Ormai che ho imparato a sognare, non smetterò.
(Negrita)
«Siete due deficienti!».
La navigatrice ancora inveiva contro i poveri Rufy e Zoro;
da quando erano tornati da Mock Town, la ragazza non riusciva a darsi pace per
il modo in cui erano stati derisi in quella taverna.
«Ancora, Nami? Perché te la sei presa tanto per questa
scemenza? Dopotutto non ti hanno nemmeno sfiorata, perciò cosa vuoi?».
Dal canto loro, i due ragazzi si erano stancati delle
continue lamentele della rossa, condite da raffiche di pugni in testa, come
quella appena ricevuta dallo spadaccino.
«Perché me la sono presa tanto? MA CHE DOMANDA È?! Ti
rendi conto di cosa è successo o no, mammoletta che non sei altro!», gridò la
Gatta Ladra, sottolineando la parola “mammoletta”.
Il verde, ancora dolorante per i cazzotti di Nami, si
risentì per l’insulto ricevuto e lottò contro l’impulso di sguainare la Kitetsu
e puntarla contro la sua nakama; era chiaro che l’amica bramasse vendetta per
il trattamento che avevano ricevuto, ma ora stava esagerando e la pazienza del
ragazzo si stava esaurendo.
«Come mi hai chiamato, brutta strega?».
«L’hai sentito benissimo, ominide, oppure ti manca l’udito
oltre alla spina dorsale?».
«Come osi, dannata!».
In quel momento Sanji stava uscendo dalla cucina e, sentendo
l’ennesima discussione tra il “Marimo” e la sua “Dea Ramata”, si precipitò sul
ponte della nave per difenderla dal compagno.
«Piantala di importunare la mia adorata Mellorine, testa
di verza!».
“Tempismo perfetto”
pensò Zoro: finalmente poteva menare qualcuno …
«Chi ti ha chiesto d’intrometterti, damerino: ora ti
faccio a fette!».
«Provaci, lattuga ambulante!».
Immediatamente i due cominciarono a darsele di santa
ragione, spingendo Usopp e Chopper -fino ad allora nascosti dietro i mandarini
di Nami- ad intervenire per cercare di
calmarli. La navigatrice però non era ancora soddisfatta, così si avvicinò alla
polena della Merry per attaccare il capitano.
«Rufy guarda che parlavo anche con te … Come hai potuto
stare immobile a farti pestare da quell’arrogante troglodita?!».
Senza scomporsi, Cappello di Paglia si voltò verso l’amica
e le rivolse un sorriso a trentadue denti.
«Ormai è andata così, e comunque non ne valeva la pena …
Shi shi shi!».
Sentendo quelle parole, la rossa non poté fare a meno di
chiudere gli occhi e digrignare i denti, portandosi le mani ai capelli; come
faceva a sorridere dopo l’affronto che avevano subìto?
«È inutile: con voi è tutto fiato sprecato! Certo, è
facile fare i gradassi a parole … Siete deludenti, vi spacciate per uomini d’onore
e poi vi fate mettere i piedi in faccia dal primo che passa … Che amarezza! Non
…».
«ORA BASTA, NAMI!».
Tutti si voltarono verso il moro, sbalorditi da quell’urlo
improvviso: Zoro e Sanji si erano bloccati, lame e gambe sospese a mezz’aria,
Usopp si era gettato a terra, i vestiti macchiati di ketchup per fingersi
morto, mentre con la coda dell’occhio fissava la scena.
Chopper aveva mangiato la Rumble Ball ed aveva assunto la
forma Guard Point, invece Robin –che fino a poco tempo prima era intenta a
leggere un libro nella postazione di vedetta- si sporse dalla balaustra; Nami
era rimasta paralizzata, la bocca ancora aperta e le parole morte in gola.
Non aveva mai visto Rufy così infuriato: ogni singola
cellula del suo corpo tremava dalla rabbia, le unghie piantate nei palmi delle
mani, i denti conficcati nel labbro inferiore ed il cappello che celava al
resto del mondo i suoi occhi.
«Hai esagerato adesso: cosa ti aspettavi, che li facessimo
a pezzi? Beh, eri completamente fuori strada! Noi raggiungeremo l’Isola del
Cielo e realizzeremo i nostri obiettivi, sai perché? Perché noi crediamo nei
nostri sogni!».
Nel sentire quelle parole e la fiera convinzione di cui
erano permeate, la rossa si mortificò per il suo comportamento: lei voleva
scatenare nei suoi compagni, che facessero valere il loro onore, ma in questo
modo aveva quasi insultato gli ideali in cui credeva tutta la ciurma.
Non riuscì più a sostenere lo sguardo del moro, così
abbassò il capo e con un filo di voce balbettò timidamente un «I-io …»; vedendo
la reazione della nakama, il capitano sorrise e calcò il suo cappello sulla
chioma ramata della ragazza.
«Ascoltami, Nami: se ci fossimo battuti con quegli idioti,
avremmo svilito i nostri principi … La nostra forza non sta nei muscoli, ma nei
nostri cuori: noi abbiamo imparato a sognare e non smetteremo mai, alla faccia
loro! Discorso chiuso?», e nel dirlo scese dalla polena e sollevò il volto
della navigatrice, che annuì restituendogli il prezioso cappello.
«Bene, ora pensiamo a raggiungere l’Isola del Cielo e a
farci una bella mangiata!».