Anime & Manga > Escaflowne
Segui la storia  |       
Autore: Rain Princess    18/09/2012    5 recensioni
A un anno dal suo ritorno sulla Terra, Hitomi non è ancora riuscita ad andare avanti. Sogna ancora di rivedere Gaea nel cielo della Luna dell'Illusione, e di ritornare da Van. Eppure..
Tratto dal primo capitolo:
“Van, perché mi hai abbandonata qui? Perché non mi porti via? Salvami, ti prego”. Il mio è nient’altro che un sussurro, una preghiera bisbigliata, il desiderio del condannato. Ormai ho capito che lui non verrà più.
E l’orologio del mio cuore si ferma qui.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ed eccomi qua, finalmente! Mi scuso per l'enorme ritardo, avrei voluto pubblicare entro la fine di luglio ma sono partita, e il quaderno con l'ultimo capitolo è involontariamente rimasto a casa. E, una volta tornata, sono stata risucchiata dalla spirale degli esami, per cui solo ora trovo il tempo di pubblicare.
Vi ringrazio immensamente per la pazienza e spero che gradiate l'ultimo capitolo!
Giusto un appunto: volevo che si vedessero tutti i personaggi più importanti della serie, per cui non picchiatemi, ho dato a Dryden un ruolo che probabilmente non è alla sua altezza, ma non potevo fare a meno di lui. :)
Ancora una volta, per l'ultima volta: Buona lettura!




Van – Gaea
 
Guardo fuori dalla finestra. È primavera, e i prati rigogliosi di Gaea sono una gioia per gli occhi. In un anno la natura è rinata e ora fa bella mostra di sé, e gli uomini affascinati di perdono a guardarla.
Anche io la guardo, ma fa più male.
Vedo il verde dei prati e penso a un altro verde, più intenso, più scuro, il verde dei suoi occhi.
L’azzurro del cielo è il colore dei suoi abiti, i fiori hanno il colore delle sue labbra e sono di colori che mi piacerebbe vederle addosso.
È un’agonia continua e una gioia immensa allo stesso tempo: l’ho persa, ma per farlo ho provato la felicità assoluta di averla avuta al mio fianco, di averla protetta, di averla vista sorridere per me e con me, di averla amata.
Ha fatto bene ad andarsene, in fondo questo non è il suo mondo, e cosa avrei potuto offrirle io in cambio? Lei è la Dea Alata, io sono solo un re che sta dedicando tutto sé stesso a salvare il suo regno, chissà se con qualche risultato.
Lei deve essere felice, e se la sua felicità è altrove, ebbene sia.
Se la sua felicità deve passare per il vuoto che mi sento dentro per l’eco di ogni attimo in cui la rivoglio, se deve avere il prezzo della mia solitudine e dei miei giorni più neri, del mio dolore più sordo quando la immagino a casa sua, a sorridere alla vita e alla gente, magari a un altro uomo e non a me, ebbene sia. La sua felicità è più importante di tutto e non potrò mai odiarla per avermi lasciato.
Eppure, quante volte ho sperato di rivedere quel fascio di luce in mezzo al cielo, di rivederla correre verso di me sorridendo, con quei suoi vestiti buffi, di riascoltare la sua voce.
Ma non è mai successo.
Se avessi saputo come fare, sarei andato da lei milioni di volte, anche solo per guardarla da lontano e vedere che sta bene; ma non ci sono mai riuscito.
E d’altronde lei non è arrivata qua grazie a me, ma grazie a mio fratello Folken.
Come avesse fatto a richiamarla qui su Gaea per me è rimasto un mistero, e se l’è portato nella tomba il suo segreto.
Chiudo gli occhi mentre un pensiero va a lui.
Fratello. Vorrei fossi qui a condividere con me tutte queste difficoltà, la mia fatica.
Ma non è così. Gaea sta lentamente rifiorendo, la pace regna da un anno sul pianeta.
A breve so che mi chiederanno di più, si aspetteranno di più da me.
Hitomi non è mai tornata, perciò dovrò sposare una donna che non amo e non amerò mai come amo lei.
Per il bene del mio popolo avrò con lei una discendenza che non avrà mai i suoi occhi verdi, ma che sarà comunque mia e mi darà gioia e un po’ di sollievo. Ma la pienezza, l’amore che vedevo negli occhi dei miei genitori da piccolo, quelli no.
Ma per il bene della mia gente lo farò. È questo che fa un sovrano, vive in funzione del suo popolo. È così che mi hanno insegnato e così agirò.
Riporto l’attenzione alla conversazione che sta avvenendo nella stanza: un ministro e un consigliere di un regno confinante sono venuti per sottoporre e firmare degli accordi commerciali che saranno vantaggiosi per tutti. Il mio consigliere sta seguendo personalmente le trattative, mi fido di lui.
E come non potrei, è Dryden. L’ho nominato consigliere alla fine della guerra e si è sempre dimostrato all’altezza della situazione: mercanteggiare è la sua arte, oltre alla musica, s’intende.
Normalmente non sono così distratto quando ci sono di mezzo gli affari di stato, ma sapevo che oggi sarebbe stata una giornata difficile, ed è per questo che ho chiesto a Dryden di riempirmela di impegni, per non pensare. Lui non ha fatto domande, ha capito e ha eseguito.
Devo molto a questo principe brigante, ha fatto un  buon lavoro per oggi: il ministro, la delegazione del regno di Freid, l’incontro coi rappresentanti del popolo, la cena coi dignitari di corte.
Ha fatto l’impossibile per trovarmi impegni che mi occupassero la mente.
Peccato che a volte mi allontani lo stesso, come in questo momento.
L’incontro col ministro volge al termine.
“Sua Maestà, sono lieto di aver raggiunto questo accordo col Suo regno. È bello rivedere la pace in queste terre. Ci auguriamo di poter festeggiare altri lieti eventi in un tempo non molto lontano. Le rinnovo gli omaggi del mio sovrano.”
Stringo i denti e mi comporto da re.
“Sono lieto anch’io del nostro accordo, signor ministro. Sono sicuro che ne trarremo tutti dei vantaggi. Porti gli omaggi miei e del mio popolo al Suo sovrano, con l’augurio che la prosperità possa albergare presso di voi.”
I due dignitari fanno un inchino, poi escono dalla stanza.
Ho evitato l’argomento matrimonio, ma ho i nervi a fior di pelle. Oggi è così.
Mi allontano da Dryden e guardo di nuovo fuori.
Oggi è un anno e va così.
 
La giornata prosegue, ho incontrato la delegazione del regno di Asturia e mi è stato consegnato un messaggio personale molto affettuoso da parte di Allen e Millerna, ma l’ho letto solo dopo aver incontrato i rappresentanti del mio popolo.
Sono stato un buon sovrano.
Ora sto indossando l’abito della festa per la cena di stasera e sto facendo di tutto per non pensare a quanto sia tutta questa euforia sia stonata, a quanto mi senta un fantoccio. Mi guardo allo specchio: i pantaloni scuri, gli stivali bassi e la camicia bianca, elegante. Tra le mani stringo la giacca lunga del mio abito, azzurra coi ricami dorati.
Azzurro come i suoi abiti.
Dorato come i suoi capelli.
La devo smettere, accidenti! Sembro un rammollito!
Alzo la giacca e faccio per infilarla quando..
Flash.
Hitomi, lo sguardo rivolto verso il cielo.
Ma cosa..?
Scuoto il capo con forza, come a scacciare un’immagine indesiderata e ovviamente irreale, prodotta dalla mia mente. Infilo la giacca e mi sistemo, volto le spalle allo specchio e mi dirigo verso la porta. Afferro la maniglia e...
…un urlo spaventoso mi ghiaccia: è dolore, dolore puro, e ha la forma del mio nome.
È la sua voce. Sta soffrendo, sta male e grida il mio nome.
Poi silenzio, un silenzio fastidioso, mi sento stordito e non capisco nulla.
Che le sta succedendo? Perché soffre tanto? Ha chiamato me!
Pensieri sconnessi mi attraversano la mente mentre mi rendo conto che, mentre assistevo impotente al dolore di Hitomi, ho stretto a tal punto la maniglia da staccarla dalla porta.
In un attimo esco e vado a sbattere contro Merle, sempre appostata fuori le mie stanze.
“L’hai sentito?” le chiedo nervoso e spaventato appena la vedo.
“Sentito cosa?” mi chiede lei, perplessa.
“L’urlo, quell’urlo! Hitomi...” grido a mia volta, preda di un’ansia crescente, per poi sussurrare l’ultima parola, il suo nome. Lo sguardo di Merle diventa immediatamente triste.
“No, signorino Van, non ho sentito nulla. Forse sarà stata la vostra immag-”
Ma non le do il tempo di finire la sua frase, non voglio sentirle dire quelle parole che mi farebbero sentire un pazzo, ancora più disperato e commiserato di come io sia stato finora.
“No! Io l’ho sentito!” le urlo, e corro via, ma non so che fare, dove andare, a chi chiedere.
Corro per i corridoi del mio palazzo cercando di farmi venire un’idea, ma niente. Sbatto di nuovo contro qualcuno, stavolta è Dryden.
“Dryden, tu l’hai sentito?” gli chiedo.
“Cosa, Maestà?” e già la sua risposta mi scoraggia.
“Quell’urlo spaventoso!”
Dryden scuote il capo. “No, Maestà, non ho sentito nulla.”
Ma al suo “no” sto già andando oltre e gli grido “Scusami con i miei ospiti, Dryden!” e lo lascio lì, interdetto, a dire qualcosa che già non ascolto più.
Continuo a correre, urtando persone e rovesciando oggetti, ma niente mi ferma, anche se non so che fare.
Com’è possibile che l’abbia sentito solo io?
Poi ho una specie di illuminazione, forse disperata perché è l’unica idea che mi è venuta: devo andare al luogo del nostro primo incontro su Gaea, sotto il grande albero.1
Prendo un cavallo e lo sprono al galoppo, lo spingo a dare sempre di più, a correre come non ha mai fatto in vita sua, ma mi sembra di non arrivare mai. Quando, alla fine, intravedo l’albero, di nuovo la sua voce mi da i brividi.
“Van.. Perché mi hai abbandonata qui? Perché non mi porti via? Salvami, ti prego.”
È un sussurro il suo, ma la sua voce non mi è mai sembrata così chiara.
Raggiungo l’albero nel momento in cui la sua voce svanisce e un cerchio di luce si apre sotto i miei piedi.
Aspettami Hitomi, sto arrivando!
 
Sono nel fascio di luce, per la prima volta faccio con consapevolezza il percorso che ha fatto lei. Sto andando da lei.
Hitomi, ti prego, aspettami!
Tutto intorno è solo luce, ma è come se fosse densa, è diverso da come lo immaginavo. Poi la luce svanisce e ho solo un secondo per capire che sono sospeso nel cielo e sto cadendo velocemente. La giacca l’avevo già gettata via mentre correvo a palazzo, ora le mie ali candide riducono a brandelli la camicia e si spalancano, dandomi il tempo di guardare dall’alto un piccolo gruppo di casette.
Quale sarà la sua? Come posso capire?
Ma poi decido di lasciarmi guidare dall’istinto, che mi guida verso una casetta esattamente sotto di me, e atterro sul suo tetto.
Con un salto raggiungo la finestra che si apre sotto di me, poco più in là, guardo dentro e
Sono arrivato tardi.
Hitomi è stesa a terra, gli occhi chiusi e le braccia scomposte. Con un salto entro nella stanza e le sono accanto. La tocco, è ancora calda ma non sento il suo cuore battere. La afferro con forza per le spalle e la scuoto.
“Hitomi!”
Se il suo cuore non batte, il mio sta impazzendo.
“Hitomi!”, la chiamo a voce più alta tenendole la testa che, altrimenti, si riverserebbe all’indietro. “Non puoi morire, non ora! Ti prego!”
Non so perché, ma mi ritrovo a fare dei movimenti circolari sul suo petto, senza nemmeno un’ombra di malizia, solo per far sentire al suo cuore che sono qua.
E lui mi risponde, con un solo battito. Con un minimo di coraggio in più, continuo a muovere la mano e a chiamarla.
“Hitomi!”
Mi sembra di cogliere un movimento impercettibile delle palpebre, come se avesse provato ad aprirle.
“Hitomi! Hitomi, apri gli occhi!”
Riprendo a scuoterla, forse con un po’ troppa forza, ma deve assolutamente riaversi.
“Hitomi! Torna qua, non te ne andare!”
Ma non li apre. Forse mi sono sbagliato, non li a mai aperti. Il suo cuore da un altro paio di battiti aritmici e ho paura che siano il suo canto finale.
“Hitomi! Non mi lasciare!”
Ancora una scossa, ma niente. La guardo inerte tra le mie mani furiose e sento la paura strisciarmi gelida nelle vene.
L’ho persa. Non sono arrivato in tempo. È colpa mia.
La consapevolezza di essere il responsabile della sua morte mi scava un dolore improvviso nella carne, mentre la mia mente si rifiuta di considerare anche solamente possibile la tragedia che ho davanti. Cingo con un braccio le spalle esili di quel corpo che amo alla follia, mentre con la mano libera accosto il suo capo al mio petto, proprio sul mio cuore impazzito. È così bella la mia Hitomi, che sembra semplicemente addormentata. Ed è solo così che riesco a considerarla, mentre con la punta delle dita seguo le linee del suo viso, dei suoi occhi chiusi, delle sue morbide labbra. Non l’avevo mai accarezzata prima, che folle.
Come ho potuto rinunciare a questo privilegio? Non importa, il mio amore dorme e io la sfiorerò fino al suo risveglio e poi, se me lo permetterà, continuerò a farlo anche dopo, guardando i suoi splendidi occhi verdi.
Con la punta dell’indice arrivo sotto i suoi occhi, a toccare con mano i segni scuri che li circondano e testimoniano il dolore che l’ha logorata.
Il dolore che io le ho inflitto.
La verità mi si palesa all’improvviso davanti agli occhi e mi ferisce col suo colpo più duro, ed è come se l’avessi vista solo ora. Il corpo esanime di Hitomi giace tra le mie braccia, la colpa è mia ed è chiaro che sto impazzendo.
Che senso ha adesso tornare a casa, guidare il mio popolo, fare il bene del mio regno senza nemmeno il pensiero che da qualche parte, su un mondo diverso, lei almeno possa essere felice? Che senso ha parlare, volare, ridere, guardare il cielo, l’alba e il tramonto, respirare, se lei non può farlo più?
Non mi sento più. Non ci sono più. Portate via questa carcassa vuota, a me non serve più.
Il mio intero universo collassa dentro di me e mi accascio sul tempio che avrei adorato a vita, il corpo della mia Dea Alata. Voglio solo fondermi con la sua pelle, diventare con lei un’unica cosa, e dimenticarmi chi sono, perché esisto. Le sfioro ancora una volta il viso e mi azzardo a farlo anche con le labbra. Le poggio una volta sulla sua guancia, timoroso, come se davvero stessi violando qualcosa di sacro, e nemmeno mi accorgo di dar voce al mio desiderio più profondo.
“Tienimi con te… portami con te…” sussurro.
E in quel momento il miracolo accade. Sento le sue ciglia solleticarmi la pelle mentre sbattono piano. Incredulo mi allontano subito dal suo viso, il tanto necessario per poterlo guardare bene, e posso ammirare la cosa più meravigliosa dell’intero universo: i suoi occhi che piano si riaprono, e sembra che le costi una fatica enorme.
“Hitomi!” la chiamo, la voce strozzata dall’emozione così forte che quasi mi gira la testa. Non mi accorgo nemmeno della mano che, da sola, si è poggiata sulla sua guancia, così pallida e piccola.
Le palpebre le sfarfallano mentre mi mette a fuoco e mi perdo nell’attimo in cui quelle foreste verdi mi fissano. Continuo a non sentirmi più, la paura di perderla è stata devastante, riesco solo a pensare che è viva, che è bellissima, che sono quasi morto insieme a lei.
“Hitomi…”
Che bello poter dire il suo nome senza che mi causi la solita fitta all’anima.
“Sei tornata, sei tornata da me…”
Piano e a fatica una sua mano si alza e raggiunge tremando la mia guancia.
Allora ce l’ho una guancia, ce l’ho perché me la sta toccando lei.
Spingo la sua mano sul mio viso per averla ancora più vicina, ho anche un altro braccio, quello che la sostiene.
Sento i suoi polpastrelli accarezzarmi piano accanto all’occhio, quasi come ho fatto io prima con lei, ed è un’altra parte che riscopro di me.
E mi rendo conto che ho bisogno di riscoprire lei, di ritrovare me stesso, e il mio corpo sa già cosa fare: la abbraccio forte, la tengo stretta a me e tutto riprende vita mentre la cullo. Sono felice, ancora terrorizzato, incredulo.
“Sei viva, Hitomi! Sei…”
Sei viva con me.
“… Sono…”
Sono arrivato giusto in tempo.
Sono stato un pazzo a lasciarti andare via.
Sono quasi morto con te.
“… Non ci credo!”
Dimmi che non è un sogno.
“Sei tornata! Sei tornata…”
Sei tornata nella mia vita e mi sembra impossibile.
Con un movimento appena percettibile della testa mi fa cenno di sì con la testa e, per la gioia, se possibile la stringo ancora di più. Così posso saggiare con mano quanto sia smunta e rimpicciolita. Ho paura di farle male adesso, in tutti i sensi. Deve saperlo.
“Ho avuto paura, così tanta paura! Il tuo grido, il tuo dolore…” e mentre lo dico risento quell’urlo straziante, quella sofferenza insopportabile, e mi fa male di nuovo.
La sento respingermi piano con le mani appena premute sul mio petto. Mi ritrovo scosso da brividi potenti, se adesso non mi volesse più credo che impazzirei davvero.
“… ma sei tornata…” dico, più per convincere lei che me.
Ma lei non parla. Non ha detto una parola finora, e il suo silenzio mi stordisce e mi uccide. Può star pensando qualsiasi cosa, magari pensa che sia sbagliato che io sia qui e non lo posso sapere. Ma devo, anche se ho paura di subire il suo colpo.
“Parlami Hitomi, ti prego, di’ qualcosa.”
Non uccidermi, ti prego. Dimmi che stai bene, dimmi che mi vuoi, dimmi che non è troppo tardi per noi.
La guardo tutta, rannicchiata contro di me, debole e fragile, e mi rendo conto che mai nessuno ha avuto tanto potere su di me, tanta possibilità di decidere di me. Proprio lei, un essere così indifeso e innocuo, col suo silenzio e le sue parole può decidere se farmi morire o vivere.
Una mano lascia il mio petto e risale sul mio viso, con più forza stavolta, e non so cosa pensare. Mi guarda, mi studia, passa una manciata di secondi in cui muoio e rinasco mille volte, fino a quando il suono della sua voce lascia le sue labbra e mi invade contemporaneamente mente e cuore.
“Sono tornata per te.” Sussurra.
Ci metto meno di un attimo e tutta la vita a capire il senso di quello che ha detto, ed è come volare a tutta velocità nel cielo limpido, con la libertà e la leggerezza dei pensieri; è il bacio del sole sulla pelle, è la primavera dei nostri cuori, è la carezza di mia madre che non ricordavo di aver avuto; è la certezza di non essere più solo, tutto sublimato in un attimo.
È lei, qui, tra le mie braccia, e la amo, la amo da impazzire.
Spinto da un bisogno così grande che mi chiedo come ho fatto a ignorarlo per un anno – per tutta una vita – mi avvicino al suo volto e, a pochi millimetri dalle sue labbra rosa le faccio la promessa più solenne della mia vita, quella che manterrò a qualsiasi costo perché sarà naturale farlo.
“E io sono tornato per te, per sempre.”
E poggiando le mie labbra sulle sue con devozione, amore e passione, mi sento davvero vivo per la prima volta.




Che altro dire? Grazie a tutti voi che siete passati, avete letto, avete recensito, avete seguito o ricordato, forse addirittura preferito. E' stato il mio primo tentativo e non sapete quanto io abbia apprezzato la vostra presenza. :) e.. beh, per la frutta marcia c'è un secchio apposito, se volete sono qua! XD
Spero a presto!

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Escaflowne / Vai alla pagina dell'autore: Rain Princess