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Autore: Morwen    10/06/2004    7 recensioni
Un ultimo addio di Remus al suo amato Sirius dopo i fatti del quinto libro...
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Tutto era sospeso

Nel tuo ricordo

 

Tutto era sospeso.

Fermo.

Immobile.

Non riuscivo neanche a pensare.

Era un inganno?

Doveva essere un inganno!

Non poteva essere vera la scena che mi si parava di fronte agli occhi.

Tutto era scomparso, ero troppo confuso per capire…

Solo con le sue urla tornai alla realtà.

Lui era lì che gridava il tuo nome, con tutta la sua rabbia e la sua disperazione.

E la sua colpa, perché era colpa sua se tu ci lasciavi.

No, sono cattivo, era amore, non colpa, era il suo amore per te. Il nostro grande errore.

Io lo trattenevo, non so come, non so perché, mentre lui cercava di seguirti ed io ero vuoto.

Volevo solo chiudere gli occhi, e svegliarmi da quell’incubo nell’alba di un nuovo giorno per assaporare ancora i tuoi baci.

Ma non era un inganno, e tu, mia fulgida stella, non potevi che andartene così.

Eri sempre alla ribalta, sempre sotto la luce dei riflettori.

Nel bene e nel male.

E ora la tua luce abbagliante è scomparsa dietro quel velo nero.

Nero come la notte dei tuoi capelli.

Lacrime calde scendono dai miei occhi ed è come respirare l’arida sabbia del deserto.

La sento turbinare nella gola.

La sento scorrere nelle vene.

Sono una statua di sale.

Non respiro.

Non parlo.

Non vivo.

Tu non ci sei più.

Avevi ancora sulle labbra quel tuo sorriso beffardo e malizioso, mentre cadevi… mentre il tuo bellissimo corpo si inarcava, sopraffatto dal suo odio… e cadevi.

E anch’io cadevo.

Tu dietro quel velo, io nel mio baratro di dolore.

Lo conosco bene ormai.

Non lo vedevo da tempo.

Da quando tu eri tornato e io gli avevo voltato le spalle, dimentico dei nostri giorni insieme, accecato dalla tua luce.

Lui che era stato il mio fedele fratello, compagno, convivente, amante…

 

Che bel terzetto eravamo io, Tenebra e Dolore.

In tutti quegli anni in cui sei stato lontano.

Quando pretendevano che ti credessi un assassino e il mio cuore mi diceva che non poteva essere vero, che erano solo dei bugiardi.

Non potevi essere tu il perfido assassino del tuo migliore amico.

Tu che fra noi eri il più bello, forte, coraggioso, leale… e io ti amavo.

Ti amavo oltre ogni limite.

E dovevo credere che eri solo un mostro vigliacco e crudele.

Che ci avevi venduti tutti.

Falso.

Avevi ucciso il tuo amico più debole, fatto sterminare il tuo più caro e la sua famiglia.

Avevi tradito me, che giuravi di amare.

Avevi tradito me, mentre ancora sentivo l’eco dei tuoi baci risuonare sulla mia pelle.

Falso.

No, non tu.

Non potevi essere stato tu.

Lo sapevo.

Lo sapevo.

Lo sapevo.

E allora la pena era più grande.

Saperti rinchiuso là, in quell’orribile inferno, a marcire come il più infame dei traditori.

Tu con la tua anima splendente.

Quei fetidi mostri a succhiartela via.

Ed io credevo di impazzire…

 

Che strano terzetto eravamo, io, Tenebra e Dolore…

La tenebra dei miei giorni senza più sole.

La tenebra delle mie notti senza più stelle.

Solo la fredda e impietosa Luna, terribile memento, a sbattermi in faccia la realtà di ciò che sono, a ricordarmi che ero solo, sprofondato nella solitudine più nera.

E ogni notte le rendevamo omaggio, pallida dea, con i nostri canti e le nostre danze….

 

Che ridente terzetto eravamo, io Tenebra e Dolore!

Per noi insieme, e lo eravamo ogni momento, era sempre festa.

Memorabili i nostri baccanali!

Tenebra, seducente e oscena sorella, danzava folle, con gli sterili seni al vento.

Come potevo resistere al suo canto di sirena che mi avvolgeva la mente in un caldo e accogliente oblio.

Danzavo con lei fino a dimenticarmi di tutto, di te, di noi, soprattutto di me stesso.

Ma la pace è una grazia che non poteva essermi concessa…

Dolore, amante crudele, mi prendeva fra le sue forti braccia e mi stringeva al suo petto in un’orgia infinita.

E mi offriva quel suo vino dannatamente benedetto, l’inebriante ricordo di te, e l’illusione di poterti avere ancora al mio fianco.

Era meraviglioso ed era come acido nella mia gola, nella mia mente, sulla mia pelle…

“Ancora! Ancora! Ancora! Vino a sazietà scorra in questo banchetto!”

Questo gridavo ogni notte della mia vita, ma era vita?, finché tu tornasti e la luce ricominciò a splendere.

Allora abbandonai il mio amaro Fratello e la mia oscura Sorella, ed essi se ne andarono.

Di malavoglia.

Sussurrandomi, prima di partire, parole che io non fui capace di udire.

Forse mi maledivano?

Forse giuravano di farmi pagare il mio affronto, l’averli cacciati?

Non lo so.

Avevo di nuovo te, mio luminoso amore, e il mio cuore era colmo di gioia come la coppa degli dei.

Avevo appena cominciato ad assaporare quel nettare divino e ti ho perso un’altra volta.

E ora non ci sei più.

Ora non ci sarai mai più.

Ma non sono solo…

 

Dolore e Tenebra, fedeli compagni, sono di nuovo qui con me.

Li ho sentiti avvicinarsi, ho sentito il loro canto e le loro risate sommesse alle mie spalle, mentre ti guardavo cadere.

Mi annunciavano deliziati il loro ritorno.

“Siamo senza rancore” mi dicevano…

“Vieni, ti divertivi un tempo con noi… siamo i tuoi amorevoli amici… sta per ricominciare la nostra festa in tuo onore…” mi sussurravano…

Mentre Tenebra mi tendeva le candide mani.

Ma questa volta non siamo soli, sai…

 

È arrivata anche Lei.

È arrivata la Signora.

 È venuta insieme ai miei cari fratelli.

Non la posso vedere, non la posso udire, ma sento il suo odore di erba fresca e terra smossa, sento il suo gelo farsi strada dentro di me.

È confortevole, sai.

È arrivata Lei.

È arrivata Morte.

E ora non ho più paura.

Paura dei giorni a  venire.

Quante volte l’ho desiderata in quegli interminabili dodici anni, senza avere il coraggio di chiamarla.

Era il mio desiderio più intimo e segreto, la mia più nascosta perversione, e ora finalmente è qui.

Non posso narrarti lo sconvolgente piacere del suo gelido bacio sulla mia fronte, agognata promessa del suo prossimo abbraccio.

Non mi basterebbero le parole, e forse non ne esistono che possano anche solo vagamente sfiorare la sensazione della sua terribile forza.

So che la Signora non mi farà attendere ora che ha sigillato la sua promessa con quel bacio intrigante.

So che non farà attendere me, che sono il più fedele tra i suoi devoti seguaci.

 

Addio, amore mio.

Avrei dato la vita per un solo giorno in più con te, per vedere i tuoi occhi sorridere ancora una volta.

Ma ora non c’è più tempo.

Ora non c’è più niente.

Non esisto più.

Ora posso solo morire nel tuo ricordo.

Addio…

 

 

 

 

  
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