Dopo che il Sole avesse ricacciato le ombre e i demoni della Notte nei loro recessi segreti, lo Shah Khshayrsha avrebbe giocato la sua ultima mossa per cercar di convincerlo a recedere dalla sua follia suicida. Il mio re ha rispetto del tuo coraggio, Kyrie…Nel sonno, gli sembrava di sentirla, la voce cantilenante dell’uomo che il Nemico avrebbe mandato per tentare l’impossibile. E si sentì percorrere da un lungo brivido, anche se sapeva che gli incubi e i terrori che la notte porta con sé sono solamente illusioni ed è assurdo temere il buio invece che abbandonarsi al suo abbraccio, come un bimbo che si stringa al seno della nutrice. Sarebbe stata la luce chiara del giorno a portare guerra e morte tra le gole strette del Passo. Il giorno, e uomini fatti di carne e di sangue, come lui, come gli altri che sarebbero rimasti, e non avrebbero tremato. Nonostante tutto.
Il legato del Nemico venne quando il sole splendeva alto nel cielo a portargli gli omaggi e il rispetto del suo signore, il Re dei Re. La bardatura del suo cavallo aveva borchie d’oro e l’elsa della sua scimitarra scintillava di pietre preziose. Ha rispetto del tuo coraggio…Perché continuare a combattere una guerra già persa in partenza, la cui unica conclusione possibile sarà la morte?Il mio Signore vuole che tu viva…L’incubo che aveva sognato e scordato al risveglio gli ritornò con prepotenza alla mente. Leonida alzò le spalle. Lusinghe o minacce non lo avrebbero convinto a barattare la salvezza sua e dei suoi uomini con il prezzo del disonore. Khshayrsha…Un uomo di carne e di sangue, anche lui. Come sperava di potersi opporre all’ineluttabilità del Fato, di fronte a cui anche Zeus è costretto a chinare la testa? Lo pensò e non lo disse, Leonida. Quindi, con un cenno della mano, invitò le sentinelle a lasciar entrare nella tenda l’inviato del Re dei Re.
Rimasti soli, i due uomini si fronteggiarono guardandosi l’un l’altro, come prima di un duello. Seminudo, sudato e stanco il sovrano, scintillante d’oro e odoroso di mirra e di nardo l’altro. Aveva lunghi occhi nostalgici, pesantemente bistrati, e anelli preziosi gli pendevano dai lobi delle orecchie. La sua folta barba, i suoi fluenti capelli bruni erano spruzzati di grigio. Il tempo era passato anche per lui. Shapur. Il Signore dei Lupi.
***
Il
profumo speziato delle
vivande che quell’altro aveva estratto dalla bisaccia gli
stuzzicava
dolorosamente l’appetito, eppure lo straniero dovette
insistere affinché si
servisse, vincendo la sua diffidenza. Mi offenderei se non accettassi
il cibo
che ti offro, e Leonida accettò, in nome
dell’ospitalità.
Focacce
azzime, carne tenera
e saporita, frizzante vino di datteri.
-In
vita mia, non ho mai
mangiato niente di più buono.
Shapur
lo guardava divertito
ingozzarsi come un piccolo cane
affamato. Sei un principe ben strano, Leonida di
Sparta…A che ti servono
nobiltà, prestigio e ricchezze, se vesti come un pezzente e
consideri delizie
paradisiache una focaccia d’acqua e farina, una sorsata di
vino caldo mezzo
irrancidito e un morso di carne secca?So che nella città da
cui vieni qualsiasi
innocente godimento è
giudicato una
depravata mollezza, ma mi sarebbe stato difficile crederlo, se non ti
avessi
visto con i miei occhi e sentito con le mie orecchie.
-Il
cibo, il vino e l’amore
sono i piaceri più sublimi a cui un uomo possa
abbandonarsi.Non sei d’accordo,
principe Leonida?
-Il
cibo deve nutrire il
corpo, non appagare i sensi. E l’amore…Quello
serve solo per generare figli.
-Non
posso pensare che tu ci
creda davvero, ragazzo.
-Mi
è stato insegnato da
qualcuno che aveva più anni e più saggezza di me.
Qualcuno
che s’era messo
d’impegno per cancellare la sua umanità e
trasformarlo in una spietata,
efficiente macchina da guerra in grado di soffocare a comando perfino
le sue
voglie. Senza peraltro riuscirci del tutto, pensò Shapur,
quando un largo
sorriso illuminò la sua faccia
corrucciata. Gli ricordò un cucciolo non ancora del tutto
cresciuto. Un
lupacchiotto dai chiari occhi torvi e il naso spruzzato
d’efelidi dorate, che
si sforza di sembrare feroce per mostrarsi invece quasi comicamente
tenero, a
dispetto di tutto quanto.
Doveva
essere ben
ripugnante, quell’oscena brodaglia di cui Shapur aveva
sentito favoleggiare:
carne e ossame di vecchi buoi inabili al lavoro, cotenne villose di
porco, erbe
selvatiche dal sapore amaro. Lo pensò, e sorrise
benevolmente guardando il
cucciolo ingozzarsi e continuare a bere. Avanti di quel passo, non
avrebbe
impiegato molto a ubriacarsi come un facchino e al ritorno tra la sua
gente
sarebbe stato punito. Di certo lo sapeva, e sembrava non
importargliene.
“Dammene ancora…” Gli occhi gli erano
diventati languidi, la voce impastata.
Non c’era alcuna dignità regale, in quel fanciullo
ubriaco. Doveva essere la
prima volta che beveva fino a stordirsi, senza provare vergogna di
fronte a uno
straniero che poteva, anzi doveva essere un nemico.
Il
vino di datteri di Shiraz impiega
meno
tempo del vostro vino d’uva a generare ebbrezza. Avrebbe
dovuto dirglielo prima
di guardarlo scappare a nascondersi, squassato dalla nausea, per
vuotare lo
stomaco lontano da occhi indiscreti. Era alto, pensò, e di
lì a qualche anno lo
sarebbe stato ancora di più. E il suo corpo snello era un
fascio di muscoli
duri. La schifosa zuppa spartana, aldilà del suo aspetto e
del suo odore
inqualificabile, doveva essere in realtà un ottimo cibo,
apportatore di forza e
di salute... Shapur sorrise ancora.
*Seri=
Mongoli
Khshayrsha=
Serse;
Darayawus= Dario.
Efori=
magistrati spartani.
Taigeto=
monte ai piedi del
quale venivano abbandonati e lasciati morire i neonati deboli o deformi.
Iloti=popolazione
pre
indoeuropea della Tessaglia. Sconfitti dagli invasori di stirpe ariana
dopo
lunghe lotte, erano tenuti in stato di semi schiavitù
perpetuato alla loro
discendenza. I Perieci, i cui antenati si erano arresi senza
combattere, erano
invece liberi, pur non godendo dei diritti politici.