Dalla finestra aperta entrava una
brezza leggera, foglie che
vorticavano nel vento d’estate, echi lontani, pezzi di carta
strappata,
particolari apparentemente
vuoti, ma che
ad altre orecchie potevano raccontare storie di un tempo lontano
lontano, tanti
anni prima…
E’
passato molto tempo da allora.
Quella finestra, però, è ancora aperta. Il vento
entra nella stanza allo stesso
modo di tutti quegli anni, e c’è qualcosa di
familiare, nella figura della
donna seduta davanti al fuoco, in attesa.
E
poi una luce incostante brilla in lontananza, si sentono
delle voci, l’odore inconfondibile di chi arriva dalla terra
di coloro che sono
perduti.
La
voce di Jane è sempre la stessa, più acuta e
allegra del
solito. Esita, nel lasciare la mano del ragazzo che l’ha
accompagnata fino a
casa sua: ma prima che possa ripensarci, lui è
già scivolato via, volato
lontano, un puntino nella linea chiara dell’orizzonte che
albeggia appena.
Il
suo tempo è arrivato, e allo stesso modo è volato
via,
come una canzone, come una giornata estiva, come tante altre cose, ma
in realtà
come nessuna.
La
bambina si appoggia coi gomiti al davanzale della
finestra, fissa quella figura fino a che diventa impossibile
distinguerne i
contorni. Lui se ne è andato, e nonostante speri il
contrario, qualcosa le dice
che non tornerà.
Allora,
un sussurro.
<<
Non ti dimenticherò mai, Peter Pan…
>>
Nella stanza
di fianco, lei
sorride, di un sorriso complice e consapevole, vagamente malinconico. E
allora
senza neanche accorgersene lascia il lavoro a maglia, e si alza, a
spalancare
le ante di quella finestra che era rimasta chiusa, sempre chiusa.
L’aria
della notte è ancora oscura e penetrante. Si
intravedono alcune stelle, coperte dalle pesanti nubi violacee.
La seconda a destra si
nasconde, stanotte…
E
rimane così, gli occhi persi nella bruma, in un altro
tempo e un altro luogo. Le memorie si affollano, sempre più
confuse, sempre più
difficili da districare.
Ricordi? Ricordi?
Chi erano quei bambini senza
famiglia? E quell’uomo, che
viveva la sua vita solo per la vendetta?
Ricordi?
Ricordi?
<<
Wendy? Sei tu? >>
La
sua voce, è esattamente come la ricordava.
<< Peter…?
>>
Il
suo volto, nonostante l’espressione di infastidito
stupore, non è diverso da quello che emergeva dalla confusa
nebbia delle
memorie.
<<
Sei… Sei cambiata molto. >>
Lei
vorrebbe piangere, abbassare lo sguardo per la vergogna,
magari chiedere scusa.
E poi urlare, urlargli tutte quelle
parole non dette,
buttare fuori tutti quegli anni di rimpianti e illusioni, tutto il
rancore e la
cattiveria di una bambina morta.
<<
Sono cresciuta. Ma sono sempre la stessa. >>
La
sua risposta è invece gentile, comprensiva, accompagnata
da un sorriso dolce. Da adulta.
I
suoi occhi si illuminano subito, consolati all'istante, e un sorriso si
fa largo
sul suo volto, che è sempre, sempre lo stesso. Da quanti
anni, ormai?
<<
Allora vieni con me! Torniamo all’Isola che non
c’è, insieme. >>
<<
Peter, io non posso più volare… >>
<<
Te lo insegnerò di nuovo! >>
<<
E’ passato troppo tempo, lo sai. >>
<<
…Ma non è cambiato niente! Tu l’hai
detto. >>
<<
Però, Peter… >>
<<
Fidati di me, Wendy. Ti prego, fidati di me. >>
Fidati di me.
La sua mano si
tese verso di lei, e
per un attimo, il vento
soffiò, portando con sé foglie e polvere da
un’altra terra, rumore di tamburi e
grida di guerra, risate crudeli e l’odore del mare, la sabbia
sulla pelle e
l’acqua gelida, e in quell’istante tutto
ciò sembrò possibile, reale, come la
mano aperta davanti a lei.
Wendy
alzò lo sguardo, fissando gli occhi in quelli del
ragazzo di fronte a lei: erano iridi chiarissime, limpide, quasi evanescenti.
Perché improvvisamente
tutta la sua figura sembrava più
fragile, incerta? Sbatté gli occhi, mentre i tratti del
volto si facevano
sfocati, sempre meno delineati, e anche i colori incominciavano a
sbiadire. Il paglia
dei capelli, il verde brillante delle foglie sul vestito, tutto portato
via
come cenere, da quel vento.
Un
improvviso terrore prese possesso di lei, e la mano che,
esitante si stava alzando, venne ritirata di scatto, mentre i suoi
piedi sembravano
paralizzati al suolo, e Wendy si sentiva nuovamente bambina, impaurita
e sola,
davanti a quella finestra così immensa, spalancata su un
cielo troppo profondo,
davanti a quel bambino dal sorriso troppo affilato, dalle parole troppo
gentili, davanti a quella scelta, a quella mano tesa.
E la
domanda che non aveva mai fatto.
<<
…Chi sei, tu? >>
Chi sei?
La
risposta, si dissolse nel vento.
Un ricordo.