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Autore: Darik    08/10/2012    4 recensioni
A volte, un desiderio non corrisposto può attirare le attenzioni di qualcun'altro, che può essere molto, molto pericoloso.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA PRINCIPESSA E IL CAVALIERE


1° Capitolo

Il vento muoveva delicatamente le fronde degli alberi, diffondendo un’aria primaverile.

Collocato in uno spazio tutto suo, separato dal resto del bosco, c’era un grande albero, vecchio di secoli, che da tanto, troppo tempo non vedeva passare nessuno.

Però in quel momento stava per ricevere una visita.

Dal gruppo di alberi circostanti arrivò una ragazza, con indosso una divisa delle medie.

Titubante, con passo indeciso, si avvicinò al grande albero, fermandosi alla sua base.

Dopo di che, guardò l’orologio.

“Asakura aveva detto che sarebbe venuta a quest’ora”.

Cercò di calmare la sua mente, inspirando ed espirando con forza, facendo appello a tutto il suo coraggio.

Avrebbe preferito certamente orde intere di demoni, piuttosto che una situazione del genere.

Ma Asakura aveva ragione, per troppo tempo aveva tergiversato, temendo un rifiuto: ora basta, era venuto il momento di chiarire definitivamente come stavano le cose, e un luogo isolato le avrebbe tenuto al sicuro da sguardi indiscreti.

“Setsy!”

Il cuore le sobbalzò quando, dagli alberi davanti a sé vide arrivare la sua principessa, Konoka Konoe.

Una folata di vento le scompigliò leggermente i lunghi capelli, che lei trattenne con una mano, mettendosi involontariamente in una posa che faceva risaltare interamente la sua splendida silhouette.

“Setsy, allora, cosa hai trovato qui di così bello?”, le domandò quando fu di fronte a lei.

“Eh? Trovato?”

“Sì. Asakura mi ha detto che volevi farmi vedere una cosa molto importante”.

“Ah sì, la cosa molto importante era che…”

Nonostante il suo autocontrollo fosse sempre eccezionale in battaglia, stavolta sembrava che l’avesse completamente abbandonata, e lei prese a tremare fortemente.

“Setsy, ti senti bene?”

“Io… ecco… io…”

“Hai forse la febbre?”, le domandò Konoka avvicinando sempre di più il proprio viso al suo.

Probabilmente voleva toccarle la fronte per confrontare le loro temperature, ma quando Setsuna vide gli occhi di Konoka, così sereni e profondi, puntarsi sui suoi, e si accorse delle sue labbra, così vicine, deglutì, aprì le braccia, come se volesse…

Fu solo un attimo, perché si girò di scatto.

“Setsy? Ma cos’hai?”

Setsuna guardò freneticamente in giro, poi il suo sguardo si accorse di qualcosa che stava ai piedi dell’albero.

“Questo! Volevo mostrarle questo, lady Konoka!”

La spadaccina indicò un piccolo tempietto che stava ai loro piedi: una costruzione molto semplice, con due pezzi di legno dalla forma quadrata che facevano da pareti, sormontati da un minuscolo tetto spiovente. All’interno c’era una statuetta in pietra dalle sembianze vagamente femminili.

Konoka lo scrutò con attenzione.

“No! Che figuraccia! Adesso lady Konoka penserà che l’ho fatta venire in quest’angolo del bosco per nulla!”

“Wow, Setsy! E’ bellissimo!”

“D-davvero?”

“Sì, mi piace molto, è così carino, semplice e artigianale, come i giocattoli di una volta. Ti ricordi quando eravamo piccole? Ci divertivamo un sacco a fare le costruzioni come questo tempietto: con i sassi facevamo un castello e un fossato, io muovevo la bambola della principessa e tu quella del prode cavaliere che doveva salvarla”.

“Oh sì, era bello”, confermò Setsuna sfoggiando un sorriso malinconico.

I bei tempi di una volta, quando erano solo loro due, niente problemi, niente combattimenti, niente demoni, soltanto due bambine felici di stare insieme, che col potere della fantasia potevano trasformare tre fila di sassi gli uni sugli altri in un castello fortificato, e un piccolo rospo di fiume in un terribile drago nero.

“In realtà”, riprese Konoka, “sai che un po’ t’invidiavo?”

“Eh? Lei invidiava me?”

“Sì, perché tu facevi sempre il cavaliere. E’ un ruolo così romantico che mi sarebbe piaciuto farlo io qualche volta”.

“Lady Konoka, doveva solo chiederlo”.

Konoka mise le mani in avanti. “Oh no, non mi sarei mai permessa di rubare un ruolo che per te era perfetto!”.

Detto questo, prese Setsuna per un braccio, volendo abbracciarla in preda ad un attacco di nostalgica euforia, e per lo slancio, entrambe caddero per terra, con Konoka sopra l’amica.

“Ops, scusa, ho esagerato. Stai bene?”

Setsuna avrebbe voluto rispondere, ma contro la sua volontà, i suoi occhi si erano puntati sulla camicetta di Konoka: nella caduta si erano slacciati alcuni bottoni, e ora il seno della ragazza era ben visibile.

I suoi lunghi capelli castani cadevano sul volto di Setsuna, solleticandolo lievemente.

“Setsy, ma stai bene? Mi sembri strana”.

“Lady Konoka… io…”

Di nuovo le braccia della spadaccina si mossero, come per abbracciare quella splendida persona che le stava sopra.

“Lady Konoka… no, non così!E’ Konoka! Possibile che non l’ho ancora capito?!”

Setsuna, delicatamente, fece spostare l’altra e si mise a sedere.

“Lady Konoka, senta, penso che Asakura abbia altre cose interessanti da mostrarle”.

“Davvero? Evviva, la giornata delle sorprese! Andiamo a vedere!”

“Vengo più tardi”.

“Eh? Non vuoi venire con me?”

“Lei si avvii, la raggiungerò tra breve”.

Pur guardandola in modo strano, Konoka le diede retta e si allontanò.

Rimasta sola, Setsuna fece qualche passo verso il grande albero, per poi finire in ginocchio.

“Patetica! Quanto sono patetica! So affrontare orde di mostri, mi sono impegnata in un allenamento mortale, ho imparato a essere una delle migliori spadaccine del Giappone: ma non riesco a confessare quello che provo, neanche a suggerirlo. Sono solo una mocciosa, niente di più”.

Mentre qualche lacrima le cadeva dagli occhi, si alzò una folata di vento più forte delle altre, che fece cadere la statuetta del minuscolo e rudimentale tempietto.

Setsuna la rimise in piedi.

“Tsk, l’unica cosa buona che sono riuscita a fare oggi”.

Piena di rabbia verso se stessa, di dolore e vergogna, ritornò al Mahora.


“Uh? Che cosa è stato?”

Il preside del Mahora, Konoemon Konoe, stava leggendo un libro nel suo studio, quando aveva percepito uno strano brivido corrergli lungo la schiena.

Si alzò dalla poltrona e si affacciò alla grande finestra che dava sulla città dello studio: tanti edifici e, più in lontananza, l’immenso bosco.

Davanti a quella vista, rammentò quanto poco sapesse lui stesso della zona che ora ospitava tutte quelle costruzioni umane: il territorio su cui sorgeva la scuola, sin dai tempi antichi era stato considerato sacro, o maledetto, secondo i punti di vista, tante leggende si erano accumulate nel corso della storia, leggende che poi erano diventate miti, talmente antichi che il ricordo se ne era perso.

Per difendere gli studenti da possibili minacce, Konoemon aveva passato tutta una vita a studiare la storia del Mahora, e aveva raggiunto una conoscenza assai approfondita, ma questo non significava che anche per lui non esistessero ancora tante cose ignote.

Perciò, collegò quel brivido a uno di quei possibili misteri sconosciuti.

“Meglio chiedere a Takamichi di investigare nella zona del bosco”.


Setsuna rientrò nella sua stanza, e si lasciò andare sul letto, sdraiandosi a pancia sotto.

Lanciò un’occhiata distratta alla sua spada, riposta in un angolo.

“Spada, a volte t’invidio: non hai emozioni, agisci in base ai voleri del tuo padrone, fai il tuo lavoro e basta, senza provare tutto questo groviglio interiore”.

Bussarono alla porta, pigramente Setsuna andò ad aprire.

“Chi… lady Konoka”.

La nipote del preside era proprio davanti a lei.

“E’ successo qualcosa?”

“Volevo sapere se stavi bene. Prima nel bosco mi sei sembrata così strana”.

“Un momento di depressione”, confessò, per poi volersi mordere la lingua.

“Depressione? Chi ha osato far deprimere la mia Setsy? Dimmi chi è stato e gli darò un cazzottone sul naso”, minacciò Konoka con un’espressione che però sembrava più buffa che pericolosa.

“Non si preoccupi, non era niente”.

Konoka la squadrò. “Non me la racconti tanto giusta, forse chiacchierare con me ti aiuterà. Nel frattempo ti faccio un po’ di the”.

Nonostante le resistenze di Setsuna, Konoka in pratica la spinse dentro, la fece sedere sul letto e cominciò ad armeggiare intorno a fornelli e teiere.

La trovò una sensazione strana, ma anche piacevole, vedere Konoka prendersi cura di lei in una situazione così ordinaria e domestica.

“Chissà come starebbe bene, adesso, con addosso solo un grembiule da cucina… no! Che vado a pensare!”

“Mi perdoni!”, esclamò Setsuna rossa in viso e alzandosi di scatto.

“Uh? Per cosa?”

“Niente, scusi…”, concluse imbarazzata l’altra tornando a sedersi.

Il the fu pronto in breve tempo, Konoka lo versò in un bicchiere e lo porse a Setsuna, che lo trovò squisito e fece arrossire l’altra con i suoi complimenti.

“Dimmi, Setsy, chi pensi che sia la migliore della classe?”

“La migliore? In che senso?”

Konoka prese una sedia e si mise davanti all’amica. “La migliore. C’è qualcuna che è superiore alle altre per bellezza, intelligenza, o forza?”

“Scusi, ma lei non lo sa? Voglio dire, siamo nella stessa classe”.

“Mi piacerebbe avere la tua opinione. Tutto qui”.

“Be, sul piano dell’intelligenza, Chao batte tutti, ma ora che è tornata nel suo tempo, la prima è Hakase, seguita dalla capoclasse. Come bellezza, sono tutte affascinanti, certo la capoclasse e Naba sono le più curate ed eleganti. Per le combattenti, Mana, Kaede, Ku Fei, Chachamaru, anche Asuna, grosso modo si equivalgono. Comunque la più forte resta sempre Evangeline: vale quanto un esercito. Non si ricorda cosa ha fatto a Kyoto?”

“Già, Kyoto… e tu, invece, come ti consideri?”

“Io? Mi mette un po’ in imbarazzo, non vorrei sembrare arrogante, comunque so difendermi bene. Rientro nel gruppo che ho descritto prima”.

Konoka rimuginò con una mano sul mento. “Ti sei allenata parecchio da piccola, vero?”

“Sì, pensavo lo sapesse già”.

“Certo. Però ho il sospetto di non aver capito veramente, allora, cosa significasse. Tutti quei sacrifici… erano per me?”

Setsuna in quel momento per la sorpresa avrebbe voluto sputare fuori il the, ma ormai era sceso nel suo stomaco.

“Lady Konoka… non lo aveva capito, cioè, lo aveva intuito…”

“Come già detto, sto cominciando a capire davvero le cose. Ti sei allenata intensamente per me, ma non solo per proteggere una principessa, una persona importante, no, volevi proteggere proprio me, la mia persona… perché mi ritieni speciale?”

Setsuna ebbe una voglia matta di indietreggiare e nascondersi sotto il letto, mentre Konoka la scrutava con occhi penetranti.

“Ti prego, Setsy, voglio una risposta. Io sono speciale per te?”

Quando la spadaccina vide l’altra mettere una mano sulla sua, la voglia di nascondersi mutò in un forte desiderio di scappare dalla stanza, anzi dal dormitorio, o ancora, dal Mahora stesso.

“Setsy… dimmelo, ti prego”.

“Oh no, e ora che faccio? Scappo? Lo vorrei tanto, ma non posso farlo all’infinito, e poi, forse lei potrà capirmi… insomma, lady Konoka non prenderebbe mai in giro i sentimenti di qualcuno…”

Setsuna chiuse gli occhi, inspirò, li aprì e gridò, tutto di un fiato: “Sì, lei è speciale per me!”

Konoka piegò la testa di lato e sorrise. “Allora avevo capito bene. Setsy, sei fantastica, e il tuo affetto mi rende felice”.

“F-felice?”

“Sì, tanto tanto. Ora devo andare, e ti chiedo di farmi un favore: domani, in classe, non dire nulla a nessuno, io farò lo stesso. Immagina altrimenti come spettegolerebbero tutte quante. Facciamo conto che questa discussione non sia mai avvenuta, d’accordo?”

“V-va bene”.

Konoka le sorrise ancora, Setsuna si sentì la testa molto leggera.

“Ci vediamo poi, Setsy”.

“Certo, lady Konoka”.

“Basta con quel lady, chiamami Konoka e basta”.

“Ha… hai ragione, che stupida che sono. Me lo avevi già detto”.

“Già, te lo avevo detto…”, concluse Konoka uscendo.

Setsuna si stese sul letto, un miscuglio di emozioni si agitava dentro di lei, che comunque, alla fine generò una grande gioia liberatrice.

  
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