Saaaaaalve!
Si, ok, forse dovrei suicidarmi perchè inizio la quarta ff senza averne
terminata una ma... dovevo farlo. Beh, ultimamente era stato difficile
scrivere. Non ci riuscivo quasi più. Voi direte: ma cosa? ma se hai
postato ecc
e poi son belli i cap ecc... grazie di cuore per questo ma, davvero,
era
diventato difficile. Periodo orribile e snervante, e stavo così male
che non
riuscivo a fare nulla. Poi ho conosciuto tantissime persone belle che
mi hanno
alleggerito il cuore, e una, la mia cara 2min a
cui è dedicata questa ff, mi ha fatto venir
voglia di scrivere questa. è stato stranissimo, ma ho sentito qualcosa
dentro
smuoversi e sono partita in quarta. Mi sento meglio e mi tremano le
mani perchè
questa è come una rinascita! Mi batte così forte il cuore che mi sento
male XD
ecco, per farvi capire che ci tengo in maniera speciale, come a "senti
che
bel rumore" quindi grazie a chi la legge, recensisce, o la mette tra le
preferite. E grazie soprattutto a 2min che mi sta seguendo a manetta
con questa
ff!! Tesoro, è tutta tua!! TVB ♥♥♥
Stava per arrivare nuovamente l’inverno,
l’autunno invece era già arrivato da un po’. Era così strano, colorato
di rosso e giallo, le note sfumature marroni che s’intrecciavano con le
altre creando colori così belli ma che sapevano anche di qualcosa di
triste, di un qualcosa che doveva finire.
Era autunno da un bel po’ e un giovane di
nome Lee Taemin, vent’anni appena compiuti, era già titolare di una
pasticceria. Non era “una” pasticceria qualsiasi, ma “la” pasticceria.
Sì, perché era la più rinomata di tutta Seoul. Keulim & Chokollis,
questo era il nome. Ed è la migliore ancora oggi, forse anche più di
allora, di quando la gestivano loro.
Keulim & Chokollis era dei suoi nonni,
pasticceri anche loro da anni ed avevano tramandato il lavoro anche al
loro unico figlio. Solo che sfortunatamente lui morì di una grave
malattia e poco dopo morì anche la moglie, debilitata e straziata dal
dolore per aver perso il compagno della sua vita.
A nulla era valso cercare di riprendersi per
quel figlio che lei e suo marito avevano avuto quindici anni prima,
Taemin. Si lasciò semplicemente divorare dal dolore perché senza di
lui, senza suo marito, non riusciva a vivere.
Succede qualche volta e
chi ne paga le conseguenze sono i figli.
Taemin soffrì tanto per i suoi genitori, e
data l’età critica tutti pensarono, psicologi compresi, che avrebbe
odiato sua madre. Invece lui cercò di capirla. Cercò di capire quel
sentimento che l’aveva spinta a lasciarsi andare. E cercò anche di
dargli un nome.
Anche se comunque era un po’ confuso, con l’amore incondizionato dei nonni riuscì in qualche modo a diventare grande, forte. Ed all’età di vent’anni era già un uomo bello e fatto.
Bellissimo, non solo bello… bello è un puro e
semplice eufemismo. E anche molto, molto affascinante… eppure aveva
sempre quel dolce sorriso, come talvolta lo sguardo da ragazzino che in
fondo in fondo ancora un po’ era.
Molte clienti andavano lì solo per vedere il
suo sorriso, per guardarlo, per parlarci e qualcuna anche per provarci.
Ma a lui non interessava nulla e non dava modo a nessuna di loro di
avvicinarsi alla sua sfera intima, perciò come provavano a fare un
passo verso di lui, dovevano subito farne altri due indietro.
Non gli era mai realmente importato di
intraprendere una relazione, soprattutto dopo quello che era successo
ai suoi genitori. Non che ne soffrisse ancora, anzi, aveva superato
tutto abbastanza bene grazie ai nonni. Ma non era ancora riuscito a
comprendere quel sentimento che li legava così tanto da morire l’una
per l’altro. Non lo comprendeva e nemmeno lo cercava.
A lui interessava solo
quello che aveva sempre fatto: i dolci.
Aveva studiato per poter
essere pasticcere e lo era diventato.
Ma l’amore per quelle
creazioni ce l’aveva dentro…
Li amava tanto… per lui creare qualcosa con
le mani significava arte o forse anche qualcosa di più grande e
indefinito. Era qualcosa di sublime poter vedere le decorazioni fatte
con la frutta, o magari con la glassa, improvvisandosi pittore di una
torta e creare qualcosa che risultava stupefacente anche per gli occhi.
Sì, perché in un dolce non è importante solo
il gusto, ma anche la vista. Un dolce deve piacere prima con l’occhio,
rasserenare, farti capire che è buono…
Deve saper conquistare.
Proprio come gli occhi
di una persona…
Taemin pensava questo. E trasmetteva amore
nel suo creare dolci, quasi avessero un anima propria una volta fatti.
Per lui ce l’avevano, per lui i dolci erano e sono ancora oggi un
qualcosa che parla d’amore.
Ma allora non sapeva che
si chiamasse amore.
Oggi sa dire amore, ma
allora diceva “qualcosa di grande che ti fa stare bene”
Solo che allora non riusciva a capire il perché di questo, lui sapeva che
era così e basta. E non gli era nemmeno pesato per un solo secondo il
fatto di dover uscire presto la mattina e rincasare tardi la sera per
preparare quei dolci che amava.
Forse d’amore gli
bastava solo quello, lui ne era più che convinto.
Anzi, a lui bastava quel
qualcosa di grande per stare bene.
***
Anche quella mattina, come ogni mattina,
s’era alzato presto. Sorriso sulle labbra, occhi vispi e felici, doccia
veloce e poi corsa, dall’appartamento in cui viveva da solo, fino alla
pasticceria. Il sole era appena sorto, in quella mattina d’autunno, e
lui sorrideva alzando la saracinesca.
Aveva aperto la pasticceria e, come al
solito, attendeva l’arrivo dei clienti abituali. In molti venivano a
fare colazione lì da anni e lui li conosceva praticamente tutti.
Ma di clienti nuovi, grazie al fatto che era
la migliore pasticceria di tutta Seoul, ne arrivavano a bizzeffe. Ed
erano sempre tanti.
Stranamente quella mattina fu tranquilla.
Taemin si aggirava beatamente di là in laboratorio a controllare i suoi
dolci, qualche cioccolatino e anche le cialde preparate da mettere
sopra le torte, quando il suono dolce di quei campanellini, che aveva
appeso alla porta, annunciò l’ingresso di due nuovi clienti.
Uscì dal laboratorio, dove c’erano tre suoi
collaboratori, a passo svelto. Serviva sempre lui tutti, ci teneva
troppo, perché voleva servire lui ogni pezzo di sé. In fondo quelle
creazioni, erano tutte sue idee e prima che i collaboratori ci
potessero mettere le mani sopra, lui doveva controllare tutto e
spiegare ogni singola cosa.
“Arrivo!” annunciò allegramente, finché vide
quei due giovani sedersi ad uno dei tanti tavolini per fare colazione.
***
“Jonghyun muoviti!!” sbuffò girandosi, con
l’aria un po’ spazientita “Ho fame e poi dobbiamo andare a comprare le
tende nuove!” continuò subito dopo per convincere il suo ragazzo a fare
più svelto.
“Dai Kibumie rilassati, poi chissenefrega
delle tende mh?” rispose in una maniera un po’ strana, ma Kibum cercò
di non badarci più di tanto.
“A me importa, sono orribili!”
“Questo lo dici tu!”
“Jong, fanno schifo!”
“A me piacciono! Non capisco perché vuoi
cambiare ogni cosa di casa mia!”
“Non è che voglio cambiare ogni cosa di casa
tua… ma sai ci abito anch’io e mi sembra di essere un ospite…” e finché
lo disse s’affiancò al suo ragazzo e lo guardò. E Jonghyun parlò,
guardando di fronte a sé, senza sostenere lo sguardo del ragazzo che
aveva a fianco.
“Forse dovevamo aspettare ancora un po’ per
andare a vivere insieme…”
Kibum si bloccò a quelle parole. Sgranò gli
occhi e si sentì girare la testa. Ma fu solo per un attimo, si riprese
e continuò a camminare vicino a lui, mentre il suo sguardo triste si
poggiava sull’asfalto. Era inutile, lo sapeva bene anche lui, da quando
erano andati a convivere qualcosa non andava più bene.
Si erano raffreddati, si erano allontanati un
po’ e a chi toccava fare il passo era sempre e solo Kibum. Sì, perché a
lui sembrava che a Jonghyun andasse bene così. Sembrava che a volte non
gli importasse nulla di niente. E soprattutto di lui.
Jonghyun dava per scontato il suo amore. Se
qualcosa non andava, faceva finta di nulla e diceva sempre quella
maledetta frase “Forse dovevamo aspettare ancora un po’ per andare a
vivere insieme”. Sembrava quasi fosse la sua frase preferita.
E ogni volta per Kibum
era una pugnalata al cuore.
Jonghyun non si era mai reso conto di quanto
Kibum l’amasse, di quante cose facesse per lui. In fondo era un po’
così: pensava di dimostrargli amore, invece non gli dimostrava un bel
niente.
Non un fiore, non una lettera, neanche un
regalo. Kibum ci soffriva, ma pensava che fosse normale dopotutto.
Ormai erano tre anni che erano insieme, e convivevano da sei mesi, le
carinerie si lasciano ai primi tempi, questo almeno se lo ripeteva di
continuo per farsene una ragione, anche se gli dispiaceva.
Eppure la nota stonata che sentiva nel
profondo del suo cuore, non lo lasciava tranquillo.
Si stava mordendo il labbro nervosamente e
ancora una volta Jonghyun non se n’era accorto. Tremava anche di freddo
ma neppure di quello s’era accorto. Stava arrivando l’inverno e forse…
forse stava arrivando anche al cuore di Kibum, così stanco e stremato.
Aveva battuto tanto tempo forte per Jonghyun,
ma poi non erano riusciti ad alimentare sempre il fuoco dell’amore. Tre
anni, ma il freddo dell’inverno stava spegnendo quel fuoco. Kibum in
quel preciso istante si chiese se mai avrebbe potuto alimentare di
nuovo quel fuoco, insieme al ragazzo che aveva sempre pensato fosse
l’uomo della sua vita.
Ma non ne era poi così
sicuro.
Eppure lo voleva tanto.
***
Lo vedeva tremare e lo voleva abbracciare.
Sapeva di averlo ferito con quella frase idiota che gli usciva fin
troppo spesso ultimamente, ma non aveva il coraggio di farlo.
Si erano staccati un po’ e lo sapeva fin
troppo bene. Ma non era in grado di risanare quella ferita, non era in
grado di accorciare quella distanza che li separava. Non ci riusciva.
Non si sentiva sereno e non sapeva nemmeno il perché. Certo, il lavoro
non l’aiutava e nemmeno che la sua ex si facesse risentire.
Anzi, forse era quello che più l’angosciava.
L’aveva rivista, lei gli voleva parlare e… era scappato un bacio. Al
quale lui aveva risposto. Ma poi si era sentito un grande pezzo di
merda e l’aveva mandata al diavolo. Lui amava Kibum però era da quel
giorno che si era bloccato.
Era stato quel giorno che gli aveva chiesto
di convivere, probabilmente preso da quel senso di colpa. Era stato
quel giorno che Kibum aveva fatto le valigie ed era andato da lui. Ma
era stato l’inizio del declino.
Non aveva significato alcuno quel bacio, era
stato solo un bacio campato all’aria, forse lei, con la sua voglia di
fare la stronza, aveva fatto qualcosa per confonderlo e alla fine c’era
riuscita.
Ma se ami una persona
veramente non la tradisci…
Oppure no?
Può succedere comunque,
anche se la ami?
Probabilmente sì. In fondo era solo un bacio.
Ma se lo chiedeva ogni tanto il perché lui aveva risposto alle
telefonate della sua ex ed era andato a quell’incontro. E anche perché
alla fine aveva risposto a quel fottutissimo bacio.
E tutto si stava disintegrando. Non voleva
perderlo, lo amava, però aveva paura. Troppa. Ed era finito col
negargli ogni dolcezza, facendo ricadere la colpa su di lui.
Anche quando facevano l’amore era abbastanza
meccanico, ma sembrava fossero soddisfatti entrambi. Eppure il qualcosa
che non andava c’era sempre, anche lì. Doveva e voleva fare qualcosa,
ma non ci riusciva.
Voleva farlo, ma le uniche parole che gli
uscivano erano le solite e per giunta idiote. Forse l’avrebbe perso, ma
non riusciva a muovere un solo passo verso di lui, e questo lo faceva
incazzare a morte. Si incazzava anche con Kibum, spesso così troppo
remissivo e senza carattere.
Sapeva che non ne aveva colpa e sapeva
perfettamente che se lui era dolce e remissivo, lo faceva per lui. Però
quando incrociava i suoi occhi con una piega così dannatamente triste,
voleva sprofondare, perché lo faceva soffrire.
Ci sarebbe stato mai il momento in cui
sarebbe riuscito a riconquistarlo? Sentiva anche lui l’inverno
avvicinarsi, stretto in quella giacca un po’ troppo sottile ormai.
Aveva freddo, ma non sapeva come scaldarsi.
Aveva freddo anche lui
ma non sapeva come scaldarlo.
Avevano freddo entrambi
e non avevano capito che bastava stringersi per sentirsi al caldo.
Magari stringersi con
una parola, con un ti amo.
Quello che da tempo
nessuno dei due diceva più.
***
Due soli passi ed arrivarono lì, di fronte
alla famosa pasticceria di Seoul. Non c’erano mai andati e,
stranamente, Kibum aveva deciso di andarci proprio quel giorno.
Forse avevano bisogno di staccare, di fare
qualcosa di diverso, di farsi una coccola, di poter dedicarsi un po’ a
loro, e quello sicuramente era un inizio.
Da quanto tempo non uscivano da soli? I
sabati e le domeniche uscivano sempre in compagnia di amici, oppure si
rintanavano in casa, magari uno sul divano e l’altro? A fare pulizie.
Non era poi così difficile capire chi dei due stava sul divano e chi
faceva le pulizie.
Fu Jonghyun ad aprire la porta, e ci provò a
fare qualcosa, sforzandosi di ricacciare dentro quei sensi di colpa e
provando a dire basta. Una cosa piccola in realtà, magari banale, ma
comunque sempre un piccolo inizio.
Tenne aperta la porta e
lo fece entrare.
Le guance di Kibum si colorirono un po’ per
quel gesto inaspettato. Si sorprese davvero e lo guardò con gli occhi
di un cucciolo impaurito. Da quanto aspettava un piccolo gesto da parte
sua? E per quanto poco fosse, comunque aveva sentito meno freddo.
Tremava ancora, l’inverno non avrebbe potuto
sconfiggerlo solo con un po’ di calore, ma forse, se entrambi fossero
stati in grado di alimentare di nuovo quel fuoco insieme, forse sarebbe
stato anche meglio di prima.
A volte per ritrovarsi
bisogna perdersi.
A volte ti trova qualcun
altro.
Ma non era il loro caso,
almeno nessuno dei due lo credeva possibile…
O forse speravano solo
che non succedesse…
***
Era un locale bellissimo. Era un posto che
trasmetteva calore ed in qualche modo serenità, oltre che semplicità.
Era semplice in qualsiasi cosa, a cominciare dalla vetrina dov’erano
esposti i dolci fino ad arrivare all’arredamento. E poi le pareti. Non
era un posto così grande, ma abbastanza per contenere più tavolini, ma
di certo sembrava più grande con quel colore. Non era un colore forte,
era un giallo tenue, un giallo con striature arancio e rosa. Da lontano
non si vedeva, ma si percepiva un colore totalmente diverso da quello
che era in realtà.
Un miscuglio di tre
colori.
Le sedie invece erano verde chiarissimo,
pastello, ed i tavolini di una tonalità gialla chiarissima.
Sembrava un prato, un giorno di sole, quel
calore che anche d’inverno non ti abbandona mai. Una farfalla che vola
leggera di fiore in fiore, una dolce carezza che si posa sul cuore.
Caldo, amore, conforto.
Una sensazione
bellissima.
Si sedettero al secondo tavolo, quello vicino
alla colonna dove subito dietro c’era l’espositore dei cioccolatini. Da
poteva vedere ogni tipo di dolce!
Jonghyun e Kibum si sedettero uno di fronte
all’altro e si guardarono un attimo negli occhi.
Un accenno di sorriso e
poi comparve lui…
“Prego, cosa volete ordinare?” esclamò
sorridente e allegro quel ragazzo bellissimo dai capelli tinti. Il suo
sguardo si spostò prima su quello di Jonghyun, sempre sorridendo, e poi
su quello di Kibum.
E quando i loro occhi s’incrociarono,
qualcosa successe.
Una scossa, un brivido.
Caldo.
Sole.
Primavera.
Profumo di qualcosa di
dolce.
Taemin e Kibum.
Rimasero a fissarsi per un tempo forse breve,
forse lungo. Qualcosa l’incatenò, qualcosa gli impediva di separarsi.
Uno sguardo che cambia
improvvisamente il senso della tua vita.
Un qualcosa di
totalmente diverso.
∞
Cos’è questa cosa che sento dentro?