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Autore: chilometri    20/09/2012    94 recensioni
Yo te esperaré; Larry Stylinson as a romance.
-
«Hai…» si interruppe, passando un dito sulle labbra del ragazzo che gli era di fronte «hai qualcosa sulle labbra!».
[...]
«Eh? Che cosa ho?»
Louis sorrise ancora,  questa volta ancora di più.
«Le mie.»
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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Nome: Yo te esperaré.
Rating: Verde.
Disclaimer: Gli One Direction non mi appartengono in nessun modo, come tutti i cantanti qui citati/linkati.
La storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Conteggio parole: 3.515
Note: Slash, Angst, Drammatico.
Credits: Grazie a NuvolaBlu per il magnifico banner. È una persona dolcissima, sul serio, e scrive da Dio, per cui avete due motivi per passare nel suo profilo. **
 


-Yo te esperaré.




Harry prese a respirare affannosamente, la vista appannata, costringendosi a chiudere gli occhi per evitare di veder la stanza vorticare pericolosamente.
Non lo aveva scritto sul serio, non poteva averlo scritto per davvero, non poteva.
Non dopo tutto quello che avevano passato.
Litigi, incomprensioni, confusione, ma tanto, tanto amore, che era poi quello che principalmente aveva costruito la loro storia, il loro rapporto.
Tossì ancora una volta, riaprendo gli occhi e fissando la schermata davanti a sé.
‘Tutte le storie sulla Larry sono il più grande carico di stronzate che io abbia mai sentito’.
Stronzata.
Non un’amicizia, non un’incomprensione da parte delle fan, no, una stronzata.
Harry non voleva crederci, ed ancora fermo, controllò se dentro al petto fosse tutto apposto, mettendo da parte il dolore lancinante del cuore.
Zayn.
Il suo nome gli balenò il mente, ed Harry capì di avere bisogno del pakistano.
Si alzò velocemente dalla sedia – così di scatto che quella andò a sbattere contro la parete della sua stanza provocando un gran frastuono –, prendendo il telefono dal comodino in mogano e componendo il numero del moro freneticamente.
Uno, due, tre, quattro squilli, il vuoto.
Anche in un telefono vi era il niente, come quello che Harry sentiva dentro, come se tutto quello che di buono c’era in lui, fosse stato risucchiato, accartocciato e buttato fuori a calci, perché troppo carico di ricordi che avrebbero portato al dolore.
Dolore.
Harry lo sentiva in tutte le parti del corpo, nella testa, nello stomaco, negli occhi, nel cuore, ed avrebbe fatto di tutto pur di liberarsene.
Gli doleva tutto e lui non era abituata a quel tipo di sofferenza.
Aveva sopportato già troppo, un anno prima, quando Louis si fidanzò con Eleanor e non avrebbe retto anche quella volta.
Era come se tutti i pensieri positivi fossero scomparsi, lasciando spazio solo a quelli negativi, quasi come se il suo cervello non connettesse più.
Harry non lo sapeva proprio perché stesse reagendo così, forse perché tutte le paure che aveva avuto fino a quel giorno erano state confermate da una sola frase, forse perché Harry era debole, Harry si faceva del male continuamente.
Harry avrebbe voluto essere normale.
Perché lui era un mostro, lui non meritava assolutamente nulla, solo dolore su dolore, perché Harry era errore.
Prese un respiro, quasi come se tutte le sue idee si fossero fatte più chiare ed avesse finalmente deciso cosa fare, e ricompose il numero di Zayn, aspettando il ‘bip’ della segreteria.
«Zayn» accarezzò il suo nome, pensando a tutto ciò che avevano passato assieme, a tutte le frasi che il moro gli aveva riservato nel momento del bisogno, a come Zayn fosse sempre la luce, il sole, perché Zayn era sole, luce, amore.
Zayn era aria, Zayn era amico, bisogno, gratitudine, sorrisi e poche parole.
Zayn era Zayn ed Harry lo amava con tutto se stesso.
«Io… vorrei solamente dirti grazie perché…» ad Harry si spezzò la voce, perciò respirò ancora, più profondamente, sospirando.
«...perché sei fantastico, grazie per tutto quello che hai fatto per me e scusami perché non meriti del male ed io sto per fartelo, scusami, perché sei l’ultima persona che vorrei ferire e…»
Una lacrima silenziosa cadde sulla guancia di Harry, che non si curò di asciugare.
«e… dì a tutti che… che parto… per… per un posto molto lontano e… che non ci rivedremo per un po’, dì loro che mi mancheranno. Scusami, Zayn, e grazie, e scusami ancora. Ti amo.»
Perché seppur in modo tutto suo, Harry lo amava.
Lo amava in un modo speciale, come lo era lui.
Harry scosse la testa, non era speciale, era un errore, e amava anche le persone sbagliate, regalando loro solo dolore.
Le amava nel modo sbagliato, come lui.
Sarebbe partito per un posto così lontano da loro, chissà se mai gli avrebbe rivisti più.
Il riccio si accasciò per terra, singhiozzando, Harry era il nulla.
Quando tutti gli altri lo guardavano, vedevano il suo sorriso, solo Louis poteva vedere tutte le sue ferite.
Si ricordava ancora quando, aveva pronunciato «Curerò io tutto il tuo dolore, se me lo permetterai.»
E lui si era fidato.
Stupido, stupido innamorato Harry.
Rimase lì per qualche minuto, prima di alzarsi nuovamente ed avvicinarsi allo schermo del computer, quando quelle parole lo colpirono ancora.
Facendosi forza cliccò velocemente su ‘Rispondi’ e digitò – le mani bagnate dalle lacrime - «Mi mancherai. Ti amo, ti ho amato con tutto me stesso, e continuerò a farlo. Ti aspetterò.»
Poi guardò per l’ultima volta la sua stanza, asciugandosi velocemente le lacrime col pollice, mentre scendeva in cucina e così, senza una parola, Harry abbracciò Anne, dandole un bacio e sussurrando un «Scusami. Ti voglio bene.»
La donna parve confusa, ma lui le sorrise rassicurante, e lei sembrò sciogliersi, ricambiando l’abbraccio.
«Esco a fare due passi» disse, cercando di essere convincente.
«Non fare tardi, ti aspetto.»
«No, mamma, ho da fare alcune faccende, non ne vale la pena» sorrise ancora, abbracciandola un po’ più forte e poi uscì dalla porta.
L’aria gelida lo investì, e si strinse un po’ di più nel suo lungo cappotto marrone, sapendo che anche il freddo sarebbe finito, avrebbe solo dovuto pazientare per un altro po'.
Entrò velocemente nella macchina, accendendo il motore e partendo senza alcuna fretta, facendo solo la pressione necessaria sul pedale.
Voleva godere di tutto quello che di bello c’era nella sua piccola cittadina, in cui era nato ed in cui sarebbe rimasto… per sempre.
Guardò i piccoli alberi che si estendevano alla sua sinistra, e le case rigorosamente rosse sulla destra.
Sorrise mentre, passandole in rassegna, ricordava a chi appartenessero.
Il panettiere, il tizio del supermercato e persino il poliziotto che più volte si era divertito a fargli multe perché ‘sei troppo scalmanato, giovincello!’.
Harry accese la radio, inserendo il suo cd, e – un caso? – la prima traccia che partì fu proprio ‘moments’.
Harry boccheggiò e continuò a piangere.
Prima che potesse fare qualsiasi altra cosa, i ricordi erano già andati a fargli visita, trafiggendolo.
Lentamente.




 

10 Dicembre 2010,
9a – ed ultima – settimana ad xFactor.


La prima volta che Harry baciò Louis, fu uno di quei pomeriggi che sembrano quasi perfetti, quelli in cui ti servirebbe solo una cosa per essere completamente felice.
Quella cosa che, come sempre, pare sia impossibile da trovare, molte volte è addirittura qualcosa che non capisci.
Quello però non era il caso di Harry, perché fu proprio in quella fredda sera di Dicembre, che aveva capito cosa cercava, cosa voleva.
Cosa avrebbe reso tutti i suoi giorni più colorati e perfetti, o quasi.

«Cavoli ragazzi, siamo stati grandi questa sera, alle prove!» la voce di Liam arrivò dritta alle orecchie di Harry, che, anche se leggermente insicuro, sorrise, annuendo forte con la testa.
Harry era ancora piccolo, era immaturo, era confuso quando era nella casa di xFactor, era inesperto, era tutto ciò che di infantile potesse esserci in un ragazzino di soli sedici anni.
Louis lo era altrettanto, era dolce, simpatico, era il ritratto della felicità, non conosceva ancora il dolore e aveva l’intenzione di godersi gli ultimi anni dell’adolescenza a pieno e sembrava starci riuscendo piuttosto bene.
«Hai ragione, diamine! Ma ho sonno. E tanta, tanta fame. Sul serio ragazzi! Potrei… potrei andare a mangiare il mio cuscino e soddisfare entrambi i miei desideri!» esclamò Niall, e la cosa più preoccupante era che… sembrasse serio.
Harry si batté un cinque in fronte, scuotendo la testa e decidendo di andare a dormire.
Infatti, solo qualche secondo dopo, augurò la buonanotte a tutti, per poi andare nella sua camera, spogliarsi ed infilarsi sotto le coperte, mentre cadeva in un sonno profondo.


Louis aprì di scatto gli occhi quando un Harry decisamente spaventato – ed in mutande – lo scuoteva, le mani che tremavano leggermente.
«Oh Dio Harry, che ti è successo?» chiese, preoccupato, aggrottando la fronte.
«Ho… ho fatto un incubo Lou ed… ed era tutto buio e…» il moro si accorse che stava balbettando, perciò, semplicemente, scostò un lembo di coperta ed Harry vi ci si infilò, stringendosi più che poté a Louis.
Quest’ultimo si girò verso di lui, sorridendogli e accarezzandogli i capelli dolcemente.
Quasi d’istinto, Harry intrecciò una gamba a quella di Louis, il quale sussultò leggermente per poi avvicinare il volto a quello dell’amico, sfregando il naso contro il suo. Harry sorrise, arrossendo ed abbassando lo sguardo.
Si sentiva strano, stranamente bene, era come se Louis avesse il potere di scacciare ogni cosa brutta che potesse succedergli, come se lui fosse la cura di tutte le sue ferite.
Quasi troppo preso dai suoi pensieri, non si accorse che il moro aveva iniziato a cantare qualcosa, così, senza allontanare il volto nemmeno di un centimetro, tese le orecchie.
«Take my hand I’ll teach you to dance, I’ll spin yo-*» Harry lo interruppe, senza sapere bene il perché e poi… poi posò le sue labbra sopra quelle dell’amico.
Fu un bacio dolce, tenero, inesperto.
Fu un bacio che sapeva di casa, perché loro erano a casa quando erano insieme.
Nessuno si spinse oltre, fu un semplice assaporarsi, provare qualcosa di nuovo, qualcosa di totalmente sbagliato, ma – al contempo – qualcosa che aveva reso entrambi... felici?
Harry fu il primo a staccarsi, ancora rosso in viso ma con un piccolo sorriso sulle labbra, poi sussurrò un «Buonanotte, Boo Bear» e chiuse gli occhi ancora stretto a lui.
La prima volta che Harry baciò Louis, capì che ogni luogo dove c’era Louis, c’era la sua casa.
Perché casa era sinonimo di rifugio, e rifugio... rifugio era sinonimo di Louis.


 



10 Settembre, 2011.
- Red or Black, Backstage.


La seconda volta che Harry baciò Louis fu in  una di quelle sere dove pensi che tutto inizi male e finisca nello stesso, medesimo tragico modo, ma, sorprendentemente, ti sbagli.
Ti sbagli e qualcosa cambia. Forse in bene, o forse in male.


«Harry, ti prego, apri questa porta!» la voce di Zayn, più cupa del solito, lo stava praticamente implorando da circa dieci minuti ma Harry continuava a non rispondere.
Aveva rovinato tutto.
Era la loro prima esibizione, cazzo!
Non poteva aver davvero mandato all’aria tutto quel lavoro, non per uno stupido assolo, non avrebbe dovuto farlo.
Errore.
Fu quella, la seconda volta in cui Harry si rese davvero conto di averlo pensato e di averci sul serio riflettuto mentre, scorrendo i tweet della sua timeline di Twitter, più e più insulti lo colpivano, proprio lì, dritto al cuore.

«@Harry_Styles Solo una parola: gay.»
«@Harry_Styles non meriti di essere nella band.»
«Ecco, sono proprio persone come @Harry_Styles che non mi fanno confidare ormai più nella musica di questa generazione.»


E quelli erano sul serio gli insulti meno pesanti che il riccio aveva letto fino a quel momento.
Ma Harry era stanco, Harry era un essere umano.
E, nonostante questo, era sbagliato.
Si strinse ancora un po’ di più le gambe al petto, chinandovi la testa e mordendosi continuamente il labbro inferiore, imponendosi di non piangere, di essere forte.
Ma Harry non era forte, Harry era debole, motivo per cui – ancora per trattenere le lacrime – si alzò di scatto e con un gesto repentino della mano, fece cadere tutto ciò che era posato sul ripiano sotto lo specchio, lasciandosi poi andare ad un gemito frustrato.
«Harry, stai calmo.» quando la voce vellutata di Louis arrivò alle orecchie del riccio, scattò.
«Come cazzo sei entrato?» ringhiò.
Non era il momento giusto per soffermarsi ad assaporare ogni sfumatura che vi era sul suo viso.
Lui era un errore, doveva stare lontano dal moro, glielo doveva.
Louis stette per un secondo in silenzio, sorridendo quasi tristemente, per poi indicare la forcina tra le sue mani.
Che cosa ci facesse con una forcina nella tasca, Harry non l’aveva di certo capito.
È come te.
Louis non è un errore.
«Sta calmo, dai.»
«Calmo? Calmo?!» continuò, più adirato di prima «ho rovinato la nostra prima esibizione!»
Harry avanzò verso di lui, «non c'eri tu lì, dentro di me in quel momento, Tomlinson, adesso ci sono io in ballo.»
Harry continuò a camminare, davvero arrabbiato verso di lui, fino a bloccarlo con le spalle al muro.
«Ci sono io, Louis!» la voce si fece più flebile «Sono io che sto subendo tutta quella merda, Louis» questa volta il riccio sussurrò tanto che stentò persino a credere che avesse sul serio detto qualcosa.
«Io, Louis. Ed hanno ragione io…»
«Ehy, Harry, frena!» disse l’altro, corrucciando la fronte e facendo nascere due rughe proprio sopra alle sopracciglia. «Di che stai parlando?»
«Lo sai già, di cosa parlo, Louis. E…» Harry scosse la testa, passandosi una mano sul volto, stanco.
«Harry…» sussurrò il ragazzo occhi cielo, attirando nuovamente l’attenzione del riccio, che puntò i suoi occhi verdi in quelli celesti dell’altro.
«Sì?»
«Hai…» si interruppe, passando un dito sulle labbra del ragazzo che gli era di fronte «hai qualcosa sulle labbra!» sorrise, vedendo l’espressione del volto che assunse Harry, che sapeva tanto dire ‘di quello che c’è sulle mie labbra non m'importa!’.
«Eh? Che cosa ho?»
Louis sorrise ancora, questa volta ancora di più.
«Le mie»*, e poi lo baciò con tutto l’amore che aveva in corpo.
Ed Harry assaporò quelle labbra che tanto aveva bramato a distanza di mesi, che ci facevi l’amore solo a guardare, e Louis amò le labbra di Harry come non aveva mai fatto con quelle di nessuno, perché Harry – il suo Harry – era solo di sua proprietà, lo era sempre stato.
«Take my hand, I’ll teach you to dance» sussurrò Louis, e Harry non poté che fare a meno di sorridere nuovamente e baciarlo di nuovo, e ancora e ancora.
La seconda volta che Harry baciò Louis, fu la stessa volta che Louis fece l’amore con Harry e fu la stessa, identica volta in cui, per una volta, Harry, si sentì finalmente giusto.

 



 


16 Settembre 2012, 22:12.

Harry scacciò per l’ultima volta le lacrime dal suo volto, (ormai era stanco anche di quelle) mentre accostava la macchina vicino ad una piccola distesa di alberi che vi era una volta raggiunto il confine di Holmes Chapel.
Si era spinto quasi fuori città per arrivare al primo luogo in cui Louis lo aveva portato.
Erano andati lì per il suo compleanno, di mattina, erano le quattro e venti minuti quando il moro lo svegliò, dicendogli di doverlo portare in un posto speciale.
In un primo momento Harry si era rigirato ma era stato praticamente scaraventato fuori dal letto e tutto quello che Louis disse per scusarsi fu ‘Faremo tardi!’.
Il ‘posto speciale’, distava appunto un’ora dalla sua residenza, ma Louis andava veloce quando guidava, Louis andava veloce quando amava, perché ti dava tutto sé stesso, tutto troppo in fretta, e alla fine non rimaneva nulla, se non residui di amore consumato.
Ma questa, comunque, era un’altra storia.
Una volta arrivati, Louis scese dalla macchina ed Harry fece resistenza: diciamo che ritrovarsi vicino ad una foresta, con un minaccioso dirupo che si estendeva verso tutta la destra, non era proprio quello che il riccio si era immaginato.
Fatto sta che – anche questa volta –, Louis lo aveva preso di peso e aveva sorriso mentre, intrecciando la mano con quella dell’altro ragazzo, si avvicinò al dirupo.
Harry lo guardò spaventato, ma poi notò che il moro s’era solamente seduto, invitandolo a fare lo stesso ma fu solo dopo qualche minuto che lo seguì.
Aspettarono l’alba insieme e Harry dovette ammettere che lo spettacolo fu davvero fantastico, il sole leggero pizzicava sulla faccia, rendendo tutto perfetto.
Ma mai come le labbra di Louis, quelle stesse labbra che lo sfiorarono solo qualche secondo dopo, sussurrando un «Buon compleanno.»
Harry si riscosse, scuotendo la testa, prendendo un respiro profondo e guardandosi attorno.
Quella sera tutto era diverso.
C’era buio, e freddo, più di quanto ne facesse a Febbraio.
Ma quello di quel giorno, era solo freddo interiore, freddo dell’anima.
Harry sorrise, pensando a tutto ciò che nella sua vita aveva fatto di buono, rendendosi conto che – di rimpianti – proprio non ne aveva.
Con le mani ancora bagnate dalle lacrime, il viso umido e un sorriso triste, Harry si avvicinò lentamente al dirupo.
Assaporò ogni piccolo scricchiolio che il terreno provocava sotto i suoi passi, ogni singola particella di aria fresca e guardando la luna, coperta dalle nuvole.
Una volta arrivato ad una distanza davvero pericolosa, si fermò, guardando giù.
Acqua.
C’era tanta acqua, e pietre, ovunque.
Velocemente Harry calcolò che con una buona probabilità, sarebbe caduto tra le onde, e solo a pensare al forte impatto che ci sarebbe stato, sentì freddo dentro.
Prese un respiro e… il suo telefono prese a squillare.
Grugnì cercando di ignorarlo, ma qualcosa gli diceva che doveva aprire quella telefonata, così sfilò il telefonino dalla tasca posteriore dei jeans e quando lesse il nome, il cuore perse uno, due, tre battiti.
Esitò.
No, non voleva rispondere.
Sì, voleva sentire la sua voce per un’altra volta, (e ancora. E ancora).
Le mani tremanti andarono ad aprire la telefonata e lentamente si portò l’affare all’orecchio, bagnandosi le labbra - così secche che dolevano - con la lingua.
«Harry? Harry cosa significa quella risposta? Io… mi dispiace, sul serio, non volevo scrivere quello che ho scritto, ma ero stanco ed io… Harry? Ti prego dì qualcosa.»
Il riccio tirò su col naso, dando perciò un segno all’altro che dall’altro capo del telefono qualcuno c’era.
«Sono uno stupido, è che io… io penso di…» non dirlo, non dirlo, non dirlo.
«…insomma, eravamo piccoli ed io ero… confuso e… io…» sta zitto, sta zitto.
«Non credo di… insomma io ti amo» colpo al cuore.
«...ma non in quel senso, ed io… scusami. Ti prego. Non fare cazzate, Harry, sistemeremo tutto, te lo prometto. Dove sei?»
Harry smise di ascoltarlo, ‘sistemeremo tutto’.
Quante volte lo aveva detto? Quante volte lo aveva illuso? Troppe, ed il riccio si era stancato.
«Louis» sibilò, i denti che tremavano per il freddo e per le lacrime.
«Sì, Harry? Ti prego, dimmi dove sei. Ti prego, ho bisogno di saperlo.»
«Io avevo bisogno di te, Louis. Ma non c’eri. Non ci sei mai stato, sei stato solo un ammasso di parole e promesse infrante, capisci?»
«Perché dici così…»
«Perché fa male» sussurrò, per poi alzare la voce di un’ottava «Fa fottutamente male!» quasi urlò, ed il suono si espanse nel luogo vuoto, provocando l’eco.
Quell’eco con cui i due si erano divertiti il giorno del suo compleanno.
Harry non pensò che Louis potesse davvero captarlo, ma fu il contrario.
«Harry, dove sei? Non dirmi che sei… oh merda.» il riccio sorrise: aveva capito.
«Harry che cosa ci fai l-» la voce del ragazzo si affievolì, Harry sorrise ancora: continuava a capire.
«No, Harry, ti prego. Ti prego. Ti prego, non fare stronzate! Ho bisogno di te!» la voce di Louis tremò, «sto arrivando, sta’ fermo. Non chiudere, Harry, per favore».
«Take my hand, I’ll teach you to dance» sussurrò il ragazzo.
«Sì, ecco, canta Harry, canta. Aspettami.»
«Ti ho sempre aspettato, sei sempre stato tu, ed io sono sempre stato qui.» continuò il riccio.
«Scusami, Louis. Ti ho amato, lo farò per sempre. Ti amo.» poi la comunicazione si interruppe, e l’ultima cosa che sentì furono i ‘no’ ripetuti del ragazzo amato.
Pianse ancora un po’, «I’ll spin you around, 'll spin you around, won't let you fall…» fece ancora un passo, trovandosi con un piede nel vuoto «…down.» e poi Harry si lasciò andare.
L’adrenalina percorse il corpo del ragazzo in quella caduta verso il basso.
Giù, giù, ancora più giù.
Poi fu tutto veloce, l’impatto con l’acqua, la stessa che gli invase troppo velocemente i polmoni, un «Ti aspetterò» sussurrato e poi il buio.
Harry era finalmente felice.



 


__________________________



 

*= La canzone citata è 'All about us' degli Owl City ft. He is We, che è uscita nel 2011, come potete vedere però, la prima scena in cui è stata inserita la canzone, è ambientata nel 2010.
L'ho inserita perché mi piaceva nel contesto, spero perdonerete questa piccola non-concordanza tra le due cose.
*= Quella del "Hai qualcosa sulle labbra" è una frase che ho trovato gironzolando su Facebook, che ho amato così tanto da volerla inserire :')
 

Note dell'autore:

Wow, dopo cinque giorni sono finalmente riuscita a postare questa One-Shot!
Non ci posso credere. AHAHAH
Allora, devo dire che questa è la mia prima Slash, perciò non sono esperta in campo lol e tutta questa idea è nata, appunto, dal tweet veramente poco carino di Louis e.e
Shippo Larry dall'era glaciale(?) come bromance, solo da qualche mese ho iniziato a vederla come una romance, perciò mi sono cimentata in questa... cosa. e.e
Sinceramente ho amato scriverla, nella mia testa era migliore di quello che è uscito, sicuramente, ma... nevermind.
Ho anche piagnucolato un po'.
Sarà perché Harry è in qualche strano modo il mio "preferito", ed immaginare queste scene è stato orribile, ma incolpate il mio innato spirito da masochista per avermi portato a scrivere questa roba LOL
Ci ho messo tanto, appunto cinque giorni, perciò ci tengo particolarmente.
Volevo anche metterci un lieto fine, ma sono cooooosì drammatica, e mi odio da morire per questo ewe
Non voglio dilungarmi troppo, perciò chiudo velocemente dicendo le ultime due cose.
Prima di tutto, ancora grazie a NuvolaBlu per il banner, è stata un tesoro.
Poi, spero che apprezziate e per ultima cosa, spero che recensirete.
So che è lunga, e che la maggior parte di persone che son su questo sito non la leggeranno, ma io ci provo comunque. èé
Soooo, there's nothing else.
Ribadisco, spero vi piaccia e che mi lascerte un parere,
 
peaceloveandshiplarrystylinson.♥
  
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