10.1:
Le
era bastato urlarlo una sola volta. Un’unica risposta secca,
esclamata
con una rabbia che né Dave né nessuno degli altri
potevano immaginare.
Quell’unico
urlo era stato sufficiente a convincere Theodore a
desistere.
Prese
per mano bruscamente Mark e insieme uscirono dalla stanza. Il
piccolo chipmunk tentò di voltarsi, ma Jeanette lo
strattonò costringendolo a
distogliere lo sguardo.
«Theodore,
ma che ti è saltato in mente?! Hai idea di quanto ci hai
fatto preoccupare?» Gli domandò Brittany.
Lui
non le risposte, ma incrociò il suo sguardo con quello della
Chipette.
In
quel frangente, fissandolo negli occhi, le sembrò che
fossero tornati
vuoti e spenti come fino a una settimana prima.
«Theo?»
Lo chiamò Alvin.
Theodore
abbassò il capo, rimanendo ancora in silenzio.
La
porta della stanza si spalancò di colpo, e dalla soglia fece
capolino
Jeanette.
Anche
i suoi occhi comunicavano qualcosa. La rabbia con la quale
sen’era
andata era rimasta con lei anche ora che era tornata.
«Jeanette,
aspetta… » tentò di fermarla Dave,
invano.
Percorse
la stanza, diretta verso Theodore, che nel frattempo era
saltato giù dal letto, e quando gli fu vicina, lo
colpì in volto con un forte
schiaffo che fece trasalire tutti nella stanza. Non che non se lo
aspettassero,
ma nessuno (a parte Dave, forse), avrebbe immaginato che
l’avrebbe fatto sul
serio.
Theodore
incasso il colpo senza battere ciglio.
«Jean,
ma cosa… » Si fece avanti Brittany, Alvin
però la fermò. Era una
questione che riguardava loro due, Theodore e Jeanette, gli altri non
avevano
voce in capitolo.
«Questa
è l’ultima volta che metti in pericola la vita di
mio figlio per
le ossessioni! Lui ieri mi aveva chiesto se poteva venire qui per
passare del
tempo con te, lo capisci questo?! Voleva stare con te!! E tu ricambi il
suo
affetto costringendolo a fare viaggi nei sogni quando dovresti sapere
benissimo
che è ancora inesperto!! Sai cosa sarebbe potuto succedere
se foste rimasti
bloccati entrambi?!?»
Theodore
continuò imperterrito nel suo silenzio. Avrebbe avuto decine
di
modi diversi per giustificarsi. Poteva dirle che non aveva costretto
Mark a
fare nulla, che lo aveva deciso da solo di intraprendere con lui il
viaggio nel
sogno. Poteva dirle che non sarebbero mai rimasti bloccati se fossero
finiti
entrambi nel Limbo. O anche, poteva dirle che è stato
costretto a farlo, perché
sapeva che chiederle il permesso sarebbe stato inutile, dato che
gliel’avrebbe
negato comunque. Decise però di tenere la bocca chiusa,
perché si disse che non
valeva la pena di darle spiegazioni.
Di
ben altro avviso era Jeanette, che invece era intenzionata a
continuare.
«Sono
passati sedici anni dal suo incidente, tredici dal tuo coma! Apri
gli occhi e svegliati, una buona volta… »
«Jeanette,
adesso basta, stai esagerando!» Si intromise Dave, convinto
di poterla calmare. Inutile dire che invece fu un intervento inutile.
«…
tutti noi ci siamo rifatti una vita e stiamo andando avanti, mentre
tu corri ancora dietro al fantasma di mia sorella! Lei è
morta, mettitelo in
testa!! E’ morta e ti ha espressamente detto di
dimenticarla… »
«Hai
finito?» La interruppe d’improvviso Theodore.
Sta
volta, l’interruzione riuscì ad azzittirla. Forse
perché nemmeno
Jeanette se lo aspettò.
«Tu
mi accusi di inseguire i fantasmi, eh? Dici che sono vittima delle
ossessioni? E quella volta che tu hai perso contatto con la
realtà perché ti
appariva in sogno Mark da adulto, quella non era ossessione?»
Jeanette
restò basita.
«Quello…
quello… NON E’ LA STESSA COSA!!»
Urlò lei.
«Già,
forse hai ragione… ma tu non sei stata lì quando
tutto è successo.
Non sei stata tu a vedere l’auto dirigersi contro te ed
Eleanor, né sei stata
tu a pensare di scostarla per salvarle la vita solo per poi
risvegliarti in un
letto di ospedale, dopo tre anni di coma, per scoprire che è
morta senza che tu
non abbia potuto nemmeno partecipare al suo funerale…
»
Nella
stanza calò il silenzio generale, anche con Jeanette.
Theodore
la scostò e si avviò verso la porta, procedendo a
passi lenti.
Mentre avanzava, continuava a parlare.
«…
voi avete perso una sorella e un amica, e con voi, anch’io.
Ma io ho
anche perso la persona che amavo. Se Brittany fosse affogata in mare
cadendo da
quell’elicottero, o se Simon fosse stato schiacciato dalla
quercia nel
tentativo di salvare Jeanette, anche voi, come me, oggi avreste delle
ossessioni…» detto questo, abbandonò la
stanza.
Percorrendo
il corridoio, decise che non gli sarebbe importato niente
degli altri e di cosa si sarebbero detti o avrebbero fatto nel momento
in cui lui
varcò la soglia della porta.
La
sua testa vagava altrove. Doveva scoprire se le sue intuizioni su
Eleanor e i viaggi nel passato fossero corrette.
10.2:
Trascorse
così il resto della sua giornata. A chiedersi di continuo se
fosse possibile tornare indietro nel tempo per correggerlo e alterare
la
realtà.
Il
suo buon senso gli urlava di NO, ma i suoi occhi erano stati
testimoni di fatti che chiunque avrebbe reputato impossibili.
Sapeva
che era possibile leggere nel futuro di qualcuno per fare in modo
di cambiare il suo destino. Sapeva che la morte, come generalmente
viene
interpretata, non rappresenta la fine, bensì il passaggio a
una nuova vita in
un’altra dimensione. E sapeva che i sogni non sono solo il
frutto della nostra
immaginazione come si potrebbe pensare, ma delle realtà
concrete, che grazie
all’ausilio di speciali poteri, possono essere alterate a
piacimento da
chiunque in loro possesso.
Date
le premesse, era così sbagliato pensare che tornare indietro
nel
tempo fosse una cosa così irrealistica? No. Se esistono dei
poteri che
consentono di cambiare il futuro, sicuramente ne dovevano esistere
alcuni che
permettono di tornare nel passato per fare altrettanto, e il modo
esageratamente sospetto in cui aveva reagito Eleanor, ne era una prova.
Certo,
forse Theodore aveva calcato un po’ troppo la mano, ponendosi
a
lei con fare aggressivi e inopportuno, ma non vi erano dubbi che ci
fosse
qualcosa che lei gli voleva nascondere.
Ad
ogni modo, era tornato a starsene in silenzio su un angolo del divano
in salotto, quando gli venne in mente di guardarsi il polso sinistro.
Per un
attimo si aspettò di scoprire che l’anello era
magicamente sparito dal suo
braccio nel momento in cui lo aveva sfilato nel Limbo per donarlo a
Eleanor, ma
l’oggetto era ancora lì, al suo posto, e in fondo
non c’era da stupirsene.
Si
chiese se nel Limbo Eleanor lo stesse indossando ancora, o se si
fosse smaterializzato d’improvviso quando Theodore si era
risvegliato, giungendo
alla conclusione che per trovare risposta a tutte le sue domande,
c’era solo
una cosa che avrebbe dovuto fare: tornare da lei! In un modo o
nell’altro.
10.3:
16
FEBBRAIO 2029.
Passarono
altri due giorni, che Theodore trascorse per la maggior parte
del tempo dormendo, nella speranza che Eleanor l’avrebbe
chiamato a se in
qualche modo per dargli finalmente spiegazioni sul mistero dei viaggi
nel
passato.
Si
rendeva perfettamente conto che un ritorno nel Limbo sarebbe stato
impossibile senza i poteri dei Viaggiatori, che rendevano i mondi dei
sogni
malleabili e facilmente alterabili per il passaggio da una dimensione
all’altra, ma dopo l’ultimo coinvolgimento di Mark
e la successiva discussione
con Jeanette, ne scaturì un’altra che sta volta
coinvolse anche Simon.
I
due fratelli discussero sull’accaduto, e Theodore in
particolare,
cercava di convincere Simon sulla sua teoria dei viaggi nel tempo.
Simon
ascoltò le sue parole, ma si rifiutava di credere che
ciò fosse possibile.
Secondo lui, era vero che il futuro, in determinate condizioni, poteva
essere
cambiato. Ma riprendendo l’esempio del caso di lui e
Jeanette, in cui il
destino aveva cercato fino all’ultimo di impedire la loro
sopravvivenza, anche
ammesso che fosse stato possibile ritornare nel passato per correggerlo
in
qualche modo, quante probabilità c’erano di poter
cambiare qualcosa che era già
successo, quando pure bloccare avvenimenti del futuro era
così difficile?
Inutili
furono gli ulteriori tentativi di Theodore di convincerlo a
tentare comunque di far ritorno nel Limbo un’altra volta, e
come se l’ostentato
rifiuto non fosse stato sufficiente a lasciare l’amaro in
bocca a Theodore,
Simon gli disse anche che da quel momento a Mark era stato proibito di
far uso
dei suoi poteri per far tornare lui o qualcun altro nel Limbo.
Quindi,
se veramente voleva portare a termine il suo obbiettivo, doveva
trovare il modo di farcela con le sue forze.
A
un certo punto aveva anche pensato di chiedere a Jeanette di farsi
addestrare nell’arte della manipolazione dei sogni, dato che
era appurato che i
poteri dei Viaggiatori potevano essere appresi e applicati anche dagli
stessi
sognatori, ma era un’idea destinata a fallire in partenza.
Lei non glieli
avrebbe mai insegnati, non dopo quello che era successo due giorni
prima.
Cosa
fare dunque?
Se
nessuno era più disposto ad aiutarlo e se la stessa Eleanor
si era
rifiutata di dargli spiegazioni al momento opportuno, forse a questo
punto
avrebbe dovuto dare retta alle loro parole e andare avanti. In fondo
aveva
trentacinque anni, e al di fuori di quella casa c’era ancora
un’intera vita ad
attenderlo.
Alvin
e Brittany tra non molto sarebbero tornati nel loro lussuoso
attico a New York, e presto avrebbero avuto il loro primo figlio e un
altro
nipotino per lui, Simon e Jeanette avrebbero continuato la loro vita a
Los
Angeles, mentre Mark cresceva e imparava a padroneggiare sempre di
più i suoi
poteri, e Dave sarebbe rimasto lì, in quella casa, come un
fedele padre di
famiglia sempre disposto ad aiutare i suoi ragazzi ormai diventati
adulti.
In
fondo la vita non era poi tanto male, e più ci pensava e
più se ne
rendeva conto.
Era
davvero troppo tardi per un nuovo inizio? Già. Un nuovo
inizio.
Quelle
tre parole echeggiarono insistentemente nella sua testa, quasi
volessero comunicargli qualcosa.
Un
nuovo inizio, un nuovo inizio, un nuovo inizio, un nuovo inizio, un
nuovo inizio.
Sì.
Aveva preso la sua decisione. Ora sapeva cosa doveva fare.
10.4:
Saltò
giù dal divano, che in questi giorni era tornato a essere
una
specie di nido sopra il quale lui era tornato a trascorre il suo tempo,
e
iniziò a riflettere molto attentamente sul piano
d’azione che avrebbe dovuto
applicare.
Si
rendeva conto che era una mossa azzardata, che probabilmente non
avrebbe portato a nulla di buono. Anzi! Con molta
probabilità avrebbe aggravato
ulteriormente la sua posizione, ma ormai non aveva molta importanza.
Erano
le 16.20 del pomeriggio, probabilmente Mark era già arrivato
a
casa da scuola, mentre i suoi genitori dovevano ancora essere a lavoro.
Dave
non gli avrebbe mai dato un passaggio fino a casa di Simon e
Jeanette, né tantomeno avrebbe accettato di andar a prendere
il loro nipote per
portarlo da loro, perché non appena Theodore
gliel’avrebbe chiesto, l’uomo
avrebbe capito subito le sue intenzioni.
Anche
semplicemente uscire sarebbe stato sospetto, se lo avesse detto a
Dave. Pertanto, l’unica soluzione era fare tutto di nascosto.
La
casa di suo fratello Simon distava diversi chilometri dalla loro.
Andarci a piedi avrebbe comportato una lunghissima perdita di tempo,
col
rischio di arriva a destinazione troppo tardi, quindi doveva farsi dare
un
passaggio da un mezzo pubblico, un taxi, o forse un autobus, ma
servivano soldi
che lui non aveva.
Dave
aveva l’abitudine di tenere la sua Idkey su un bancone della
cucina
e non aveva blocchi di sicurezza di alcun tipo, almeno a quanto
risultava a
Theodore. Pertanto, se se ne fosse appropriato, avrebbe potuto
sfruttare il
credito monetario dell’anziano padre per pagarsi il viaggio.
Ma se lo avessero scoperto?
Pazienza. Era uno rischio che andava corso, ormai non poteva tirarsi
indietro.
Si
avviò furtivo verso la cucina, cercando di evitare di
incrociare
Alvin o Brittany, oppure lo stesso Dave. Se lo avessero visto, non solo
avrebbe
corso il rischio di essere colto sul fatto, ma avrebbe avuto anche meno
tempo a
disposizione per arrivare da Mark prima che gli altri si rendessero
conto della
sua scomparsa.
Non
aveva avuto notizia dei due chipmunk per tutta la giornata, e forse
questo voleva significare che erano usciti, ma Dave era
senz’altro in casa,
dato che lo aveva sentito camminare lungo il corridoio, una ventina di
minuti
prima.
Nei
pressi delle scale per il piano superiore, si arrestò per
scrutarsi
intorno e cogliere eventuali rumori che indicassero la presenza di
qualcuno nei
paraggi.
Sentì
dei rumori di passi di sopra e capì che per quanto
riguardava
Dave, per ora non correva rischio di essere scoperto, se avesse fatto
di
fretta.
Arrivato
all’entrata della sala da pranzo, controllò che
non ci fosse
qualcun altro e costatò di avere la via libera.
Raggiunse
di corsa il bancone sopra il quale sperava di poter trovare la
Idkey e con un agile salto ci salì sopra.
Ispezionò
il piccolo contenitore portaoggetti dentro il quale erano
riposti anche lo smartphone di Dave e un suo orologio da polso e
lì,
finalmente, la trovò.
Era
piccola e con la scocca di colore nero, Theodore avrebbe
tranquillamente potuto infilarsela nella tasca della sua felpa senza
essere
costretto a portarsela dietro tenendola in mano.
Prima
di prenderla, rifletté ancora un po’ sulla
stupidità del suo piano
e dovette azzittire la vocina della sua coscienza che gli diceva di
rinunciare.
Nel
momento in cui la prese, si ricordò anche di una presenza
ben più
concreta, che di sicuro in quel momento lo stava tenendo
d’occhio dal suo mondo
nel Limbo.
Alzò
lo sguardo fissando la parete di fronte a se e immaginandosi di
guardare negli occhi Eleanor.
«Scusami.
Ma non ho scelta.» Disse, sicuro del fatto che lei avrebbe
udito le sue parole.
Saltò
giù e, usando la stessa discrezione di prima, si
avviò verso
l’uscita di casa.
Incontrò
un altro ostacolo che, nella foga del momento, aveva
dimenticato di tenere in considerazione: la porta.
In
genere, quando qualcuno dei chipmunk doveva uscire, era sempre Dave a
farsi avanti per aprirla, ma non era questo il caso di Theodore. Se lo
avesse
chiamato, il suo piano sarebbe andato in fumo, perciò si
rese conto che avrebbe
dovuto cavarsela da solo anche sta volta.
Tento
di saltare fino alla maniglia della porta un paio di volte, ma in
entrambi i casi non era stato in grado di raggiungerla. Al terzo
tentativo
fallito, si allarmò sentendo i rumori dei passi di Dave sul
corridoio del piano
di sopra e dovette momentaneamente rinunciare al suo tentativo di fuga
per
correre a nascondersi.
Tornò
in salotto, sul suo divano. L’unico posto in cui essere visto
da
Dave, non avrebbe destato alcun tipo di sospetto.
Il
suo intuito si rivelò corretto, perché
l’anziano, dopo aver sceso le
scale, si diresse proprio verso la stanza. Theodore si
sdraiò e finse di
dormire, in modo da evitare di dover incrociare i suoi occhi o fare
qualcosa
che potesse tradirlo, e nel frattempo estrasse dal tascone della felpa
la Idkey
per nasconderla sotto uno dei cuscini (Dave avrebbe potuto notarla nel
caso si
fosse soffermato un po’ di più su di lui).
A
Theodore non importò di scoprire cosa stesse facendo
l’uomo nella
stanza, si limitò a restarsene immobile e a occhi
rigorosamente serrati,
aspettando che si allontanasse.
La
vocina nella sua testa era tornata a insistere sulla
stupidità di
quello che stava cercando di fare. Era stato visto. Anche se fosse
riuscito ad
andarsene, bastava che Dave si accorgesse della sua assenza per
cominciare a
chiedersi dove fosse finito, e di lì a poco, scoprire che
era sparito. Doveva
fermarsi ora che ne aveva la possibilità.
Ovviamente,
Theodore non aveva alcuna intenzione di darle retta. A
maggior ragione perché Dave, dopo aver probabilmente preso
qualcosa che stava
cercando in qualche cassetto, uscì dalla stanza e
risalì le scale.
Ora
o mai più, si disse tra sé e sé
Theodore. Doveva riuscire ad aprire
la porta e andarsene.
Recuperò
la Idkey da sotto il cuscino e tornò nel corridoio.
Si
arrestò a un metro dalla porta e fissandola insistentemente,
cerco di
escogitare un modo per riuscire a raggiungere la maniglia. Non
c’erano mobili
lì intorno di cui avrebbe potuto servirsi per raggiungerla
più facilmente,
doveva per forza saltare da terra e riuscire ad afferrarla.
Guardò
verso le scale, e pensò che forse c’era qualcosa
che avrebbe
potuto provare. Era la soluzione più ovvia, e si
sentì stupido per non averci pensato
prima.
In
pratica, quello che avrebbe dovuto fare era… prendere una
semplice
rincorsa. Da fermo non era stato in grado di raggiungerla, ma era
comunque
riuscito ad arrivarci molto vicino, gli bastava saltare giusto giusto
un paio
di centimetri in più e fare affidamento alla forza delle sue
mani per
afferrarla e tirarla verso il basso, e a quel punto sarebbe finalmente
stato
libero di andarsene.
Si
diresse verso le scale fino ad arrivare a poggiare la schiena al
primo gradino, e da lì, in un primo momento,
pensò di fare una serie di respiri
profondi per concentrarsi e prepararsi al salto che avrebbe dovuto
fare. Una
buona idea sulla carta, che però Theodore non
riuscì a mettere in pratica, dal
momento che subito dopo la prima profonda boccata d’aria
espirata, il rumore
dei passi di Dave dal piano di sopra lo mise in allarme.
Un’ondata
d’adrenalina gli entrò in circolo e lo
investì come un fiume
in piena, e senza quasi più riflettere sulle sue azioni,
cominciò a correre in
direzione della porta, per poi fare un incredibile salto che lo fece
arrivare
facilmente all’agognata maniglia. D’istinto la
afferrò e il suo peso, per
quanto ridotto, fece il resto.
Solo
in quel momento si rese conto di cosa era riuscito a fare, giusto
in tempo per accorgersi del fatto che Dave stava nuovamente per
scendere le
scale.
Si
affrettò a lasciare la presa e cadere a terra, e ignorando
l’intontimento dovuto alla caduta, aprì la porta
quanto bastava per permettere
al suo corpo di passare e finalmente fu fuori.
Ormai
non aveva importanza se Dave l’avesse visto o no, o se avesse
notato la porta aperta e si fosse insospettito. Si assicurò
di avere ancora con
se la Idkey dell’anziano e dopo averne accertato la presenza,
si avviò di corsa
sul vialetto, diretto in strada.
Conosceva
l’indirizzo della casa di Simon e Jeanette, ora gli bastava
solo procurarsi un mezzo di trasporto per arrivarci.
La
vocina nella testa gli fece notare che era la prima volta da diversi
anni che non prendeva un mezzo pubblico da solo, ma come nelle
precedenti
occasioni, anche sta volta il suo blando tentativo di farlo desistere
fu
completamente ignorato.
Dal
Limbo, Eleanor cercava in tutti i modi di entrare in contatto con
lui, ma dato che fino adesso le sue parole erano state inutili, stava
cominciando a pensare che forse non c’era modo di entrare
direttamente in
contatto coi Vivi, e decise di rinunciare. Da quel momento, le voci
nella testa
di Theodore si azzittirono.
10.5:
POCHI
MINUTI DOPO.
Dave
sentì suonare il campanello della porta.
Un
quarto d’ora prima, scendendo dalle scale, si era accorto che
era
rimasta leggermente aperta. All’inizio la cosa gli
sembrò quanto mai strana,
dato che fino ad allora era convinto che fosse chiusa, ma poi, pensando
al
fatto che l’aveva aperta ad Alvin e Brittany per farli
uscire, archiviò la cosa
come una semplice distrazione e non ci pensò più.
Andò
ad aprire e, come aveva immaginato, si trovò di fronte la
coppia,
che aveva fatto ritorno dalla passeggiata pomeridiana.
«Ben
tornati.» Li salutò, e loro lo ricambiarono.
«Dave,
se vedessi! Sai quel nuovo negozio di articoli per bambini che
hanno aperto a un paio d’isolati da qui? Abbiamo visto delle
culle bellissime
che sarebbero perfette per lui!» Annunciò la
Chipette esaltata, alludendo al
suo figlio in arrivo. «Chi sa se potranno farcene una su
misura?» Si chiese
rivolgendo lo sguardo ad Alvin, che dall’espressione sembrava
condividere con
lei lo stesso entusiasmo.
«Parlate
del “Child Choice”, quello che hanno aperto tre
mesi fa,
giusto?» Domandò Dave.
«Sì,
almeno… mi sembra che sia stato questo il suo nome, o no
Britt?» Le
chiese, invece, Alvin.
«Sì,
esatto!» Confermò lei.
«Ottimo!
Sapete, conosco il proprietario del negozio, posso parlarci io
se volete.» Propose Dave.
«Dici
davvero?! Ma è fantastico!»
Dopo
quel piccolo dialogo tra i tre, Alvin e Brittany si diressero nella
loro stanza, con il chipmunk che aiutò la sua compagna a
salire portandola in
braccio.
Dave
nel frattempo aveva ripreso le sue solite attività, felice
di
potersi rendere per una volta utile alla coppia.
Alvin
e Brittany erano molto ricchi, e la regola del capitalismo insegna
che coi soldi si può fare tutto, ma all’anziano
Seville faceva piacere il fatto
di poter ricorrere alle sue conoscenze, e non solo al vile denaro, per
ottenere
qualcosa di cui la sua famiglia aveva bisogno.
Era
in sala da pranzo, impegnato a leggere alcuni documenti giuntigli
quella mattina per posta, quando l’arrivò di Alvin
distolse la sua attenzione
dai fogli di carta.
«Dave,
sai dov’è Theodore?» Gli
domandò a bruciapelo.
«Oh,
lui? E’ di là in salotto, credo stia
dormendo.»
«Veramente
ho appena controllato lì… »
«E
non c’è?»
«E
non c’è.»
«Hmm,
sarà andato in camera sua, ultimamente non fa che andare
avanti e
indietro da lì.»
Alvin
ci rifletté su un po’.
«Sì,
può darsi. Vado a dare un’occhiata.»
Mentre
Alvin si allontanava, Dave non si preoccupò minimamente di
dove
potesse essere finito l’altro chipmunk, e riprese a dedicarsi
ai suoi documenti
come se nulla fosse.
Di
sopra, Alvin entrò nella stanza di Theodore e lo
chiamò un paio di
volte, ma del fratello, nessuna traccia. Decise persino di controllare
nella
stanza da letto di Dave, ma neppure lì lo trovò.
Tornato nel corridoio, vide la
porta del bagno spalancarsi, e da lì, uscire Brittany.
«Che
succede?» Gli chiese lei, accortasi
dell’espressione perplessa che
era montata sul volto del compagno.
Se
lei era uscita giusto in quel momento dal bagno, significava che Theo
non poteva trovarsi nemmeno lì dentro. Ma allora, dove si
era cacciato?
Da
basso, Dave, ignaro di tutto, si alzò dalla sedia su cui era
seduto e
fece per andare verso il frigo alla ricerca di qualcosa da bere, ma di
nuovo,
l’arrivo di Alvin, questa volta in evidente stato di
agitazione, lo distrasse.
«Dave!
Theodore è sparito!»
«Che
significa “sparito”?!»
«Significa
che ho guardato in tutte le stanze della casa e di lui
neanche l’ombra!»
Dave,
incredulo della strana piega degli eventi, tento di trovare una
spiegazione rassicurante da dare ad Alvin.
«Bhe,
forse è uscito qui fuori in giardino, hai provato a
controllare
dalla finestra?»
Guardarono
insieme e, come volevasi dimostrare, non era neanche lì
fuori.
A
quel punto, Dave, ricordatosi anche del fatto che Theodore non poteva
in alcun modo essere in giardino, dal momento che non si era fatto
aprire la
porta per uscire, cominciò a prendere sul serio le parole di
Alvin. Lo
cercarono insieme per tutta la casa, chiamandolo con toni di voce via
via
crescenti.
Non
soddisfatto di quella misera occhiata lanciata dalla finestra della
cucina, usci di casa e andò a verificare di persona se
potesse essere lì fuori
o no.
Non
trovandolo, rientrò in casa, e solo allora gli
tornò in mente la
porta trovata aperta venti minuti prima. Poteva essere solo un caso?
«Allora,
l’hai trovato?» Gli chiese Alvin apparendo dalla
sala da
pranzo, e con lui c’era anche Brittany.
«No,
dannazione! Dove diavolo si è cacciato?! Adesso inizio a
preoccuparmi sul serio!»
Rientrarono
in cucina.
«Sapete…
mi chiedo se… no, non può averlo fatto sul
serio!» Esclamò
Brittany.
«Cosa?!»
Le domandò Alvin.
«Stavo
pensando… e se fosse andato da lui?
Cioè… da Mark?»
«No,
non può essere stato così stupido, non dopo tutto
quello che è
successo! E poi… insomma, a piedi?! Sarebbe dovuto partire
come minimo questa
mattina!»
«E
se invece fosse così?» Si intromise Dave, dando
loro le spalle mentre
parlava.
«Intendi
dire…andare da Mark?!»
«Sì,
Alvin… mezz’ora fa scendendo al piano terra ho
trovato la porta
leggermente aperta, ma non ci avevo badato molto, anche se ero convinto
che
fosse rimasta chiusa per tutto il giorno… »
«Ma…
andare da Mark… hai idea di quanta strada sia per un
chipmunk?!»
«Alvin,
vuole chiedergli di riportarlo ancora da Eleanor, è
evidente!
L’atra volta sono stati interrotti da Jeanette, e ora lui
vuole riprovarci!»
Gli rispose Brittany, convinta di averla vista giusta con la sua teoria.
«E
c’è dell’altro… »
Dave indicò ai due chipmunk il piccolo contenitore
dentro il quale era solito tenere le sue cose «la mia Idkey
è sparita!»
«Oh
no! Ormai è chiaro, l’ha presa Theodore!
Probabilmente ha preso un
taxi per arrivare più in fretta!»
Alvin
si colpì la fronte col palmo della mano.
«Cavolo,
Simon mi aveva anche detto che oggi sarebbe tornato a casa
dall’università prima del solito!»
«Allora
speriamo che ci arrivi prima di Theodore… faccio un salto da
loro anch’io, per sicurezza.» Li avvisò
Dave.
«Veniamo
con te!»
«Bene,
allora preparatevi e aspettatemi all’entrata, io chiamo dal
lavoro Jeanette, se Brittany ha ragione, anche lei deve
sapere!»
L’uomo
uscì di fretta dalla cucina e andò a telefonare a
Jeanette
dall’altra stanza. Forse avrebbe dovuto fare un colpo di
telefono a Simon, ma
alla fine ritenette che sua moglie fosse più che sufficiente.
Dalla
cucina.
«Che
idiota. Questa volta ci penserà tua sorella ad ammazzarlo
sul
serio!» Scherzò sarcastico, Alvin.
«Non
dirlo due volte, tu non la conosci come la conosco io. Sarebbe
capace di farlo sul serio.»
Alvin
ci restò di sasso sentendo la risposta della Chipette.
Dave,
dal corridoio lì chiamò in gran fretta e disse
loro che era il
momento di andare.
«Hai
chiamato Jeanette, Dave?»
«Sì,
Britt. Smonta tra mezz’ora. Sarà lì
qualche minuto dopo di noi.»
«Le
hai detto di Theodore e di cosa vuole fare? Come ha reagito?»
Domandò Alvin, preoccupato per la prospettiva di dover
perdere un fratello per
mano di una madre furiosa.
«Meglio
che tu non lo sappia.» Si limitò a rispondere
seccamente.
A
quel punto salirono in macchina e partirono.
10.6:
(Casa
di Simon e Jeanette)
Seduto
comodamente sulla moquette del suo salotto, Mark stava
trascorrendo il pomeriggio dedicandosi alla lettura di
“Cronache dei giorni di
quarzo”, il libro avuto in regalo dai suoi genitori per il
compleanno.
Rispetto
ai precedenti romanzi della saga, trovava questo terzo capitolo
molto più lento e noioso del solito, privo della dirompente
azione che
caratterizzava gli altri episodi. Ma nonostante ciò,
proseguiva nella lettura
divorando minuto dopo minuto parole e pagine.
Non
poteva saperlo, ma mentre lui era dedicato alla lettura del suo
libro, suo zio Theodore era appena arrivato all’entrata del
palazzo nel quale
risiedevano.
Il
chipmunk adulto, dopo aver pagato il pedaggio del taxi che lo aveva
accompagnato fin lì, mise al sicuro la Idkey rubata a Dave
nella tasca della
sua felpa e entrò eludendo la vigilanza del portinaio grazie
alle sue ridotte
dimensioni (se Simon e Jeanette lo avessero messo in guardia
sull’eventualità
che Theodore potesse farsi vivo, essere visto da lui poteva
compromettere tutta
l’operazione).
Si
diresse furtivamente verso gli ascensori, ma decise infine di non
usarli (anche in questo caso avrebbe corso il rischio di essere visto),
optando
per le scale.
Salì
lungo i gradini di ben sette piani, prima di arrivare
all’ottavo,
dove si trovava l’appartamento di suo fratello Simon.
Ispezionò
il corridoio per verificare l’eventuale presenza di persone
sospette e accertando di avere il via libera, non perse altro tempo e
corse
alla ricerca della porta di casa loro.
Non
sarebbe stata una ricerca particolarmente ardua, doveva solo trovare
l’unica porta ad avere due pomelli e due campanelli ad
altezza e dimensioni
diverse, per umani e chipmunk. Inoltre, era già stato da
loro pochi giorni
prima, quindi aveva le idee chiare sul dove dirigersi.
La
trovò subito, anzi! Si può quasi dire che perse
più tempo a
raggiungerla che non a trovarla.
10.7:
Un
trillo del campanello della porta distolse l’attenzione di
Mark dalla
lettura del suo romanzo. Era raro che in casa loro ricevessero delle
visite
improvvisate durante i giorni lavorativi, perciò in un primo
momento credé di
esserselo immaginato, e tornò alla sua attività,
ma quando udì il secondo
trillo, non ebbe più dubbi che qualcuno stava suonando
proprio a casa loro.
Andò
alla porta, ma non aprì subito.
«Chi
è?» Domandò titubante.
«Sono
io, apri per favore.»
La
voce era inconfondibile, era suo Zio Theodore.
Il
piccolo chipmunk aprì la porta.
«Zio
Theo! Che ci fai qui?»
«C’è
qualcuno in casa? Mamma e papà sono tornati dal
lavoro?»
«Oh…
no. Papà credo che rientrerà tra poco, ma per la
mamma non so.»
«Hmm.
Ok, abbiamo tempo.»
«T-tempo
per cosa?»
«Fammi
entrare, dopo ti spiego.» Gli disse nervosamente.
«No…
aspetta. Vuoi tornare ancora da Zia Eleanor? Non posso farlo. Mamma
e papà me l’hanno proibito… e anche a
te.»
«Questo
lo so, ma ne parliamo poi. Fammi entrare!» Insistette
Theodore.
Mark
non aveva altra scelta che accontentarlo. Suo zio sarebbe entrato
comunque in un modo o nell’altro.
«Come
ti dicevo, non posso farti tornare nel Limbo! La mamma era
già
molto arrabbiata l’altra volta, se ci scopre di nuovo, questa
volta mi metterà
in punizione per tutta la vita e farà passare a te un mare
di guai…» Gli spiegò
Mark dopo averlo fatto entrare e aver chiuso la porta.
«Mark,
Mark… » lo interruppe Theodore
«ascoltami bene, per favore. E’
vero, l’altra volta volevo solo rivedere la zia
un’altra volta, ma adesso è
tutto diverso, credimi! Papà ti ha detto qualcosa riguardo a
viaggi nel tempo e
cose del genere?»
Mark
ci rifletté su un po’.
«L’ho…
l’ho sentito parlarne con la mamma… ieri sera. Ma
non avevo
capito molto… »
«Bhe,
è semplice! Se riuscissi a tornare nel Limbo, da Eleanor,
credo
che potrei… »
«Mark,
sono a casa… » annunciò una voce
«come mai la porta era aperta?»
Era Simon, di rientro dal lavoro e ignaro di tutto.
Theodore
cercò di pensare in fretta a un posto dove potersi
nascondere,
ma era inutile, suo fratello li raggiunse subito in salotto.
«Theodore?!
Ma cosa… » il suo sguardo passo fulmineamente da
Theodore a
suo figlio «Mark, ma che sta succedendo qui? La mamma
è già arrivata?»
«No,
non c’è nessuno. Zio Theodore è venuto
fin qui da solo.»
«Cooosa?!»
Tornò a guardare negli occhi il fratello. Non gli fu
difficile capire le probabili ragioni del perché avesse
fatto tutta quella
strada da solo.
«Oh,
no! Non puoi averlo fatto davvero!»
«Rilassati,
Simon. Sono appena arrivato… » lanciò
un’occhiata a suo
nipote «e comunque, Mark non ha voluto darmi retta sta
volta.» Aggiunse. Non
aveva senso coinvolgere anche suo nipote in quel folle piano che alla
fine si
era rivelato solo un buco nell’acqua.
Andò
a sedersi sul divano, un’azione che aveva fatto un sacco di
volte
nel corso degli anni, e che ormai gli era entrata nel sangue.
Chinò
la testa, chiuse gli occhi e appoggiò il volto sul palmo di
una
mano, e li restò in silenzio ad aspettare. Cosa, non lo so
sapeva nemmeno lui,
ma comunque si mise in attesa, amareggiato per un fallimento
così miserabile
dopo tutti gli sforzi fatti per compierlo al meglio.
«Per
la miseria, Theodore… » Simon lo raggiunse sul
sofà «la psicologia
è il mio campo di lavoro, ma proprio non ti
capisco… perché non riesci a
mollare? Hai rivisto Eleanor, ci hai parlato. Lo sai meglio di tutti
che è
ancora con noi, anche se non possiamo vederla. Perché
insisti con questa
storia?» Non riusciva a provare rabbia per il fratello.
Jeanette non poteva più
soffrirlo dopo la volta che aveva coinvolto Mark nella sua fissazione,
ma lui
non era così, lo compativa, e comprendeva le sue ragioni,
anche se a parole
diceva di non capirlo.
«E
tu perché fai domande, se poi non vuoi sentire le
risposte?» Rispose
Theodore.
Simon
lo guardò confuso.
«Sai
benissimo di che parlo.» Aggiunse Theodore.
Simon
sbuffò.
«Perché
è ridicolo. Te l’ho già detto. Non puoi
pensare sul serio di
farlo.»
«E se ti sbagliassi? Jeanette non diceva le stesse cose di te quando dicevi che avremo potuto trovare Eleanor attraverso i sogni condivisi di Mark?»
«Non
è andata così. E comunque non è questo
il punto. Qui non centrano
niente viaggi nel tempo! La verità è che,
semplicemente, non vuoi lasciarla
andare. Non hai mai saputo accettare la sua morte, e ora che
l’abbiamo rivista,
dimostri ancora di più le tue ossessioni volendo tornare da
lei a tutti i
costi, fregandotene di chi ti sta intorno!»
Theodore
stava perdendo la pazienza.
«E
questo che pensi?»
«Se
il mio lavoro vale qualcosa, ebbene sì!»
Si
fissarono negli occhi, studiandosi in silenzio. Simon, in attesa
della prossima risposta di Theodore, e Theodore in attesa di decidere
se
continuare una discussione che non li avrebbe portati da nessuna parte
o chiudere
qui la questione.
Qualcuno
bussò nervosamente alla porta.
«Papà…
» lo chiamò Mark.
«Vado
io.» Gli rispose Simon, senza distogliere lo sguardo da
quello di
Theodore.
Quando
il chipmunk con gli occhiali uscì dalla stanza, quello con
la
felpa verde ritornò alla sua posizione d’attesa
seduto sul sofà.
Dall’altra
stanza, udì le voci di Dave e degli altri.
«Ci
sono il nonno e gli Zii, e c’è anche la
Mamma!» Lo informò Mark.
«Già,
mi chiedevo quanto ci avrebbero messo ad arrivare.» Gli
rispose
apaticamente Theodore, senza lasciar trasparire alcun tipo di emozione
e fregandosene
completamente degli altri, come avrebbe detto Simon.
Mark
non sapeva come comportarsi di fronte all’atteggiamento dello
Zio,
e uscì quindi dalla stanza per raggiungere gli altri.
Jeanette
parlò a suo figlio. Ci fu uno scambio di domande e risposte
tra
i presenti, che Theodore però non volle ascoltare.
L’unica
cosa a cui la sua concentrazione sembrava volersi dedicare era
la sua teoria sul ritorno al passato.
Simon,
Dave e tutti gli altri potevano dirgli quello che volevano su
quella che loro chiamavano “ossessione”, fare tutte
le loro supposizioni per
cercare una giustificazione che potesse spiegarla, suggerire soluzioni
o
seguire il modo di pensarla di Jeanette ed essere indifferenti nei suoi
confronti, ma in ogni caso, non avrebbero mai potuto comprendere le
vere ragioni
di Theodore. Nessuno di loro aveva visto la reazione di Eleanor nel
Limbo,
altrimenti non si sarebbero opposti così testardamente.
A
quel punto, mentre la sua mente vagava nel mare di pensieri in cui era
sommerso, tutti i membri della famiglia Seville, al gran completo,
fecero la
loro apparizione in salotto, ponendosi di fronte a lui.
Gli
unici due a cui dedicò attenzione erano Jeanette e Dave. Lei
con uno
sguardo di odio feroce, che sembrava non aspettasse altro che saltargli
addosso
per aggredirlo fisicamente, lui, invece, con un’espressione
di profonda
delusione sul volto, che a brave gli avrebbe anche dichiarato
apertamente.
Theodore
non aspettò che fosse Dave a chiederglielo. Estrasse dalla
tasca la Idkey di suo padre e gliela porse.
Lui
gliela strappò di mano bruscamente e se la mise in tasca.
«Sono
molto deluso di te, Theodore. Questa non me la dovevi fare…
»
Già,
come volevasi dimostrare, si disse Theodore tra sé e
sé.
«…
voler rivedere Eleanor è una cosa, ma il furto non posso
accettarlo.
Con questa ti sei giocato tutta la fiducia che avevo in te…
» continuò Dave, ma
le sue parole suonarono vuote e prive di significato per Theodore. Non
riusciva
più a esercitare quell’autorità che lo
rendeva il rispettabile capo famiglia di
un tempo. Lui e Theodore avevano vissuto giorno dopo giorno dieci anni
nella
stessa casa, e nel tempo nessuno di loro, a parte il chipmunk, aveva
capito che
anche Dave era stato profondamente scosso dall’incidente,
tanto da renderlo
l’uomo che era ora. Theodore, quindi lo lasciò
parlare senza batter ciglio e
quasi senza ascoltarlo.
«Ahhh!
Basta così!!» Urlò improvvisamente
Jeanette, cogliendo tutti di
sorpresa. «Non ne posso più di questa storia! Lo
voglio fuori da casa mia,
subito!!»
Simon,
trovatosi completamente alla sprovvista, cercò di trattenere
la
moglie, la cui furia, però, l’aveva resa
inarrestabile.
Jeanette
non era più intenzionata a instaurare alcun dialogo
né di
restare in silenzio mentre gli altri parlavano. Voleva che Theodore se
ne
andasse e che non facesse più ritorno, e per quanto la sua
reazione potesse
sembrare esagerata, aveva deciso che da quel momento in poi con lui non
avrebbe
più voluto aver nulla a che fare. Quel chipmunk doveva
uscire dalla sua vita, e
doveva farlo ora.
«Scendi
subito giù dal mio divano, e vattene da casa
mia!!» Lo afferrò
per la collottola della felpa e lo sollevo in piedi, per poi buttarlo
giù dal
sofà.
«Jeanette!!»
Urlarono in coro gli altri, e poi Simon e Alvin andarono da
Theodore per aiutarlo ad alzarsi.
«Jeanette,
ma sei impazzita!! Che diavolo ti passa per la testa pure a
te?!?» La rimproverò Dave.
«Non
ne posso più di questa storia! Non potevo sopportarlo prima,
e non
lo sopporto neanche adesso, voglio che se ne vada e ci lasci in pace.
Hai
capito, Theodore? Ci hai rovinato la vita! Vattene e non tornare
più!!»
«Jeanette,
piantala adesso, stai andando fuori di testa, non ragioni
più!» Le urlò contro Alvin.
«Ha
parlato quello che è stato per i fatti suoi per dieci anni.
Dov’eri
quando tuo fratello aveva bisogno di, eh? A New York a fare i comodi
tuoi! E
adesso vieni qui a fare il maestrino con me… »
«STA
ZITTA!» Questa volta a urlare era stato Simon. Un urlo
autoritario,
come non era stato in grado di farne da un sacco di tempo.
«Simon,
tu… vieni a dire a me… »
«Sì,
esatto! Hai capito bene! Ti credi superiore a tutti perché
sei
convinta di essere l’unica a non essere stata turbata dalla
morte di tua sorella!
Bhe, svegliati, perché ci sei dentro fino al collo anche
tu… »
«…
non lo credo prop… » tentò di parlare,
ma fu subito interrotta.
«…
quindi ora vatti a dare una rinfrescata in bagno e torna qui quando
ti sarai data una calmata, è chiaro? E sappi che non lo
ripeterò un’altra
volta!»
Jeanette
era indignata. Le sue labbra cominciarono a tremolare,
l’agitazione era al massimo.
«Se
le cose stanno così me ne vado io! Addio Simon, io ti
lascio!» E se
ne andò senza aggiungere una sola parola uscendo dalla porta
del loro
appartamento.
«Ma-Mamma…
dove vai?» Balbettò il piccolo Mark, con alcune
lacrime che
già gli stavano scendendo sul viso.
«No,
aspetta qui Mark. Simon, vado a parlarci io.» Disse Brittany.
«Lasciala
perdere. Che vada pure al diavolo.» Le rispose Simon.
«No,
non dirlo neanche per scherzo. Vado da lei adesso, e non cercate di
fermarmi.»
Brittany
corse dietro alla sorella, mentre nella stanza del salotto
restarono Dave, Mark e i tre fratelli Chipmunks.
«S-Simon…
mi… mi dispiace.» Disse Alvin.
«Non
importa, pensiamo a lui adesso. Theodore, stai bene?»
Theodore
era seduto sulla moquette con la schiena appoggiata al divano,
e oltre a tenere lo sguardo fisso davanti a se, fino ad allora non
aveva
reagito in alcun modo. Alla domanda di Simon, però,
parlò.
«Credi
ancora che si possa andare avanti?»
«Come?
Che vuoi dire?»
Theodore
si alzò in piedi, aiutato da Alvin che lo prese per un
braccio.
«Mi
avete sempre detto che io devo lasciarmi il passato alle spalle e
andare avanti con la mia vita. E’ questo che voi intendete
per vita? Bhe, che
belle prospettive»
«Theodore,
adesso non metterti tu a fare il sacente… »
cominciò Dave «tutto
questo non sarebbe successo se tu non fossi venuto qui…
»
«No
Dave, aspetta… » lo interruppe Simon
«Theodore ha ragione. Insomma,
guardateci. Eravamo una famiglia perfetta fino a sedici anni fa. Il
massimo che
ci succedeva erano dei battibecchi tra me e Alvin o qualche piccola
guaio in
casa o a scuola, e adesso invece… guardate cosa siamo
diventati.»
«No…
io… non sono d’accordo!» Si oppose Dave.
«Eravamo tornati a essere
una famiglia riunita qualche giorno fa, e poi… stiamo
dimenticando il motivo
del perché siamo qui!»
«Già,
Dave. Per cosa siete qui? Io ero venuto per tentare aggiustare
ogni cosa, voi invece?» Domandò Theodore.
Simon
ritornò nella conversazione.
«Ancora
con questa storia, Theodore?»
«Non
intendo rinunciarci, Simon. Non dopo tutto quello che ho dovuto
passare.»
Simon
sbuffò, ormai rassegnato.
«Pff…
allora fai quello che ti pare, ma sono curioso di sapere come
farai.»
«Io…
io non voglio riportarlo nel Limbo!» Annunciò
Mark, che era rimasto
in disparte fino ad allora.
«Ecco,
appunto. Mark ha detto tutto, quindi che farai ora?»
Sul
volto di Theodore si stampò d’improvviso un ghigno
preoccupante.
Totalmente fuori luogo nel contesto.
«Non
avevo intenzione di chiedere a Mark di riportarmi in un sogno
condiviso. Ci avevo rinunciato nel momento in cui siete arrivati
voi.»
Tutti
gli sguardi dei presenti erano improvvisamente puntati su Theodore.
Persino quello della stessa Eleanor, che aveva osservato dal Limbo
tutto quello
che era avvenuto fino a quel momento e che ora, come loro, si chiedeva
cosa volesse
dire.
Quando
Jeanette, in preda alla furia, aveva buttato Theodore a terra in
quel modo tanto violento, il chipmunk aveva finito per battere la testa
ancora
una volta. D’improvviso, gli si proietto nella mente lo
strano sogno che aveva
vissuto durante il secondo incontro con Eleanor, quando si era
ritrovato in
cima a quell’imponente grattacelo, e in quel momento si era
reso conto che
rimaneva ancora una cosa da fare. Il piano B che aveva cercato fin da
subito di
escogitare ma che non gli era mai venuto in mente.
Era
necessario l’intervento diretto di Eleanor
affinché lui potesse
raggiungere il Limbo attraverso i sogni condivisi di Mark, e senza di
lei,
qualsiasi cosa avrebbe detto o fatto, non sarebbe servita a nulla,
oppure no?
«Theodore…
cos’ hai in mente?» Gli domandò Alvin.
Lui
sorrise, soddisfatto e sicuro di se e si allontanò
d’improvviso da
loro, dirigendosi verso la vetrata che conduceva alla terrazza
dell’appartamento.
Gli
altri lo guardarono confusi e con mille domande in testa.
«Ma…
che sta facendo?» Questa volta fu Dave a chiederlo.
Simon
a quel punto capì.
«Oh,
no! Dave, fermalo! Vuole saltare dal terrazzo!!»
«Cosa?!?»
L’uomo
corse per cercare di raggiungerlo, ma Theodore aveva già
varcato
la vetrata ed era saltato sul bordo del parapetto.
«Non
ti muovere da lì, Dave!» Gli ordino il chipmunk.
Presto anche i
suoi fratelli li raggiunsero, mentre Mark se ne restava in disparte,
impietrito
dalla paura.
«Theodore,
ma che diavolo stai facendo?! Sei impazzito?!?»
Urlò Simon.
«In
questo modo Eleanor non potrà impedirmi di raggiungerla.
Quando
l’abbiamo vista la prima volta, ci ha spiegato
cos’ha dovuto fare per restare
nel Limbo, quindi, se non sarete voi ad aiutarmi a raggiungerla,
vorrà dire che
lo farò da solo.»
«Ma…
ma… ti rendi conto di quello che stai dicendo?! Finirai per
morire
anche tu se ti butti di sotto!» Disse Alvin.
«Lo
so, ed è proprio questo che voglio fare.»
«E
non pensi a noi? Che dovremo fare?! Come lo spiegheremo alle
ragazze!»
Aggiunse Dave.
«Non
ha più importanza. Quando io ed Eleanor cambieremo il
passato,
tutto questo si sistemerà, e non dovrete più
preoccuparvi di niente»
«No,
Theo! Non possiamo lasciartelo fare! Scendi giù di
lì, ti prometto
che poi io e Mark ti aiuteremo a tornare da lei!!» Lo
supplicò ancora Simon.
«Simon,
lo so cosa state pensando. Pensate che io sia pazzo, ma per
favore, dovete credermi, so quello che faccio. Non so per quale motivo
lo
faccia, ma Eleanor ci nasconde qualcosa! Ha quasi avuto un attacco di
panico
quando ho iniziato a farle domande sui viaggi nel tempo, questo deve
per forza
significare qualcosa!»
«Ma
non puoi saperlo! Non possiamo nemmeno essere certi che quella fosse
davvero Eleanor, potrebbe essere qualunque cosa! Una proiezione del tuo
subconscio, chi sa! Se ti sbagli avrai gettato la tua vita al vento per
niente!»
«E
cosa proponi che dovremo fare? Tua moglie se n’è
appena andata
gridando di volerti lasciare! Sto parlando di Jeanette,
Simon… Jeanette! Credi
davvero che le cose spariranno nel momento in cui io
scenderò da qui? Se c’è
una cosa che ho imparato in questi anni è che i traumi non
guariscono mai del
tutto. Noi li nascondiamo, cercando di far finta che non sia successo
niente.
Ci creiamo delle illusioni di successo e di stabilità
familiare e ci rifugiamo
in esse per sfuggire, ma quelli restano dentro di noi per sempre! Se ci
fosse
la possibilità di cancellare tutto, se tu fossi sicuro in
cuor tuo che è
possibile ripartire da zero per ricostruire la vita che ci è
stata negata, non
vorresti anche tu fare qualcosa per renderlo possibile?»
Era
davvero Theodore ad aver parlato? Se lo chiedevano tutti in quella
terrazza.
La
risposta più ovvia era: no. Non era Theodore, o meglio, non
era il
LORO Theodore. Quello che un tempo era il più tenere e
amichevole del gruppo,
ma allo stesso tempo il più ingenuo. No, non lo era. Solo
ora si resero
veramente conto di cosa fosse veramente diventato in seguito
all’incidente. I
dieci anni di silenzio e apatia erano stati solo una fase del suo
cambiamento.
Un tasto di “pausa” tenuto semplicemente premuto
per troppo tempo. Ma ora che
il tasto era stata sbloccato, potevano finalmente vederlo chiaramente.
Era
come se lui avesse sempre saputo di essere destinato a quello. Aveva
aspettato a lungo, lasciandosi quasi morire di stenti
nell’attesa di poter
finalmente tornare da Eleanor, e ora che ne aveva la
possibilità, qualunque
fosse stata la motivazione del suo gesto, niente al mondo avrebbe
potuto
fermarlo.
Forse
era proprio così che dovevano andare le cose. Forse era
proprio
questo il grande disegno che era sempre stato dietro ai drammi della
loro
famiglia. Forse Alvin doveva affogare nel disperato tentativo di
salvare
Brittany dal mare che la stava inghiottendo, forse Simon doveva essere
schiacciato insieme a Jeanette da quella maledetta quercia, e forse
Theodore
avrebbe dovuto perdere la vita nell’incidente insieme a
Eleanor, in questo
modo, non ci sarebbero state partenze improvvise che avrebbero diviso
la
famiglia, né litigi che ne avrebbero minato
l’equilibrio, e neppure disperate
ossessioni che avrebbero fatto crollare tutto quello che fino ad ora
era stato
faticosamente ricostruito.
«Theodore…
fratello, io… se potessi fare qualcosa per cancellare tutto
questo, sarei il primo a provarci, ma non a discapito della mia vita o
di
quella di chi mi sta intorno. Ogni persona al mondo, ogni giorno, vive
dei
grandi o dei piccoli traumi, e se ci fosse una soluzione per impedirli
è giusto
sfruttarla, ma la vita è un bene prezioso, non si
può sacrificarla in questo
modo!»
«Bhe,
Simon. Io sono morto quel 26 aprile 2016, quando mi sono
risvegliato dal coma e mi è stato detto che Eleanor non ce
l’aveva fatta.
Quello che vedete qui è solo il suo corpo, e ora
è arrivato il momento che si
ricongiunga alla sua anima. Vi prometto solo una cosa:
tornerò indietro e vi
ridarò la vita che non avete mai potuto avere. E ora,
addio.»
Non
indugiò ulteriormente. Si lasciò semplicemente
cadere dal parapetto,
mentre gli altri urlavano il suo nome e gridavano
“NOOO”, come se ciò potesse
servire a riportarlo indietro.
Il
piccolo Mark, fuori di se, quasi corse il rischio di cadere
giù
insieme a suo Zio, mentre si lanciò precipitosamente verso
la ringhiera, e fu
fermato all’ultimo secondo da Dave, che lo placò
con entrambe le mani.
Tutti
i maschi della famiglia Seville presenti in quel terrazzo,
guardarono con il volto pallido e sotto shock il corpo di Theodore che
diventava sempre più piccolo via via che precipitava dagli
otto piani da cui si
era lanciato.
Mentre
aspettava il momento in cui si sarebbe schiantato al suolo, il
chipmunk dalla felpa verde era sereno e per niente preoccupato,
perché aveva
già provato un’esperienza simile alla morte, e
sapeva comunque che in ogni
caso, quella non sarebbe stata la fine di tutto, ma solo un nuovo
inizio.
Doveva solo chiudere gli occhi e aspettare.
Preparati,
Ellie. Sto venendo da te. Si disse tra sé e sé, e
quello fu
il suo ultimo pensiero da vivo.