A tutte le meravigliose e pazienti
lettrici di Tra l’odio e l’amore…spero che Lore e Ali riescano ancora a
strapparvi qualche sorriso e qualche emozione. Spero che vi sembrino ancora gli
stessi (:
Questi extra sono tratti da “Tra l’odio e
l’amore c’è la distanza di un bacio”.
Tornare
nella grigia, triste e inquinata Milano, dopo essersi abituati allo stile di
vita e al fuso orario dell’Inghilterra, fu un vero e proprio trauma.
Non
potevo più tirare gomitate a Mel per sparlare ad alta voce e in italiano degli
ignari inglesi intorno a noi, se avessi fatto una cosa del genere a Milano mi
avrebbero capita.
Appena
uscita dalle porte scorrevoli degli arrivi, mia madre mi aveva abbracciata così
forte da rischiare di farmi uscire gli occhi dalle orbite, mentre il suo
profumo nauseante aveva violentemente invaso le mie narici.
-Come è
andata? Ti sei divertita? Cosa mi racconti? Dai, dai racconta!-
Non le
avevo detto nulla, ovviamente.
Le avevo
raccontato della bellissima Exeter, di Bath, di Tintagel, Stonehenge, Londra.
Le avevo detto di Susan e Rod e di quanto fossero stati meravigliosi con noi,
una vera e propria famiglia, ma...non le avevo detto nulla. Nulla di quello che
realmente contava, nulla di quello che mi rendeva così stupidamente felice.
Non aveva
capito che quel sorriso non era per i posti che avevo visitato, né per le
persone che avevo incontrato.
Era solo
per una persona. Una persona che mi aveva fatto dannare per mesi e mesi e a cui
era bastata una dichiarazione farneticante per farmi innamorare più di quanto
già non lo fossi.
Una
dichiarazione fuori da ogni standard, per nulla simile a quella che mi sarei aspettata
di ricevere dall’uomo dei miei sogni, dal mio principe azzurro.
Quanti
principi, del resto, se ne sarebbero usciti con un “Sono fottutamente innamorato di te”? Solo lui, quello degli
Stronzi.
Non ero
ancora pronta per condividere con lei tutto quello, glielo avrei raccontato con
più calma nei giorni successivi.
Con la
coda dell’occhio, mentre mio padre mi aveva sfilato la valigia dalle mani, mi
ero voltata a guardare il mio ragazzo: i capelli scarmigliati -che
soddisfazione sapere di essere stata l’artefice di quel dettaglio fuori posto!-
e le labbra gonfie dei miei ultimi morsi e baci dati in aereo, stava ridendo e
alzando gli occhi al cielo per qualcosa che doveva aver appena detto sua
sorella Glenda.
Chissà se,
come e quando le avrebbe raccontato di noi due…probabilmente, conoscendolo, non
lo avrebbe proprio fatto. Se anche lei gli avesse chiesto qualcosa di me, lui
avrebbe risposto con un secco “Fatti i cazzi tuoi”.
Però, in
quanto amica, confidente e sostenitrice del partito “L’Oréal”, Glenda meritava
di sapere, glielo avrei detto io stessa. Sentivo l’irrefrenabile impulso di
farlo, con tanto di urletto isterico ad accompagnare le mie parole…lo stesso
che aveva seguito il mio precedente annuncio, quello al telefono con Ilaria,
Angelica e Daniela.
-Tesoro?-
Il richiamo
di mia madre mi aveva distratto bruscamente dalla contemplazione di tutto quel
ben di Dio.
-Andiamo?
O devi salutare qualcuno?-
Quella
donna era una fottutissima veggente, ero quasi certa che avesse già intuito
tutto. Il modo in cui aveva detto “qualcuno” lasciava ben poco
all’immaginazione, avevamo capito entrambe chi fosse il soggetto.
-No, possiamo
andare.- Dopo un’indifferente scrollata di spalle, avevo sorriso a mio padre
leggermente confuso. Fortunatamente lui non ci sarebbe mai arrivato,
momentaneamente sarebbe stato all’oscuro di tutto…avevo ancora tempo per
prepararlo allo shock.
Il lunedì
mattino seguente ero esausta, distrutta, a pezzi.
Faticavo
a tenere gli occhi aperti, eppure, nonostante tutto, la prima cosa che feci fu
controllare il cellulare con il cuore in gola.
Nessun
messaggio, niente di niente.
Sbuffai e
lo rimisi a posto. Ero troppo abituata ai messaggi del buongiorno e della
buonanotte che mi mandava Matteo quando stavamo insieme, Lore non era proprio
tipo da fare una cosa del genere.
Se Matteo
era il ragazzo che scriveva quasi ogni ora “Amore cosa fai?”, “Amore dove
sei?”, “Principessa ti sto pensando, mi manchi”, Lore era…l’esatto opposto.
Diedi
un’occhiata svelta alla radiosveglia: era probabile oltretutto che stesse
ancora dormendo, si alzava sempre all’ultimo ed era sempre in ritardo.
Lasciai
ricadere le palpebre sugli occhi annebbiati dal sonno e sospirai: pretendere
che ci alzassimo per andare a scuola il giorno dopo il ritorno dallo stage in Inghilterra
era a dir poco sadico. Non avevo, comunque, un valido motivo per rimanere a
casa, mi sarei persa la spiegazione di geografia e non avevo alcuna intenzione
di restare indietro con il programma.
Feci
forza su me stessa e mi alzai, barcollando come uno zombie fino alla cucina per
mangiare qualcosa.
Ero
troppo stanca anche solo per mettere il tè a scaldare, così mi limitai a
sgranocchiare qualche biscotto al cioccolato davanti alla tv.
-Ti sei
già svegliata?- Mia madre mi accarezzò dolcemente i capelli da dietro,
facendomi sobbalzare spaventata come una vittima in un film horror.
Inquietante
il fatto che a volte fosse così silenziosa da non far percepire la sua
presenza.
-Già.-
Borbottai prendendo un altro biscotto.
-Sei
stanca? Vuoi stare a casa oggi?-
Ecco le
famose parole che praticamente ogni adolescente avrebbe voluto sentirsi dire
dalla propria madre, chi non avrebbe voluto restare a casa ad oziare e dormire?
Io.
-Stai
scherzando? Mamma non chiedermelo neanche, lo sai che non voglio perdere
inutilmente un giorno di scuola.- Sbottai irritata. Poi mi sarebbe toccato
mettermi in pari e io odiavo fotocopiare le pagine di quaderno degli altri, non
riuscivo a studiare degli appunti non miei.
Finita
quella misera colazione, mi diressi al bagno strascicando i piedi, dove provai,
con un bel po’ d’acqua fresca, tanto dentifricio e una bella spazzolata ai
capelli, di rendermi un tantino più decente alla vista.
Finii di
prepararmi alle sette e mezza esatte, avevo impiegato più tempo per truccarmi e
cercare di rendermi ancora più carina che per vestirmi.
Il
motivo? Facilmente intuibile.
Osservai
nuovamente il cellulare e mi morsi il labbro nervosa. Come funzionava?
Cioè…avremmo fatto la strada insieme? Avrei dovuto suonare al suo campanello?
Fargli uno squillo? O lo avrebbe fatto lui a me? Magari lui se n’era già andato
per conto suo…o magari non aveva nemmeno intenzione di andare a scuola quel
giorno.
Gemetti
affranta; porca miseria, stare con Lore era così complicato! Quando si trattava
di lui regredivo allo stato infantile, mi sentivo una stupida bimbetta timida
che non sapeva come comportarsi con un bambino che le piaceva!
Che poi
alla fine erano tutte inutili paranoie mie, quando lui mi era vicino, nonostante
l’emozione e il battito cardiaco a mille, mi veniva abbastanza spontaneo
stuzzicarlo e baciarlo, ma…quando non era con me, non facevo che chiedermi come
avrebbe reagito, cosa avrebbe potuto pensare di me se, ad esempio, gli avessi
mandato un messaggio un po’…sdolcinato. Ero abbastanza certa del fatto che a
lui una cosa del genere avrebbe dato fastidio, immaginavo di vederlo storcere
il naso contrariato nel leggere troppe smancerie, così mettevo via il cellulare
e lo spegnevo ogni volta che la tentazione di assillarlo con messaggi zuccherosi
era troppo forte. Non volevo essere appiccicosa, non volevo che si stufasse di
me.
In
Inghilterra era stato tutto più semplice: la mattina lo incontravo già al
college e la sera mi riaccompagnava a casa di Susan e Rod dopo molte, molte,
molte ore passate insieme a fare di tutto; passeggiare per le strade
punzecchiandoci, mangiare fuori, baciarci, fare l’amore. Avevamo battezzato un
po’ tutti i banchi di quel povero college…
Ma ora?
Sarebbe cambiato qualcosa? Non gli avevo chiesto nulla il giorno prima
all’aeroporto, ero ancora troppo rimbambita nella mia bolla personale di
felicità per riuscire a ragionare lucidamente. Seriamente, lui mandava il mio
cervello a farsi le pippe.
-Mamma,
io vado!- Gridai infine, dopo aver constatato che alle 7.35 lui ancora non si
fosse deciso a scrivermi nulla. Che cavolo, non potevo aspettarlo in eterno, avrei
perso l’autobus e fatto tardi a scuola altrimenti!
Sarei
andata per conto mio a quel punto, si sbagliava di grosso se pensava che sarei
corsa io alla sua porta a chiedergli
di fare la strada insieme!
Stronzo, stronzo, stronzo, schifoso,
maledettissimo…
Stavo
ancora ripetendolo con rabbia nella mia mente, quando, uscita di casa, quasi
rischiai di avere un infarto nel vederlo bello tranquillo appoggiato con un
braccio alla porta dell’ascensore.
Gli
insulti nella mia testa cessarono all’istante e riuscii solo a pensare a come
cavolo facesse quel ragazzo ad essere così schifosamente…-e dai Alice, l’hai pensato, su, non rimangiartelo-…arrapante anche
di prima mattina, porco cazzo.
Alzò appena
un sopracciglio e ghignò divertito, se aveva capito i miei pensieri era solo
l’ennesima volta che facevo la figura della ninfomane pervertita, -Alla buon’ora.
Non vorrei allarmarti Puccio, ma sai,
sei in ritardo.-
Bastardo.
Odio
profondo per lui che mi sfotteva in quel modo –sapeva benissimo quanto non
sopportassi l’idea di fare tardi a scuola!- e per me stessa che, nonostante
tutto, stavo morendo dalla voglia di farmelo nel modo più selvaggio possibile.
Oh no,
non dovevo cedere, non gli sarei saltata al collo per riempirlo di baci, mi
sarei comportata da stronza indifferente come lui. Com’era? Chi andava con lo
zoppo imparava a zoppicare.
Richiusi
la bocca –rimasta tristemente spalancata per la sorpresa tutto quel tempo- e
sollevai il mento con fare altezzoso, -Cose che capitano, ero stanca e ho fatto
fatica ad alzarmi.-
Non sono in ritardo per colpa tua,
no. Non stavo aspettando un tuo messaggio, non stavo pensando a te prima di
uscire. E non sto morendo dalla voglia di baciarti…
L’importante
era ripeterselo, poi magari ci avrei creduto.
Il suo
ghigno si accentuò; si vedeva chiaramente quanto poco credesse a quell’acida
risposta elaborata in due secondi esatti, sembrava quasi essere consapevole dei
miei pensieri.
-E ora
scusami Latini, ma come hai detto tu sono
in ritardo e devo correre per non perdere l’autobus.- Ringhiai fra i denti,
avanzando con fare intimidatorio per spingerlo a spostarsi di lì. Cosa che non
fece, purtroppo per i miei nervi.
Sbuffai
ed allungai una mano con l’intento di afferrare il suo ingombrante arto
superiore e toglierlo dalla porta dell’ascensore, ma lui fu più svelto ed
utilizzò quello stesso braccio per bloccare il mio a mezz’aria.
Gli
lanciai un’occhiata indignata e cercai, con scarsi risultati, di
liberarmi.
-Nervosetta
di prima mattina? Come mai?-
I suoi
occhi si animarono di malizia, mentre con l’altra mano mi attirava
completamente a sé.
-Lore…-
Socchiusi le palpebre nel vano tentativo di essere minacciosa, -Sei veramente
uno stronzo.-
Sorrise
compiaciuto a due centimetri dal mio viso, -Dovresti imparare ad insultarmi con
più cattiveria, sembrava quasi un complimento.-
Aveva
ragione in effetti. Ma finché mi teneva così stretta a sé col cavolo che sarei
riuscita ad insultarlo come si doveva!
-Vorrà
dire che mi eserciterò.- Mantenni lo sguardo fisso nel suo e soffiai peggio di
un felino dal pelo ritto.
Feci in
tempo solo a sentire un suo “Brava” sussurrato sulle mie labbra, poi la sua
bocca sfiorò la mia ed il mio cervello non riuscì più ad elaborare pensieri
coerenti.
Stronzo,
schifoso, bastardo, bellissimo e meraviglioso Lorenzo, lo odiavo con tutta me
stessa quando faceva così. Eppure, se si fosse comportato diversamente, non
sarebbe stato lui e non lo avrei amato così tanto.
Alla fine
fui io a bloccare la porta dell’ascensore con la mia schiena, ma sinceramente
non ero intenzionata a togliermi tanto presto.
Mi aggrappai
a lui e lo strinsi talmente forte da chiedermi come diavolo facesse a
respirare. Buffo che fossi io a chiedermi una cosa del genere, visto che ero la
prima ad ansimare impudicamente e a fatica fra un bacio e l’altro.
-Lore…-
Volevo dirlo in tono autoritario, invece mi uscì un gemito che lo invitò a
continuare e ad alzarmi la felpa per accarezzarmi la pelle nuda della schiena.
Infilai
le dita fra i suoi capelli e sospirai, -Lore…la scuola…- Gemetti nella sua
bocca quando mi scostò il reggiseno.
-Si
fotta.- Fu la sua risposta.
Grandioso.
La
situazione stava decisamente degenerando. Sentivo l’eccitazione di entrambi
crescere e delle fitte sempre più frequenti e insostenibili tra le mie gambe.
Poggiai
le mani sul suo petto per allontanarlo, provocandomi un brivido lungo tutta la
spina dorsale, -Se esce tua madre da quella porta mi farai fare la peggiore…-
Mi baciò di nuovo per zittirmi, sorridendo sulle mie labbra, -Figura di
merda…della mia vita.- Continuai ansante.
Per non
parlare del fatto che ci avrebbe potuto sentire chiunque sulle scale, non
eravamo propriamente…silenziosi. E se
ci avesse visto mia madre dallo spioncino della porta? O Glenda, o Rossella…
Anche se era
il pensiero che fosse Amelié a vedermi avvinghiata a suo figlio a terrorizzarmi
maggiormente.
Per
carità, mi era sembrata una donna molto gentile, disponibile e comprensiva,
ma…seriamente, che figura ci avrei fatto se ci avesse scoperti in quel momento?
Mi sarei giocata definitivamente l’opportunità di star simpatica a mia suocera come fidanzata di suo figlio. Mi
avrebbe visto come la troietta che lo aveva sedotto e costretto a saltare la…
-La
scuola!- Sbottai, questa volta a voce più acuta e stridula. Forse il fatto che
avesse infilato una mano dentro ai miei jeans aveva contribuito ad alterare il
mio tono…
Lui fece
un profondo respiro per cercare di calmarsi e si scostò per guardarmi bene in
viso, -Fammi capire…- Socchiuse gli occhi infastidito, -Sono eccitato da
morire, riesco solo a pensare a quanto cazzo ti voglio, e tu invece che gridare
il mio nome ti metti a pensare e a gridare “La scuola”?- Imitò il mio strillo
d’aquila precedente, aggiungendoci un’eloquente smorfia irritata.
Sorrisi
sotto i baffi che non avevo: era un amore. Se glielo avessi detto si sarebbe
sicuramente incazzato, ma con quel broncio offeso era…un amore.
Non immagini nemmeno quanto vorrei
lasciar perdere tutto, scuola compresa…
-Esatto.-
Trattenni a fatica una risatina isterica, -La scuola Lore…- A differenza sua
stavo ancora ansimando fra una parola e l’altra, complice il fatto che le sue
mani mi stessero mandando a fuoco la pelle fino ad un attimo prima, -Siamo in
ritardo.-
-E credi
che me ne freghi qualcosa?- Fece ironico, -Oggi possiamo pure bigiarcela, non
ci andrà nessuno, siamo rientrati ieri dallo stage!-
-Scherzi?-
Misi discretamente al loro posto il reggiseno ed il maglione, -Ci sarà la
spiegazione di geografia oggi, non voglio perderla!-
-Ma che cazzo…?- Avrebbe sicuramente continuato con un “te
ne fotte”, ma si interruppe all’ultimo e si passò una mano fra i capelli
incredulo, -Sei una secchiona di merda, lo sai?-
Socchiusi
gli occhi stizzita, -E tu uno stronzo. Ricordati di dirmi che sarò una
“secchiona di merda” anche quando sarò laureata, ok?- Schiacciai il tasto per
chiamare l’ascensore.
-Come no,
me lo segno come promemoria sul cellulare.-
Sbuffai e
cercai di sistemarmi alla bell’è meglio, dovevo essere in uno stato a dir poco
pietoso; le labbra gonfie di baci, gli occhi lucidi, i capelli per aria e le
guance rosse e bollenti. Facevo pena ed ero pure in ritardo, un rientro a
scuola in grande stile.
L’ascensore
arrivò ed io aprii la porta esterna, voltandomi verso di lui in attesa.
Storse
appena la bocca contrariato, -Dammi almeno un buon motivo per non bigiarmela e
per venire a scuola con te.-
Perché altrimenti ti prendo a
calci? Perché mi incazzo?
Nah,
quelle frasi non avrebbero funzionato con Lore, ci voleva qualcosa di
più…stimolante per lui.
Finsi di
pensarci su, poggiandomi l’indice sul mento, -Non te ne sei accorto?- Mi sforzai
di sorridere furbescamente, nonostante stessi avvampando per l’imbarazzo, -Ho
messo il reggiseno nero di pizzo che ti piace tanto.- Se non altro il mio
sorriso imbarazzato lasciava sottintendere qualcosa di particolarmente…malizioso.
Alzò
appena un sopracciglio, poi sospirò e le sue labbra si piegarono in un ghigno,
-Andata.-
La strada
in autobus fu relativamente tranquilla; lui si sedette al suo solito posto in
fondo ed io rimasi in piedi lì accanto.
Non si
poteva proprio dire che fosse un gentiluomo, ma anche se avesse provato a
cedermi il posto gli avrei risposto di no, non mi piaceva sedermi sui mezzi
pubblici.
Parlammo
del più e del meno come non eravamo mai riusciti a fare prima di Exeter, almeno
finché io non spezzai il discorso con una domanda cretina del tutto fuori
luogo, -Intendi dirlo a tua madre e alle tue sorelle?- Mi morsi la lingua un
secondo troppo tardi, ormai avevo appena reso la conversazione imbarazzante.
Sapevamo
entrambi di cosa stavo parlando, non c’era bisogno di specificare nulla.
Mi
sentivo come una bambinetta piccola che portava un disegno alla madre e la
assillava con un “Ti piace? Ti piace?”.
Allora? Glielo dici? Glielo dici?
Ero
identica.
Sfoggiò
un irritante sorrisetto compiaciuto che mi fece distogliere lo sguardo a
disagio, -No, perché dovrei? Non parlo di queste cose con loro.- Con la coda
dell’occhio lo vidi fare una smorfia.
Traduzione: “non voglio parlare di
te con loro”. O “non voglio che sappiano di
te”, ancora peggio.
Ma certo,
che mi aspettavo? Che mi invitasse a cena e mi presentasse a loro come la sua
ragazza? Stavamo insieme da pochissimo, eravamo giovani, non dovevamo mica
sposarci! Non potevo rimanerci così male per così poco, non era una tragedia se
nessuno della sua famiglia sapeva di noi…
-Se lo
dicessi a Glenda non la smetterebbe più di rompermi i coglioni.- Aggiunse,
forse dopo aver visto la mia espressione delusa, -Lei e quella storia del
“L’Oréal”.- Alzò gli occhi al cielo innervosito al solo ricordo.
Lo sapeva
quindi...dimenticavo sempre che anche lui aveva letto il diario di Glenda.
Arrossii
involontariamente al pensiero che lo avesse fatto quando ancora per lui non ero
che una buona scopata, chissà cosa aveva pensato.
-E mia
madre...- Riportai lo sguardo su di lui.
-Ho
dovuto sopportare per anni le sue minchia di domandine curiose sulla
“fidanzatina”, ora che ha finalmente smesso di chiedermi se ce l’ho…- Schioccò
la lingua e fece un’espressione così contrariata che non ridere fu impossibile.
-Va bene,
non fa niente.- Dissi fra una risata e l’altra, più sollevata, -Non sono così
cattiva da volere che tua madre e Glenda ti assillino.-
Sorrise e
mi passò una mano intorno alla schiena per attirarmi a sé, facendomi cadere…sulle
sue gambe.
Merda.
-No,
che…? Lore!- Cercai inutilmente di richiamarlo a disagio e di rialzarmi: che
cavolo, ero spiaccicata al vetro del finestrino e stavo praticamente in braccio
a lui in un luogo pubblico!
Lui non
spostò comunque la mano dalla mia schiena di un millimetro e riprese il
discorso come se nulla fosse.
-Perché,
tu…?- Mi guardò di sbieco e attese impaziente una risposta che non arrivò.
Dove
voleva andare a parare? Io cosa?
Provai di
nuovo ad alzarmi approfittando di quella sua distrazione, ma la mia posizione
non migliorò affatto, anzi. Agitandomi così finii solo per finire a cavalcioni
su di lui.
Ok,
meglio star ferma, prima che qualcuno ci denunciasse per atti osceni in luogo
pubblico. O peggio, che il conducente ci facesse scendere dall’autobus, come
cavolo ci sarei arrivata a scuola?
-Tu l’hai
detto a tua madre?- Mi chiese con un tono di voce indecifrabile.
-Eh?- Lo
guardai in faccia nonostante l’imbarazzante vicinanza; era stranamente serio
e…nervoso? -No, io…no, non ne ho avuto il tempo, sono arrivata solo ieri e…- Scossi
la testa, -No.- Ignorai a fatica le occhiate di rimprovero dell’anziana signora
seduta dietro di noi e mi concentrai nuovamente sul mio ragazzo.
-Ah.-
Un
momento. Il mio cuore ebbe un sussulto quando mi accorsi di quel qualcosa che
stonava nella sua risposta.
-Cos’era
quello?- Sgranai gli occhi allibita.
-Quello
cosa?- Era già sulla difensiva, decisamente sospettoso.
-Quell’“ah”,
cos’era?-
Alzò un
sopracciglio, guardandomi come se fossi scema, -Solo un “ah”?- Chiese in tono
ovvio e vagamente annoiato. E per nulla credibile.
-Non era
un semplice “ah”!-
-Ma
perché cazzo devi per forza vedere qualcosa dietro a quello che dico?-
Mi venne
quasi da ridere e la cosa lo stizzì non poco, -Sei deluso! Ti dispiace che non
l’abbia detto a mia madre?- Non ci avrei creduto nemmeno io a momenti, non
avessi visto con che faccia aveva pronunciato quelle due lettere.
-E
l’avresti dedotto da un semplice “ah”, genio? Tua madre poi mi sta pure sul
cazzo.- Si stava arrabbiando, ergo avevo indovinato.
-L’avevo
immaginato, ma non cambiare discorso, non mi depisti.- Mi avvicinai al suo viso
senza smettere di sorridere gongolante.
Porca
puttana, bastava un niente per rendermi felice quando si trattava di lui,
bastava una sua parola (che poi non lo era nemmeno una parola) a stravolgermi,
a scombussolarmi, a farmi scoppiare di gioia.
Nemmeno
un dieci in matematica mi avrebbe reso così leggera e su di giri.
Mi alzai
quando mi resi conto che eravamo arrivati, ma non prima di avergli riservato
un’occhiata soddisfatta, -Mia madre ti adorerà.- Dissi con voce carezzevole,
con il chiaro intento di sfotterlo.
Mi lanciò un’occhiata omicida dal basso che mi fece ridere di gusto, -Non me ne fotte un
cazzo.-
-Ti trova
già carino.- Ricordavo bene il discorso che mi aveva fatto mesi prima, sul
fatto che il mio vicino di casa fosse un bel ragazzo.
-La mia
autostima sta raggiungendo livelli inimmaginabili.- Rispose ironico, alzandosi
a sua volta.
-Sei più
simpatico del solito oggi.- Gli diedi una leggera spinta e osservai incantata gli
angoli delle sue labbra piegarsi all’insù, nonostante cercasse di non farlo
vedere e di mantenere l’aria scazzata di poco prima.
Arrivati
davanti all’ingresso, Lore cercò ancora, inutilmente, di convincermi a tornare
indietro e andare da un’altra parte. In altre parole cercò di convincermi a
bigiare.
-No,
prendi esempio da…Vergata?- Mi sfregai gli occhi convinta di aver visto male.
Vergata era davvero davanti al cancello della scuola, puntuale, ma soprattutto presente? La cosa aveva
dell’incredibile, pensavo sarebbe stato il primo ad assentarsi.
Ci venne
in contro e salutò Lore con la classica e stupida stretta di mano stile hip
hop; poi, dopo avermi sorriso contento come un bambino davanti ad una
caramella, alzò il braccio.
-We,
bella Puccio!-
Fissai
per un po’ il suo arto fermo a mezz’aria, prima di capire che fosse in attesa
di una mia stretta.
-Mmm…yo?- Azzardai, stringendogli la mano e
aggrottando la fronte perplessa.
O forse dovevo rispondere “Bella!”
anche io?
Ero contenta
che Vergata mi avesse salutata come una sua pari, amica, o quel che diavolo
pensava, ma non avevo la minima idea di quello che dovessi rispondere, nessuno
dei ragazzi che avevo conosciuto mi aveva mai stretto la mano in quel modo.
Ebbi la
conferma di aver detto una stronzata quando li vidi piegarsi in due dalle
risate un attimo dopo, mentre mi indicavano come se fossi un fenomeno da
baraccone divertente. Idioti.
Socchiusi
gli occhi irritata, -Andate a cagare tutti e due.- Mi sforzai di sorridere e di
trattenere un broncio offeso per non dar loro ulteriore soddisfazione.
-Com’è?-
Lore mi mise un braccio intorno alla spalla, gli occhi lucidi per il troppo
ridere, -Yo?- Mi imitò, sul volto l’evidente – e inutile – tentativo di non
scoppiare nuovamente a ridere.
Casualmente il mio gomito colpì il suo
stomaco. Così imparava a sfottere.
Indietreggiò
di poco, ma non mollò comunque la presa. Si avvicinò con il viso al mio
orecchio, solo per sussurrarmi divertito fra i capelli un “Permalosa” che mi
fece rabbrividire.
Cazzo.
Non era
nemmeno iniziata la prima ora…quanto avrei resistito se solo sentire le sue
labbra così vicine mi provocava una reazione del genere?
Fortunatamente
non sembrava averlo notato…
-Puccio
non ti eccitare troppo, eh.-
Un’arma. Mi serve qualcosa di
appuntito e tagliente.
Dimenticavo
di essere circondata da due cretini.
Se una considerazione stupida non arrivava da uno, era logico che arrivasse
dall’altro.
Avevo già
detto comunque che Vergata sarebbe morto molto presto? Restava solo da decidere
se prolungare la sua sofferenza o se farlo fuori subito, con un colpo solo.
Quanto non sopportavo i suoi commenti del cavolo e quelle risate sguaiate da
scimmia stupida.
-Ammazzati
Vergata.-
Se c’era
anche una sola possibilità che Lore non se ne fosse accorto era andata a farsi
benedire ormai.
Lo
guardai e, quando notai il sorrisetto compiaciuto che aveva sulla bocca, scossi
la testa rassegnata; se n’era accorto eccome lo stronzo!
Così come
praticamente mezza scuola si era accorta di noi, del fatto che fossimo
abbracciati.
Era
indubbiamente bello avere il braccio di Lore sulla spalla, ma era decisamente
imbarazzante il modo in cui alcuni tizi che conoscevo di vista si soffermavano
a guardarci sorpresi.
Una buona dose di cazzi loro?
Neanche
il tempo di borbottare qualcosa contrariata che il mio viso venne bruscamente
attirato alla mia destra da una mano; la mia protesta venne stroncata sul
nascere dalla bocca esigente del mio ragazzo, che mi strinse a lui incurante
degli sguardi curiosi.
E tanti
cari saluti alla regola del “niente cose a
scuola”.
Dopo un
primo attimo di smarrimento, mi avvinghiai letteralmente a lui, circondandogli
il collo con le braccia e fregandomene a mia volta del pubblico.
-Puccio,
Latini, quando avete finito di giocare a Via Col Vento…-
Mi
staccai immediatamente da lui, ansante e imbarazzata, portandomi una mano alle
labbra.
Lore si
riprese decisamente più in fretta e sfoggiò il suo miglior sorriso da ruffiano,
-Salve prof.-
Essere
beccati dalla prof di matematica che appena il primo giorno ci aveva messo
insieme per delle ripetizioni era proprio…il massimo.
Non seppi
dove trovai il coraggio di guardarla; nascondeva bene il suo stupore, ma dal
tono di voce leggermente stridulo si era capito che quella era l’ultima cosa che
si aspettava.
-In
classe, forza. O vi segno assenti.- Ci minacciò, dopo averci lanciato
un’occhiata di rimprovero.
Bella
figura di merda. Persino i ragazzi delle altre classi e i nostri compagni ci
stavano fissando. E tutto per colpa di…
Chiusi le
dita a pugno e colpii Lore con forza sulla spalla, -Idiota!-
Che
diavolo gli era preso? Cos’era quell’improvviso sfoggio di…affettuosità? Così,
davanti a tutti, era impazzito…?!
Lui rise
soddisfatto, bloccandomi i polsi con le mani un secondo dopo, -Sentito cosa ha
detto la prof?- Si protese verso di me con il viso, il labbro inferiore sporto
all’infuori a mo’ di presa in giro, -Non vorrai prenderti una nota sul registro
Puccio…Basta “giocare a Via col Vento”, un po’ di serietà.-
In
risposta gli arrivò un colpo sull’altro braccio, -Quello che stava giocando eri tu. Cosa della frase
“niente cose a scuola” non ti è chiaro?- Lo guardai in cagnesco, pronta ad
insultarlo di nuovo, quando una voce conosciuta mi fece desiderare di
sprofondare lì, seduta stante, sotto le luride piastrelle del pavimento del
corridoio.
-Ali!-
Ecco la risposta a tutto.
L’espressione
di Lore ricordava tanto quella di un bambino beccato con il dito nel barattolo
della marmellata, pienamente appagato per il suo misfatto. Un gatto con un topolino
fra le zampe.
Stronzo.
-Teo!-
Quasi mi strozzai con la saliva nel pronunciare quel nome. Ci aveva visti, ci
aveva sicuramente visti. Merda.
Mi
staccai da Lore e cercai di non arrossire nuovamente. Impresa titanica.
Teo mi
sorrise come sempre e si sporse per baciarmi la guancia, senza fare commenti su
di noi fortunatamente.
Vidi nitidamente
Lore irrigidirsi, ma non fece nulla che potesse far trapelare la sua
irritazione. A parte una smorfia impercettibile.
Avevo già
il timore che dopo il nostro saluto sarebbe calato uno sgradevole silenzio,
invece Teo mi stupì quando spostò lo sguardo su Lore e si sforzò –cosa che
apprezzai veramente tanto – di non storpiare nemmeno di un millimetro il suo
sorriso.
-Lore.-
Salutò, un lieve cenno con la testa.
Non si
erano più parlati da…beh, da quella volta
al cinema. A Exeter, senza farlo di proposito, stavo con Lore quando non c’era
Teo e parlavo con Teo quando non ero con Lore.
A Lore
non andava proprio giù il fatto che Teo mi avesse baciata, il fatto che fosse un
semplice bacetto a stampo e che per me non avesse significato nulla non era
abbastanza per lui. L’intolleranza nei confronti del mio/suo ex-migliore amico
restava.
-Valenti.-
Gli
lanciai un’occhiata ammonitrice dal basso; ok, non aveva usato il solito tono
sprezzante, ma…poteva almeno sforzarsi di chiamarlo per nome, no? Cosa gli
costava?
Ad ogni
modo il tanto temuto silenzio era stato semplicemente posticipato, visto che
calò dopo quella sottospecie di saluto.
Mi mossi
sul posto a disagio; non riuscivo a trovare nessun argomento che potesse
coinvolgere entrambi e se anche lo avessi fatto, ero sicura al cento per cento
che Lore non mi avrebbe assecondata. Si sarebbe limitato a stare zitto e a
guardarlo male.
Mi
schiarii la voce e scrocchiai le dita nervosa, -Allora…ci vediamo dopo in
classe?- Proposi esitante.
La faccia
di Teo riprese vita, -Sì, certo! A dopo.- Si vedeva chiaramente che non vedeva
l’ora di svignarsela, doveva essere tremenda anche per lui quella situazione.
Sarebbe
stato tutto molto più semplice se il mio ragazzo non si fosse comportato da
idiota.
Rimasta
sola con lui, mi ritrovai a sbuffare come una teiera, -Dovevi proprio chiamarlo
per cognome?- Lo accusai, gli occhi socchiusi in un’espressione infastidita.
Si voltò
a guardarmi sorpreso, come se gli avessi appena detto chissà quale cavolata, -E
come dovevo chiamarlo scusa? È il suo cognome, eh. Non l’ho mica insultato.-
Fece spallucce indifferente, -Anche se non mi sarebbe dispiaciuto.-
Ignorai
volutamente la seconda parte della frase, -Teo?- Proposi. Dopotutto lui lo
aveva chiamato “Lore”.
Sfoggiò
un ghigno così odioso che la voglia di mettergli le mani addosso tornò, -Ah-ah,
no.- Mi rispose sarcastico.
Sbuffai e
feci per aggiungere qualcosa, quando lui mi interruppe, -E il suo nome per
intero non è che mi ispiri troppa simpatia, sai.- S’incamminò verso la nostra
classe, piegando le labbra in un’espressione dispiaciuta molto poco
convincente.
Matteo.
Corrugai
la fronte e lo seguii, -Cosa c’entra Teo con il mio ex? Sono due persone diverse.-
Aggrottò
le sopracciglia scettico, -Davvero? Mi irritano allo stesso modo.-
Entrammo
in classe proprio in quel momento e notai con una punta di sollievo che la prof
non avesse ancora fatto l’appello e riportato l’ordine.
Esitai
per un attimo sull’uscio, occhieggiando il mio banco in prima fila e sotto la
finestra.
Avrei
dovuto rinunciarci? Sedermi in fondo con lui? O sarebbe stato lui a sedersi…
Tutte
seghe mentali inutili e da donna, lui non si fece nessun problema di quel tipo.
Mi superò impassibile e si diresse al suo solito banco, vicino ai soliti Lele e
Andrea.
Ok, niente broncio.
Stavamo
insieme, ma non potevamo mica stare sempre appiccicati come una di quelle
coppiette sdolcinate “Pucci pucci”.
A te piacerebbe Alice.
Sì, ma a
lui no. Non era proprio il tipo. E si sarebbe stancato subito di me se gli
fossi stata troppo addosso.
Niente cose a scuola.
Fingendo
di non esserci rimasta male, presi posto ed aspettai tamburellando le dita sul
banco l’arrivo di Mel.
Imprecai
a bassa voce e più volte quando, un quarto d’ora dopo, compresi che la mia
amica quel giorno non si sarebbe fatta vedere, era rimasta a casa come metà
della classe.
Stappai
la penna ed incominciai a mordicchiarla nervosa; sei ore sarebbero passate in
fretta se fossi rimasta concentrata sulla spiegazione. Niente distrazioni.
Nemmeno una. Non importava se, umettandomi le labbra, riuscivo ancora a sentire
il sapore di Lore, non importava se sentivo il suo odore addosso…non importava,
soprattutto, se sentivo il suo
sguardo su di me.
Non mi
dovevo girare. Non dovevo girarmi per nessuna ragione al mondo. Sapevo che mi
stava guardando, lo sentivo su ogni centimetro di pelle, ero più che
certa che se mi fossi voltata avrei incontrato i suoi occhi.
Per
qualche stupido ed involontario motivo, il respiro accelerò ed il cuore prese a
tamburellare freneticamente nel petto.
Mi mossi
nervosa sulla sedia ed accavallai le gambe, cercando di prestare attenzione
solo ed esclusivamente alle parole della prof. Il teorema degli zeri in quel
momento era il centro del mio mondo, la cosa più importante, non doveva
esistere altro.
Sospirai
e mi passai una mano fra i capelli, scoprendo di avere la fronte ed il collo
sudati ed appiccicaticci. Già non capivo nulla di matematica quando non avevo Lore
a distrarmi, figuriamoci ora! Ma come diavolo avevo fatto quel primo pomeriggio
di ripetizioni a concentrarmi su quello che mi diceva e non su di lui?!
Compresi
presto di non poter andare avanti per sei ore così; come potevo prendere
appunti e studiare se lui mi faceva quell’effetto solo guardandomi? Come potevo
scrivere qualcosa sul quaderno, se la mano tremava e la penna mi scivolava
dalle dita sudaticce? Ed il respiro affrettato, il cuore impazzito? Neanche
stessi avendo un attacco di qualcosa!
Repressi
più volte l’istinto di voltarmi per fulminarlo con lo sguardo ed intimargli di
smetterla. Qualcosa mi diceva che lui fosse perfettamente
consapevole dell’effetto che aveva su di me e che lo stesse facendo di
proposito. Maledetto.
Ruotai di
pochissimo la testa, giusto per accertarmi che mi stesse davvero guardando e
non fossero solo paranoie mie.
Era
seduto scomposto –come sempre-, appoggiato al muro con la schiena e voltato
–come avevo previsto – verso di me. Quando incrociai i suoi occhi, si umettò
lievemente le labbra e sorrise malizioso, rischiando quasi di farmi strozzare
con la saliva.
-Puccio
girati.-
Desiderai
di poter sparire con un “puff” quando la voce della prof mi portò nuovamente
alla realtà.
Perché,
perché dovevo sempre fare figure di merda?
Suonata
la campanella che decretava la fine di quella tortura, mi alzai e mi diressi a
passo spedito verso il suo banco.
-La
smetti?- Non diedi nemmeno il tempo a Lele di congedarsi per lasciarci soli,
piombai su di loro con quella frase, ringhiata fra i denti come una minaccia –o
una preghiera?
Lui
sbatté le palpebre in una perfetta espressione meravigliata, -Di fare cosa?- La
sua bocca chiedeva una cosa, i suoi occhi maliziosi ne dicevano un’altra.
-Lo sai
benissimo.- Incrociai le braccia al petto intimidatoria, mentre Lele si alzava
un po’ impacciato dal suo posto per andarsene.
Si
stravaccò sullo schienale della sedia e sfoggiò uno dei suoi consueti e
fastidiosi sorrisetti, -Qual è il problema?-
Feci un
respiro profondo per cercare di calmarmi, -Non riesco a concentrarmi sulla
lezione d’accordo? Mi distrai.- Sputai fuori tutto d’un fiato. Pazienza se
dirlo così, ad alta voce, fosse a dir poco imbarazzante, volevo sfogare su di
lui la mia frustrazione.
-Guarda
che lo so cosa stai facendo…- Poggiai le mani sul banco e mi inchinai verso di
lui con aria torva, -Ma non attacca. Quella regola non si cambia.-
Niente cose a scuola.
Poteva
spogliarmi quanto voleva con lo sguardo, poteva farmi sudare ed eccitare,
poteva distrarmi e farmi innervosire, ma non mi sarei mai chiusa con lui in uno
sgabuzzino o in bagno per fare…quello! Non qui! Avevamo i pomeriggi, i week
end, ma a scuola…no!
-Ma se
non ho fatto niente, sei paranoica!- Ridacchiò fra una parola e l’altra,
alzando le gambe anteriori della sedia e sorreggendosi solo su quelle
posteriori.
Si alzò
in piedi di scatto poco dopo, proprio mentre stavo valutando quanto male si
sarebbe fatto se lo avessi spinto a terra.
Fece una
smorfia, -A parte baciarti davanti a quelle teste di cazzo in corridoio per far
capire loro di chi sei.- Precisò, in tono calmo e studiato.
-Tu
cosa?!- Non c’entrava nulla Teo allora! L’aveva fatto per…per marcare il territorio, lì, davanti a
tutti, per far capire che fossi proprietà
privata.
-Brutto…!-
Era in momenti come quelli che mi pentivo di non avere muscoli nelle braccia e
di non saper tirare un Signor Pugno.
-E
comunque…- Ammiccò a due centimetri dalla mia faccia, offrendomi una buona
possibilità per colpirlo, -Se decidessi di eliminare quella inutile imposizione
probabilmente non avresti questo genere di problemi.- Passò oltre il banco per
avvicinarsi di più e poggiare una mano sul mio fianco per attirarmi a sé,
-Saresti più…rilassata durante le
lezioni.- Il modo in cui le sue labbra pronunciarono la parola “rilassata” nel
mio orecchio mi fece tremare le gambe.
Non saltargli addosso, non
saltargli addosso.
L’avrebbe
avuta vinta lui di quel passo, era dannatamente bravo.
Mi sfiorò
con nonchalance la guancia quando si allontanò ed un’ondata del suo profumo mi
stordì, -Ma dato che non vuoi cambiare idea…non lo farò nemmeno io. Faccio solo
quello che voglio, lo sai. Non infrango nessuna inutile regola delle tue.- Si
morse maliziosamente il labbro, superandomi e lasciandomi lì, a bocca aperta
come un’idiota.
Ok, la
faccenda andava chiarita e risolta. Non gli avrei dato la soddisfazione di
infrangere quella regola, ma dovevo trovare un modo per non impazzire durante
le lezioni, dovevo trovare un modo per concentrarmi su quello che ascoltavo
durante le lezioni e non su di lui.
Faccio quello che voglio.
Era solo
un capriccio il suo. Odioso, irritante, stronzissimo. Avrei fatto anche io
quello che volevo –e con questo non intendevo cedere e farmelo selvaggiamente,
ma tenere duro e mantenere un atteggiamento consono all’ambiente scolastico.
Mi
serviva tutto l’aiuto delle mie amiche per riuscirci, quello era solo il primo
giorno di scuola dopo lo stage, avevo tempo per lavorarci su.
*Note dell’autrice*
Mi ero scritta tutto un bel
discorsetto da farvi, una serie infinita di scuse per il ritardo mostruoso,
dovuto alla mancanza di tempo e di ispirazione, ma alla fine, visto che vi ho
fatto attendere anche troppo per questo capitolo, ho deciso di postarlo ora,
nonostante l’ora.
Non so come sia venuto, non so se
Lore e Ali vi siano sembrati diversi o sempre gli stessi. Ho cercato di
renderli come sempre, sono sempre Lo Stronzo e
Non sono una coppia “pucci pucci”,
Lore non è tipo da messaggi dolci o da alzarsi in autobus per lasciarle il
posto a sedere. Lore è il tipo che la stringe a sé per far vedere agli altri
che è sua, è il tipo che la punzecchia e prende in giro.
Sono sempre, costantemente, a
punzecchiarsi questi due. A litigare su
tutto, si troveranno mai d’accordo su qualcosa? XD
Mi divertirò parecchio a
sviluppare il loro rapporto, ci saranno anche momenti di crisi, momenti di
serietà e momenti, nonostante Lore non li sopporti :P, di dolcezza.
Questa è più una raccolta, ci
saranno dei salti temporali ogni tanto (ovviamente vi avvertirò quando
capiterà.)
Ora che mi sono sbloccata (avevo
paura di non riuscire a rendere bene Lore e Ali, di deludervi dopo Tra l’odio e
l’amore), spero di riuscire a scrivere molto più in fretta gli altri extra.
Che altro dire? Spero vi siano
piaciuti e vi ringrazio, davvero, di cuore per il calore dimostratomi fino ad
ora! Siete meravigliose (:
E mi scuso se il fatto che io non
abbia ancora risposto alle recensioni possa esser visto come una mancanza di
rispetto nei vostri confronti…giuro che non è mia intenzione, apprezzo davvero
tantissimo i vostri commenti, li leggo e li rileggo quando l’ispirazione manca
e di tanto in tanto rispondo a qualcuno, molto lentamente, ma lo faccio.
Un bacione e a presto (giuro,
prestissimo!)
Bec