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Autore: Ocean_09    11/09/2012    0 recensioni
Nana. Come la immagino io. Un po' intercalata nei miei panni, magari, ma tanto, più simili di così...?
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nana Osaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il lavoro che avevo trovato era in un negozio di dischi, lavoro che non avrebbe potuto essere più adatto a me. In più, come se non bastasse, potevo scegliere io lo stesso background del posto. Quindi, quando entravano ragazzine benpensanti, moraliste e di buona famiglia, era tutto un carnevale di mascheroni da teatro, al sentire la voce di quello scoppiato, genio incredibile, di Rotten. E io me la spassavo vergognosamente. Non riuscivo a trattenere alcune risatine, e addirittura quando una signora si avvicinò per chiedermi, con modo arrogante, di cambiare colonna sonora, risi, anzi, per essere precisi, sghignazzai sguaiatamente, per poi cercare di ricompormi e fissarla negli occhi, asciugandomi una lacrimuccia all’angolo dell’occhio. Che persona maligna …
Quando tornai all’ostello, vidi da fuori le luci accese della tavernetta e sentii delle voci. Entrai e feci per togliermi il giubbotto. Mi salutarono tutti calorosamente. La vecchina sembrava quasi sul punto di piangere per la commozione. L’unico che non si alzò per salutarmi fu quel tipo. Il nuovo arrivato, Ren. Mi guardò con aria di sufficienza. Ricambiai. La notte la passai sulla branda, molto più tranquilla di com’ero la prima notte. Fortunatamente quel tipo nuovo dormiva in un’altra stanza. Non ci tenevo ad avere qualche rapporto con lui.
La mattina dopo, di buon umore e presa benissimo, uscii dall’ostello saltellando per la strada. Ma lì fuori c’era già il nuovo. Era girato di schiena. Mi chiesi cosa stava facendo. Lo superai senza uno sguardo, ma pareva che lui non fosse d’accordo: < Ehi >. Mi fermai, immobile. Stavo rimuginando su cosa avrei potuto fare. Lo sentii avvicinarsi. Adesso mi stava proprio dietro. Mi girai, improvvisamente, per squadrarlo da capo a piedi, e mi spaventai a vederlo così vicino, ma non arretrai : < Cosa vuoi? > < Oh, io proprio niente. Mi chiedevo tu cosa ci facevi, qui. > < Perché? Sono una cliente. > < Ah, sì?! > mi disse con finto stupore. < Ma a me pareva che con Nobuo fossi più aperta. E perché non lo sei anche con me? > adesso aveva piegato la testa leggermente, con un leggero sorriso storto in quel suo viso bello ma odioso. < Ma fottiti. >
E me ne andai.
Ora come ora, non so cosa darei per vedere la sua faccia in quel momento. Doveva esserci rimasto malissimo. Penso ancora alla soddisfazione con cui poi mi rigirai e andai dritta dritta per la mia strada.
Avevo le vene che ribollivano di sangue caldo per quell’improvviso scontro a fuoco con Ren, ora mi ricordavo come si chiamasse. Arrivai al negozio tutta gasata. Il proprietario mi guardò, sorridendo compiaciuto: < Eheh, cos’è successo, piccola? >.
In una situazione normale, l’avrei fulminato, invece mi limitai a lanciargli un sorriso storto e continuai a lavorare, ora più tranquilla.
Ma quello che avevo fatto non sarebbe rimasto impunito.
All’incirca verso le quattro del pomeriggio, entrò una figura dentro al negozio. Avevo un certo presentimento a riguardo, ma mi limitai a stare ferma e aspettare che la figura si ponesse sotto la luce della lampada, e si rivelasse. Non tardò, il momento. Era Ren.
Sotto quella luce aveva un’aura anche un po’ inquietante, come dire. La luce gli illuminava la fronte bianca, il naso diritto e il labbro inferiore. Il resto era completamente in ombra, oscurato. Poi il ghigno che portava in faccia completava l’opera. Era il chiaro ritratto del maniaco psicotico.
Improvvisai un sorrisetto imbarazzato perché ero davanti al proprietario, che mi guardava stranito e con una mezza idea nei confronti del nuovo arrivato. Gli feci segno con una mano che era tutto a posto. Poi presi per un angolo del chiodo Ren e lo trascinai fuori. Lì, lo guardai, interrogativa e con la mia solita impassibilità: < Beh? > < Beh niente, sono venuto a vedere dove lavori. Davvero sei riuscita a trovarti un lavoro qua? Non avrei mai detto che avresti avuto una possibilità del genere, una come te … Dovresti essere sottopagata, mi sa. >
L’irritazione lasciò posto alla rabbia pura. Non sapevo che quella era una delle prime volte in cui quel sentimento avrebbe preso posto nel mio cuore per una sua frase, un suo gesto, un suo sguardo. L’esistenza costellata di piccole freccette in cui era segnalata la faccetta pallida e scavata. 
  
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