The Fay’s Fury.
Il vento era plumbeo fuori da
quella finestra.
Non era altro che un buco squadrato di vetro,
sorretto da uno scheletro di legno;
Nulla di interessante, in
fondo, ma avrebbe fatto di tutto, pur di non badare a ciò che l’uomo dall’aria minacciosa
stava imponendo sulla propria psiche.
Voleva proteggerlo.
Proteggerlo! Che cosa
assurda!
Mai nessuno ci era riuscito
ed anche Fay era morto per questo. Fay,
il proprio gemello di cui aveva profanato il nome.
Lui non voleva essere
protetto, anzi, non doveva esserlo.
Non doveva per salvare chi
voleva salvarlo...
In effetti era un pensiero
alquanto contorto e frustrante.
-“Oi, mago, mi stai
ascoltando?”-
S’avvalse della capacità di
non rispondere, continuando a seguire delle linee immaginarie e quelle
esistenti nelle nuvole, pur di ignorarlo.
Ignorare Kurogane non era
cosa semplice però, e lui lo sapeva bene.
Infatti, fu costretto dalla
mano del moro a guardarlo in faccia e si sentì subito male per quella
situazione.
Adesso che si era tagliato un
braccio – addirittura un braccio! – per aiutarlo a fuggire da quel circolo
vizioso di Fei Wong , come doveva relazionarsi con il ninja? Ringraziarlo in
forma scritta? Ringraziarlo normalmente? Guardarlo con amore e ammirazione? Servirlo
e riverirlo come se fosse la cosa più naturale del mondo fino la fine dei suoi giorni?
Non sarebbe morto così presto
anche se lo anelava e avrebbe dovuto assistere all’invecchiare dell’unica
persona con cui desiderava rimanere –
anche se non l’avrebbe ammesso, adesso.
Fay si fermò, attonito:
Kurogane lo stava guardando con semplice sollievo.
Come se il gesto di tagliarsi
il braccio fosse stato nulla. Come se lui valesse il braccio, la gamba, il
cuore, il petto di un’altra persona. Come se per Fay esistesse la possibilità
di vivere liberamente...
-“Mago, idiota...”-
Sussurrò, tornando sdraiato
il moro, troppo esausto per stare troppo a lungo seduto.
Fay ridacchiò in modo
asciutto e visibilmente finto.
Non era allegro per nulla,
non con quelle colpe a gravargli sul
cure.
-“Alla fine di questo
viaggio, cosa farai?”-
E Fay corrucciò le
sopracciglia, vedendo una luce strana brillare negli occhi cremisi del proprio
compagno. –“Penso sia ovvio.”- disse, mordendosi la lingua subito dopo, vista
la velocità con cui si era irrigidita la faccia del moro.
-“Idiota.”-
-“Lo so.”-
Kurogane emise un flebile
gemito di dolore, chiudendo gli occhi e Fay si allarmò notando solo in quel
momento l’imporporarsi delle gote del ninja a causa della febbre.
Quel ninja! Per quanto tempo
ancora, avrebbe cercato di essere così virile e masochista?
Con cautela e attenzione
verso le ferite, Fay intinse un panno in una bacinella di acqua e bagnò
gentilmente la fronte, sperando che si abbassasse la temperatura. Passarono
quindici minuti e Kurogane sembrava essersi addormentato, complici le carezze
del mago e l’idiota sorrise appena, parlando solo per dargli conforto.
-“Vado a chiamare
Non appena spostò la mano con
cui carezzava il viso mascolino e virile del moro, ed il panno umido dalla
fronte, Kurogane spalancò gli occhi.
-“Dove vai?”- chiese con fare
duro e risentito, facendo impietrire il biondo per alcuni secondi.
-“A chiamare
Kurogane non fiatò chiudendo
gli occhi.
-“Voglio tornare a fare l’amore con te.”- disse ad un tratto in
modo pacato e risoluto interrompendo il flusso di parole del mago, e facendo
vacillare le sue intenzioni di fuga.
Si, perché ad ogni carezza,
Fay, contava e ricontava le ferite subite dal moro a causa propria e gli si
atrofizzava il cuore, portandolo all’amara conclusione di non essere la persona
adatta per restargli accanto... anche se lo amava.
-“Sei confinato a letto, Kurogane...”- sussurrò il mago,
nascondendogli gli occhi e marcando sul distacco con il quale aveva pronunciato
il nome del ninja. -“Vado a chiamare
E se Kurogane sentì chiaramente
le intenzioni del biondo lo stesso non poté che biasimare se stesso: stava
scappando, di nuovo.
-“Non ci provare, mago!”- il
richiamo di Kurogane rimbombò nelle quattro mura della stanza di degenza in cui
era costretto.
*****
Nihon era uno di quei paesi
dove le stranezze erano messe al secondo posto, dove l’onore della famiglia e
la devozione verso la propria patria era messa al primo posto, dove si viveva
in delle case fatte di carta e i futon nei pavimenti.
Spartano, come ambiente, ma
decisamente caldo e accogliente.
Fay sorrise: era esattamente
come l’animo del ninja.
Duro, freddo e scostante
all’esterno ma forte e capace di dare affetto con il più piccolo dei gesti
all’interno, come quei cibi caldi che scaldano il cuore.
No, niente parole platoniche
o di troppo: lui era un uomo di fatti e non mancava mai ad una promessa.
Ops, forse una non l’avrebbe
mai presa sul serio.
Fay perse il sorriso
addolcito che gli era via via spuntato sul viso, per lasciare spazio ad una più
fredda e melanconica.
Quanti giorni erano passati
dall’ultima volta che era andato a trovare il moro?
Cinque? Forse sette, non ne
aveva la più pallida idea, visto che stare lontano da Kurogane significava
perdere anche la più flebile scintilla di vita in lui.
E, no, non era esagerato per
nulla.
Aveva bisogno di immergersi in quegli occhi vermigli così rari, toccare i
capelli ribelli e corvini, baciare ogni centimetro del suo viso, stringergli la
mano nelle proprie per baciare anche le nocche e...
Sentì una fitta al cuore e
imprecò a denti stretti dandosi dell’idiota.
-“Fay-san?”- sentì
chiaramente la voce di Shaoran chiamarlo con titubanza e timore, forse per
paura di disturbarlo.
-“Shaoran!”- chiosò lui,
facendogli segno di sederi accanto a lui, in una delle panchine di pietre del
giardino di palazzo.
Stettero in silenzio un
massimo di due secondi e Mokona scoppiò in uno dei soliti versi infastiditi.
–“La mammina non è andata dal paparino!”- lo rimproverò, saltandogli sulle
gambe un paio di volte per fare una faccia più addolorata che altro.
-“Mokona...”- sussurrò
Shaoran, non riuscendo a vedere la reazione facciale del mago.
La reazione di Fay non tardò
ad arrivare: strinse al petto Mokona e prese a carezzargli la testa e le
orecchie. -“La mammina non vuole disturbare il paparino, Mokona. Lo comprendi,
mh?”- e continuò a coccolare la “polpetta bianca.”
Shaoran comprese, così come
Mokona che non disse più nulla fino ad un certo punto.
-“Ma il paparino è triste
senza la mammina!”- trillò, facendo vibrare dolorosamente il petto di Fay.
Kurogane triste? Forse gli
stava causando altro dolore e... non se lo meritava, anche se non poteva fare
nulla per evitarlo.
-“Il paparino è forte...”-
sorrise in modo triste. -“Kuro-tan è
proprio forte.”-
Mokona strofinò il musetto
sulla guancia di Fay, comprendendo quanto dolore celassero gli zaffiri limpidi
di F-Yui.
-“Ecco, Fay-san, a proposito
di Kurogane-san...”- Shaoran abbassò lo sguardo, e prese a giocherellare con le
dita, soppesando le parole con cui continuare.
-“Si?”- chiese il biondo,
impaziente e visibilmente preoccupato.
-“Ecco... sono sette giorni
che ha la febbre e i medici di corte non riescono a capirne la causa... ecco
for...”- ma non fece in tempo a completare il discorso, che il biondo era
scattato in piedi, preda dei propri sentimenti.
Era furioso con Kurogane,
dannazione!
Era furioso con lui perché
l’aveva salvato.
Era furioso perché non voleva
fargli del male ed invece era la causa di ogni suo male.
Era furioso perché sentiva la
propria voglia di vivere cominciare a vincere sulla voglia di morire e sulla
speranza di rimanere solo in eterno.
Era furioso perché desiderava
poter vivere con Kurogane ogni istante della propria vita...
L’amore faceva così male
anche alla Principessa Sakura?
Gli dilaniava il petto ogni volta che vedeva
Shaoran scendere sul campo di battaglia, per recuperare le piume?
Provava affanno ogni volta in
cui lo vedeva in difficoltà e non poteva muovere un muscolo?
Aveva l’impressione di essere
divorata da un demone, dai meandri più nascosti della propria anima, quando
tornava con una ferita più o meno grave?
Riusciva a rimanere lucida e
razionale, ogni volta?
Se si, come dannazione faceva?
Forse l’amava poco?
Perché lui ogni volta, ogni fottutissima volta, era solo in grado di uccidere le persone che
amava respirando la loro stessa aria?
Era furioso!
Furioso soprattutto con se
stesso e con il ninja che si stava lasciando battere dalla febbre!
Lui, il ninja più valente di
Nihon, dannazione!
Lui, che era l’unico a cui
dovesse quei giorni di vita in pace, quei ricordi brillanti e pieni di
passione, alle notti passate a consumarsi fra gemiti, gambe e coperte, a lui
che gli aveva regalato la propria esistenza senza chiedere nulla in cambio se
non un respiro e amore.
I ricordi gli fecero scendere
una lacrima che si congelò in pochissimi secondi e spalancò la porta, facendo
sussultare
-“TU! NONO AZZARDARTI A
MORIRE COSI’! CAPITO, NINJA?!”-
Urlò con gli occhi fuori
dalle orbite per l’ansia di avere combinato l’ennesima cavolata.
Le due donne s’alzarono non
appena cadde carponi vicino al futon, e prese a carezzare la mano scura e
grande del moro, per lasciarli soli.
-“Capito? Mh? Kuro-pon...”- sussurrò. -“Ti supplico,
non...”-
Lasciò la frese a metà ma
Kurogane non si svegliò;
Mica erano in una di quelle
bellissime favole, dove bastava che la principessa urlasse con il cuore in mano
di non voler perdere l’amore, che il miracolo avveniva!
Fay lo sapeva bene, perché
per primo non credeva alle favole e nemmeno Kurogane lo faceva.
Entrambi avevano imparato a
credere nell’inevitabile e se davvero fosse stata inevitabile la morte di
Kurogane, così, dopo l’essersi mozzato un braccio per salvare il proprio
compagno da morte certa, se ne sarebbero andati inevitabilmente insieme.
Di questo Fay era convinto.
Era sempre più convinto
mentre gli faceva bere una soluzione in polvere creata dalla Principessa Tomoyo,
ne era convinto quando gli passava il panno sul viso e guardava con dolore
l’arto mozzato e fasciato in bende profumate di unguenti.
Per questo era furioso.
Ma forse quella propria
furia, non aveva nulla a che fare con l’uomo in fin di vita in quel futon che
tanto amava.
-“Anche io voglio tornare a
fare l’amore con te, Kuro-chu!”-
Sussurrò, guardando il sonno
placido e non più agitato del ninja.
Passarono tre giorni di pura
ansia in cui la febbre sembrava alzarsi ed abbassarsi prendendosi beffe dei
nervi del mago.
Gli occhi del ninja si
aprirono lentamente all’alba del quarto giorno.
Pigramente, svogliatamente e
lentamente ma si stavano aprendo.
Kurogane non mosse altri
muscoli se non quelli del viso e del collo per girarsi attorno.
Non si sorprese di non
scorgere nessuno nella stanza e sospirò, pesantemente.
Quel mago sarebbe morto per
mano propria se non si fosse reso conto di quanto fosse importante.
Si rilassò completamente e
richiuse gli occhi;
Non li riaprì nemmeno quando
Fay scivolò lentamente nella stanza sedendosi a gambe incrociate sul pavimento.
Il mago era lì, non era
scappato – forse precedentemente – ma, ehi, adesso era lì ad aspettare il
proprio risveglio.
Kurogane riaprì gli occhi per
specchiarsi in quelli azzurri e lucidi di Fay.
-“Buongiorno, Kuro-bau!”- pigolò, stampandogli un bacio sulle labbra con
dolcezza.
-“Buongiorno, idiota di un mago!”- disse, mentre
tratteneva con l’unico braccio quell’idiota per allungare il contatto fra le
loro labbra.
Fay, improvvisamente, sentì
la propria furia dissolversi, sostituita da qualcos’altro.
Kurogane si era svegliato con
il solito muso lungo e questo a lui bastava.