Jeremy
Una merda, una vera merda.
Cammina a testa bassa come ogni mattina, il vicolo puzza di
piscio e vomito, di vita e morte. Due piedi spuntano da una siepe bassa, un
paio di scarpe consumate dai troppi passi, il corpo invaso dai piccioni e dai
vermi.
Lo zaino dimenticato a casa insieme al panino avanzato di
ieri sera, chiuso nella plastica trasparente lasciato ad ammuffire sul tavolo
della cucina. I suoi genitori sono usciti di casa senza nemmeno salutarlo, il
tonfo della porta è arrivato fino alle sue orecchie, nascoste sotto un cuscino
al terzo piano. Una casa troppo grande per lui, una casa che nasconde, una casa che tiene lontani dal
mondo e da se stessi. Una camera senza specchi, solo una fotografia sul soffitto.
Il sorriso di un bambino, un lui di qualche anno fa stretto nella morsa di un
abbraccio. Effimera felicità, finzione e ingenuità andata persa.
E’ cresciuto con la paura addosso, paura di non essere
adatto, paura di non appartenere nemmeno al proprio corpo, un corpo troppo
fragile, troppo dolorante e schernito in continuazione. Ma le ferite del corpo
non sono nulla paragonate a quelle di una mente tormentata e sofferente. Gemiti
strazianti camuffati in respiri incostanti e a volte anche troppo lenti,
lacrime amare sorpassano le palpebre e scendono sulle guance a bagnare labbra
dischiuse e ad avvelenare il palato. Insoddisfazione, incomprensione, inadeguatezza.
Urla soffocate arrivano a timpani straziati, voci familiari ma distanti gridano
colpe al vento, è un ragazzo e non fa che stare chiuso dentro casa, dentro le
pareti di una stanza buia e anonima, ha l’anima nera, ha la pelle diafana, il
sole ha smesso di entrare nella sua stanza ancora prima che raggi di speranza
si spegnessero nelle cavità ferrose del petto.
Cammina a testa bassa guardandosi la punta dei piedi.
E’ stanco, stanco dei loro volti, stanco delle loro risa,
stanco del viso di lei che si tende in un sorriso sempre troppo largo, sempre
troppo finto, sempre troppo costruito e spaventato dal suo sguardo lontano e
triste. Ma lui non è triste, non lo è mai stato, è dannatamente insicuro,
insicuro dei propri passi e della propria voce che grida aiuto. E’ colpa loro
se lo è diventato, è colpa loro se adesso ha paura anche solo a tendere una
mano verso il suo viso lontano, troppo lontano, mai abbastanza vicino da poter
essere sfiorato. Sa che potrebbe essere la sua ancora, la sente più vicina degli
altri, qualcosa da poter chiamare amica, anche se indossa una maschera e vede
solo ciò che i suoi occhi le permettono di vedere fermandosi ad un palmo dalla
verità. Troppe voci che condizionano la sua esistenza, troppe grida e occhi
prepotenti. Solo giudizi rinchiusi in cartelle cliniche nascoste negli
armadietti di adolescenti di nemmeno diciassette anni, convinti di sapere,
convinti di rivendicare un diritto che nemmeno Dio sa di possedere.
Ma adesso basta.
Alza gli occhi, la finestra del terzo piano è aperta, la
voce della donna gli arriva chiara, nitida, come il rintocco delle lancette
dell’orologio proprio sopra la lavagna. Entra in classe, non saluta nemmeno.
Non lo fa mai, ma stavolta c’è qualcosa di diverso.
C’è determinazione nei suoi occhi, c’è sicurezza e forza.
Alcuni lo chiamano coraggio o intraprendenza, ma non è altro che disperazione.
E’ il dolore la più grande delle reazioni, il più grande degli stimoli e il
compagno di una vita. La canna della pistola sporge dalla cinta dei pantaloni ma
nessuno la nota, gli occhi di tutti sono puntati nello sguardo di quel ragazzo
dai capelli neri, sempre così schifosamente depresso. E’ uno scarto, una di
quelle cose che getti per strada senza nemmeno curarti di centrare il cestino,
lo calpesti più volte e impedisci a tuo figlio di raccoglierlo da terra. Sempre
troppo spettinato, sempre con addosso quell’odore acre di solitudine e
malattia, con il respiro strozzato e le sue risatine isteriche.
Le nocche sanguinano e gli occhi sono umidi. Ma non una lacrima
sgorga dalle palpebre spalancate. Non sarà lui a piangere, adesso tocca a loro. Sentirsi in
colpa, scoppiare in pianti disperati, destinati a ricordarsi per sempre del compagno che
hanno ucciso con la loro diffidenza.
Non si accorgono né della canna puntata alla tempia, né del
foro che va da parte a parte, né della materia grigia che schizza sulla parete
bianca della classe, né dell’ultimo respiro di un paio di polmoni che tornano
finalmente ad assaggiare ossigeno anche se solamente per un’ultima volta.
Gli occhi incollati sul sorriso di un ragazzo tormentato che
ha trovato il suo sollievo nel terrore e nello sgomento dei loro sguardi.
Soddisfatto guarda il proprio corpo cadere a terra e i loro respiri farsi
sospiri. Soddisfatto saluta due estranei accorrere nella stanza chiamati dalla
presidenza, è la prima volta che li vede correre da lui, è la prima volta che
vede la consapevolezza nei loro occhi, due genitori assenti e colpevoli.
Jeremy ha parlato, Jeremy se n’è andato.
Note rabbiose suonano su una chitarra di legno.
Jeremy ha parlato, Jeremy se n’é andato.
L’ombra di ciò che è stato impressa per sempre sulle pareti bianche di una classe condannata al suo ricordo. Per sempre.
Saaaaaaaaalve. In questo periodo partorisco parole come fossero patatine. Il paragone è insensato ma passateci sopra. I riferimenti sono palesi per chiunque conosca un minimo le mie ossessioni, soprattutto ultimamente. Stiamo parlando di Jeremy dei Pearl Jam, non so fino a che punto la musica si possa considerare passione e non ossessioni, ho perso il limite e credo di averlo sorpassato da un pò..
Tra film al cinema, letture sfrenate e live che avevo in arretrato ho i timpani che fanno male e ho decisamente perso qualche decimo agli occhi, sono una talpa!!
Comunque, c'è anche da dire che i miei parti sono un pò angoscianti e macabri ma spero che cambierà in futuro, cioè prima o poi questa vena si trasformerà nel fluff più assoluto o in qualcosa che non sia morti e polmoni perforati.
Beeeeeeeeeene, grazie alla mia beta che sta dietro a tutte le mie follie..se volete fate un salto da lei vi suggerisco direttamente una sua storia che credo di amare alla follia, e non lo dico perchè sono assolutamente di parte ma perchè si sposa perfettamente con il periodo da musicomane che sto passando..perciò..eccola tipi tanto focosi che se la fanno con le loro groupie!
Bene, me vi saluta adesso.
Lis