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Autore: kay33    03/10/2012    6 recensioni
Una delle coppie più belle della Austen, Emma & Mr. Knightley. Una versione alternativa della festa di Natale a casa Weston.
"in un ultimo, disperato tentativo di farlo spostare dalla porta gli diedi un calcio e lui si aggrappò al mio braccio, strappando il sottile pizzo che ornava la manica del mio vestito."
Dopo brutte avventure, Emma sarà alle prese con i suoi sentimenti.
Curiosi? continuate a leggere ;)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Eì la mia prima fanfic in questa sezione, per cui non siate troppo crudeli =)
Le critiche sono ben accette, so di essere alle prime armi.
Buona lettura!






La serata stava procedendo in maniera tremenda; il signor Elton non mi dava un attimo di tregua e mi seguiva per la stanza come un cagnolino. Probabilmente pensava di risultare gentile, continuando a chiedermi se avessi bisogno di qualcosa, o se mio padre fosse abbastanza comodo e al caldo. Davvero credeva che sarebbe entrato nelle mie grazie così?
A peggiorare le cose, tutti gli altri si stavano divertendo alla festa: il signor Weston raccontava raggiante le ultime novità di Frank, la signorina Bates parlava senza fermarsi, come abitudine, felice di avere degli interlocutori. Anche i fratelli Knightley
sembravano soddisfatti del ricevimento, ma non potei non notare una strana occhiata di George…sperai vivamente che lui non si fosse accorto delle inquietanti attenzioni del signor Elton, ma in cuor mio sapevo che non era così.
La signora Weston era un’ottima padrona di casa, e in qualche modo riuscì ad allontanarmi dall’appiccicoso reverendo.
Approfittando della ritrovata tranquillità, mi avviai al piano di sopra, dove speravo di poter rimanere da sola per qualche minuto a riflettere; entrai in una delle stanze degli ospiti, e mi avvicinai alla grande finestra che si affacciava sul giardino. Mi accorsi che i primi fiocchi di neve cominciavano a posarsi a terra, e ciò significava che tra non molto tempo qualcuno sarebbe venuto a chiamarmi per andare a casa. Dopo poco infatti, sentii dei passi, e mi preparai a veder comparire Isabella, o uno dei Knightley.
Al loro posto invece, entrò il signor Elton.
Mi si gelò il sangue nelle vene; essere da sola in una stanza da letto con un uomo era disdicevole, ma esserlo con una persona viscida come lui poteva rivelarsi anche pericoloso. Sentii la paura salirmi su per la spina dorsale, ed il cuore mi batteva all’impazzata; come potevo uscire da quella situazione orribile?
Il reverendo era sempre più vicino, e cominciò a parlare:
“Mia cara, adorata Emma…”
Tentò di prendermi la mano, ma mi liberai con uno strattone, e cercai di raggiungere la porta. Lui fu più veloce di me, e si mise tra me e la maniglia; eravamo vicini, troppo vicini, e sentivo chiaramente il suo alito che puzzava di vino. Era sudato e biascicava frasi senza senso.
“…Noi due ci apparteniamo, è il destino a volerci insieme..”
“Non cercate di scappare…io vi amo…”
Ero terrorizzata; in un ultimo, disperato tentativo di farlo spostare dalla porta gli diedi un calcio e lui si aggrappò al mio braccio, strappando il sottile pizzo che ornava la manica del mio vestito.
Corsi giù per le scale, e uscì da una porta di servizio che conduceva alle stalle; non potevo permettere che qualcuno mi vedesse così, impaurita, agitata e con l’abito rovinato. Mi avrebbero chiesto spiegazioni, e io non ero in grado di darne al momento.
Poi lo vidi: era in piedi, accanto al suo cavallo, in procinto di tornare a casa; come sua abitudine, anche stasera aveva rifiutato di usare la carrozza. Nel giro di un secondo mi vide anche lui, e si avvicinò a me correndo.
La neve intanto continuava a cadere, in fiocchi sempre più grandi, e la temperatura si era notevolmente abbassata. Ero uscita in fretta e non avevo addosso altro che il mio leggero vestito, e il freddo mi pungeva la pelle e mi penetrava nelle ossa. Lui se ne accorse, e mi condusse all’interno delle stalle, dove avrebbe fatto più caldo.
Il locale era deserto, data l’ora tarda, e scarsamente illuminato; ma mi conosceva bene, e si accorse che stavo piangendo.
“Cosa vi è successo Emma? Ero convinto che foste salita in carrozza con vostro padre, o con John.”
“Io…Io sono…Ero…”
Ero troppo agitata, non riuscivo nemmeno a parlare. Il signor Knightley mi fece sedere su un cumulo di fieno e riuscii a calmarmi almeno un po’.
Gli raccontai quello che era successo, delle avances sgradite del reverendo, e della sua aggressione al piano di sopra.
Mi fece finire di parlare, e poi pronunciò delle parole che mai mi sarei aspettata uscissero dalla sua bocca “Io lo uccido, lo ammazzo quel bastardo”
Ora era il mio turno di calmare lui; non lo avevo mai visto così arrabbiato.
Gli chiesi di riaccompagnarmi a casa; probabilmente mio padre non si era nemmeno accorto della mia scomparsa, così preso dai suoi malanni, o avrà pensato che fossi rimasta a dormire dai Weston, cosa che avevo fatto ogni tanto prima di allora. Nonostante questo, non sarebbe stato conveniente passare la notte fuori.
Il signor Knightley si alzò, pensando di andare a chiamare una carrozza, ma io lo bloccai “Portatemi a casa voi, a cavallo…La neve non è poi così tanta…e la strada è poca…e a quest’ora staranno dormendo tutti…”
Accampai delle scuse, ma la verità era che non volevo staccarmi da lui così presto.
Sembrò convincersi, e dopo aver recuperato una coperta da chissà dove, mi ci avvolse per tenermi al caldo. Mi aiutò a salire a cavallo, e non dimenticherò mai la sensazione di assoluta sicurezza che mi pervase non appena mi circondò con le braccia per afferrare le redini. Durante il tragitto non parlammo affatto, e io mi addormentai appoggiata a lui. Non mi accorsi di essere a casa, e mi risvegliai solo mentre facevo le scale in braccio a lui; mi stava portando in camera mia. Feci finta di dormire e lui, dopo avermi messo dolcemente a letto, mi rimboccò le coperte ed uscì.
Sentii un’altra porta aprirsi, e immaginai che si fosse sistemato nella stanza degli ospiti; era troppo tardi e buio per tornare a Donwell.
Rimasi sveglia a pensare per non so quanto tempo; con la mente tornai alla brutta avventura della sera, ma scacciai immediatamente il ricordo del viso del signor Elton. Mi ritrovai invece a pensare al signor Knigthley, al suo bel volto, e al suo sorriso premuroso. Lo avevo sempre considerato un grand’uomo, un modello di comportamento per gli altri, ma ora lo vedevo sotto una luce diversa. Non era più solo il nostro vicino, colui che conoscevo da sempre e che mi aveva visto nascere e crescere;  adesso era qualcosa di più, era l’uomo con  cui avrei voluto passare il resto della vita.
Felice e un po’ sorpresa da questa rivelazione, alla fine riuscii a prendere sonno.
Fuori dalla finestra, l’alba faceva capolino da dietro le montagne.
  
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