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Autore: Fuyu    30/09/2012    2 recensioni
Una giornata di sole, dopo le tante settimane di pioggia o neve, che si alternavano a seconda dell'umore giornaliero. Erano ormai le 7 del mattino, quando Sanji, stretto nel suo cappotto e nei guanti invernali, contornato di cartella e sigaretta appena accesa, si presentò alla porta di legno della casa Roronoa. La porta venne aperta da un uomo completamente vestito di nero con tanto d'occhiali, viso serio e presenza imponente. L'uomo mosse il volto dal basso all'alto, prima di lasciare campo libero a Sanji. Il biondo si incamminò all'interno della struttura totalmente in legno stile orientale con tanto di laghetto per le carpe. La famiglia Roronoa era tra le più famose e pericolose fazioni di gangster del Giappone. Lo zio di Zoro, succeduto al fratello dopo la morte, era temuto dalle persone più in spicco del momento.
La storia è già tutta scritta quindi ci impiegherò poco a finirla, ma non sarà propriamente tutta rose e fiori.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Roronoa Zoro, Sanji, Un po' tutti | Coppie: Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Yakuza.

DESTINO AVVERSO

Incontri scoccianti


 U
na giornata di sole, dopo le tante settimane di pioggia o neve, che si alternavano a seconda dell'umore giornaliero. Erano ormai le 7 del mattino, quando Sanji, stretto nel suo cappotto e nei guanti invernali, contornato di cartella e sigaretta appena accesa, si presentò alla porta di legno della casa Roronoa. La porta venne aperta da un uomo completamente vestito di nero con tanto d'occhiali, viso serio e presenza imponente. L'uomo mosse il volto dal basso all'alto, prima di lasciare campo libero a Sanji. Il biondo si incamminò all'interno della struttura totalmente in legno stile orientale con tanto di laghetto per le carpe. La famiglia Roronoa era tra le più famose e pericolose fazioni di gangster del Giappone. Lo zio di Zoro, succeduto al fratello dopo la morte, era temuto dalle persone più in spicco del momento. 

Mentre percorreva il corridoio, che lo avrebbe portato alla camera di Zoro, Sanji poté ammirare i vari oggetti in oro, argento, bronzo, legno e porcellana smaltata, totalmente fatti a mano e riposti in vari punti per dare più lustro all'arredamento. Arrivò in meno di cinque minuti alla porta, dopodiché bussò. Non ricevette alcuna risposta, solo un sommesso mugolio. Sanji conosceva bene Zoro, i suoi vizzi e le sue abitudini, quindi non ci volle molto perché capisse cosa stava succedendo. Stritolò il povero manico della cartella con la mano ancora inguantata e, alzando una gamba, diede un calcio alla porta scorrevole della camera buttandola, letteralmente, a terra. Appena il polverone si dissolse, il biondo poté individuare la figura, ancora addormentata, di Zoro che, nonostante il rumore, non aveva fatto una piega. Appena Sanji vide la scena spiaccicò tra i denti la cicca per poi prendere un grosso vaso accanto alla scivania nella camera, e calciarlo verso Zoro. Il vaso andò in frantumi appena toccò il muro e tutta l'acqua e i fiori finirono in testa al verde, che si risvegliò, proprio in quel momento.

"Ma che diamine!?" chiese toccandosi la testa, totalmente fradicia d'acqua. "Non hai un modo più gentile di svegliarmi!?" proclamò guardando Sanji in maniera omicida. Il biondo lo apostrofò con due occhi ridotti a due fessure e un'espressione assassina, avvicinandosi lentamente al letto. Appoggiò la cartella per terra per poi levarsi il guanto dalla mano destra, subito dopo afferrò Zoro per il bavero dello yukata.

"CHI CREDI CHE IO SIA, LA TUA BALIA?! SEI GIA' IN RITARDO DI SEI MINUTI!" gli urlò contro facendo cadere la sigaretta, ormai finita, sul pavimento in parquet. " TUTTI I GIORNI MI TOCCA SVEGLIARTI, CARA GRAZIA CHE NON TIO HO ROTTO IL VASO IN TESTA!" continuò il biondo rifondando il verde sul letto. "Ora vestiti, che siamo in ritardo!" esclamò ripescando la cartella dopo essersi rimesso il guanto, infine uscì dalla camera aspettando in salotto l'arrivo di Zoro e, tirando fuori un'altra sigaretta, camminò fino al salotto. Nel salotto, insieme a Sanji, vi si trovava lo Zio di Zoro e alcuni dei suoi sgherri.

"Devi perdonare mio nipote, ha preso dal padre!" rise l'uomo "Mio fratello era totalmente assuefatto dal sonno, non perdeva occasione di dormire" spiegò il capo clan. In realtà lo zio di Zoro non era il vero successore, ma i genitori del verde morirono quando Zoro aveva cinque anni e lui non poteva ancora succedere, quindi l'uomo si prese l'onere di accudirlo diventando, temporaneamente il capo e l'addestratore del nipote. Lo zio del verde aveva una figlia, cugina di Zoro che lo aveva cresciuto come una sorella maggiore, di nome Quina la quale era in cucina.

"Non capisco come faccia a dormire così tanto, sembra un orso che va in letargo!" ironizzò il biondo.

"Chi è l'orso!?" chiese Zoro aprendo le porte scorrevoli del salotto con sguardo accusatore verso Sanji. L'altro lo guardò da sotto in su con fare scettico. Si era messo la divisa in tutta fretta e si vedeva: la camicia usciva dai pantaloni, la cravatta, mezza stropicciata, non era legata bene, il gilè era al contrario e la giacca si trovava buttata sopra la spalla sinistra. Il biondo scosse la testa pensando che l'amico, se così poteva chiamarlo, era messo proprio male. "Piuttosto, non avevi detto che era tardi!? Andiamo!" disse scocciato andando verso l'uscita. Sanji salutò con garbo lo zio e le guardie, per poi salutare anche Quina dalla porta della cucina, infine si dileguò anche lui verso l'uscita. Finalmente la giacca si trovava al proprio posto, mentre Zoro si metteva il giubbotto con un tozzo di pane in bocca, nonostante il resto della divisa non fosse propriamente in buono stato.

"Se ti svegliassi prima, non avresti problemi per la colazione!" fece presente Sanji sorpassandolo.

"Se qualcuno non mi buttasse addosso l'acqua tutti i giorni, non dovrei farmi la doccia tutte le sante mattine!" proclamò sistemandosi la cravatta e la camicia. Sanji si girò verso il verde, mentre camminavano lungo il viale del cortile, fece la linguaccia all'altro per poi tornare a guardare davanti. Ogni giorno era così, tutte le sacrosante mattine si doveva sorbire un calcio o peggio dal biondino, prima di andare a scuola. Ovviamente gli faceva un favore a svegliarlo, altrimenti rischiava di non andare, ma che almeno la smettesse di alzarlo in quella maniera. In somma, si conoscevano da anni e il verde si cominciava a chiedere, se il biondino, non conoscesse altri modi di comunicare. Già, erano ben 12 anni che si conoscevano e non l'aveva mai trattato bene, le uniche a cui sorrideva erano le ragazze che incontrava a scuola, o per caso per strada.




I due si conoscevano fin dalla tenera età di 6 anni, quattro mesi dopo la morte dei genitori di Zoro (quelli di Sanji erano morti due anni prima in un incidente d'auto). Al primo incontro, come tutt'ora del resto, non erano andati molto d'accordo.
Era un giorno di pioggia e Sanji stava passeggiando insieme al nonno Zef, proprietario di un ristorante, per le vie di Tokyo. Nel mentre Zoro se ne stava seduto sul bordo di una piscina, spenta, illuminato da un lampione che, tra l’altro, funzionava male. Sanji, che stava giocando con le pozzanghere si bloccò di colpo al solo vedere quello strano mucchio d'alghe, zuppo di pioggia.

"Oziichan¹, come mai quell'alga è fuori dall'acqua!?" chiese ingenuamente il bambino al nonno. L'uomo si girò, stupito, verso il nipote che indicava il bambino seduto sotto la luce del lampione. Appena vide lo vide, Zef, si mise a ridere per la comparazione del nipote sul bambino e l'alga.

"Non è un' alga, è un bambino come te! E poi ti ho detto di chiamarmi grand-père²!" spiegò con saggezza, però Sanji non lo stava più ascoltando, anzi era partito in tromba verso il bambino. Non sapeva il perché ma una strana sensazione avvolgeva quello sconosciuto e lui voleva scoprire il perché gli interessasse tanto.

"Perché sei triste, marimo!? La fontana è spenta, ma piena d'acqua, se ti ci tuffi sarà come essere a casa" sorrise raggiante. Zoro alzò lo sguardo verso il biondo con fare sconsolato e una voglia omicida senza pari. Si guardarono per dei minuti, quasi infiniti, poi il verde prese l'altro per il bavero.

"CHI HAI CHIAMATO MARIMO!? TORCIGLIO DEL CAVOLO!" urlò arrabbiato e rosso in viso, scaraventando Sanji a terra. Il biondino, di tutta risposta, si rialzò lasciando cadere l'ombrello e tirando un calcio al verde. Zef non stava credendo ai suoi occhi, due bambini, che non avevano ancora iniziato le elementari, se le stavano dando di santa ragione sotto una pioggia torrenziale, in mezzo ad una piazza. Sulle prime non sapeva se ridere o piangere, ma subito dopo corse a fermare le due pesti. Zoro fu portato via da alcuni uomini vestiti di nero, arrivati subito dopo l'interveto di Zef e, dopo quel giorno,si erano ritrovati nella stessa classe alle elementari. Ed erano riusciti, in qualche maniera, a fare amicizia.
Da allora erano passati 12 anni, durante i quali avevano conosciuto altri amici tra i quali un certo Rufy, nipote del questore della polizia di Tokyo. Usop grande amico di Rufy e coetaneo, figlio di una direttrice d'impresa e di un maestro d'arco. Nami, la cui madre era alle dipendenze del nonno di Rufy. E Bibi, figlia del sindaco della città. Questo era il gruppo negli anni delle medie, dopodiché, alle superiori avevano incontrato Chopper, il responsabile dell'infermeria, che credeva ad ogni buffonata di Usop e Rufy nonostante avesse molti più anni di loro*. Brook, il docente di musica, un simpatico vecchietto fissato con le mutandine delle studentesse. Franki, il professore di manualità, un omone a dieci ante che mai spereresti di incontrare. E la professoressa di Storia Nico Robin, una donna tanto bella quanto coscienziosa e enigmatica.




A pensarci adesso gli veniva una certa nostalgia a tutti quegli anni passati a fare cavolate come 6 dementi scapestrati, ripresi in continuazione dal nonno di Rufy e dalla madre di Nami. Certo, dopo tutti quegli anni,erano cresciuti, ma Sanji sembrava si fosse fatto più adulto. Infatti, di  pomeriggio lavorava in una pasticceria del centro, mentre durante i week-and, dava una mano al nonno nel ristorante. Al contrario, Rufy non faceva altro che giocare tutto il giorno, con il fratello Ace, a quei giochi per play station mettendoci di mezzo pure Usop. Nami, insieme alla sua amica Bibi, uscivano sempre per andare a fare shopping. Per quanto riguardava lui, a parte gli allenamenti dello zio sul kendo, nulla di diverso dalla solita routine, mangiare-dormire, dormire-mangiare. Si era spesso domandato come mai questo repentino cambiamento da parte di Sanji. Naturalmente, non c'era motivo di preoccuparsi, era vero che litigavano, ma sapeva bene che il biondino aveva la testa sulle spalle ed inoltre non era certo un pappamolle, non per nulla si divertiva di più con lui che con tutte quelle donne che lo zio invitava a casa loro per i miai a sorpresa.
Perso nei suoi pensieri, non si era accorto di essere arrivato davanti al cancello della scuola.
La loro classe, III sezione D, si trovava al secondo piano, scala B corridoio A. Più che una scuola era un vero e proprio labirinto e, nonostante la conoscessero da ben tre anni, Zoro riusciva a perdersi persino all'interno dell'aula. Sanji l'avrebbe chiamato deficit di senso d'orientamento, ma per Zoro era una scorciatoia moooolto lunga. Arrivati in aula, in extremis prima del suono della campanella, presero posto aspettando il professore della prima ora.
Dopo le prime tre ore c'era la pausa mattutina per mangiare. C'era chi andava a comprare i panini allo spaccio della scuola, oppure, come Sanji, si portavano il pranzo al sacco.

"Tieni marimo! Oggi ti ho fatto gli onigiri" spiegò passando il pranzo al sacco a Zoro mentre tirava fuori anche il suo e la sempiterna sigaretta. Zoro lo prese come un comando autonomo, tante erano le volte che Sanji gli preparava il pranzo. Una volta, alle medie, erano in classi diverse, ma Sanji gli portava comunque il pranzo al sacco durante la ricreazione. Zoro non gli aveva mai chiesto nulla, ma di certo non disdegnava. Di solito, durante la pausa potevano girare la scuola o stare nel cortile a prendere aria, ma visto il suo scarso senso d'orientamento, Zoro non si schiodava mai dall'aula e Sanji per, fargli compagnia, rimaneva anche lui.

"Come mai mi prepari sempre il pranzo al sacco, anche se non te lo chiedo!?" chiese d'impulso azzannando un onigiri, rivelando l'interno rosa del triangoletto di riso.

"Se non li vuoi lasciali li, li darò a Rufy!" rispose semplicemente Sanji afferrando una polipo con le bacchette. Zoro si appoggiò, con la schiena, alla finestra voltando la testa verso la cattedra.

"No, no. Mi vanno!" esclamò arrossendo. Sanji rise sotto i baffi. Ad essere sincero non sapeva il motivo per il quale gli preparava il pranzo al sacco, ma tutto era cominciato quando aveva capito che Zoro era una frana a cucinare e nessuno in casa suo preparava un pranzo decente tranne Quina che però lavorava. Allorché era stata semplicemente questione di abitudine

"Almeno tu ce l'hai qualcuno che ti prepara il pranzo, io devo fare tutto da solo!" protestò Rufy seduto davanti a Sanji con una sedia e il gomito sopra il tavolo.

"E tu da dove spunti?!" chiese Zoro stupito.

"Rufy-kun, qualche problema!?" domandò poi Sanji preoccupato accendendo la sigaretta, il ragazzo scosse la testa con fare lascivo e sbuffando sorrise al biondo

"No, niente che non si possa risolvere. Solo che anche io vorrei una brava mogliettina che mi alza ogni mattina, mi prepara il pranzo al sacco e non chiede nulla in cambio!" Zoro a quel dire divenne rosso, mentre Sanji fissò Rufy con odio.

"Non sono sua moglie! Solo non voglio che abbia una scusa per non venire a scuola!" esclamò serio. Dopo qualche minuto fece il suo ingresso Usop tutto sorridente e pieno di se con un sacco del pranzo in mano.

"Che ti è successo, hai vinto alla lotteria?!" chiese sarcastico Zoro mangiando un altro onigiri.

"No!" rise Usop "È solo che, poco fa, la mia adorata Kaia mia ha dato questo cestino del pranzo, fatto con le sue adorabili manine" spiegò infine sedendosi davanti a Zoro e aprendo il sacco. Presto un buon profumino si sparse per l'aula. Rufy, se possibile, divenne ancora più depresso.

"Ecco, anche Usop ha qualcuno che pensa a lui, mentre io non ho nessuno!" protestò cominciando ad allagare il banco del biondo, che non curante, continuava a fumare.

"E Nami!? Sbaglio o è la tua ragazza! Lei non ti fa mai nulla!?" domandò Zoro.

"Macché. Anzi, quelle poche volte che glielo chiedo, vuole che la paghi!" spiegò sconsolato verso il verde.

"Ovvio! Non vorrai mica che lavori gratis, spero!?" fece presente la rossa, entrata insieme a Bibi. "Non mi chiamo Sanji e non sono la tua bambinaia!" sputò poi verso il fidanzato. Il fidanzamento, in realtà, era stato deciso dal nonno di Rufy e dalla madre di Nami, ma poi i due avevano imparato a volersi bene.

"Nami-san, non sono la balia di Zoro, semplicemente non.....!"
"Si, si, si!" tagliò corto Nami "Rufy, se vuoi qualcosa da me, basta chiedere e poi pagare!" proclamò fiera. Bibi si mise a ridere dietro la rossa, mentre Rufy era rimasto a bocca aperta.

"Ma io non ho soldi!" protestò Rufy. Andarono avanti a parlare di quello per i restanti minuti del pranzo, poi ognuno tornò alla propria aula e alla proprie lezioni. Finita la mattinata** tornarono a casa. Di solito tornavano insieme dalla scuola verso casa, tranne nelle rare occasioni in cui Usop accompagnava Kaia. I sei facevano sempre un pezzo iniziale insieme, subito dopo si dividevano in gruppi da due per le varie strade. Rufy e Nami andavano a dritta. Usop e Bibi a destra per poi dividersi all'incrocio successivo e Sanji e Zoro a sinistra. Non abitavano vicini, ma se il biondo non lo accompagnava fino al cancello di casa, Zoro, sarebbe stato capace di perdersi e poi era di strada.

"Ci vediamo domani! Ciao Bibi-chan, Nami-san.....ciao a tutti!" salutò Sanji, mentre Zoro si era già incamminato "Potresti almeno salutare, invece di fare l'orso e andartene". Di nuovo con la storia dell'orso. In certe situazioni Sanji sapeva diventare davvero irritante.

"Non muoiono mica domani, li rivedrò!" sbuffò Zoro.

"Come vuoi! Poi non lamentarti se non riesci a trovare una ragazza!" rise Sanji "A proposito, Zoro, com'è andato il miai l'altra sera!?" chiese appoggiando le mani dietro la nuca. Zoro era l'erede del clan Roronoa, l'unico maschio tra l'altro, quindi ogni tot lo zio gli propinava un incontro con ragazze in età da marito per una sua futura, ipotetica, moglie. Il problema era che a Zoro non gliene andava a genio una, non che fossero brutte, per carità. Ma a quelle donne mancava quel qualcosa che non riusciva a spiegare.

"Come al solito: lei è venuta, si è presentata, abbiamo parlato e, come al solito, o declinato gentilmente l'offerta!" spiegò solenne. Sanji compatì quella povera ragazza, conscio del fatto che la parola, gentilmente, non esisteva nella zucca di Zoro. "Sai sono stufo di fare questi miai, vorrei che mio zio mi lasciasse libero di scegliermi i miei tempi!"

"Zoro, sei o no il futuro capo banda del clan Roronoa!? Dovrai pur dare un erede!" fece presente Sanji.

"Ho solo diciannove anni, cavoli voglio godermi la vita!" spiegò "E poi, tutte quelle donne, non erano adatte a me!" Sanji lo fissò basito.

"Si, come se al mondo esistesse una donna perfetta per ogni uomo! E sentiamo come dovrebbe essere la futura signora Roronoa?!" chiese quasi ridendo da tutta la faccenda.

"Non lo so, ma di certo non come tutte quelle ragazze! Per lo meno non così noiosa!" proclamò "Per esempio, con te non mi annoio!"

"Zoro.....io sono un uomo, è normale!" esclamò Sanji fermandosi davanti alla casa di Zoro. "Beh, buona notte signor orso!" esclamò il biondo per poi incamminarsi verso casa. Zoro fece un cenno di testa e poi varcò la soglia del portone di legno...

"Un uomo....." Ripensò Zoro alle parole di Sanji.

"Zoro, sei tornato! Tra poco arriverà Keiko-chan, preparati!" parlò lo zio di Zoro, appena spuntato dal corridoio. Zoro sbuffò sconfitto, era il quarto miai quella settimana, ed era venerdì. "E non sbuffare....lo sai che è per il bene del clan!"

"Va bene!" sibilò, dirigendosi in camera. Cadde a peso morto sul letto, con le braccia dietro la testa sul cuscino. Per il clan, come se fosse obbligato a dar retta a loro. Dopotutto se volevano un erede era più propensa sua cugina Quina, figlia dello zio nonché attuale capo. Lui non aveva la minima voglia di prendere le redini del clan, tanto meno sposarsi e, come aveva detto a Sanji, non sopportava più le donne che lo zio gli faceva incontrare. Nessuna di loro gli andava a genio, come detto al biondo, nessuna lo faceva divertire come lui. Forse il problema era proprio li, forse paragonare le donne a Sanji non era esattamente il modo giusto di decidere la sua futura moglie, ma che ci poteva fare era stato il suo primo amico e l'unico a trattarlo normalmente. Sanji era l'unico che non lo adorava o non aveva paura di lui. "Un uomo..."

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Non ci sono con la testa, ho cominciato un'altra storia di One piece, seppure corta, con ancora due storie da finire. Che ci volete fare la vena di scrittore e altamente influenzabile. Posso dirvi che la storia è già tutta scritta quindi ci impiegherò poco a finirla, ma non sarà propriamente tutta rose e fiori.

¹Oziichan: Nonno in giapponese
²Grand-père: Nonno in francese (Zef è francese)

*Nel fumetto di Oda, Chopper è il più piccolo, ma qui ho dovuto fare un accorgimento, spero non me ne vogliate

**Di solito le giornate scolastiche giapponesi comprendono anche il primo pomeriggio e il secondo per i club. Io adottato la nostra scuola, solo mattina e alcuni pomeriggi per i club.

 

Per chi non lo sapesse: I miai sono incontri formali, tra due famiglie per un futuro fidanzamento. Succede da ambo i sessi, donne o uomini mandano una specie di curriculum e albero genealogico alle famiglie degli interessati con tanto di numero telefonico e indirizzo. Dopo il primo incontro con abiti formali, di solito kimoni, si può decidere su un appuntamento o il non vedersi più. Di solito venir rifiutati ad un miai era considerato disonorevole, ma adesso non è così tanto importante.

 

   
 
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