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Autore: Eneri_Mess    30/03/2007    14 recensioni
Un nuovo crimine. Il solito Kogoro a sparare risoluzioni insensate. Il solito Conan a rimettere insieme gli indizi.
Ordinaria amministrazione.
O forse no?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Kogoro Mori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: La storia, i personaggi, gli ambienti e tutto ciò che è relativo al manga o all’anime di Detective Conan non mi appartengono. Gli avvenimenti, i personaggi, gli ambienti e tutto ciò che non è relativo al manga o all’anime di Detective Conan sono di mia creazione.

Ojisan!

- Capitolo unico -

« Ojisan, guarda qui, non ti sembra strano? ».
Una voce fanciullesca riecheggiò appena nell’aria, troppo bassa per essere sentita dalle squadre della scientifica e dalla polizia che, in piedi poco lontano, stavano confabulando sul caso, cercando di arrivare al bandolo di quella matassa ingarbugliata fatta di indizi e prove.
L’Ojisan non rispose, ma contrasse un muscolo all’altezza della tempia.
« E poi » aggiunse il bambino, indicando un punto preciso del pavimento di parquet poco distante da un manubrio ginnico. « Qui c’è quest’avvallamento che non mi convince… ».
Al muscolo contratto dell’uomo si aggiunse anche il pulsare di una vena, che si faceva sempre più grossa man mano che si avvicinava al marmocchio, troppo preso dai suoi pensieri per preoccuparsi di cosa stava succedendo alle sue spalle. Ne avvertì solo le dolorose conseguenze.
« AHIII! » strillò, quando un sonoro pugno calò sulla sua piccola testa, causandogli un bernoccolo non da poco.
« QUANDO IMPARERAI CHE DEVI STARE LONTANO DALLE SCENE DI UN CRIMINE, STUPIDO MOCCIOSO!? » ruggì l’altro, zittendo il brusio nella stanza e attirando l’attenzione su di sé.
« Ma, ojisan… » si lamentò il nanerottolo, le mani premute sulla parte lesa e una lacrimuccia pronta a lasciare i suoi occhioni azzurri.
« E piantala di chiamarmi “ojisan”! » soggiunse l’uomo con la stessa aria minacciosa e stizzita, guardandolo male.
« Via, via, Mouri-san » intervenne l’ispettore Megure avvicinandosi all’improbabile coppia con fare paziente. « Lo sai che non è un problema… » continuò, nel tentativo di blandire il vecchio amico, dandogli una pacca amichevole sulla schiena.
« Dovrebbe stare sui libri di scuola, altroché qui! ».
Il brillante detective Kogoro Mouri non parve avere intenzione di darla vinta a quel moccioso che ultimamente aveva sempre alle calcagna. Il suddetto marmocchio, invece, lo stava già ignorando, troppo preso dal ricevere una tenera carezza sulla testolina castana dall’agente Miwako Sato, molto più comprensiva dei suoi colleghi. Il bimbo tentò di sorriderle, ma gli riuscì solo una smorfia deforme. Quando l’ojisan lo picchiava ci andava abbastanza pesante.
« Hai trovato qualcosa di interessante, Conan-kun? » chiese dolcemente il detective Sato con espressione curiosa.
Il ragazzino riacquistò la sua sicurezza, annuendo un paio di volte, contento di essere considerato.
Kogoro, al contrario, sbuffò infastidito, rimanendo però in ascolto.
« Non le sembra strano il modo con cui la vittima impugna il coltello? » fece notare Conan, indicando l’arma del delitto conficcata nel petto di Akira Kuro, ventitre anni. « Inoltre, » aggiunse, scostandosi un po’ dal cadavere e allungando il ditino verso il parquet « questa ammaccatura non è sospetta? » finì, alzando il suo limpido sguardo sorridente verso la donna dalla corta capigliatura, ben attenta a non perdersi neanche una sillaba delle deduzioni del bambino.
La bella agente si portò la mano sotto al mento, meditando su quanto ascoltato. Qualcun altro si avvicinò per guardare con attenzione quei particolari, valutandoli.
Mouri, al contrario, sbuffò spazientito.
« Le solite illazioni! » sbraitò, afferrando per il colletto della maglia il bambino e trascinandolo alla sua altezza. Conan lo guardò con aria lievemente intimorita, sperando che non lo menasse di nuovo.
« Potrebbe avere ragione… » stimò soprappensiero Miwako, ma l’addormentato liquidò quelle poche parole con un gesto seccato della mano.
« È suicidio, senza ombra di dubbio » disse Kogoro, riacquistando un po’ di serietà mentre rimetteva giù malamente il bambino e cercava di cacciarlo via con un calcio, che quello schivò svelto, guardando l’ojisan con espressione crucciata.
« Da cosa lo deduci? » domandò interessato l’ispettore Megure, guardandolo con le sopracciglia inarcate. Il detective sfoggiò un sorriso sicuro.
« È semplice: quando il signor Kuro è venuto a sapere che la sua fidanzata stava per lasciarlo, non ha resistito al dolore. Almeno, all’inizio ci ha provato » aggiunse, facendo un paio di passi verso il morto. « Ha cercato di non pensarci allenandosi come faceva di solito » e nel dirlo, puntò lo sguardo sul manubrio ancora a terra. Nessuno nella sala osò fiatare, fatta eccezione per il marmocchio che sbuffò silenzioso, scuotendo appena il capo. Kogoro continuò:
« Purtroppo, la tristezza era troppa e così lacerante che ha deciso di farla finita e si è pugnalato proprio al petto come monito per la signorina Chie, che gli aveva, appunto, spezzato il cuore ».
Nel terminare il riepilogo dei fatti, lanciò uno sguardo amareggiato alla donna sopraccitata che, colpita da quelle parole, si prese il volto tra le mani iniziando a piangere disperata.
« Non c’è che dire, sembra proprio che sia andata a finire così » concluse l’ispettore Megure, riassestandosi il fedele cappello in testa. « Non ci sono segni di colluttazione e la porta dell’appartamento era chiusa dall’interno… Bene, il caso è chiuso ». Detto ciò, ordinò ai suoi e a quelli della scientifica di liberare il campo.
Conan rimase imbambolato e a bocca aperta in mezzo alla stanza, guardando sconvolto gli ispettori. Possibile che non se ne accorgessero? Si disse deluso. Si guardò alle spalle, lo sguardo sottile e attento. Doveva fare qualcosa o l’assassino l’avrebbe fatta franca…
Si avvicinò guardingo a Kogoro, controllando che nessuno lo stesse guardando, e agì: con il fedele orologio dalle molteplici funzioni narcotizzò l’ojisan che, dopo un paio di volteggi, finì a sedere sul divano del salotto, la testa reclinata verso il petto.
Quella sequenza di azioni famigliari attirò lo sguardo di tutti gli agenti, che fissarono con una sorta di ammirazione e sorpresa il celebre detective.
« Mouri-san! » scattò Megure, avvicinandosi. Conan si spostò in silenzio dietro al divano, regolando il modulatore vocale del suo papillon. « Che ti prende!? Hai appena risolto il caso! ».
« Fosse così semplice, ispettore Megure » rispose chiara la voce del detective ubriacone, sebbene nessuno notò le labbra immobili.
« Cosa vuole dire? » domandò scettica l’agente Sato, guardandolo con la bella fronte corrugata.
« Che l’assassino è stato furbo, ma soprattutto scaltro ».
Seguì un momento di pausa in cui sembrò che tutti stessero trattenendo il respiro come fosse un momento solenne. Quando Kogoro parlò, non pochi rimasero sconvolti.
« Non è forse così, signorina Chie? ».
« Che cosa!? » strabuzzò il vecchio Megure, facendo scattare lo sguardo prima sull’amico e poi su quella che era stata appena indicata come l’artefice del delitto.
« Ma… ma cosa sta dicendo, detective Mouri! » strillò quest’ultima con tono offeso, gli occhi ancora arrossati per il pianto. « Come può dire che sia stata io!? Non ne avevo il motivo! ».
« Il motivo, signorina Chie, non lo conosco neanch’io » replicò calmo Conan dal farfallino. « Resta il fatto che tutte le prove sono a suo carico ».
« Ma davvero? » sbottò la donna, cambiando improvvisamente espressione e assumendone una gelida. « E come avrei fatto? La porta era chiusa con il chiavistello! Abbiamo dovuto forzarla per entrare! ».
« Oh, non ha avuto bisogno di essere presente per ucciderlo. Le sono bastati pochi materiali e per il resto ha fatto tutto da solo il signor Kuro, non è forse vero? ».
La signorina Chie assottigliò gli occhi, come anche la voce.
« Lo dimostri ».
« Essendo stata la sua fidanzata per due anni sa perfettamente quali fossero gli orari della vittima. Probabilmente questa mattina, quando il signor Kuro si è recato in palestra per gli esercizi quotidiani, lei si è introdotta in casa sua. Fare un duplicato della chiave non deve esserle stato difficile, dico bene? ». Ma l’accusata non rispose. « Il piano in sé era semplice: ha preso un filo da pesca piuttosto lungo e l’ha legato al manico del pugnale. Ad esso ha legato anche il peso che si trova a terra vicino alla vittima ». Tutti i presenti nell’appartamento osservarono in sequenza gli oggetti elencati, ma sulle loro facce si leggevano ancora diversi dubbi. Il bambino, con un sorrisino sicuro, continuò. « Mentre ha appoggiato pistola e manubrio sul grande lampadario qua sopra le nostre teste, l’altro capo del filo l’ha legato all’estremità delle tende, appositamente tirate. In questo periodo c’è un bel sole e il signor Kuro sicuramente avrebbe aperto le finestre ».
« Aspetta… vuoi dire che quando le ha tirate… » cominciò incredulo l’ispettore Megure.
« Esattamente » confermò l’addormentato. « Quando il signor Kuro ha aperto le tende con l’apposita cordicella, il meccanismo congeniato dalla signorina Chie si è azionato: il filo da pesca si è tirato e ha trascinato con sé coltello e manubrio ».
« Ma perché il manubrio? E non sarebbe dovuto essere pugnalato alle spalle in questo modo? » domandò incerto qualcuno degli agenti dalle retrovie.
« Il peso serviva per imprimere maggior spinta al pugnale. Il lampadario su cui era appoggiata l’arma del delitto è di ceramica e quando la vittima ha sentito lo sfregare del pugnale su di esso si è voltato e per lui è stata la fine » concluse il bambino, lasciando che il vuoto di silenzio seguito alla spiegazione si riempisse di “ooh” consapevoli.
« Molto ingegnoso, detective Mouri » sibilò la signorina Chie, incrociando le braccia al petto. « Ma ha dimenticato due cose: dove sarebbe questo fantomatico filo da pesca? E come mai Akira ha la mano sul coltello, se non fosse perché si è accoltellato lui stesso? ».
« Per rispondere alla sua prima domanda, inviterei gli agenti a perquisire la sua borsetta ». A quelle parole, l’ostentata sicurezza della donna parve sparire. « Quando abbiamo trovato il corpo, come ben ricorda, lei si è slanciata verso il signor Kuro, fingendosi, ovviamente, disperata e macchiandosi di sangue in modo da coprire altre eventuali tracce. In quel momento, mentre io e Conan eravamo occupati a rintracciare la polizia e l’ambulanza, lei ha recuperato il filo da pesca, che poi ha accuratamente nascosto nella sua borsetta ».
« Per la seconda domanda, guardate la posizione della mano, come prima ci aveva fatto notare Conan ».
Detto questo, il bambino sbucò dal suo nascondiglio con un sorriso che andava da orecchio a orecchio, avvicinandosi al cadavere.
« Se uno ha intenzione di pugnalarsi, è naturale che prenda il coltello con il dorso della mano rivolto verso il basso, vero, signorina Miwako? » chiese con la sua voce allegra e squillante, simulando quanto spiegato con un’arma invisibile.
La donna annuì per poi illuminarsi. La vittima aveva la posizione della mano invertita, come se…
« Come se stesse cercando di togliersela dal petto » sentenziò il bambino, voltatosi e col farfallino di nuovo alle labbra, facendo parlare Kogoro. « Il signor Kuro era ancora vivo quando è stato brutalmente pugnalato e per questo ha tentato di fare qualcosa, inutilmente ».
« Ispettore Megure! Abbiamo trovato il filo da pesca! Ci sono macchie di sangue! » esclamò sconvolto uno degli assistenti, mostrando la prova trovata.
La signorina Chie, messa alle strette, si coprì il viso con le mani, piangendo realmente per la prima volta da quando aveva messo piede nella stanza.
« Deve seguirci in centrale… » disse l’agente Sato, avvicinandosi.
L’accusata non parve ascoltarla, sbottando improvvisamente in una risata disgustosa che si spense quasi subito.
« Era solo un doppiogiochista bugiardo! Stava fingendo di disperarsi per la nostra rottura, quando in realtà stava già mandando avanti una relazione da quasi un anno con un’altra donna! E io che credevo tenesse davvero a me! » gridò istericamente, per poi accasciarsi al suolo in lacrime.
Conan, dal punto in cui era, poteva vederla benissimo. Abbassò lo sguardo, un lampo di tristezza mista a confusione a passargli negli occhi. Perché? Si chiese, cacciando quel cupo pensiero un attimo dopo scuotendo il capo. Si voltò e, imponendosi di segregare quei sentimenti, andò a dare un pizzicotto alla mano del celebre detective addormentato, riportandolo nel mondo reale.
Aveva voglia di tornare a casa.

« Bel lavoro Mouri-san! » si complimentò ancora una volta l’agente Sato, poco fuori l’appartamento dove quel giorno si era consumata un’altra tragedia da archiviare. Ormai era sera.
Kogoro, in risposta, quasi le sbadigliò in faccia, stropicciandosi un occhio. Non si ricordava niente degli ultimi minuti, ma tutti lo stavano adulando per le sue eccellenti doti. E lui non avrebbe di certo negato.
« Complimenti anche a te, Conan-kun » aggiunse la detective, chinandosi all’altezza del bimbo che, in risposta, si portò imbarazzato una mano alla nuca, ridacchiando.
« Tzé, questa è l’ultima volta che ti porto con me, nanerottolo! » dichiarò stizzito l’uomo, ricevendo un altro sguardo risentito dal piccolo.
« Ancora con queste storie, Mouri-san » se la rise gioviale l’ispettore Megure, avvicinandosi al gruppetto dopo aver assicurato l’accusata ai suoi subordinati. « Quando tornerà Kudo-kun non sarà più la stessa cosa! » rise, battendo di nuovo un paio di colpi sulla schiena dell’amico che rivolse indignato lo sguardo altrove.
« Non parlarmi di quell’altro moccioso! Appena torna gliele suonerò di santa ragione! ». A quell’ultima uscita stizzita del grande detective addormentato, anche l’agente Miwako si unì alle risate.
Solo il giovane Conan parve ridere con un accenno di preoccupazione e un gocciolone sul capo.

***

« Ojisan, ho fame! » si lamentò il ragazzino dall’aria furbetta e intelligente, gironzolando scalzo per l’appartamento dell’agenzia investigativa Mouri.
« Sei proprio un moccioso! Trattieniti, fra poco arriverà il fattorino con la cena. E ti ho detto mille volte di non chiamarmi “ojisan”! » replicò malamente l’altro, stravaccato in poltrona, i primi due bottoni della camicia slacciati e una birra in mano; il pollice dell’altra era intento a fare zapping sui tastini del telecomando.
« Ojisan! Perché mi tratti sempre male? » continuò il bambino, appoggiando le manine sulla scrivania dell’ufficio e accostandoci la testa, guardando l’adulto.
Quello si bloccò di colpo, iniziando a fissarlo. Conan quasi si pentì di quell’uscita, notando quanto fosse profonda l’occhiata che gli stava rivolgendo l’addormentato: le sue piccole iridi nere sembravano come celare una qualche consapevolezza ancora in dubbio. Fu, però, presto scacciata con un moto stizzito del capo.
Ci aveva pensato ancora una volta, ma non poteva essere. Come sarebbe stato possibile?
« Su, vatti a lavare le mani » lo incitò alla fine Kogoro annoiato, riprendendo quello che stava facendo. « Spero davvero che i tuoi tornino presto a riprenderti, non puoi continuare a venirmi appresso su ogni scena del crimine! E soprattutto, sono stanco di averti intorno! ».
« Ma se sono io a trovare gli indizi giusti! E poi mi diverto… » sbuffò Conan, portandosi di nuovo le mani alla nuca.
« Sei solo un porta guai! I bambini non dovrebbero assistere a certe cose! ».
Il piccolo sorrise divertito, facendogli la linguaccia ed evitando per un pelo un altro pugno fracassa-testa.
« Sei solo un delinquente, come tuo…! ».
Le ultime parole furono coperte dal tintinnio allegro del campanello dell’agenzia.
I due all’interno non ebbero neanche il tempo di realizzare che potesse essere il commesso del ristorante ramen sotto casa, che la porta si spalancò e una voce allegra riempì l’ambiente.
« Papà! Siamo tornati! ».
A entrare, con un bellissimo vestitino azzurro lungo fino alle ginocchia e una giacchetta bianca di jeans, fu Ran, radiosa più che mai, soprattutto per la nuova tintarella che le bronzava la pelle.
« Tesoro! » gridò di gioia mista a sollievo il famoso detective, coprendo l’esclamazione di Conan e correndo ad abbracciare la sua adorata figlioletta. « Stai bene? Ti ha fatto qualcosa? » chiese un attimo dopo, l’espressione contratta.
La ragazza lo guardò con ammonizione, sospirando. Le convinzioni di suo padre erano più dure del granito. A rispondere al suo posto, però, fu qualcun altro alle loro spalle.
« Ojisan, quanto la vuoi fare lunga ancora? » domandò con tono stanco e mezzo divertito un giovane uomo abbigliato in un completo blu oltremare, la camicia scura leggermente sbottonata, le mani in tasca e lo sguardo dalle palpebre mezze abbassate.
« Papà! ».
L’urlo gioioso spacca timpani fece sorridere Ran, mentre il piccolo Conan si precipitava come un razzo in braccio al nuovo venuto, che lo prese al volo.
« Quanto entusiasmo » rise quello. « La mamma non la si saluta? » fece poi, alzando un sopracciglio che celava solo consapevolezza.
Ran, lì accanto, sospirò scuotendo il capo, avendo capito benissimo anche lei il perché di tutto quell’agitarsi. C’era solo una cosa che faceva scoppiare di gioia suo figlio: un caso appena risolto. Tale e quale all’ex detective liceale.
Lanciò uno sguardo ammonitore al padre, per poi tornare a rivolgersi a quelle due gocce d’acqua di genitore e figlio.
« Ci racconterai tutto a tavola, Conan » stabilì, ricevendo uno sguardo di supplica da entrambi gli scapestrati che avevano già preso a discorrere a mezza voce di papillon e orologi.
« Ojisan, convincila tu! » pregò il bimbo, sporgendosi verso l’interessato.
Peccato che quelle parole sortirono l’effetto contrario. Quand’era troppo era troppo e Kogoro ruggì tutta la sua ira come fosse stato un oni furibondo.
« NON MI DEVI CHIAMARE “OJISAN”, MA “OJIISAN”, STUPIDO MARMOCCHIO! SONO TUO NONNO, NON TUO ZIO! ».
Conan e Shinichi, ritrattisi perché avevano creduto di diventare cibo per quella furia vivente, presero a ridergli in faccia, facendolo accendere ancora di più.
Anche Ran rise, sebbene con più contegno e in modo che nessuno potesse sentirla.
Il suo bambino era una peste coi fiocchi e i contro fiocchi (da chi aveva preso era ovvio a tutti), e conosceva bene come far irritare il suo nonnino. Tuttavia lei sapeva che, alla fine, suo padre avrebbe preferito farsi chiamare “zietto”, in memoria dei vecchi tempi.
Le cose, in fondo, non erano cambiate più di tanto.
Conan era sempre rimasto con loro.

The End

Era da tempo che volevo scrivere una shottina… e adesso me ne esco con questa XD Che non è neanche un granché, ma volevo aprire uno spiraglio su Conan… dato che ultimamente mi è ripresa la mania...
L’idea non mi sembrava bruttissima… e poi, essendo una sostenitrice RanxShinichi, non stava male XD Il caso è uno schifo, inventato così di sanapianta e pieno di buchi… ma spero di essere riuscita a rendere almeno benino il resto… Non sono per niente abituata a scrivere one shot, anzi, su Conan avrei in mente tutt’altro! XD La sola megalomane…
Non so che altro scrivervi ^^’ Spero che qualcuno si fermi a leggere e a commentare ;)

Un bacione a tutti!
Eneri

PS: il filo da pesca è un tributo allo stesso! XD

   
 
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