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Autore: Miss Fayriteil    09/09/2012    0 recensioni
Jane potrebbe essere una donna come tante, con una bella e numerosa famiglia, ma in realtà nel suo passato si nasconde un doloroso segreto...
Questa storia l'ho scritta un po' di tempo fa... spero vi piaccia!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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12.
 
 
Passarono alcuni mesi. Il tredici marzo, Karen compì un anno. Jane e James invitarono alla festa i rispettivi genitori e fratelli. Quello di James, che finora non si era ancora visto, si chiamava Anthony, era di due anni più grande di lui, era sposato ed aveva due figlie già grandicelle: Jillian di nove anni e Megan di sette. C’era naturalmente anche Michael, con Ginevra ed il piccolo Matthew, che entro qualche giorno avrebbe anche lui festeggiato il suo primo compleanno.
  Nei mesi successivi furono impegnati con altre feste di compleanno. A giugno festeggiarono David per i suoi due anni, mentre a luglio, Nicholas e Claudia che compivano rispettivamente, quattro e tre anni. Nel quartiere la famiglia Cox divenne famosa ed invidiata per le sue feste di compleanno faraoniche. Secondo alcuni testimoni oculari, i padroni di casa si inventavano meravigliosi giochi, con cui far divertire i piccoli ospiti, c’erano dolci per tutti i gusti, oltre ad innumerevoli snack salati, la torta di compleanno era ogni volta sorprendente, e tutti gli invitati portavano sempre a casa un regalo e una foto di ringraziamento. Jane, quando lo venne a sapere, ne fu lusingata. Disse di essersi allenata negli anni passati per la strada, o meglio, nelle case delle famiglie che l’avevano ospitata.
  Nicholas e Claudia, tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, avevano iniziato anche ad andare alla scuola materna del quartiere. Jane si era resa conto che, ormai, i suoi figli erano cresciuti e avevano bisogno di conoscere anche dei loro coetanei, così un giorno di metà novembre era andata all’asilo per iscriverli. Entrambi i bambini, ma Nicholas, in particolare, ne furono felicissimi.
  Infine, il venti settembre del 2002, nacque Jason. Quando era in ospedale, il giorno seguente al parto, Jane venne colta, improvvisamente da un dubbio, se si vuole insensato, ma sempre piuttosto inquietante. Forse era lei a decidere il sesso dei propri figli. Sapeva perfettamente che ciò era naturalmente impossibile, ma era ancor più strano, secondo lei, il fatto che da cinque uomini diversi, fosse riuscita ad ottenere cinque figli sempre alternati: maschio, femmina, maschio, femmina… secondo Jane, tutto ciò era molto più che sconcertante, era quasi sconvolgente.
  Qualche giorno dopo, la ragazza tornò finalmente a casa con il piccolo Jason. Il nome l’aveva scelto insieme al resto della sua famiglia. Non era un caso che il nome iniziasse con la J: Jane e James avevano infatti deciso che il nome del loro primogenito sarebbe dovuto cominciare con la stessa lettera dei loro.  Nonostante lei fosse sicura che fosse un maschio, decisero un nome anche da femmina, nel caso, per quanto improbabile che si fosse sbagliata; la scelta era caduta su June, che era piaciuto molto a tutti e in più aveva il vantaggio di iniziare con la J.
  Jane non fu del tutto sorpresa, quando notò che gli altri bambini non erano precisamente entusiasti della presenza dell’ultimo arrivato. In particolar modo Nicholas non era molto felice, anzi era piuttosto arrabbiato e Jane non faticò a comprendere come si doveva sentire il suo primogenito: non doveva essere per niente facile, a soli quattro anni, avere già così tanti fratelli e sorelle più piccoli, da dover sopportare. Non aveva mai potuto provare il piacere di essere figlio unico.
  Jane era assolutamente sicura che il bimbo sarebbe anche stato contento di avere tutti i fratelli che realmente aveva, ma probabilmente avrebbe voluto qualche pausa tra uno e l’altro. Non poteva dargli torto: lei al suo posto si sarebbe sentita allo stesso modo. Comunque anche lei avrebbe preferito che ci fossero state alcune pause, anche solo l’intervallo che c’era stato tra la nascita di Karen e l’arrivo di Jason: un anno e mezzo, non chiedeva di più. Avere tutti quei figli uno dopo l’altro, trovava che potesse veramente distruggere il fisico di una donna: portare una persona nel proprio corpo per circa nove mesi, era una delle cose più faticose in assoluto da sopportare.
  Inoltre, anche sua madre e suo padre confermarono le loro perplessità, sul fatto che quella fosse una buona idea, ma naturalmente comprendevano ed accettavano di buon grado, anche il punto di vista di James.
  Di regola, la signora Thaisis e suo marito si limitavano ad ammonire dolcemente la figlia. La ragazza annuiva e diceva sempre di sì a qualunque cosa le stessero dicendo, ma non prestava mai veramente attenzione alle loro parole. Si viveva la sua vita tranquilla con James, nella loro villetta vicino alla stazione. Il suo disinteresse nei confronti delle preoccupazioni dei genitori, divenne evidente nel mese di febbraio dell’anno dopo, quando Jane, nonostante avesse deciso di fermarsi, annunciò a sorpresa, in famiglia, di essere rimasta incinta per la sesta volta. Questa volta non ne era felice, se ne rendeva perfettamente conto, ma nello stesso tempo si accorgeva di non essere terrorizzata come le prime quattro volte. La vita, per lei, era sicuramente cambiata. Si giustificò per il fatto, sostenendo che era stato il destino a volere che i suoi figli fossero in numero pari. Non si poteva mettere in dubbio il volere del fato, così dichiarò Jane un giorno.
  James, d’altro canto, diceva di sentirsi confuso. L’idea di avere un secondo figlio suo, gli andava decisamente a genio, ma certamente non se l’aspettava, quando Jason aveva soltanto quattro mesi! Si sentiva molto responsabile nei confronti di Jane, in fondo era anche colpa sua, se lei era rimasta incinta e non esitò a difenderla dalle accuse degli altri parenti, arrivando ad essere molto felice anche questa volta.
  Passarono alcune settimane in modo del tutto normale. Poi, verso la metà di marzo, Karen compì due anni, a giugno David ne festeggiò tre ed infine a luglio Claudia e Nicholas, ne festeggiarono rispettivamente quattro e cinque. Jason, invece, avrebbe compiuto un anno soltanto a settembre, quindi c’era ancora tempo prima che arrivasse il suo compleanno. E intanto Jane aspettava che la sua sesta figlia nascesse. Era assolutamente sicura che fosse una femmina, lo era stata fin da quando aveva appena scoperto di essere incinta, non aveva alcun dubbio in proposito.
  Una sera di agosto, erano tutti e sette a casa ed avevano appena cenato. Ad un certo punto, Jane aveva chiesto a James: «Allora come la chiamiamo questa bambina? Sai, io pensavo ad un nome che inizia con la J, come abbiamo fatto per Jason».
  Suo marito, a queste parole, la guardò, con aria confusa. «No, scusa una cosa, Jane, ma com’è che tu sai che sarà una femmina? È vero che ormai sta quasi per nascere, ma non abbiamo mai chiesto per il sesso, giusto? Avevamo promesso di non farlo. Hai mantenuto il nostro accordo, giusto?»
  Jane, a questo punto, fissò i propri occhi verdi in quelli grigio chiaro del marito e poi sorrise. «Scommettiamo dieci ad uno che è una femmina? Che ne dici? Io ne sono assolutamente sicura e ti spiego anche il perché. Spero che tu ti sia accorto che tutti gli altri cinque bambini sono alternati. Benissimo, dato che questa è la mia sesta gravidanza, sono matematicamente certa che questa sarà una femmina. E comunque l’ho mantenuta la promessa, non ti preoccupare.
  «Allora» continuò, «come la chiamiamo?» Fissò James e lui la fissò di rimando. Dopo alcuni istanti, James disse, in tono conciliante: «E va bene, tesoro. In fondo, sei tu l’esperta in questo campo. Quanto al nome, non saprei. Aspetta, fammi pensare. Ad esempio, Jennifer, ti piacerebbe? A me piace molto, ad essere sincero».
  «Jennifer?» rispose Jane con una smorfia. «Non è che mi faccia impazzire e poi è troppo lungo, preferirei un nome più corto. Jessica?»
  James fece una faccia orripilata. «Jessica?! No, no per carità, sembra quasi un nome da… lascia stare, è meglio di no. Assolutamente no».
  Andarono avanti di questo passo ancora per circa tre quarti d’ora, interpellando, di tanto in tanto anche i bambini in qualità di suggeritori che, però, proponevano soltanto nomi strampalati, magari che avevano sentito alla televisione, nei cartoni animati o cose di questo genere. Alla fine, si trovarono tutti d’accordo su Julia, semplice, corto e sempre bello. Però James propose di tenere un nome maschile di riserva nel caso improbabile che Jane avesse sbagliato con le sue previsioni. Sua moglie accettò, anche se riluttante e scelsero Justin, deciso perché iniziante con la J, come gli altri tre nomi: Julia, Jason e June.
  Alla fine, la bambina, perché era una femmina, proprio come Jane aveva previsto, arrivò il ventiquattro settembre del 2003, soltanto quattro giorni dopo il primo compleanno di Jason. Ovviamente Jane aveva ragione; al sesto figlio, quando anche gli altri sono nati in quel modo, si disse, una può anche pensare di conoscere piuttosto bene il meccanismo. James dovette riconoscere, con una certa sorpresa, che sua moglie aveva perfettamente ragione e si chiese, sconcertato, se per caso aveva sposato una veggente. Jane, in ospedale, decise che adesso veramente si sarebbe fermata. E decise che avrebbe fatto qualsiasi cosa per mantenere la sua promessa. Pensò che sei bambini erano davvero tanti e che anche con uno solo in più, la casa probabilmente sarebbe esplosa.
  Le cose andarono avanti abbastanza normalmente, per loro, da quel punto in poi. Facevano le cose che fanno le famiglie comuni. Andavano a fare la spesa tutti insieme, certe domeniche, soprattutto in estate andavano alla spiaggia e altre cose di questo genere. Inoltre, ora avevano anche un’automobile. L’avevano acquistata giusto un paio di settimane prima che nascesse Julia, nei giorni in cui Jane stava in piedi solo se era strettamente necessario. In quel periodo sapeva già, da circa otto mesi e mezzo, che l’ultimo arrivo sarebbe stato una femmina, ma non sapeva ancora che questa bambina si sarebbe chiamata Julia. Naturalmente lo sapeva lei, grazie a quel suo particolare istinto. Aveva infatti l’impressione di essere molto sensitiva, per quanto riguardava questo genere di cose. Ogni tanto pensava “Per ora ho avuto cinque figli e ho indovinato il sesso di tutti quanti, già nella prima settimana di gravidanza. Magari ho dei poteri paranormali. Potrei fare la veggente”.
  Per quanto riguarda l’automobile, invece, erano andati in una concessionaria un giorno di fine luglio. Cercavano un’auto per otto persone, ma quelle normali arrivavano fino a sette, perciò, alla fine, si erano trovati costretti ad acquistarne una da dieci posti. Il giovane addetto alla vendita, un ragazzo che probabilmente non arrivava nemmeno ai venticinque anni, quando si era trovato davanti quella folla, ci aveva messo un po’ a riprendersi, ma alla fine si era dimostrato perfettamente capace. Lasciando Jane seduta con i bambini nella sala d’attesa, aveva guidato James alla visita di, probabilmente, ogni singola auto esposta nel salone principale ed anche nel retro della concessionaria.
  Jane, in questo caso molto pratica, quando invece, si poteva definire una donna piuttosto impulsiva e portata a sognare ad occhi aperti, stabilì dei posti fissi che i suoi figli avrebbero dovuto occupare nella nuova auto. Voleva evitare litigi e questo le era sembrato l’unico nonché miglior modo. La macchina era una grande monovolume e c’era spazio a sufficienza per tutti, ma Jane preferì non correre rischi.
  Davanti si sarebbe seduto Nicholas, nel posto da tre, insieme ai genitori in quanto primogenito; Claudia e Karen si sarebbero sedute nel mezzo, nell’unico sedile da quattro posti e David, Jason e l’ultima bambina, avrebbero preso posto dietro, in un altro sedile da tre. Rimanevano ancora due posti non utilizzati, nel mezzo dell’auto, dove sedevano Claudia e Karen. In fondo potevano sempre tornare utili, ad esempio per ospitare qualche amichetto, che era invitato a casa loro a giocare dopo scuola. «Però» Jane raccomandò i bambini, «i posti messi così li userete solo quando sarete più grandi e non ci saranno più i vostri seggiolini, che occupano spazio».
  E fecero esattamente così, come era stato deciso.
  Passarono due o tre mesi e la famiglia Cox poteva ormai definirsi tornata alla completa normalità. Ma lo erano mai stati loro una famiglia normale? Chi lo sa? Nel frattempo, Michael decise che finalmente anche per lui e Ginevra era arrivato il momento di  allargare la famiglia. Ammise che in confronto alla tribù messa insieme dalla sorella, il suo unico figlio avrebbe potuto essere un po’ tenuto in disparte, perciò decise immediatamente di correre ai ripari. A questo punto era diventata una questione di principio, disse. E poi ormai Matthew era arrivato all’età giusta per avere un fratellino o una sorellina.
  Fu più o meno quando Julia aveva tre mesi, infatti, che Ginevra annunciò di aspettare un altro bambino per la fine di luglio. Entrambe le famiglie si rallegrarono, quando seppero che anche la famiglia Thaisis aveva la discendenza assicurata. Naturalmente c’era già Matthew, ma era comunque una cosa piacevole che ci fossero altri bambini in arrivo. La bella notizia arrivò proprio il giorno di Natale, quando la famiglia era felicemente riunita in casa dei genitori di Jane e Michael.
  E quale non fu la loro enorme sorpresa quando, circa due o tre mesi dopo, scoprirono che, invece di uno solo, i bambini erano addirittura due! L’annuncio lasciò entrambe le famiglie piuttosto scioccate, perché i parti gemellari erano sempre stati più unici che rari, sia nella famiglia di Ginevra sia, in particolar modo, in quella di Michael. I due bambini erano gemelli eterozigoti, erano un maschio ed una femmina, ma erano in ogni caso più di uno!
  Quando lo seppe, Jane, oltre ad esprimere la sua gioia per i due nuovi arrivi, espresse anche il grande desiderio che il fratello e la cognata li chiamassero Ronald e Gwendolyn o che scegliessero anche solo uno dei due nomi, in onore dei suoi gemelli preferiti, sarebbe a dire i due Brooks, ma dovette accontentarsi, se così si può dire, di Anna e Simon. La motivazione fu semplicemente che, ai futuri genitori i due nomi che aveva proposto Jane, non piacevano per niente!
  I due gemellini, alla fine, vennero al mondo il 10 agosto del 2004, quando Julia aveva circa undici mesi. Michael e Ginevra decisero che si sarebbero fermati a tre figli, che non avrebbero seguito l’esempio di Jane e lei assicurò che andava più che bene così, che tre già erano più che abbastanza. Ammise lei stessa che il suo non era un esempio da seguire, non tanto nel numero, quanto, soprattutto, nel modo in cui aveva avuto i suoi figli.
 
Ogni tanto Jane Thaisis, quando passeggiava insieme ai suoi figli o a James, ma anche senza nessuno di loro, nel suo quartiere, capitava piuttosto spesso che si trovasse a camminare proprio nei pressi della catapecchia di Number One. Quando ciò succedeva, la giovane si chiedeva sempre che cosa mai stesse succedendo là dentro, se qualche altra povera ragazza era caduta nelle sue grinfie, senza però fare notizia, se Jack l’Araldo era finalmente riuscito a scappare o se magari, quella specie di avanzo di galera del suo ex-marito, cosa che tra l’altro quasi certamente era, ed il resto della sua fedele banda erano stati miracolosamente arrestati.
  Con sua enorme sorpresa, si trovava anche a riflettere sul fatto che in fondo la sua vera vita, la vita da adulta, era incominciata proprio da allora. Quel giorno, quell’ormai lontano giugno del 1997, in cui Number One aveva deciso di rapirla, rovinando in questo modo tutti i suoi bei piani per il college e mandando in mille pezzi tutto quello che aveva passato e che si era costruita prima di allora. 
  Nei momenti come quello, pensava “Comunque, se Number One non mi avesse sequestrata, niente di tutto questo sarebbe successo tanto facilmente. Non avrei mai potuto fare conoscenza con quel ragazzo fantastico di nome Jack l’Araldo e molto probabilmente non avrei mai avuto modo di incontrare di nuovo James. O, in ogni caso, non sarebbe accaduto nel modo in cui è accaduto. Per di più, quasi sicuramente ora non vivrei qui, alla stazione, ma da qualche altra parte, con molta prevedibilità vicino a dove abitano i miei genitori”.
  In quelle occasioni improvvisamente si fermava dov’era, colta da un’istantanea ispirazione, sorrideva tra sé e, nel segreto profondo del suo cuore, ringraziava silenziosamente Number One, il malvagio sequestratore.
 
 
 
  
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