Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: SileaElior    03/09/2012    1 recensioni
"Si prendeva gioco di lei, ma lo faceva in maniera deliziosa."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico, Sovrannaturale
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota: Questo lavoro risale a 5 anni fa, ed è stato già pubblicato in questo sito col mio precedente account, "puffoletta"; adesso, per farlo partecipare a un concorso, l'ho riveduto e soprattutto ho effettuato diversi tagli (avevo una scrittura un po' baroccheggiante a 14 anni). 

GATTINI DI PORCELLANA
 
I gattini di porcellana la fissavano.
I loro occhi immobili puntati su di lei, sulla sua pelle di cioccolato, come lui la chiamava.
I suoi occhi la fissavano. Il vapore del tè le aggredì il volto.
Concentrò lo sguardo sulla tazzina, studiando con ostinazione la fetta di limone che galleggiava placidamente nel liquido ambrato.
Non poteva guardarlo.
Era peccato.
I gattini di porcellana la fissavano.

-Grazie Madeleine.- sussurrò lui e nella sua voce c’era l’ombra di un sogghigno.
Si prendeva gioco di lei, ma lo faceva in maniera deliziosa.
La croce argentata  che pendeva dal suo collo ondeggiava lentamente tra il suo seno; il metallo, colpito a tratti dalla pallida luce lunare creava degli strani effetti ottici.
Immaginò il volto diafano di lui illuminato dalla luna, il suo sorriso malizioso tra le labbra rosee, e un brivido le percorse la schiena.
Con uno scatto rumoroso lui si alzò, la sopraveste di seta porpora aderente al petto magro, i riccioli biondi che gli solleticavano il collo.
Madeleine indietreggiò con un sussulto, il capo chinato a fissare le mattonelle lucide.
L’ultima candela si spense: a squarciare l’oscurità rimase la luce della luna che arrivava nella stanza dalla finestra spalancata, insieme al dolce aroma dell’erba.
-Bel ciondolo, Madeleine.- mormorò avvicinandosi alla giovane.
Tese la mano pallida verso il suo seno, prese il gioiellino, rigirandoselo tra le dita, studiandolo, mentre il luccichio del metallo si rifletteva nei suoi occhi. Ma quando vide che lei evitava il suo sguardo, lasciò andare la croce.
-Madeleine, guardami. Lo so che non vuoi, lo so che ti faccio paura, ma tu sai che se non lo fai, ti rimando dov’eri prima. Sai che non voglio, ma sai che non esiterò a farlo se mi disubbidisci. E tu non vuoi disubbidirmi: preferisci avere tra le mani il mio cibo che il mio cotone. Guardami. Te lo ordino, mia cara Madeleine.-
La ragazza rabbrividì.
Una schiava, né bianca né nera, figlia di una derelitta di colore e di un bianco respinto dalla società, educata al lavoro da schiavi e alla religione cristiana. Una nullità.
Come poteva guardarlo?
I gattini di porcellana attendevano.
La luna li illuminava con la sua luce di latte, erano i protagonisti di una tragica commedia, la stanza il loro palcoscenico, i gattini di porcellana il pubblico.
E Madeleine non sapeva quale fosse la prossima scena, né quale potesse essere il suo ruolo nella storia.
Avvertì un tocco freddo sul mento, e, in un attimo, senza che avesse il coraggio di opporre resistenza, le dita sottili di lui le sollevarono delicatamente il volto.
-Hai dei bellissimi occhi.- disse lui, le labbra dipinte in un sorriso soddisfatto che scopriva una serie di denti bianchi e perfetti.
E Madeleine poteva solo improvvisare.
-Monsieur d’Exue…- balbettò, la voce flebile e delicata.
-Chiamami Luis. Sono troppo giovane e immaturo per essere chiamato per cognome.- fece una pausa teatrale.
Il fruscio del vento che si insinuava tra le fronde degli alberi era l’unico suono udibile.
Madeleine rimaneva immobile, gli occhi puntati verso il vuoto, il respiro smorzato dalla tensione, solo l’uomo sembrava essere perfettamente a suo agio.
Persino i gattini di porcellana adesso sembravano intimoriti.

-Ora, Madeleine, ti ordino di non muoverti.-
Mosse lenti passi intorno alla giovane, fermandosi alla sue spalle. Lei avvertì la sue dita fredde sul collo, ma non si mosse.
Sapeva cosa voleva fare.
Non poteva avere due dei, doveva sceglierne uno.
Superbo, presuntuoso, orgoglioso, quell’uomo si credeva Dio, peccando in una maniera che Madeleine non riusciva nemmeno a concepire.
Eppure trovava una strana logica in quello che faceva.
Eppure lo amava.
-Non hai bisogno di questo.- mormorò Luis, mostrandole il ciondolo che le aveva tolto.
-Tutto ciò di cui hai bisogno è l’amore, Madeleine. Cosa può darti Dio?-
-La salvezza.- e mai la voce di Madeleine era stata tanto ferma e determinata.
-Potrei dartela anch’io.- ribatté Luis con un gesto noncurante della mano bianca. La guardò negli occhi e per la prima volta il sorriso scomparve dalla sue labbra. -Io potrei darti l’amore.-
-La speranza.-
-La ricchezza.-
-Il perdono.-
-Il peccato.-
-La libertà dai peccati.-
-La libertà dalla schiavitù.-
-L’eternità del divino.-
-L’immediatezza della realtà.-
-L’anima.-
-Il corpo.-
Silenzio.
I gattini di porcellana aspettavano.
La macabra soddisfazione delle vittoria nel sorriso sottile di Luis.
L’espressione di turbato sbigottimento sulle labbra di Madeleine.
-Il piacere fisico, Madeleine… Dio te lo può dare?-
Le perle nere di Madeleine si illuminarono di una rabbia innaturale.
-Questa è una bestemmia, Monsieur!-
-E’ una bestemmia solo per chi ci crede, e io non ci credo.- replicò tranquillamente l’uomo, avvicinandosi nuovamente a lei.
Quando le solleticò le pelle Madeleine rabbrividì, e non poté fare a meno di sorridere, chiudendo gli occhi, per un istante isolata da ogni cosa che non fosse lui.
E Luis si avvicinava sempre di più, le sue dita ad accarezzarle delicatamente la schiena.
Quando Madeleine si accorse che i lacci del suo corsetto si stavano allentando si ritrasse di scatto.
-Monsieur…-
-Suvvia, Madeleine. Non devi essere spaventata. Sono molto meno pericoloso del tuo Dio. Lasciati andare.-
-Non è vero. Siete molto più terribile di Dio.-
-Sono più spaventoso di Dio, ma meno pericoloso.-
-E la differenza dove sarebbe?-
-Le donne amano la paura, che è solo la simulazione del pericolo. Non amano il vero pericolo. La paura le eccita, il pericolo fa loro del male.-
-Questo è un discorso senza senso, Monsieur.- ribatté lei incrociando le braccia.
-Tutto di me è senza senso, mon cherié. E’ questa la cosa che più amo di me stesso.-
Madeleine sorrise:- Questo ha senso.-
-Lo so.- ammise lui, punzecchiandosi il mento, improvvisando un’espressione pensierosa; finse di riflettere per qualche istante, poi, con un tono civettuolo che non gli si addiceva, mormorò:- E dimmi, Madeleine, il padrone con la schiava… ha senso?-
Gli occhi dei gattini di porcellana si illuminarono di un luccichio di interesse.

Il fruscio del vento sembrò fermarsi, come volesse udire la risposta della giovane.
Silenzio.
Luis attese pazientemente, il suo solito ghigno ad illuminargli il volto.
-No, Monsieur. Non ha senso.-
Luis non si arrese:- Meglio così, n’est pas?-
Madeleine non rispose alla provocazione.
Chinò il capo, chiuse gli occhi, recitò mentalmente una preghiera.
Era peccato.
Sentiva i suoi passi rimbombare nella sala, il fruscio della sopraveste farsi sempre più vicino.
Avvertì il calore del suo respiro del viso.
-Hai dei bei capelli, Madeleine. E’ un peccato che stiano nascosti nella crocchia, non credi?-
Un altro fruscio.
Una cascata di capelli morbidi le ricadde sulle spalle.
Aprì gli occhi, incrociando lo sguardo di lui; le accarezzò i boccoli scuri, ammirandoli con occhi sognanti.
-Sei bella.- disse con un sospiro.
Non rispose.
Madeleine non amava le parole.
Non le aveva mai amate, da quando, da bambina, le avevano insegnato che per lavorare non c’era bisogno di parlare.
E ora era davanti a Luis, a parlare con gli occhi, sperando che lui capisse, perché era l’unico modo con cui potesse comunicare.
Luis l’aveva capito, e gli occhi scuri di Madeleine dicevano molto più di quanto lei immaginasse.
-Non avere paura dell’amore, Madeleine. L’amore non è peccato.-
L’accarezzò di nuovo, e in quella carezza non vi era traccia di malizia.
I gattini di porcellana capirono che mancava poco.

-Ne siete sicuro?- domandò la giovane con un filo di voce.
-Per quel poco che ho assaporato dell’amore, posso dirti che forse è una delle cose più pure al mondo.-
-Dov’è finito il mio padrone, quello cinico e insensibile?-
Luis sorrise.
-E’ ancora qui, ma credo si sia addormentato.- fece una pausa. -Assaporalo, Madeleine. Assapora l’amore.-
E, un attimo dopo, senza sapere come, senza sapere perché, lo stava assaporando.
Il suo amore sapeva di tè.
Le sue labbra contro quelle di Luis, oppure il contrario, le labbra di Luis contro le sue. Non lo sapeva.
Non aveva importanza.
I boccoli di pece contro i riccioli d’oro.
La pelle di cioccolato contro quella di latte. E la luna, il vento, il profumo di erba, di fiori, di tè.
E l’amore, che per Madeleine non era più peccato.
E l’amore, che per Luis aveva il sapore della vittoria. E un po’ di cioccolato.
Il loro amore, a cui nessun altro avrebbe dovuto assistere, e che invece aveva occhi puntati addosso, occhi che non potevano chiudersi,  e che rimasero lì a guardare.
I gattini di porcellana arrossirono.
 
 

 
 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: SileaElior