perchè è malato.


Immobile, stringe i pugni.


Soffoca il desiderio di urlare, di far cadere la maschera di coraggio ormai lacera e dirlo. Dirlo che ha paura ed è solo.


 

"Si!"

Una risposta ferma, convinta, rimanda il microfono.

Il coraggio di dire la verità che scolora come scolorano gli affetti più cari in visi estranei per Truman quando scopre la libertà.

"Bene! Abbiamo quasi finito!"

La macchina stride, fastidiosa come il gracidio in un pantano e riparte. Colin sussulta.

Piccolo e nudo. Indifeso, con la camicia sterile e i calzari monouso, nella grande lavatrice che lo spoglia e lo sfoglia come le pagine di un libro.

Paura e voglia di abbandonarsi alla sconfitta si confondono.

Nel pugno, in cui ha stretto la mano, ficca un'unghia nel palmo. Usa il dolore per calamrsi, per combattere la paura.

Oltre il vetro lo scrutano. Il Dottor Brown e suo padre.

La grande lavatice diventa un piccolo acquario. E Colin è il pesce rosso.

Prigioniero nella sua boccia , catturato tra le pareti di vetro.

Senza via d'uscita.

Le bocche si muovono, ingigantite, al di là del vetro. Esaminano e commentano. Parlano di lui.

Colin non vuole sapere quello che già sa. Non vuole pensare.

Un acrostico. Ha reimparato a farli a scuola.

TAC

Trema

Ancora

Colin

Sbuffa con fare minaccioso il mostro dispensatore di sentenze che lo ha catturato nella sua pancia.

Un brivido e poi un calore improvviso. La voce della paura.

Un retrogusto metallico in bocca. Il sapore amaro dell'incertezza.

Un groppo in gola, un dolore astratto. La disperazione di chi ha perso tutto.

Ha perso Bright, l'amico che ha tradito e da cui si sente tradito.

Ha perso Ephram, il compagno di viaggio smarrito come lui nel mondo nuovo.

Ha perso Laynie, la sorella che sa vedere la verità come la grande lavatrice.

Perderà anche Amy, il pilastro che ha sorretto il muro delle sue bugie. Lo sa con la stessa consapevolezza con cui sa che è tutto sbagliato in lui.

Glielo diranno le grandi bocche, ora tornate normali, con parole più facili che quel muro sta crollando, che le sue macerie lo stanno già schiacciando nella precarietà di una vita sempre più in pericolo, sempre più difficile difendere.

-Trema ancora, Colin!

Fermo, immobile. Venti minuti che diventano quaranta.

"Abbiamo finito!"

La centrifuga rallenta il suo movimento vorticoso e si ferma.

Colin, strizzato come uno straccio, non vuole uscire. Non vuole andare nella stanza dei giudici.

La macchina che ha lavato via le sue menzogne sembra quasi un posto sicuro.

Finché resta lì è vivo. Può ancora sperare e negare.

Nulla è immobile, niente è eterno. Tutto passa.

Vorticoso, un capogiro lo stordisce e lo fa vacillare.

Le premure, che tosto lo assistono, lo spaventano.

Il medico lo visita e lo rassicura. Il padre lo aiuta a rivestirsi con calma apparente.

Fingono. Colin lo sa.

Li immagina i rischi, i pericoli troppo pericolosi per plasmare a forma perfetta il miracolo imperfetto che è lui.

Un miracolo a metà che non verrà portato a compimento. A Colin lo hanno già detto.

Glielo ha detto l'espressione avvilita sul volto del medico che vuole osare, vuole provare a salvarlo di nuovo.

Glielo dicono gli occhi assenti di suo padre che cercano di rifuggirlo mentre la mente compone e disfà le parole con cui dovrà raccontare.

Glielo diranno ancora. Sarà la bocca che dovrebbe recitare parole d'amore a distorcersi e a contorcersi, a sputare la sentenza che lo condannerà.

Ripulito. Svuotato.

Come la rana finita un giorno in una lavatrice.

Una leggenda follemente infantile di un'altra vita, di un'altra epoca. Di un altro Colin.

Del Colin innocente che non si spaventava, che non conosceva la paura.

"Torniamo a casa!"

Lontano dall'occhio vigile e indagatore della grande lavatrice.

Lontano dalla piccola boccia, trappola di vetro.

Il ritorno nel mondo sconfinato.

Un mondo senza limiti da affrontare per essere libero.

Ma Colin non è libero, soggiogato dalle catene delle sue bugie.

Torna e sa che presto se ne andrà.

Vive e sa che tutto passerà.

   
 
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