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Autore: Etie    26/09/2012    1 recensioni
"Non starai parlando dei guardiani degli elementi?"
"Beh...io credo nella loro esistenza e sono certo che siano da qualche parte, nel mondo. Chissà, forse sono proprio accanto a noi, ma non ce ne accorgiamo…"
Le sue parole divennero un sussurro e il suo sguardo si fece più vivo, come se l’argomento lo toccasse molto. Che fossi incappata in un altro di quegli accaniti devoti pagani? Eppure il ragazzo sembrava essere troppo intelligente per lasciarsi abbindolare da certe sciocchezze…Scossi la testa, chiedendomi come si potesse solo pensare che certe favole fossero vere.
Circolano strane leggende su esseri in grado di controllare i poteri degli elementi della natura, in un mondo che teme tutto ciò che non conosce. Qui Elyon, una ragazzina con coraggio da vendere, parte alla ricerca dei suoi cari, accompagnata nel suo viaggio da un misterioso ragazzo dal passato tormentato.
Uno scenario fantasy in cui si incrociano storie d'amore, intrighi politici, poteri soprannaturali e spiriti guida dal pessimo carattere.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO  1.

 

 

Q

uella sera continuai a guardare il soffitto, sdraiata sul mio letto. Pensavo, anzi, ero certa, che Arget mi sarebbe stato d’aiuto e che, se gli avessi spiegato la mia attuale situazione, sarebbe stato lieto di avere compagnia durante il suo viaggio. Scrollai il capo, rendendomi conto di quanto fosse assurda quell’idea. Come avevo potuto pensare di lasciare di nuovo casa e parenti per andare via con quello che era un completo estraneo, soltanto per poter tornare dalla mia famiglia?

La mia famiglia?

Tentai di convincermi che il sonno stava cominciando ad offuscare i miei pensieri: in fondo, per quanto cari, Ryan ed il maestro non erano e non sarebbero mai stati la mia famiglia e il luogo dove loro vivevano e che loro chiamavano casa non sarebbe mai stata anche la mia.

…o forse sì…

Così, immersa nei dubbi di quella notte, mi addormentai.

 *

La mattina dopo, quando mi svegliai, mi sentivo stanca come se non avessi dormito affatto. Ero sudata ed avevo il fiato corto, come se il mio sonno fosse stato disturbato dai lunghi e tormentati pensieri della sera prima. Mi sentii sola e avevo solo voglia di scappare, dimenticare tutto e ricominciare la mia vita lontano da lì, lontano da tutto quello che conoscevo, senza pensieri, senza le incertezze che cominciavano a sorgere nella mia mente e che temevo, da quel giorno in poi, mi avrebbero accompagnata per sempre nella mia vita.

Evelyn bussò alla porta, riscuotendomi dai miei pensieri.

"È permesso?" chiese, entrando. Sorrise timidamente, poi disse: "È passato Arget prima, ha detto che vuole parlarti e che ti aspetta al fiume, lì dove c’è il ponte."

"Quando?"

"Prima possibile: credo sia già lì."

Senza fare troppe domande, uscii di casa, chiedendomi cosa avesse di così importante da dirmi da non poter neppure aspettare il pomeriggio.

 *

Quando arrivai, trovai Arget poggiato al parapetto del ponte di legno, intento a fissare lo scorrere del fiume. Lo salutai con la mano, andandogli incontro. Lui mi sorrise lievemente, poi tornò a scrutare il corso d’acqua, in silenzio. Per molti secondi a seguire nessuno di noi parlò poi, improvvisamente e senza un motivo preciso, lui scrollò il capo e se ne andò, con le mani appoggiate alla cinta. Lo seguii senza fare domande, incuriosita ancora di più su quello che doveva dirmi. Lui parve sorpreso nel vedermi ancora al suo fianco. Sorrise.

Non sembrava avere intenzione di parlare, così dissi, sarcastica: "Non troverai mai una ragazza se ti comporti così…"

Rise, poi si decise a parlare. "Tu…somigli molto a una persona…credo." Fece una lunga pausa, in cui ne approfittò per guardarmi meglio, poi continuò "Prima di partire per venire qui, un mio amico mi ha chiesto di cercare una ragazza…una sua carissima amica di nome Elyon."

Sgranai gli occhi e, tentando di non farmi illusioni, mi chiesi chi potesse cercarmi e se fossi davvero io quella Elyon e non soltanto un caso di omonimia, poi lui continuò chiedendomi: "Conosci per caso un ragazzo di diciotto anni, capelli sul biondo cenere, occhi chiari e che si chiama…"

Pensando a quella descrizione, sussurrai distrattamente "…Ryan…" Era davvero lui?

"Esatto" esclamò Arget, sorpreso. "Allora sei tu! Oh, meno male!"

Sorrisi. "Non posso crederci! Ti ha detto qualcosa? "

Annuì. "Gli manchi e vorrebbe che tu fossi ancora con lui…"

"Lo vorrei tanto anch’io…"

Ci sedemmo sull’erba, inumidita dai piccoli e costanti schizzi d’acqua del fiume. Parlammo tanto, senza pensieri, gli raccontai di me, di come mi sentivo un’estranea nella mia famiglia, della lettera che il mio maestro mi aveva mandato e in cui mi chiedeva di non cercarlo più, quando io avrei voluto così tanto tornare da lui e da Ryan. Recentemente avevo detto alla mia famiglia che avevo intenzione di tornare da loro ma questi, saputo della lettera, mi impedirono di raggiungerli. Non capivo perché. Dissi loro che non mi avrebbero mai chiesto di non fare ritorno se non fosse successo qualcosa e io volevo scoprire cosa...

Dopo aver riflettuto su quello che avevo detto, Arget disse: "Posso aiutarti!"

"Cosa?"

Sorrise nel vedermi così confusa e speranzosa. "Sì, intendo a partire…" si corresse, mentre continuava a riflettere "…più a fuggire, nella tua situazione attuale."

"Davvero?" chiesi, incredula. In un primo momento mi rallegrai al pensiero di abbandonare quella realtà così scomoda e sofferta per me, ma poi dissi: "Non posso."

Arget mi guardò, curioso. "Perché?"

"Non sarebbe giusto per gli altri…voglio dire…per la mia famiglia."

Sorrise di nuovo. "Fa’ come vuoi" sussurrò "In ogni caso, ti aspetterò sotto casa tua al tramonto…che tu venga o meno non fa differenza, me ne andrò comunque." Si alzò, mi guardò un’ultima volta e si congedò, mentre attraversava il ponte e spariva dalla mia vista.

 *

E così arrivò il tramonto, tra dubbi, paure e speranze impressi come un marchio a fuoco nella mia mente. Ormai avevo deciso. Mi affacciai alla finestra della mia camera: Arget era appoggiato ad un muro di casa. "È già qui…" Presi la borsa che avevo preparato sul letto, l’arco – che Ryan mi aveva insegnato ad usare – e la faretra, poi tornai alla finestra.

"Arget!" chiamai.

Lui alzò la testa.

"Che faccio: scendo?"

Sorrise e, annuendo, mi disse: "Attenta a non farti vedere."

"Sta’ tranquillo…sono mesi che aspetto questo momento!" Guardai di sotto, fremendo per l’eccitazio-ne. Durante i mesi passati in quella casa avevo scoperto che potevo calarmi dalla finestra della mia camera, perché alcuni dei mattoni che componevano la casa sporgevano e, altri invece, erano rientranti. Salii sul davanzale e, stando molto attenta a non scivolare da quei rari punti d’appoggio, scesi tutta la parete.

"Tutto bene?" chiese, stupito.

Annuii, soddisfatta.

"Credevo usassi le scale…"

"No…le scale non mi sono mai piaciute…" Ma mi resi conto che avrei fatto meglio ad usarle, visto che mi facevano male le mani …forse avrei dovuto usare i guanti…

Arget si guardò intorno, poi disse: "Bene. Faremo meglio ad andare, se non vogliamo essere scoperti."

Ci mettemmo a correre e ci fermammo solo quando fummo sicuri di essere abbastanza lontani da casa mia. Ci appoggiammo alla parete di un edificio per riprendere fiato. "Dunque: facciamo il punto della situazione: dici che mi puoi aiutare, ma non so niente di te…chi sei, da dove vieni, dove devi andare…"

Sorrise. "Io…sto cercando una persona e, per farlo, devo viaggiare: non importa dove, ma devo viaggiare…per quanto riguarda il resto, ci penseremo più tardi; ora faremo meglio a trovare una locanda dove passare la notte."

Annuii, felice al pensiero che presto avrei rivisto Ryan ed il maestro.

 

 

   
 
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