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Autore: Mao_chan91    15/04/2007    6 recensioni
Così teneramente avvinti, ti vedevo con trasparente sicurezza.
Non c’era più Edward Elric con le sue insormontabili difese, davanti a me.
Era alle tue spalle, senza nuove vittorie su di noi.
[EdWin, senza un'ambientazione precisa.]
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#02 Sweetest perfectionMutevole equilibrio

[Disclaimer: FMA non mi è appartiene, né i personaggi qui trattati, ovviamente. E’ tutto di proprietà della somma Arakawa. Questo scritto ed ogni idea presente in esso, però, mi appartiene interamente. Escluse ovviamente le citazioni della canzone.]

[Ipotetica post-scioglimento degli eventi. No spoilers. Nulla di preciso. Ambientazione tranquilla, indeterminata, I due sono circa sui diciassette-diciotto anni.]

The slightest correction
Couldn't finely hone
The sweetest infection
Of body and mind

[Sweetest perfection, Depeche mode]

-

Chissà com’eri vestito, quel giorno. O anche qualche giorno fa.

Ma io ricordo in particolare quel giorno. Quel giorno era ieri. Ed è già distante secoli e secoli.

La pioggia ti copriva.

La pioggia mi bagnava.

La pioggia sorrideva sui tuoi denti desolatamente stretti, scivolava su…giusto, sulla tua giacca rossa.

Non hai mai provato il desiderio di abbandonarla, quella giacca rossa.

Come se potessi ritrovarvi un qualche odore che rischieresti, al contrario, di dimenticare.

Un odore che non puoi dimenticare.

Dimmi, Ed: cosa c’è di piacevole nel trascinarsi dietro l’odore del terrore?

[E sarà un misto di sangue e sudore. Ricordi rimossi in un presente sconnesso.]

Ricordi…ecco, parliamone. Il passato ci unisce. Il passato non se ne va via del tutto.

Il passato è meno fuggevole di te; anche se è parte del passato anche un minuto fa.

Ricordi…ricordi cosa c’era di confortevole in queste tue labbra sfiorite, aride e senza vita, che, venendoti incontro, dopo averti osservato dall'uscio della mia casa, timidamente, istintivamente, ho incontrato con le mie?

O non puoi saperlo, Ed? Che quel sapore consumato inumava le tue forze una ad una, offrendo i frammenti delle tue barricate in pezzi alle mie labbra che non temevano di tagliarsi?

Era perché mi fidavo di te, Ed. Perché sapevo che non mi avresti ferita. Mai.
E non ti sei allontanato, ma mi hai sfiorato gentilmente finché non mi sono scostata da me.

Io ricordo…ricordo la landa desolata dei tuoi occhi, lì a guidarmi. C’era solo questo.

-Forse dovresti tornare a casa. Finirai per fare tardi.

C’era vita nel cuore cui mi hai stretto, allora?

Non ricordo di averlo sentito pulsare.

[Non mi sono curata di sentirlo pulsare.]

-Farai tardi. Farai tardi. Torna a casa, Win. Torna a casa.

Non ricordo niente. [La pioggia…]

Non vedevo niente.[…scivola…]

Non sentirò più niente.[...e offusca tutto.]

-Perché sei qui, Win?

[Non lo so. Non so niente. Non vedo niente. Non sento più niente.]

Solo la melodia silenziosa del vento ululante tra i tuoi capelli, avvinti senza timore nella morsa scortese di una treccia soffocante.

-Non dovresti essere qui, Win. Cosa ti aspetti che dica? Cosa ti aspetti che faccia?

Non eri tangibile. Deluso. Sì, eri deluso, e non capivo perché.

Volevi allontanarmi? Tu vuoi sempre allontanare tutti, Ed. Ma non ci riesci, né ci riuscirai mai.

Vuoi sapere perché, Ed? Vuoi proprio saperlo?

[Io…mi aspetto che tu stia qui e non ti muova. Che mi stringa più forte di così,e mi lasci riposare qui, senza fretta. ]

-Win…Win, non dovresti essere qui. Non va bene stare con me.

-Però non mi stai allontanando. Le tue parole non coincidono con i tuoi gesti, Ed. Mai.

[E non lo capisci, che è finita? Non senti, che è finita?]

Perché, cretino o no, ti amano tutti, Ed. Io ti amo.

Tu getti sangue in terra per tutti, e nonostante questo ti senti in colpa.

Cedi al crollo fisico e mai a quello mentale, per tutti.

Tu non capisci, Ed. Non capisci cosa hai intorno. Non capisci che basta così, Ed.

Che alla luce di tutto, basta così, davvero.

Hai espiato tutto. Non hai nuove colpe. Basta così, Ed. Basta con la tortura.

-Perché non metti da parte i tuoi pregiudizi verso te stesso? Ho deciso che sto bene, con te. L’ho deciso io.

-Ma tu non puoi saperlo, Win. Non lo sai. Non ho mai voluto farti conoscere la parte peggiore di me.

E non c’era una singola altra parola cui valesse la pena di lasciar esprimere quello che provavo, immersa in un mare di vuoto, persa nei mentali rimproveri che volevo e non volevo rivolgerti. Scosse alle spalle che volevo e non volevo darti.

Poi hai tremato, Ed; sotto la stretta irruenta delle mie dita sul tuo zigomo, lente, furiose, rapide, incerte.

Mi sono allontanata una ciocca di capelli, così umida da aver cambiato colore, dal viso.
Non ho pianto una singola lacrima d'impotenza repressa.
Era giusto che fossi tu, a piangere per te stesso. Non ti dovevo altro.
Solo la presenza misericordiosa delle mie orecchie ad ascoltarti. A perdonarti.

Così teneramente avvinti, ti vedevo con trasparente sicurezza.
Non c’era più Edward Elric con le sue insormontabili difese, davanti a me. Era alle tue spalle, senza nuove vittorie su di noi.

[Con questo pugno argenteo, stritoli a forza ogni tentativo di ribellione. Desiderio di umana felicità.]

C’era un ragazzo, Ed. Un ragazzo allo sterminio dei suoi sogni. Nel tentativo di uccidere me.

-Non ce l’hai una parte che non conosco. Iai una parte che non conosco. toli a forza ogni tentativo di ribellione. o di te conosco la parte che sa uccidere, e quella che sa tremare ma non ricorda di esserne in grado.
Quella gentile e quella che ostenta durezza.

-Non sono così, Win. Vedi troppo buono in tutti, sei...ingenua. E fa freddo, guardati. Sei fradicia. torna dentro, Win.

Non avevo altri ricordi tangibili di te, all’infuori del tuo tremare di anni prima, ancora fiducioso verso il futuro, scioglientesi in preghiere inascoltate ad un cielo minaccioso.

-Perché sei qui, se vuoi che torni indietro?

-Perché né io né te meritiamo questo. Nel bene e nel male. Tu puoi tornare indietro. Torna indietro anche per me.

[Crogiolarsi nel dolore, vedere in questo redenzione, non è forse la scelta più vile, Ed? Non vuoi affrontare la vita. Non vuoi affrontare me.]

Pensavo, scioccamente, che uno sguardo dolcemente gradevole ti avrebbe convinto a smetterla di sostare lì abbracciandomi.
Abbracciarmi andava bene, fosse la tua rigidità dubbiosa quel che fosse, ma alla lunga la pioggia stava diventando fastidiosa.

Ho dunque atteso, sperando in una tua sollecita reazione; una medesima smentita.
Ma non è giunta.

-Ti prego. Non voglio continuare a far soffrire nessuno. Non te. Non Al. Nessuno.

Così ho pensato, mestamente, a noi due, speranza in polvere a scortarmi.

Ci vedevo, di lì a pochi istanti, accostati al portico riparato, ma ancora fuori di casa.

Saremmo avanzati poi sotto la pioggia, cantando brevi canzoni di cui non avremmo saputo ricordare che una o due strofe, rimestando vecchi ricordi, intingendo quelli più sbiaditi nel nostro medesimo sapore per ricordarli appieno.

Con un sorriso, voltandoti, ti saresti fermato, ad ammonirmi, senza segno positivo alcuno, di smetterla di non sorridere, perché ti sentivi felice.
E' stupido, ma ci ho sperato davvero. Un desiderio infantile, ma lo desideravo, lo desideravo tanto.

Mi sono fermata ad osservarti, poi. Tanto. A lungo, timorosa che importasse più a me di te che viceversa.

Ti ho guardato, allora, senza scorgere in te tracce della tua rabbiosa volontà di andare avanti sempre e comunque. Frantumi di quello che eri, per quanto, di fondo, restasse lì ancora tanto di quella persona che dalla nascita sono stata solita guardare con affetto. Sempre più affetto.


Non eri nessuno. Non ti conoscevo più.

Non ricordavi quanto fossero lunghi i miei capelli.

Di che colore fossero i miei occhi.

[Non ricordi più come ottenere quello che vuoi? Oh, no. Tu non ricordi che la felicità è un diritto di tutti. Ed anche il tuo.]

Per questa stessa ragione, non potevo convincermi a lasciarti andare. Volevo farti ritornare quello che ricordavo. Quello che ricordo.

Combattendo tra il tuo viso e la sua maschera, tormentandoti mi hai rivolto la tua fuggevole smorfia contratta, in un tentativo di cortesia.

Non una mossa degl’occhi, solo cenno esasperato alle nuvole grige.

Non sapevi cosa fare. Non sapevi se ascoltarmi o continuare a parlare. Se guardarmi o smettere di farlo.

Così, per una volta, ho scelto di avere io un minimo di voce in capitolo. Di far sentire la mia voce, se non parlando, con i gesti.

Bruscamente ti ho allontanato. Te e la tua indecisione combattuta.

Non uno sguardo meno amaro di uno fatto di lampi e scintille, sopracciglia aggrottate su uno sfondo umido.

-Te ne vai?


-Torna. Entrerò in casa. Pensa, Ed. Pensa a lungo, quanto vuoi. Non ti costringerò a fare nulla. Non parlerò. Sei tu a dover decidere.

Vestendo ormai di vestiti arrotolati in pieghe profonde, senza invitarti in casa sono allora tornata indietro, paziente.

Saresti entrato quando ti saresti sentito abbastanza forte da guardarmi negli occhi.

Asciugandomi i capelli con un asciugamano, cambiandomi i vestiti e spargendoli sul letto ti ho aspettato.

Per ore. Per tutta la notte, fino a quando ha smesso di piovere.

Ti ho cercato con lo sguardo, dalla finestra, ritrovandoti stamane ancora immobile sull'uscio; a volte ti sedevi in terra, a volte chinavi lo sguardo risollevandoti.

Non ti ho chiamato, né ho tentato di farti entrare a forza.

Ho scrutato la tenerezza infinita delle tue labbra schiuse a starnutire, rozzamente. Di statura modesta e bagnato.
Sì, mi sono sentita maledettamente colpevole e maledettamente nel giusto.

[In quella determinata incoscienza, però, sono riuscita a riconoscere il ragazzo che il turbamento inquieto aveva confuso.]

Perché a me sta bene tutto, di te. Amo i tuoi difetti, più che tollerarli.
Non potrei vivere senza la tua dolce insicurezza, l'assenza di tatto che è presenza di qualcosa di più profondo: la scelta dell'attimo giusto. Ti disprezzi. Ti rilassi nei sorrisi sereni. Moriresti, per un sorriso sereno di chicchessia. Quanto, quanto sei scemo, Ed.

Speravo solo che non te ne andassi, ora che aveva smesso di piovere, ora che eri così tormentato da sentimenti irrazionali che non avrei esitato a spiegarti con una carezza morbida.

Così desolato. Così confuso. Come un bambino che avrebbe impiegato migliaia di anni per crescere.

[Eppure, stai già bussando alla mia porta.]

-

Note: Sì, non l'avreste mai detto, ma questo volge verso uno speranzoso happy ending. Sono piuttosto soddisfatta di questo affarino qui, dopotutto. Non quanto Halo, che amo profondamente, ma è già molto. Spero di aver accontentato chi cercava un finale più leggero dei miei soliti. Appena possibile sarà online anche Personal Jesus, più angst, direi, post-trasmutazione umana, pre-viaggio. Un momento di mezzo con i fratellini Elric in casa Rockbell. Spero seguirete anche quella, e quelle che seguiranno, come Clean.
Al momento sto iniziando a lavorare ad una, chiamatemi pure eretica, ipotetica AlxWin, ma non mancherò assolutamente di proseguire le mie EdWin, quindi non c'è di che preoccuparsi ^^.
Ringrazio spassionatamente Onda, perché l'impostazione a mo' di dialogo in prima persona temo di averlo tratto come ispirazione dalla sua adorabile Requiem. Grazie anche per i perenni pareri ed incoraggiamenti, e non manco di augurarti di poter presto postare dell'altro, esimia è_é.
Detto questo, alla prossima ^^, e grazie mille a chi mi segue fedelmente.

  
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