#02
Sweetest perfection–
Mutevole equilibrio
[Disclaimer:
FMA non mi è appartiene, né i personaggi qui
trattati, ovviamente. E’ tutto di
proprietà della somma Arakawa. Questo scritto ed ogni idea
presente in esso,
però, mi appartiene interamente. Escluse ovviamente le
citazioni della
canzone.]
[Ipotetica
post-scioglimento degli eventi. No
spoilers. Nulla
di preciso. Ambientazione
tranquilla, indeterminata, I due sono circa sui diciassette-diciotto
anni.]
The
slightest correction
Couldn't finely hone
The sweetest infection
Of body and mind
[Sweetest
perfection, Depeche mode]
-
Chissà com’eri
vestito,
quel giorno. O anche qualche giorno fa.
Ma io ricordo in
particolare quel giorno. Quel giorno era ieri. Ed
è già distante secoli
e secoli.
La pioggia ti copriva.
La pioggia mi bagnava.
La pioggia sorrideva sui
tuoi denti desolatamente stretti, scivolava su…giusto, sulla
tua giacca rossa.
Non hai mai provato il
desiderio di abbandonarla, quella giacca rossa.
Come se potessi ritrovarvi un qualche odore che rischieresti, al
contrario, di
dimenticare.
Un odore che non puoi
dimenticare.
Dimmi, Ed: cosa
c’è di
piacevole nel trascinarsi dietro l’odore del terrore?
[E sarà un misto
di sangue e sudore. Ricordi
rimossi in un presente sconnesso.]
Ricordi…ecco,
parliamone.
Il passato ci unisce. Il passato non se ne va via del tutto.
Il passato è meno
fuggevole
di te; anche se è parte del passato anche un minuto fa.
Ricordi…ricordi cosa
c’era
di confortevole in queste tue labbra sfiorite, aride e senza vita, che,
venendoti incontro, dopo averti osservato dall'uscio della mia casa,
timidamente, istintivamente, ho incontrato con le mie?
O non puoi saperlo, Ed? Che
quel sapore consumato inumava le tue forze una ad una, offrendo i
frammenti
delle tue barricate in pezzi alle mie labbra che non temevano di
tagliarsi?
Era perché mi fidavo di te, Ed. Perché sapevo che
non mi avresti ferita. Mai.
E non ti sei allontanato, ma mi hai sfiorato gentilmente
finché non mi sono
scostata da me.
Io ricordo…ricordo la
landa
desolata dei tuoi occhi, lì a guidarmi. C’era solo
questo.
-Forse dovresti tornare
a casa. Finirai per fare tardi.
C’era vita nel cuore cui
mi
hai stretto, allora?
Non ricordo di averlo
sentito pulsare.
[Non mi sono curata di sentirlo pulsare.]
-Farai tardi. Farai tardi.
Torna a casa, Win. Torna a casa.
Non ricordo niente. [La
pioggia…]
Non vedevo
niente.[…scivola…]
Non sentirò
più
niente.[...e offusca tutto.]
-Perché sei qui, Win?
[Non lo so. Non so
niente. Non vedo niente. Non sento più niente.]
Solo la melodia silenziosa
del vento ululante tra i tuoi capelli, avvinti senza timore nella morsa
scortese di una treccia soffocante.
-Non dovresti essere
qui, Win. Cosa ti aspetti che dica? Cosa ti aspetti che faccia?
Non eri tangibile. Deluso.
Sì, eri deluso, e non capivo perché.
Volevi allontanarmi? Tu
vuoi sempre allontanare tutti, Ed. Ma non ci riesci, né ci
riuscirai mai.
Vuoi sapere perché, Ed?
Vuoi proprio saperlo?
[Io…mi
aspetto che tu stia qui e non ti muova. Che mi stringa più
forte di così,e mi
lasci riposare qui, senza fretta. ]
-Win…Win, non dovresti
essere qui. Non va bene stare con me.
-Però non mi stai
allontanando. Le tue parole non coincidono con i tuoi gesti, Ed. Mai.
[E
non lo capisci, che è finita? Non senti, che è
finita?]
Perché, cretino o no, ti
amano tutti, Ed. Io ti amo.
Tu getti sangue in terra
per tutti, e nonostante questo ti senti in colpa.
Cedi al crollo fisico e mai
a quello mentale, per tutti.
Tu non capisci, Ed. Non
capisci cosa hai intorno. Non capisci che basta così, Ed.
Che alla luce di tutto,
basta così, davvero.
Hai espiato tutto. Non hai
nuove colpe. Basta così, Ed. Basta con la tortura.
-Perché non metti da
parte i tuoi pregiudizi verso te stesso? Ho deciso che sto bene, con
te. L’ho
deciso io.
-Ma tu non puoi saperlo,
Win. Non lo sai. Non ho mai voluto farti conoscere la parte peggiore di
me.
E non c’era una singola
altra parola cui valesse la pena di lasciar esprimere quello che
provavo,
immersa in un mare di vuoto, persa nei mentali rimproveri che volevo e
non
volevo rivolgerti. Scosse alle spalle che volevo e non volevo darti.
Poi hai tremato, Ed; sotto la stretta irruenta delle mie dita sul tuo
zigomo,
lente, furiose, rapide, incerte.
Mi sono allontanata una
ciocca di capelli, così umida da aver cambiato colore, dal
viso.
Non ho pianto una singola lacrima d'impotenza repressa.
Era giusto che fossi tu, a piangere per te stesso. Non ti dovevo altro.
Solo la presenza misericordiosa delle mie orecchie ad ascoltarti. A
perdonarti.
Così teneramente
avvinti,
ti vedevo con trasparente sicurezza.
Non c’era più Edward Elric con le sue
insormontabili difese, davanti a me. Era
alle tue spalle, senza nuove vittorie su di noi.
[Con
questo pugno argenteo, stritoli a forza ogni tentativo di ribellione.
Desiderio
di umana felicità.]
C’era un ragazzo, Ed. Un
ragazzo allo sterminio dei suoi sogni. Nel tentativo di uccidere me.
-Non ce l’hai una parte
che non conosco. I
Quella gentile e quella che ostenta durezza.
-Non sono così, Win.
Vedi troppo buono in tutti, sei...ingenua. E fa freddo, guardati. Sei
fradicia.
torna dentro, Win.
Non avevo altri ricordi
tangibili di te, all’infuori del tuo tremare di anni prima,
ancora fiducioso
verso il futuro, scioglientesi in preghiere inascoltate ad un cielo
minaccioso.
-Perché sei qui, se vuoi
che torni indietro?
-Perché né io
né te
meritiamo questo. Nel bene e nel male. Tu puoi tornare indietro. Torna
indietro
anche per me.
[Crogiolarsi
nel dolore, vedere in questo redenzione, non è forse la
scelta più vile, Ed?
Non vuoi affrontare la vita. Non vuoi affrontare me.]
Pensavo, scioccamente, che
uno sguardo dolcemente gradevole ti avrebbe convinto a smetterla di
sostare lì
abbracciandomi.
Abbracciarmi andava bene, fosse la tua rigidità dubbiosa
quel che fosse, ma
alla lunga la pioggia stava diventando fastidiosa.
Ho dunque atteso, sperando in una tua sollecita reazione; una medesima
smentita.
Ma non è giunta.
-Ti prego. Non voglio continuare a far soffrire nessuno. Non
te. Non Al.
Nessuno.
Così ho pensato,
mestamente, a noi due, speranza in polvere a scortarmi.
Ci vedevo, di lì a pochi
istanti, accostati al portico riparato, ma ancora fuori di casa.
Saremmo avanzati poi sotto
la pioggia, cantando brevi canzoni di cui non avremmo saputo ricordare
che una
o due strofe, rimestando vecchi ricordi, intingendo quelli
più sbiaditi nel
nostro medesimo sapore per ricordarli appieno.
Con un sorriso, voltandoti,
ti saresti fermato, ad ammonirmi, senza segno positivo alcuno, di
smetterla di
non sorridere, perché ti sentivi felice.
E' stupido, ma ci ho sperato davvero. Un desiderio infantile, ma lo
desideravo,
lo desideravo tanto.
Mi sono fermata ad osservarti, poi. Tanto. A lungo, timorosa che
importasse più
a me di te che viceversa.
Ti ho guardato, allora,
senza scorgere in te tracce della tua rabbiosa volontà di
andare avanti sempre
e comunque. Frantumi di quello che eri, per quanto, di fondo, restasse
lì
ancora tanto di quella persona che dalla nascita sono stata solita
guardare con
affetto. Sempre più affetto.
Non eri nessuno. Non ti conoscevo più.
Non ricordavi quanto
fossero lunghi i miei capelli.
Di che colore fossero i
miei occhi.
[Non ricordi più come
ottenere quello che vuoi? Oh, no. Tu non ricordi che la
felicità è un diritto
di tutti. Ed anche il tuo.]
Per questa stessa ragione, non potevo convincermi a lasciarti andare.
Volevo
farti ritornare quello che ricordavo. Quello che ricordo.
Combattendo tra il tuo viso
e la sua maschera, tormentandoti mi hai rivolto la tua fuggevole
smorfia
contratta, in un tentativo di cortesia.
Non una mossa degl’occhi,
solo cenno esasperato alle nuvole grige.
Non sapevi cosa fare. Non
sapevi se ascoltarmi o continuare a parlare. Se guardarmi o smettere di
farlo.
Così, per una volta, ho scelto di avere io un minimo di voce
in capitolo. Di
far sentire la mia voce, se non parlando, con i gesti.
Bruscamente ti ho allontanato.
Te e la tua indecisione combattuta.
Non uno sguardo meno amaro di uno fatto di lampi e scintille,
sopracciglia
aggrottate su uno sfondo umido.
-Te ne vai?
-Torna. Entrerò in casa. Pensa, Ed. Pensa a lungo, quanto
vuoi. Non ti
costringerò a fare nulla. Non parlerò. Sei tu a
dover decidere.
Vestendo ormai di vestiti
arrotolati in pieghe profonde, senza invitarti in casa sono allora
tornata
indietro, paziente.
Saresti entrato quando ti
saresti sentito abbastanza forte da guardarmi negli occhi.
Asciugandomi i capelli con
un asciugamano, cambiandomi i vestiti e spargendoli sul letto ti ho
aspettato.
Per ore. Per tutta la
notte, fino a quando ha smesso di piovere.
Ti ho cercato con lo
sguardo, dalla finestra, ritrovandoti stamane ancora immobile
sull'uscio; a
volte ti sedevi in terra, a volte chinavi lo sguardo risollevandoti.
Non ti ho chiamato, né
ho
tentato di farti entrare a forza.
Ho scrutato la tenerezza infinita delle tue labbra schiuse a
starnutire,
rozzamente. Di statura modesta e bagnato.
Sì, mi sono sentita maledettamente colpevole e
maledettamente nel giusto.
[In quella determinata
incoscienza, però, sono riuscita a riconoscere il ragazzo
che il turbamento
inquieto aveva confuso.]
Perché a me sta bene tutto, di te. Amo i tuoi difetti,
più che tollerarli.
Non potrei vivere senza la tua dolce insicurezza, l'assenza di tatto
che è
presenza di qualcosa di più profondo: la scelta dell'attimo
giusto. Ti
disprezzi. Ti rilassi nei sorrisi sereni. Moriresti, per un sorriso
sereno di
chicchessia. Quanto,
quanto sei scemo,
Ed.
Speravo solo che non te ne andassi, ora che aveva smesso di piovere,
ora che
eri così tormentato da sentimenti irrazionali che non avrei
esitato a spiegarti
con una carezza morbida.
Così desolato.
Così
confuso. Come un bambino che avrebbe impiegato migliaia di anni per
crescere.
[Eppure, stai già
bussando
alla mia porta.]
-
Note: Sì, non l'avreste mai detto, ma
questo volge verso uno speranzoso
happy ending. Sono piuttosto soddisfatta di questo affarino qui,
dopotutto. Non
quanto Halo, che amo profondamente, ma è già
molto. Spero di aver accontentato
chi cercava un finale più leggero dei miei soliti. Appena
possibile sarà online
anche Personal Jesus, più angst, direi, post-trasmutazione
umana, pre-viaggio.
Un momento di mezzo con i fratellini Elric in casa Rockbell. Spero
seguirete
anche quella, e quelle che seguiranno, come Clean.
Al momento sto iniziando a lavorare ad una, chiamatemi pure eretica,
ipotetica
AlxWin, ma non mancherò assolutamente di proseguire le mie
EdWin, quindi non
c'è di che preoccuparsi ^^.
Ringrazio spassionatamente Onda, perché l'impostazione a mo'
di dialogo in
prima persona temo di averlo tratto come ispirazione dalla sua
adorabile
Requiem. Grazie anche per i perenni pareri ed incoraggiamenti, e non
manco di
augurarti di poter presto postare dell'altro, esimia
è_é.
Detto questo, alla prossima ^^, e grazie mille a chi mi segue
fedelmente.