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Autore: Verdonica    07/09/2012    2 recensioni
Le emozioni di Amy nel rivedere, per l'ennesima volta, il video che sua madre Jennifer le ha lasciato prima di morire.
Le difficoltà di una ragazza, di una giovane donna, ad affrontare la vita senza la propria mamma vicino.
Perchè diciamocelo: senza la mia mi sarei persa molto tempo fa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Jack McPhee, Jen Lindley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non era assolutamente giornata.
Aveva appena litigato con zio Jack, che suo zio in realtà non era, per cosa, tra l’altro, nemmeno lo sapeva. Ma facevano così loro: periodicamente litigavano per sciocchezze e poi, di punto in bianco, si abbracciavano e tornavano ad essere quelli di prima.
Jack era il suo tutore e, da che avesse memoria, vivevano con Doug, il suo compagno. Tutore perché sua madre era morta quando aveva appena un anno di vita e suo padre, quello stronzo, non sapeva chi fosse e mai avrebbe voluto conoscerlo.
Beh si, Amy odiava quell’uomo che per lei era solo una grande incognita. Aveva mollato sua madre, malata, quando era incinta. Jack non aveva mai voluto dirle nulla, sosteneva di saperne quanto lei, ma Amy non era una ragazza sciocca e sapeva che la teneva appositamente all’oscuro di tutto.
In ogni caso, da quello che le avevano raccontato, i primi tempi aveva vissuto con Jack e la nonna di sua madre, quindi la sua bisnonna. Poi, alla morte della nonna, era sempre stata con Jack: il migliore amico, gay, di sua madre. E da sempre era stata circondata da persone che avevano conosciuto Jennifer quando era in vita, ovvero i suoi amici. Pacey e Joey, Dawson, Andie (la sorella di Jack), Audrey, che non facevano altro che ripetere quanto ricordasse la madre. E lei ne andava fiera.
 
Come tutte le sue giornate “no” per eccellenza, Amy si chiuse in camera, pronta ad immergersi in un’ondata di tristezza, malinconia e nostalgia.
Accese la tv e inserì nel vecchio registratore che Jack le aveva lasciato la sua videocassetta preferita.
 

«Ciao Amy, sono la mamma.
Beh, quando tu vedrai questo video io purtroppo non ci sarò più
e so che questo sarà molto penoso,
penoso per entrambe.
»

 

Una bellissima giovane donna apparve sullo schermo ed iniziò a parlare.
Sua madre.
Era tutto ciò che le rimaneva di lei, a parte varie foto che le aveva dato Jack.
Bionda, come lei, parlava seduta in un giardino: era primavera. L’aveva ripresa Dawson, qualche giorno prima che morisse.
 

«Così visto che non sarò in giro ad annoiarti continuamente,
pensavo di darti una piccola lista delle cose che vorrei per te.
 
Beh la prima è ovvia:
un'educazione, una famiglia,
degli amici e una vita piena di cose inaspettate.»

 
Sapeva quel discorso a memoria, ormai. L’aveva visto e rivisto un miliardo di volte. Tutte le volte che litigava con Jack o che si sentiva sola, triste, abbandonata, incompresa… lei si chiudeva in camera e parlava con sua madre. Perché si, le parlava. Nella sua testa, ma le parlava.
 

«Cerca di fare degli errori,
fa molti errori,
perché non c'è modo migliore per imparare e crescere.
»
 

Su quello sentiva che non l’avrebbe delusa perché Amy si sentiva un errore. Si sentiva sbagliata, perennemente, ovunque fosse.
E come non sentirsi in quel modo nelle sue condizioni?
 

«E voglio che tu passi parecchio tempo davanti al mare,
perché il mare ti da la spinta per sognare e io desidero che tu,
bambina mia,
sia una sognatrice.
»
 

Sorrise alla madre. Lo era, eccome se lo era.
 

«Dio... non ho mai creduto molto in Dio,
infatti ho sprecato molto tempo ed energie cercando di negare che Dio esistesse,
ma mi auguro che tu sia capace di credere in Dio,
perché la cosa a cui sono arrivata, tesoro mio,
è che non ha importanza se Dio esiste o no,
l'importante per te è credere sempre in qualcosa,
perché ti prometto che credere in qualcosa ti farà sentire protetta la notte.
E io voglio che tu ti senta sempre al sicuro.
 »

 
Lei credeva in Dio, Jack l’aveva abituata ad andare a messa e, nonostante non condividesse tutto ciò che le veniva detto, lei ci credeva. Anche perché trovava bello pensare sua madre in un posto migliore di dove stesse lei. E trovava bello pensare che la guardasse dall’alto, vegliasse su di lei fino al giorno in cui l’avrebbe raggiunta.
 

«E in ultimo l'amore: io voglio che tu ami, senza paure ne riserve.
E quando troverai quell'amore, dovunque lui sia, chiunque tu scelga:
non scappare via, ma non dargli neppure la caccia.
Se tu sarai paziente, lui verrà da te, te lo prometto.
E verrà quando meno te lo aspetti, come te.»

 
E questo era il tasto dolente.
Lei amava, amava con tutta sé stessa, ma si sentiva sempre troppo poco o, ancora peggio, inadeguata. Non si capiva, non si capiva per niente. Ma nonostante tutto ci provava, perché lo faceva per lei: per sua madre. Doveva essere felice per quella donna meravigliosa che non aveva mai conosciuto ma che le aveva dato la vita.
 

«Io ho passato il migliore anno della mia vita con la più dolce
e la più intelligente e la più bella bambina che esista in questo mondo...
e non avere paura tesoro!
»

 
Una piccola e solitaria lacrima le rigò una guancia e senza smettere di sorridere disse, insieme alla madre:
 

E ricorda sempre che amare significa vivere.»-

  
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