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Autore: _Bec_    07/10/2012    46 recensioni
(Titolo provvisorio)
-Voglio essere libero di poterti considerare mia.- Concluse appoggiando la sua fronte sulla mia.
-Voglio essere il tuo ragazzo.-
Hanno litigato, sono finiti a letto insieme, si sono odiati, si sono baciati. E adesso, finalmente, Alice e Lorenzo stanno insieme. I problemi però non sono finiti con una dichiarazione un po' atipica, anzi. Una raccolta di brevi (brevi?) extra sul futuro che condivideranno i due protagonisti di “Tra l'odio e l'amore c'è la distanza di un bacio”. Sempre che prima non si uccidano l'un l'altro, ovviamente.
E' necessario aver letto la storia principale per comprenderli.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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A tutte le meravigliose e pazienti lettrici di Tra l’odio e l’amore…spero che Lore e Ali riescano ancora a strapparvi qualche sorriso e qualche emozione

A tutte le meravigliose e pazienti lettrici di Tra l’odio e l’amore…spero che Lore e Ali riescano ancora a strapparvi qualche sorriso e qualche emozione. Spero che vi sembrino ancora gli stessi (:

 

I Parte: Ritorno a casa

 

Questi extra sono tratti da “Tra l’odio e l’amore c’è la distanza di un bacio”.

 

 

Tornare nella grigia, triste e inquinata Milano, dopo essersi abituati allo stile di vita e al fuso orario dell’Inghilterra, fu un vero e proprio trauma.

Non potevo più tirare gomitate a Mel per sparlare ad alta voce e in italiano degli ignari inglesi intorno a noi, se avessi fatto una cosa del genere a Milano mi avrebbero capita.

Appena uscita dalle porte scorrevoli degli arrivi, mia madre mi aveva abbracciata così forte da rischiare di farmi uscire gli occhi dalle orbite, mentre il suo profumo nauseante aveva violentemente invaso le mie narici.

-Come è andata? Ti sei divertita? Cosa mi racconti? Dai, dai racconta!-

Non le avevo detto nulla, ovviamente.

Le avevo raccontato della bellissima Exeter, di Bath, di Tintagel, Stonehenge, Londra. Le avevo detto di Susan e Rod e di quanto fossero stati meravigliosi con noi, una vera e propria famiglia, ma...non le avevo detto nulla. Nulla di quello che realmente contava, nulla di quello che mi rendeva così stupidamente felice.

Non aveva capito che quel sorriso non era per i posti che avevo visitato, né per le persone che avevo incontrato.

Era solo per una persona. Una persona che mi aveva fatto dannare per mesi e mesi e a cui era bastata una dichiarazione farneticante per farmi innamorare più di quanto già non lo fossi.

Una dichiarazione fuori da ogni standard, per nulla simile a quella che mi sarei aspettata di ricevere dall’uomo dei miei sogni, dal mio principe azzurro.

Quanti principi, del resto, se ne sarebbero usciti con un “Sono fottutamente innamorato di te”? Solo lui, quello degli Stronzi.

Non ero ancora pronta per condividere con lei tutto quello, glielo avrei raccontato con più calma nei giorni successivi.

Con la coda dell’occhio, mentre mio padre mi aveva sfilato la valigia dalle mani, mi ero voltata a guardare il mio ragazzo: i capelli scarmigliati -che soddisfazione sapere di essere stata l’artefice di quel dettaglio fuori posto!- e le labbra gonfie dei miei ultimi morsi e baci dati in aereo, stava ridendo e alzando gli occhi al cielo per qualcosa che doveva aver appena detto sua sorella Glenda.

Chissà se, come e quando le avrebbe raccontato di noi due…probabilmente, conoscendolo, non lo avrebbe proprio fatto. Se anche lei gli avesse chiesto qualcosa di me, lui avrebbe risposto con un secco “Fatti i cazzi tuoi”.

Però, in quanto amica, confidente e sostenitrice del partito “L’Oréal”, Glenda meritava di sapere, glielo avrei detto io stessa. Sentivo l’irrefrenabile impulso di farlo, con tanto di urletto isterico ad accompagnare le mie parole…lo stesso che aveva seguito il mio precedente annuncio, quello al telefono con Ilaria, Angelica e Daniela.

-Tesoro?-

Il richiamo di mia madre mi aveva distratto bruscamente dalla contemplazione di tutto quel ben di Dio.

-Andiamo? O devi salutare qualcuno?-

Quella donna era una fottutissima veggente, ero quasi certa che avesse già intuito tutto. Il modo in cui aveva detto “qualcuno” lasciava ben poco all’immaginazione, avevamo capito entrambe chi fosse il soggetto.

-No, possiamo andare.- Dopo un’indifferente scrollata di spalle, avevo sorriso a mio padre leggermente confuso. Fortunatamente lui non ci sarebbe mai arrivato, momentaneamente sarebbe stato all’oscuro di tutto…avevo ancora tempo per prepararlo allo shock.

 

 

************************

 

Il lunedì mattino seguente ero esausta, distrutta, a pezzi.

Faticavo a tenere gli occhi aperti, eppure, nonostante tutto, la prima cosa che feci fu controllare il cellulare con il cuore in gola.

Nessun messaggio, niente di niente.

Sbuffai e lo rimisi a posto. Ero troppo abituata ai messaggi del buongiorno e della buonanotte che mi mandava Matteo quando stavamo insieme, Lore non era proprio tipo da fare una cosa del genere.

Se Matteo era il ragazzo che scriveva quasi ogni ora “Amore cosa fai?”, “Amore dove sei?”, “Principessa ti sto pensando, mi manchi”, Lore era…l’esatto opposto.

Diedi un’occhiata svelta alla radiosveglia: era probabile oltretutto che stesse ancora dormendo, si alzava sempre all’ultimo ed era sempre in ritardo.

Lasciai ricadere le palpebre sugli occhi annebbiati dal sonno e sospirai: pretendere che ci alzassimo per andare a scuola il giorno dopo il ritorno dallo stage in Inghilterra era a dir poco sadico. Non avevo, comunque, un valido motivo per rimanere a casa, mi sarei persa la spiegazione di geografia e non avevo alcuna intenzione di restare indietro con il programma.

Feci forza su me stessa e mi alzai, barcollando come uno zombie fino alla cucina per mangiare qualcosa.

Ero troppo stanca anche solo per mettere il tè a scaldare, così mi limitai a sgranocchiare qualche biscotto al cioccolato davanti alla tv.

-Ti sei già svegliata?- Mia madre mi accarezzò dolcemente i capelli da dietro, facendomi sobbalzare spaventata come una vittima in un film horror.

Inquietante il fatto che a volte fosse così silenziosa da non far percepire la sua presenza.

-Già.- Borbottai prendendo un altro biscotto.

-Sei stanca? Vuoi stare a casa oggi?-

Ecco le famose parole che praticamente ogni adolescente avrebbe voluto sentirsi dire dalla propria madre, chi non avrebbe voluto restare a casa ad oziare e dormire? Io.

-Stai scherzando? Mamma non chiedermelo neanche, lo sai che non voglio perdere inutilmente un giorno di scuola.- Sbottai irritata. Poi mi sarebbe toccato mettermi in pari e io odiavo fotocopiare le pagine di quaderno degli altri, non riuscivo a studiare degli appunti non miei.

Finita quella misera colazione, mi diressi al bagno strascicando i piedi, dove provai, con un bel po’ d’acqua fresca, tanto dentifricio e una bella spazzolata ai capelli, di rendermi un tantino più decente alla vista.

Finii di prepararmi alle sette e mezza esatte, avevo impiegato più tempo per truccarmi e cercare di rendermi ancora più carina che per vestirmi.

Il motivo? Facilmente intuibile.

Osservai nuovamente il cellulare e mi morsi il labbro nervosa. Come funzionava? Cioè…avremmo fatto la strada insieme? Avrei dovuto suonare al suo campanello? Fargli uno squillo? O lo avrebbe fatto lui a me? Magari lui se n’era già andato per conto suo…o magari non aveva nemmeno intenzione di andare a scuola quel giorno.

Gemetti affranta; porca miseria, stare con Lore era così complicato! Quando si trattava di lui regredivo allo stato infantile, mi sentivo una stupida bimbetta timida che non sapeva come comportarsi con un bambino che le piaceva!

Che poi alla fine erano tutte inutili paranoie mie, quando lui mi era vicino, nonostante l’emozione e il battito cardiaco a mille, mi veniva abbastanza spontaneo stuzzicarlo e baciarlo, ma…quando non era con me, non facevo che chiedermi come avrebbe reagito, cosa avrebbe potuto pensare di me se, ad esempio, gli avessi mandato un messaggio un po’…sdolcinato. Ero abbastanza certa del fatto che a lui una cosa del genere avrebbe dato fastidio, immaginavo di vederlo storcere il naso contrariato nel leggere troppe smancerie, così mettevo via il cellulare e lo spegnevo ogni volta che la tentazione di assillarlo con messaggi zuccherosi era troppo forte. Non volevo essere appiccicosa, non volevo che si stufasse di me.

In Inghilterra era stato tutto più semplice: la mattina lo incontravo già al college e la sera mi riaccompagnava a casa di Susan e Rod dopo molte, molte, molte ore passate insieme a fare di tutto; passeggiare per le strade punzecchiandoci, mangiare fuori, baciarci, fare l’amore. Avevamo battezzato un po’ tutti i banchi di quel povero college…

Ma ora? Sarebbe cambiato qualcosa? Non gli avevo chiesto nulla il giorno prima all’aeroporto, ero ancora troppo rimbambita nella mia bolla personale di felicità per riuscire a ragionare lucidamente. Seriamente, lui mandava il mio cervello a farsi le pippe.

-Mamma, io vado!- Gridai infine, dopo aver constatato che alle 7.35 lui ancora non si fosse deciso a scrivermi nulla. Che cavolo, non potevo aspettarlo in eterno, avrei perso l’autobus e fatto tardi a scuola altrimenti!

Sarei andata per conto mio a quel punto, si sbagliava di grosso se pensava che sarei corsa io alla sua porta a chiedergli di fare la strada insieme!

Stronzo, stronzo, stronzo, schifoso, maledettissimo…

Stavo ancora ripetendolo con rabbia nella mia mente, quando, uscita di casa, quasi rischiai di avere un infarto nel vederlo bello tranquillo appoggiato con un braccio alla porta dell’ascensore.

Gli insulti nella mia testa cessarono all’istante e riuscii solo a pensare a come cavolo facesse quel ragazzo ad essere così schifosamente…-e dai Alice, l’hai pensato, su, non rimangiartelo-…arrapante anche di prima mattina, porco cazzo.

Alzò appena un sopracciglio e ghignò divertito, se aveva capito i miei pensieri era solo l’ennesima volta che facevo la figura della ninfomane pervertita, -Alla buon’ora. Non vorrei allarmarti Puccio, ma sai, sei in ritardo.-

Bastardo.

Odio profondo per lui che mi sfotteva in quel modo –sapeva benissimo quanto non sopportassi l’idea di fare tardi a scuola!- e per me stessa che, nonostante tutto, stavo morendo dalla voglia di farmelo nel modo più selvaggio possibile.

Oh no, non dovevo cedere, non gli sarei saltata al collo per riempirlo di baci, mi sarei comportata da stronza indifferente come lui. Com’era? Chi andava con lo zoppo imparava a zoppicare.

Richiusi la bocca –rimasta tristemente spalancata per la sorpresa tutto quel tempo- e sollevai il mento con fare altezzoso, -Cose che capitano, ero stanca e ho fatto fatica ad alzarmi.-

Non sono in ritardo per colpa tua, no. Non stavo aspettando un tuo messaggio, non stavo pensando a te prima di uscire. E non sto morendo dalla voglia di baciarti…

L’importante era ripeterselo, poi magari ci avrei creduto.

Il suo ghigno si accentuò; si vedeva chiaramente quanto poco credesse a quell’acida risposta elaborata in due secondi esatti, sembrava quasi essere consapevole dei miei pensieri.

-E ora scusami Latini, ma come hai detto tu sono in ritardo e devo correre per non perdere l’autobus.- Ringhiai fra i denti, avanzando con fare intimidatorio per spingerlo a spostarsi di lì. Cosa che non fece, purtroppo per i miei nervi.

Sbuffai ed allungai una mano con l’intento di afferrare il suo ingombrante arto superiore e toglierlo dalla porta dell’ascensore, ma lui fu più svelto ed utilizzò quello stesso braccio per bloccare il mio a mezz’aria.

Gli lanciai un’occhiata indignata e cercai, con scarsi risultati, di liberarmi.

-Nervosetta di prima mattina? Come mai?-

I suoi occhi si animarono di malizia, mentre con l’altra mano mi attirava completamente a sé.

-Lore…- Socchiusi le palpebre nel vano tentativo di essere minacciosa, -Sei veramente uno stronzo.-

Sorrise compiaciuto a due centimetri dal mio viso, -Dovresti imparare ad insultarmi con più cattiveria, sembrava quasi un complimento.-

Aveva ragione in effetti. Ma finché mi teneva così stretta a sé col cavolo che sarei riuscita ad insultarlo come si doveva!

-Vorrà dire che mi eserciterò.- Mantenni lo sguardo fisso nel suo e soffiai peggio di un felino dal pelo ritto.

Feci in tempo solo a sentire un suo “Brava” sussurrato sulle mie labbra, poi la sua bocca sfiorò la mia ed il mio cervello non riuscì più ad elaborare pensieri coerenti.

Stronzo, schifoso, bastardo, bellissimo e meraviglioso Lorenzo, lo odiavo con tutta me stessa quando faceva così. Eppure, se si fosse comportato diversamente, non sarebbe stato lui e non lo avrei amato così tanto.

Alla fine fui io a bloccare la porta dell’ascensore con la mia schiena, ma sinceramente non ero intenzionata a togliermi tanto presto.

Mi aggrappai a lui e lo strinsi talmente forte da chiedermi come diavolo facesse a respirare. Buffo che fossi io a chiedermi una cosa del genere, visto che ero la prima ad ansimare impudicamente e a fatica fra un bacio e l’altro.

-Lore…- Volevo dirlo in tono autoritario, invece mi uscì un gemito che lo invitò a continuare e ad alzarmi la felpa per accarezzarmi la pelle nuda della schiena.

Infilai le dita fra i suoi capelli e sospirai, -Lore…la scuola…- Gemetti nella sua bocca quando mi scostò il reggiseno.

-Si fotta.- Fu la sua risposta.

Grandioso.

La situazione stava decisamente degenerando. Sentivo l’eccitazione di entrambi crescere e delle fitte sempre più frequenti e insostenibili tra le mie gambe.

Poggiai le mani sul suo petto per allontanarlo, provocandomi un brivido lungo tutta la spina dorsale, -Se esce tua madre da quella porta mi farai fare la peggiore…- Mi baciò di nuovo per zittirmi, sorridendo sulle mie labbra, -Figura di merda…della mia vita.- Continuai ansante.

Per non parlare del fatto che ci avrebbe potuto sentire chiunque sulle scale, non eravamo propriamente…silenziosi. E se ci avesse visto mia madre dallo spioncino della porta? O Glenda, o Rossella…

Anche se era il pensiero che fosse Amelié a vedermi avvinghiata a suo figlio a terrorizzarmi maggiormente.

Per carità, mi era sembrata una donna molto gentile, disponibile e comprensiva, ma…seriamente, che figura ci avrei fatto se ci avesse scoperti in quel momento? Mi sarei giocata definitivamente l’opportunità di star simpatica a mia suocera come fidanzata di suo figlio. Mi avrebbe visto come la troietta che lo aveva sedotto e costretto a saltare la…

-La scuola!- Sbottai, questa volta a voce più acuta e stridula. Forse il fatto che avesse infilato una mano dentro ai miei jeans aveva contribuito ad alterare il mio tono…

Lui fece un profondo respiro per cercare di calmarsi e si scostò per guardarmi bene in viso, -Fammi capire…- Socchiuse gli occhi infastidito, -Sono eccitato da morire, riesco solo a pensare a quanto cazzo ti voglio, e tu invece che gridare il mio nome ti metti a pensare e a gridare “La scuola”?- Imitò il mio strillo d’aquila precedente, aggiungendoci un’eloquente smorfia irritata.

Sorrisi sotto i baffi che non avevo: era un amore. Se glielo avessi detto si sarebbe sicuramente incazzato, ma con quel broncio offeso era…un amore.

Non immagini nemmeno quanto vorrei lasciar perdere tutto, scuola compresa…

-Esatto.- Trattenni a fatica una risatina isterica, -La scuola Lore…- A differenza sua stavo ancora ansimando fra una parola e l’altra, complice il fatto che le sue mani mi stessero mandando a fuoco la pelle fino ad un attimo prima, -Siamo in ritardo.-

-E credi che me ne freghi qualcosa?- Fece ironico, -Oggi possiamo pure bigiarcela, non ci andrà nessuno, siamo rientrati ieri dallo stage!-

-Scherzi?- Misi discretamente al loro posto il reggiseno ed il maglione, -Ci sarà la spiegazione di geografia oggi, non voglio perderla!-

-Ma che cazzo…?- Avrebbe sicuramente continuato con un “te ne fotte”, ma si interruppe all’ultimo e si passò una mano fra i capelli incredulo, -Sei una secchiona di merda, lo sai?-

Socchiusi gli occhi stizzita, -E tu uno stronzo. Ricordati di dirmi che sarò una “secchiona di merda” anche quando sarò laureata, ok?- Schiacciai il tasto per chiamare l’ascensore.

-Come no, me lo segno come promemoria sul cellulare.-

Sbuffai e cercai di sistemarmi alla bell’è meglio, dovevo essere in uno stato a dir poco pietoso; le labbra gonfie di baci, gli occhi lucidi, i capelli per aria e le guance rosse e bollenti. Facevo pena ed ero pure in ritardo, un rientro a scuola in grande stile.

L’ascensore arrivò ed io aprii la porta esterna, voltandomi verso di lui in attesa.

Storse appena la bocca contrariato, -Dammi almeno un buon motivo per non bigiarmela e per venire a scuola con te.-

Perché altrimenti ti prendo a calci? Perché mi incazzo?

Nah, quelle frasi non avrebbero funzionato con Lore, ci voleva qualcosa di più…stimolante per lui.

Finsi di pensarci su, poggiandomi l’indice sul mento, -Non te ne sei accorto?- Mi sforzai di sorridere furbescamente, nonostante stessi avvampando per l’imbarazzo, -Ho messo il reggiseno nero di pizzo che ti piace tanto.- Se non altro il mio sorriso imbarazzato lasciava sottintendere qualcosa di particolarmente…malizioso.

Alzò appena un sopracciglio, poi sospirò e le sue labbra si piegarono in un ghigno, -Andata.-

La strada in autobus fu relativamente tranquilla; lui si sedette al suo solito posto in fondo ed io rimasi in piedi lì accanto.

Non si poteva proprio dire che fosse un gentiluomo, ma anche se avesse provato a cedermi il posto gli avrei risposto di no, non mi piaceva sedermi sui mezzi pubblici.

Parlammo del più e del meno come non eravamo mai riusciti a fare prima di Exeter, almeno finché io non spezzai il discorso con una domanda cretina del tutto fuori luogo, -Intendi dirlo a tua madre e alle tue sorelle?- Mi morsi la lingua un secondo troppo tardi, ormai avevo appena reso la conversazione imbarazzante.

Sapevamo entrambi di cosa stavo parlando, non c’era bisogno di specificare nulla.

Mi sentivo come una bambinetta piccola che portava un disegno alla madre e la assillava con un “Ti piace? Ti piace?”.

Allora? Glielo dici? Glielo dici?

Ero identica.

Sfoggiò un irritante sorrisetto compiaciuto che mi fece distogliere lo sguardo a disagio, -No, perché dovrei? Non parlo di queste cose con loro.- Con la coda dell’occhio lo vidi fare una smorfia.

Traduzione: “non voglio parlare di te con loro”. O “non voglio che sappiano di te”, ancora peggio.

Ma certo, che mi aspettavo? Che mi invitasse a cena e mi presentasse a loro come la sua ragazza? Stavamo insieme da pochissimo, eravamo giovani, non dovevamo mica sposarci! Non potevo rimanerci così male per così poco, non era una tragedia se nessuno della sua famiglia sapeva di noi…

-Se lo dicessi a Glenda non la smetterebbe più di rompermi i coglioni.- Aggiunse, forse dopo aver visto la mia espressione delusa, -Lei e quella storia del “L’Oréal”.- Alzò gli occhi al cielo innervosito al solo ricordo.

Lo sapeva quindi...dimenticavo sempre che anche lui aveva letto il diario di Glenda.

Arrossii involontariamente al pensiero che lo avesse fatto quando ancora per lui non ero che una buona scopata, chissà cosa aveva pensato.

-E mia madre...- Riportai lo sguardo su di lui.

-Ho dovuto sopportare per anni le sue minchia di domandine curiose sulla “fidanzatina”, ora che ha finalmente smesso di chiedermi se ce l’ho…- Schioccò la lingua e fece un’espressione così contrariata che non ridere fu impossibile.

-Va bene, non fa niente.- Dissi fra una risata e l’altra, più sollevata, -Non sono così cattiva da volere che tua madre e Glenda ti assillino.-

Sorrise e mi passò una mano intorno alla schiena per attirarmi a sé, facendomi cadere…sulle sue gambe.

Merda.

-No, che…? Lore!- Cercai inutilmente di richiamarlo a disagio e di rialzarmi: che cavolo, ero spiaccicata al vetro del finestrino e stavo praticamente in braccio a lui in un luogo pubblico!

Lui non spostò comunque la mano dalla mia schiena di un millimetro e riprese il discorso come se nulla fosse.

-Perché, tu…?- Mi guardò di sbieco e attese impaziente una risposta che non arrivò.

Dove voleva andare a parare? Io cosa?

Provai di nuovo ad alzarmi approfittando di quella sua distrazione, ma la mia posizione non migliorò affatto, anzi. Agitandomi così finii solo per finire a cavalcioni su di lui.

Ok, meglio star ferma, prima che qualcuno ci denunciasse per atti osceni in luogo pubblico. O peggio, che il conducente ci facesse scendere dall’autobus, come cavolo ci sarei arrivata a scuola?

-Tu l’hai detto a tua madre?- Mi chiese con un tono di voce indecifrabile.

-Eh?- Lo guardai in faccia nonostante l’imbarazzante vicinanza; era stranamente serio e…nervoso? -No, io…no, non ne ho avuto il tempo, sono arrivata solo ieri e…- Scossi la testa, -No.- Ignorai a fatica le occhiate di rimprovero dell’anziana signora seduta dietro di noi e mi concentrai nuovamente sul mio ragazzo.

-Ah.-

Un momento. Il mio cuore ebbe un sussulto quando mi accorsi di quel qualcosa che stonava nella sua risposta.

-Cos’era quello?- Sgranai gli occhi allibita.

-Quello cosa?- Era già sulla difensiva, decisamente sospettoso.

-Quell’“ah”, cos’era?-

Alzò un sopracciglio, guardandomi come se fossi scema, -Solo un “ah”?- Chiese in tono ovvio e vagamente annoiato. E per nulla credibile.

-Non era un semplice “ah”!-

-Ma perché cazzo devi per forza vedere qualcosa dietro a quello che dico?-

Mi venne quasi da ridere e la cosa lo stizzì non poco, -Sei deluso! Ti dispiace che non l’abbia detto a mia madre?- Non ci avrei creduto nemmeno io a momenti, non avessi visto con che faccia aveva pronunciato quelle due lettere.

-E l’avresti dedotto da un semplice “ah”, genio? Tua madre poi mi sta pure sul cazzo.- Si stava arrabbiando, ergo avevo indovinato.

-L’avevo immaginato, ma non cambiare discorso, non mi depisti.- Mi avvicinai al suo viso senza smettere di sorridere gongolante.

Porca puttana, bastava un niente per rendermi felice quando si trattava di lui, bastava una sua parola (che poi non lo era nemmeno una parola) a stravolgermi, a scombussolarmi, a farmi scoppiare di gioia.

Nemmeno un dieci in matematica mi avrebbe reso così leggera e su di giri.

Mi alzai quando mi resi conto che eravamo arrivati, ma non prima di avergli riservato un’occhiata soddisfatta, -Mia madre ti adorerà.- Dissi con voce carezzevole, con il chiaro intento di sfotterlo.

Mi lanciò un’occhiata omicida dal basso che mi fece ridere di gusto, -Non me ne fotte un cazzo.-

-Ti trova già carino.- Ricordavo bene il discorso che mi aveva fatto mesi prima, sul fatto che il mio vicino di casa fosse un bel ragazzo.

-La mia autostima sta raggiungendo livelli inimmaginabili.- Rispose ironico, alzandosi a sua volta.

-Sei più simpatico del solito oggi.- Gli diedi una leggera spinta e osservai incantata gli angoli delle sue labbra piegarsi all’insù, nonostante cercasse di non farlo vedere e di mantenere l’aria scazzata di poco prima.

Arrivati davanti all’ingresso, Lore cercò ancora, inutilmente, di convincermi a tornare indietro e andare da un’altra parte. In altre parole cercò di convincermi a bigiare.

-No, prendi esempio da…Vergata?- Mi sfregai gli occhi convinta di aver visto male. Vergata era davvero davanti al cancello della scuola, puntuale, ma soprattutto presente? La cosa aveva dell’incredibile, pensavo sarebbe stato il primo ad assentarsi.

Ci venne in contro e salutò Lore con la classica e stupida stretta di mano stile hip hop; poi, dopo avermi sorriso contento come un bambino davanti ad una caramella, alzò il braccio.

-We, bella Puccio!-

Fissai per un po’ il suo arto fermo a mezz’aria, prima di capire che fosse in attesa di una mia stretta.

-Mmm…yo?- Azzardai, stringendogli la mano e aggrottando la fronte perplessa.

O forse dovevo rispondere “Bella!” anche io?

Ero contenta che Vergata mi avesse salutata come una sua pari, amica, o quel che diavolo pensava, ma non avevo la minima idea di quello che dovessi rispondere, nessuno dei ragazzi che avevo conosciuto mi aveva mai stretto la mano in quel modo.

Ebbi la conferma di aver detto una stronzata quando li vidi piegarsi in due dalle risate un attimo dopo, mentre mi indicavano come se fossi un fenomeno da baraccone divertente. Idioti.

Socchiusi gli occhi irritata, -Andate a cagare tutti e due.- Mi sforzai di sorridere e di trattenere un broncio offeso per non dar loro ulteriore soddisfazione.

-Com’è?- Lore mi mise un braccio intorno alla spalla, gli occhi lucidi per il troppo ridere, -Yo?- Mi imitò, sul volto l’evidente – e inutile – tentativo di non scoppiare nuovamente a ridere.

Casualmente il mio gomito colpì il suo stomaco. Così imparava a sfottere.

Indietreggiò di poco, ma non mollò comunque la presa. Si avvicinò con il viso al mio orecchio, solo per sussurrarmi divertito fra i capelli un “Permalosa” che mi fece rabbrividire.

Cazzo.

Non era nemmeno iniziata la prima ora…quanto avrei resistito se solo sentire le sue labbra così vicine mi provocava una reazione del genere?

Fortunatamente non sembrava averlo notato…

-Puccio non ti eccitare troppo, eh.-

Un’arma. Mi serve qualcosa di appuntito e tagliente.

Dimenticavo di essere circondata da due cretini. Se una considerazione stupida non arrivava da uno, era logico che arrivasse dall’altro.

Avevo già detto comunque che Vergata sarebbe morto molto presto? Restava solo da decidere se prolungare la sua sofferenza o se farlo fuori subito, con un colpo solo. Quanto non sopportavo i suoi commenti del cavolo e quelle risate sguaiate da scimmia stupida.

-Ammazzati Vergata.-

Se c’era anche una sola possibilità che Lore non se ne fosse accorto era andata a farsi benedire ormai.

Lo guardai e, quando notai il sorrisetto compiaciuto che aveva sulla bocca, scossi la testa rassegnata; se n’era accorto eccome lo stronzo!

Così come praticamente mezza scuola si era accorta di noi, del fatto che fossimo abbracciati.

Era indubbiamente bello avere il braccio di Lore sulla spalla, ma era decisamente imbarazzante il modo in cui alcuni tizi che conoscevo di vista si soffermavano a guardarci sorpresi.

Una buona dose di cazzi loro?

Neanche il tempo di borbottare qualcosa contrariata che il mio viso venne bruscamente attirato alla mia destra da una mano; la mia protesta venne stroncata sul nascere dalla bocca esigente del mio ragazzo, che mi strinse a lui incurante degli sguardi curiosi.

E tanti cari saluti alla regola del “niente cose a scuola”.

Dopo un primo attimo di smarrimento, mi avvinghiai letteralmente a lui, circondandogli il collo con le braccia e fregandomene a mia volta del pubblico.

-Puccio, Latini, quando avete finito di giocare a Via Col Vento…-

Mi staccai immediatamente da lui, ansante e imbarazzata, portandomi una mano alle labbra.

Lore si riprese decisamente più in fretta e sfoggiò il suo miglior sorriso da ruffiano, -Salve prof.-

Essere beccati dalla prof di matematica che appena il primo giorno ci aveva messo insieme per delle ripetizioni era proprio…il massimo.

Non seppi dove trovai il coraggio di guardarla; nascondeva bene il suo stupore, ma dal tono di voce leggermente stridulo si era capito che quella era l’ultima cosa che si aspettava.

-In classe, forza. O vi segno assenti.- Ci minacciò, dopo averci lanciato un’occhiata di rimprovero.

Bella figura di merda. Persino i ragazzi delle altre classi e i nostri compagni ci stavano fissando. E tutto per colpa di…

Chiusi le dita a pugno e colpii Lore con forza sulla spalla, -Idiota!-

Che diavolo gli era preso? Cos’era quell’improvviso sfoggio di…affettuosità? Così, davanti a tutti, era impazzito…?!

Lui rise soddisfatto, bloccandomi i polsi con le mani un secondo dopo, -Sentito cosa ha detto la prof?- Si protese verso di me con il viso, il labbro inferiore sporto all’infuori a mo’ di presa in giro, -Non vorrai prenderti una nota sul registro Puccio…Basta “giocare a Via col Vento”, un po’ di serietà.-

In risposta gli arrivò un colpo sull’altro braccio, -Quello che stava giocando eri tu. Cosa della frase “niente cose a scuola” non ti è chiaro?- Lo guardai in cagnesco, pronta ad insultarlo di nuovo, quando una voce conosciuta mi fece desiderare di sprofondare lì, seduta stante, sotto le luride piastrelle del pavimento del corridoio.

-Ali!-

Ecco la risposta a tutto.

L’espressione di Lore ricordava tanto quella di un bambino beccato con il dito nel barattolo della marmellata, pienamente appagato per il suo misfatto. Un gatto con un topolino fra le zampe.

Stronzo.

-Teo!- Quasi mi strozzai con la saliva nel pronunciare quel nome. Ci aveva visti, ci aveva sicuramente visti. Merda.

Mi staccai da Lore e cercai di non arrossire nuovamente. Impresa titanica.

Teo mi sorrise come sempre e si sporse per baciarmi la guancia, senza fare commenti su di noi fortunatamente.

Vidi nitidamente Lore irrigidirsi, ma non fece nulla che potesse far trapelare la sua irritazione. A parte una smorfia impercettibile.

Avevo già il timore che dopo il nostro saluto sarebbe calato uno sgradevole silenzio, invece Teo mi stupì quando spostò lo sguardo su Lore e si sforzò –cosa che apprezzai veramente tanto – di non storpiare nemmeno di un millimetro il suo sorriso.

-Lore.- Salutò, un lieve cenno con la testa.

Non si erano più parlati da…beh, da quella volta al cinema. A Exeter, senza farlo di proposito, stavo con Lore quando non c’era Teo e parlavo con Teo quando non ero con Lore.

A Lore non andava proprio giù il fatto che Teo mi avesse baciata, il fatto che fosse un semplice bacetto a stampo e che per me non avesse significato nulla non era abbastanza per lui. L’intolleranza nei confronti del mio/suo ex-migliore amico restava.

-Valenti.-

Gli lanciai un’occhiata ammonitrice dal basso; ok, non aveva usato il solito tono sprezzante, ma…poteva almeno sforzarsi di chiamarlo per nome, no? Cosa gli costava?

Ad ogni modo il tanto temuto silenzio era stato semplicemente posticipato, visto che calò dopo quella sottospecie di saluto.

Mi mossi sul posto a disagio; non riuscivo a trovare nessun argomento che potesse coinvolgere entrambi e se anche lo avessi fatto, ero sicura al cento per cento che Lore non mi avrebbe assecondata. Si sarebbe limitato a stare zitto e a guardarlo male.

Mi schiarii la voce e scrocchiai le dita nervosa, -Allora…ci vediamo dopo in classe?- Proposi esitante.

La faccia di Teo riprese vita, -Sì, certo! A dopo.- Si vedeva chiaramente che non vedeva l’ora di svignarsela, doveva essere tremenda anche per lui quella situazione.

Sarebbe stato tutto molto più semplice se il mio ragazzo non si fosse comportato da idiota.

Rimasta sola con lui, mi ritrovai a sbuffare come una teiera, -Dovevi proprio chiamarlo per cognome?- Lo accusai, gli occhi socchiusi in un’espressione infastidita.

Si voltò a guardarmi sorpreso, come se gli avessi appena detto chissà quale cavolata, -E come dovevo chiamarlo scusa? È il suo cognome, eh. Non l’ho mica insultato.- Fece spallucce indifferente, -Anche se non mi sarebbe dispiaciuto.-

Ignorai volutamente la seconda parte della frase, -Teo?- Proposi. Dopotutto lui lo aveva chiamato “Lore”.

Sfoggiò un ghigno così odioso che la voglia di mettergli le mani addosso tornò, -Ah-ah, no.- Mi rispose sarcastico.

Sbuffai e feci per aggiungere qualcosa, quando lui mi interruppe, -E il suo nome per intero non è che mi ispiri troppa simpatia, sai.- S’incamminò verso la nostra classe, piegando le labbra in un’espressione dispiaciuta molto poco convincente.

Matteo.

Corrugai la fronte e lo seguii, -Cosa c’entra Teo con il mio ex? Sono due persone diverse.-

Aggrottò le sopracciglia scettico, -Davvero? Mi irritano allo stesso modo.-

Entrammo in classe proprio in quel momento e notai con una punta di sollievo che la prof non avesse ancora fatto l’appello e riportato l’ordine.

Esitai per un attimo sull’uscio, occhieggiando il mio banco in prima fila e sotto la finestra.

Avrei dovuto rinunciarci? Sedermi in fondo con lui? O sarebbe stato lui a sedersi…

Tutte seghe mentali inutili e da donna, lui non si fece nessun problema di quel tipo. Mi superò impassibile e si diresse al suo solito banco, vicino ai soliti Lele e Andrea.

Ok, niente broncio.

Stavamo insieme, ma non potevamo mica stare sempre appiccicati come una di quelle coppiette sdolcinate “Pucci pucci”.

A te piacerebbe Alice.

Sì, ma a lui no. Non era proprio il tipo. E si sarebbe stancato subito di me se gli fossi stata troppo addosso.

Niente cose a scuola.

Fingendo di non esserci rimasta male, presi posto ed aspettai tamburellando le dita sul banco l’arrivo di Mel.

Imprecai a bassa voce e più volte quando, un quarto d’ora dopo, compresi che la mia amica quel giorno non si sarebbe fatta vedere, era rimasta a casa come metà della classe.

Stappai la penna ed incominciai a mordicchiarla nervosa; sei ore sarebbero passate in fretta se fossi rimasta concentrata sulla spiegazione. Niente distrazioni. Nemmeno una. Non importava se, umettandomi le labbra, riuscivo ancora a sentire il sapore di Lore, non importava se sentivo il suo odore addosso…non importava, soprattutto, se sentivo il suo sguardo su di me.

Non mi dovevo girare. Non dovevo girarmi per nessuna ragione al mondo. Sapevo che mi stava guardando, lo sentivo su ogni centimetro di pelle, ero più che certa che se mi fossi voltata avrei incontrato i suoi occhi.

Per qualche stupido ed involontario motivo, il respiro accelerò ed il cuore prese a tamburellare freneticamente nel petto.

Mi mossi nervosa sulla sedia ed accavallai le gambe, cercando di prestare attenzione solo ed esclusivamente alle parole della prof. Il teorema degli zeri in quel momento era il centro del mio mondo, la cosa più importante, non doveva esistere altro.

Sospirai e mi passai una mano fra i capelli, scoprendo di avere la fronte ed il collo sudati ed appiccicaticci. Già non capivo nulla di matematica quando non avevo Lore a distrarmi, figuriamoci ora! Ma come diavolo avevo fatto quel primo pomeriggio di ripetizioni a concentrarmi su quello che mi diceva e non su di lui?!

Compresi presto di non poter andare avanti per sei ore così; come potevo prendere appunti e studiare se lui mi faceva quell’effetto solo guardandomi? Come potevo scrivere qualcosa sul quaderno, se la mano tremava e la penna mi scivolava dalle dita sudaticce? Ed il respiro affrettato, il cuore impazzito? Neanche stessi avendo un attacco di qualcosa!

Repressi più volte l’istinto di voltarmi per fulminarlo con lo sguardo ed intimargli di smetterla. Qualcosa mi diceva che lui fosse perfettamente consapevole dell’effetto che aveva su di me e che lo stesse facendo di proposito. Maledetto.

Ruotai di pochissimo la testa, giusto per accertarmi che mi stesse davvero guardando e non fossero solo paranoie mie.

Era seduto scomposto –come sempre-, appoggiato al muro con la schiena e voltato –come avevo previsto – verso di me. Quando incrociai i suoi occhi, si umettò lievemente le labbra e sorrise malizioso, rischiando quasi di farmi strozzare con la saliva.

-Puccio girati.-

Desiderai di poter sparire con un “puff” quando la voce della prof mi portò nuovamente alla realtà.

Perché, perché dovevo sempre fare figure di merda?

Suonata la campanella che decretava la fine di quella tortura, mi alzai e mi diressi a passo spedito verso il suo banco.

-La smetti?- Non diedi nemmeno il tempo a Lele di congedarsi per lasciarci soli, piombai su di loro con quella frase, ringhiata fra i denti come una minaccia –o una preghiera?

Lui sbatté le palpebre in una perfetta espressione meravigliata, -Di fare cosa?- La sua bocca chiedeva una cosa, i suoi occhi maliziosi ne dicevano un’altra.

-Lo sai benissimo.- Incrociai le braccia al petto intimidatoria, mentre Lele si alzava un po’ impacciato dal suo posto per andarsene.

Si stravaccò sullo schienale della sedia e sfoggiò uno dei suoi consueti e fastidiosi sorrisetti, -Qual è il problema?-

Feci un respiro profondo per cercare di calmarmi, -Non riesco a concentrarmi sulla lezione d’accordo? Mi distrai.- Sputai fuori tutto d’un fiato. Pazienza se dirlo così, ad alta voce, fosse a dir poco imbarazzante, volevo sfogare su di lui la mia frustrazione.

-Guarda che lo so cosa stai facendo…- Poggiai le mani sul banco e mi inchinai verso di lui con aria torva, -Ma non attacca. Quella regola non si cambia.-

Niente cose a scuola.

Poteva spogliarmi quanto voleva con lo sguardo, poteva farmi sudare ed eccitare, poteva distrarmi e farmi innervosire, ma non mi sarei mai chiusa con lui in uno sgabuzzino o in bagno per fare…quello! Non qui! Avevamo i pomeriggi, i week end, ma a scuola…no!

-Ma se non ho fatto niente, sei paranoica!- Ridacchiò fra una parola e l’altra, alzando le gambe anteriori della sedia e sorreggendosi solo su quelle posteriori.

Si alzò in piedi di scatto poco dopo, proprio mentre stavo valutando quanto male si sarebbe fatto se lo avessi spinto a terra.

Fece una smorfia, -A parte baciarti davanti a quelle teste di cazzo in corridoio per far capire loro di chi sei.- Precisò, in tono calmo e studiato.

-Tu cosa?!- Non c’entrava nulla Teo allora! L’aveva fatto per…per marcare il territorio, lì, davanti a tutti, per far capire che fossi proprietà privata.

-Brutto…!- Era in momenti come quelli che mi pentivo di non avere muscoli nelle braccia e di non saper tirare un Signor Pugno.

-E comunque…- Ammiccò a due centimetri dalla mia faccia, offrendomi una buona possibilità per colpirlo, -Se decidessi di eliminare quella inutile imposizione probabilmente non avresti questo genere di problemi.- Passò oltre il banco per avvicinarsi di più e poggiare una mano sul mio fianco per attirarmi a sé, -Saresti più…rilassata durante le lezioni.- Il modo in cui le sue labbra pronunciarono la parola “rilassata” nel mio orecchio mi fece tremare le gambe.

Non saltargli addosso, non saltargli addosso.

L’avrebbe avuta vinta lui di quel passo, era dannatamente bravo.

Mi sfiorò con nonchalance la guancia quando si allontanò ed un’ondata del suo profumo mi stordì, -Ma dato che non vuoi cambiare idea…non lo farò nemmeno io. Faccio solo quello che voglio, lo sai. Non infrango nessuna inutile regola delle tue.- Si morse maliziosamente il labbro, superandomi e lasciandomi lì, a bocca aperta come un’idiota.

Ok, la faccenda andava chiarita e risolta. Non gli avrei dato la soddisfazione di infrangere quella regola, ma dovevo trovare un modo per non impazzire durante le lezioni, dovevo trovare un modo per concentrarmi su quello che ascoltavo durante le lezioni e non su di lui.

Faccio quello che voglio.

Era solo un capriccio il suo. Odioso, irritante, stronzissimo. Avrei fatto anche io quello che volevo –e con questo non intendevo cedere e farmelo selvaggiamente, ma tenere duro e mantenere un atteggiamento consono all’ambiente scolastico.

Mi serviva tutto l’aiuto delle mie amiche per riuscirci, quello era solo il primo giorno di scuola dopo lo stage, avevo tempo per lavorarci su.

 

 

 

*Note dell’autrice*

 

Mi ero scritta tutto un bel discorsetto da farvi, una serie infinita di scuse per il ritardo mostruoso, dovuto alla mancanza di tempo e di ispirazione, ma alla fine, visto che vi ho fatto attendere anche troppo per questo capitolo, ho deciso di postarlo ora, nonostante l’ora.

Non so come sia venuto, non so se Lore e Ali vi siano sembrati diversi o sempre gli stessi. Ho cercato di renderli come sempre, sono sempre Lo Stronzo e la Nanerottola isterica, lui è sempre scostante, scazzato –e innamorato. Lei è sempre isterica, romantica –e innamorata.

Non sono una coppia “pucci pucci”, Lore non è tipo da messaggi dolci o da alzarsi in autobus per lasciarle il posto a sedere. Lore è il tipo che la stringe a sé per far vedere agli altri che è sua, è il tipo che la punzecchia e prende in giro.

Sono sempre, costantemente, a punzecchiarsi questi due. A litigare su tutto, si troveranno mai d’accordo su qualcosa? XD

Mi divertirò parecchio a sviluppare il loro rapporto, ci saranno anche momenti di crisi, momenti di serietà e momenti, nonostante Lore non li sopporti :P, di dolcezza.

Questa è più una raccolta, ci saranno dei salti temporali ogni tanto (ovviamente vi avvertirò quando capiterà.)

Ora che mi sono sbloccata (avevo paura di non riuscire a rendere bene Lore e Ali, di deludervi dopo Tra l’odio e l’amore), spero di riuscire a scrivere molto più in fretta gli altri extra.

Che altro dire? Spero vi siano piaciuti e vi ringrazio, davvero, di cuore per il calore dimostratomi fino ad ora! Siete meravigliose (:

E mi scuso se il fatto che io non abbia ancora risposto alle recensioni possa esser visto come una mancanza di rispetto nei vostri confronti…giuro che non è mia intenzione, apprezzo davvero tantissimo i vostri commenti, li leggo e li rileggo quando l’ispirazione manca e di tanto in tanto rispondo a qualcuno, molto lentamente, ma lo faccio.

Un bacione e a presto (giuro, prestissimo!)

Bec

   
 
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