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Autore: DaGio    16/10/2012    2 recensioni
"Molte sono le storie che narrano di leggendarie imprese, in mondi ed emisferi inesplorati, riguardanti città incantate e intere civiltà perdute. Nel continente di Beastarh, però, ce n'è una in particolare che sembra essere nota a tutti".
Questo fantasy non mira tanto all'utilizzo della magia, comparsa di creature o personaggi con abilità innate o doti soprannaturali. Si tratta invece di un libro contenente un storia in parte realistica in cui gli umani hanno un modo di pensare simile a quello delle persone che abitavano il mondo nel medioevo. E' un libro fantasy semplicemente perché la storia si svolge in un mondo inventato e le creature ed alcuni fatti narrati sono del tutto frutto dell'immaginazione. Una grande tematica è sicuramente quella riguardante la religione vista da punti di vista differenti ma ora sta al lettore comprendere appieno il significato che si cela all'interno del racconto.
Genere: Fantasy, Guerra, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Capitolo 1- Penna e inchiostro


Il paggio correva con affanno lungo la cinta muraria interna del grande palazzo in pietra, quando ad un tratto una manica della sua tunica rosso porpora si appigliò alla maniglia di una porta in legno di quercia, quindi tirò con violenza provocandone uno strappo, ma non badò all'inconveniente e proseguì per la sua strada.
Le pietre con le quali era stato costruito il castello erano molto particolari, difatti erano color blu scuro e molto leggere, anche se incredibilmente resistenti.
"Sire Rart! Sire!" gridava il paggio mentre percorreva il corridoio, illuminato dalla luce del sole proveniente dalle innumerevoli finestre.
Rart era seduto davanti alla sua scrivania, nella sua stanza, anch'essa ben illuminata dai raggi solari nonostante la luce fosse filtrata attraverso le tende. Non appena udì la voce del paggio si raddrizzò dalla sua postura curva per scrivere, poi si massaggiò la schiena dolente ed infine si alzó.
Il servitore entrò nella stanza la cui porta era già aperta, rallentò il passo fino a fermarsi, prese fiato e riferì la notizia all'uomo.
"Hanno deciso mio signore, vogliono che tu vada. È un ordine proveniente da vostro zio Sire Fendaron!" annunciò.
Rart spalancò gli occhi per un istante, dopodiché si mise la testa tra le mani e tirò un lungo sospiro.
"Ho capito...va pure", rispose l'uomo e con un gesto della mano congedò il paggio.
Dopo che quest'ultimo ebbe lasciato la stanza, Rart si voltò, mise a posto i documenti ed i vari pezzi di carta in disordine sul tavolo di legno e chiuse con un tappo il piccolo contenitore per l'inchiostro. Con quest'ultimo gesto però una goccia cadde inavvertitamente sopra uno dei fogli puliti, quindi si formò una macchia di piccole dimensioni che prese subito ad espandersi notevolmente.
"Mmh, brutto segno, segno di sventura" mormorò.
Qualche minuto più tardi Rart giunse alla Sala del Consiglio, il salone principale e più grande dell'intero palazzo. Qui erano giunti alcuni membri della nobile casata dei Pemry e Sire Fendaron in persona, il quale stava discutendo con una donna di corte e con il fratello Anvol.
"Finalmente tra noi nipote!!" esclamò Fendaron non appena vide Rart voltandosi, così tutti i presenti rivolsero l'attenzione sull'uomo appena arrivato.
"Zio, padre, desideravate vedermi?" fece quest'ultimo.
"Immagino tu sappia già cosa vorremmo tu faccia, non è così?" chiese Anvol con gli occhi rivolti verso il basso.
"Già...e lo vengo a sapere ufficialmente qui, in questo salotto dove si parla e si scherza, ma su cosa ci sia da scherzare veramente nessuno lo sà. Un'altra persona, un'altro membro della famiglia se ne va ma è come se non fosse successo nulla, io che avevo già un compito ben preciso, ora dovrò abbandonare tutto e tutti! Ma tanto va bene così, nessuno dice niente!" replicò con rabbia Rart.
Tutti i presenti si misero a guardarlo perplessi, nessuno parlava più ma I Pemry sembravano sconcertati ed offesi da quelle parole.
"Ehi, ehi stai esagerando nipote! Che motivo c'è di preoccuparsi così tanto? Dobbiamo fare tutti la nostra parte in questa guerra. E poi tu sei stato addestrato anche per casi come questo giusto?" rispose Sire Fendaron avvicinandosi sorridendo per cercare di calmare l'uomo.
"Certo che una risposta del genere non si addice proprio ad un nobile" intervenne una donna che doveva far parte del feudo dei Pemry.
"Invece voi dovreste vergognarvi, tutti! Chi ha il diritto di mandare i propri famigliari a combattere? Chi mai userebbe un proprio nipote come soldato pronto a morire?!" disse Rart.
"Taci! Dovresti ubbidire senza discutere invece. È un onore poter difendere la propria casata, e poi tutte le famiglie devono fare la loro parte!" sbottò il padre all'improvviso.
"Non ho fatto che scrivere, per tutto questo tempo ed ora volete mandarmi al macello, come potete? Io non sono nato per..." rispose Rart, ma non riuscì a finire la frase che lo zio lo interruppe.
"Ma nipote mio, non devi mica andare al "macello": dovrai semplicemente ordinare alle truppe di muoversi e mettere in pratica ciò che hai appreso in tutti questi anni. Nessuno ha detto che morirai o che perderai la battaglia, noi abbiamo fiducia in te e negli altri membri della famiglia. Scrivere è un lavoro che possono fare i servi, combattere insieme alla gente di rango più basso è un nostro dovere".
"No...è un mio dovere ora, non il vostro di certo", disse malinconico Rart, dopodiché si voltò ed abbandonò la sala.
"Non l'ha presa affatto bene eh? C'era da aspettarselo da uno che non ha fatto altro che scrivere; combattere gli servirà, inoltre è importante che tutti collaborino insieme, anche noi" disse Fendaron rivolto al fratello, il quale a sua volta si scusò con i presenti.
"Lo dovete scusare ma è un periodo difficile per lui, è molto preso dal lavoro ed ora si vede tutto perso".
Rart si avviava con passo veloce verso camera sua, salì le scale e chiese ad una guardia dove si trovasse il maestro di spada, poi proseguì fino al terzo piano, svoltò a sinistra dove un piccolo passaggio ad arco portava alla parte esterna più larga del castello, difesa da diversi arcieri e merlata ai bordi. Sembrava di trovarsi su un immenso balcone, al cui centro era posto un piccolo giardino, all'interno del quale si trovava il maestro di spada del signore feudale.
"Buongiorno Sire Rart" salutò l'uomo vedendo arrivare il nipote di Fendaron.
Egli aveva circa sessant'anni, portava una corta barba incolta ed aveva capelli grigio-neri; era poco più alto di Rart e vestiva con una cotta in cuoio senza maniche e sotto portava una maglia di stoffa verde scuro; indossava un paio di pantaloni neri e due stivali dello stesso colore in cuoio anch'essi.
Rart lo salutò a sua volta con un gesto della mano e si avvicinò al vecchio mentore abbracciandolo.
"Mi serve il tuo aiuto Palrid" disse disperato.
"Cosa succede?" domandò il maestro.
"Mi vogliono mandare in guerra, per affiancare i membri delle altre casate!".
"Capisco...tu non ami combattere, ma ti ricordo che anni or sono arrivasti alle finali nel secondo torneo più importante della regione, fidati se ti dico che è stata dura per me vederti sprecato nella scrittura" contestò Palrid.
"Ma io non voglio avere parte ai combattimenti, comunque sono venuto qui a chiederti l'equipaggiamento che dovrei procurarmi poiché ogni mio lamento sarebbe vano. Dove posso trovare ciò che mi serve?" chiese Rart.
"Sire, ti ricordo che sei un membro della famiglia nobile ed hai già a disposizione tutto ciò che ti serve. Seguimi, ho il tuo equipaggiamento da me", rispose il vecchio mentore sorridendo.
I due scesero dalla scalinata sulle mura interne del palazzo e giunsero fuori dal castello, si recarono in un edificio in legno e pietra situato proprio su un lato delle mura affianco alla saracinesca che separava la parte interna della prima cinta muraria dal paese che si trovava entro le seconde mura, le quali racchiudevano la città principale dei Tenbri.
"Ecco tieni, questa è la tua spada che mi regalasti al termine del torneo, dicendomi che non ti sarebbe più servita. A quanto pare avevi torto" disse Palrid porgendo all'ex allievo la sua stessa spada. L'arma aveva la lama di una lega di acciaio, argento ed una pietra particolare che si trovava solo in quella zona e che dava alla spada la peculiarità di essere leggera e resistente al tempo stesso, inoltre donava alla lama sfumature blu e azzurrine che comparivano come onde sui lati e al centro sullo sfondo bianco argentato talmente pulito che rifletteva i raggi del sole.
"E non è finita qui!" esclamò il maestro, intento ad aprire uno scatolone di legno, dal quale tirò fuori una veste nera con qualche rifinitura ai bordi, dove si potevano notare fili argentati e dorati che avevano perso poco del loro splendore col tempo.
Rart si cambiò e dopo un paio di minuti si guardò allo specchio.
La veste era divisa in due parti: una maglia nera in stoffa con diverse placche in acciaio sul petto e sopra di questa vi era una tunica senza maniche dello medesimo colore, in stoffa ed arrivava più in giù della vita, quindi era chiusa da pochi bottoni e in basso da una cintura marrone in cuoio lucido cui era legato il fodero della spada.
Anche i pantaloni erano neri, mentre gli stivali erano marroni.
"Mi sta proprio a pennello, gli stivali invece sono un po' stretti" commentò l'uomo guardandosi allo specchio.
"In fine ti sarà utile anche qualcosa che possa proteggerti dalle frecce, questo ha il simbolo della vostra casata: due mezze lune ai lati con al centro una T su sfondo blu scuro" disse Palrid sollevando uno scudo non troppo grande con cinque lati e cinque angoli che finiva a punta.
"Questo lo metterò dietro la schiena, sai che preferisco combattere impugnando la spada con entrambe le mani. Ti ringrazio, anche se non vorrei mai utilizzare ciò che mi hai dato, vorrei non essere costretto ed estrarre la spada" rispose Rart.
"Anche se così fosse dubito che saresti tu a perdere, non capisco di cosa ti preoccupi..." replicò il maestro di spada, "Oltretutto sai anche utilizzare molte altre armi: ricordo che nel combattimento con il bastone eri uno dei migliori, anche per quello con le catene e con l'arco sapevi destreggiarti".
"Non sono più un ragazzo in cerca di fama e potere, quelli li ho sempre avuti, è solo che non me ne ero mai accorto. Ora so che chi ha voluto guadagnarseli in quel modo ha fatto una brutta fine" disse Rart.
"Ti riferisci forse alla scomparsa di uno dei tuoi cugini, il secondogenito di tuo zio Fendaron? Secondo me non è morto ma lo tengono semplicemente come ostaggio, pronto da tirare fuori al momento più opportuno, in fondo è da solo una settimana che non se ne ha notizie. Potrebbe essere fuggito".
"Io veramente mi riferivo alla morte di uno dei nostri migliori comandanti, il capitano Jirk...eravamo amici e all'inizio della guerra partì alla testa di mille uomini. Venne trafitto da una lancia il secondo giorno di scontri. Non riesco a capire come la gente possa esaltarsi per questo! Mio padre in realtà teme per me, non vorrebbe spedirmi in battaglia, ma lui non ha l'autorità per contraddire suo fratello e così finge di essere orgoglioso di suo figlio solo perché lotterà insieme ai Pemry" spiegò Rart.
Palrid tacque ed abbassò lo sguardo. Sapeva che colui che aveva davanti non era più il ragazzo di una volta, dall'inizio della guerra, quando il migliore amico Jirk era stato ucciso. Rart però era diverso: tutti si erano resi conto che quell'uomo aveva un talento innato per i combattimenti, talento che lui stesso non voleva sfruttare mai più.
I due rimasero ancora a parlare e discutere dei vecchi tempi per diversi minuti, poi Rart lasciò quello che un tempo fu il suo maestro e aveva sempre ritenuto un amico per ritornare al palazzo.
Erano le sette di sera e quando l'uomo varcò il portone d'ingresso principale del castello , suo padre Anvol gli corse in contro.
"Figlio mio! Mi dispiace ma non ho potuto fare niente, voglio però che tu sappia quanto mi dispiace. Ho fatto preparare per te gli uomini migliori e domani dovrai prepararti per la cerimonia"disse abbracciando il figlio.
"Non importa, lo so che non è colpa tua. Ma a quale cerimonia ti riferisci?" domandò Rart.
"Tu non hai che il tuo nome e l'anello di famiglia ma non hai mai voluto titoli nobiliari. Tutto ciò che mi chiedesti, quando eri un ragazzino, era di investirti cavaliere ma voglio che tu abbia almeno il rispetto degli altri soldati poiché ti troverai anche al fianco di altri eserciti. Domani mattina riceverai il grado di capitano di Ennearel: uno dei cinque che la nostra regione abbia" rispose Anvol.
Il figlio lo ringraziò perché almeno avrebbe potuto avere una posizione di rilievo, alla pari con quella dei membri più importanti degli altri feudi, quindi avrebbe anche potuto evitare lo scontro diretto col nemico.
Il mattino seguente Rart si svegliò alle cinque e mezz'ora più tardi si trovava in chiesa per cominciare la cerimonia.
Egli era vestito con gli abiti che gli aveva consegnato il maestro il giorno prima e Palrid stesso era presente poiché Fendaron aveva avvisato tutto il feudo dell'evento, al quale erano presenti anche i consiglieri, il comandante della guardia scelta, alcuni Pemry presenti in città già dal giorno prima per discutere di affari importanti e ovviamente c'erano tutti i membri della casata Tenbri, fra cui la sorella di Rart, Irda, il cugino primogenito il Conte Kitran con suo padre e un centinaio di cittadini e soldati; a consegnare il medaglione di capitano della regione al cavaliere era Anvol stesso.
La chiesa era grande abbastanza da riuscire a contenere tutta quella gente ed era notevolmente ornata e decorata. Il soffitto era diviso in grandi sezioni, ognuna delle quali era abbellita da un diverso affresco. Ai lati delle pareti erano presenti quattro statue, due a sinistra e due a destra, rappresentanti ognuna una divinità diversa. La religione che dominava l'intera Ennearel infatti era politeista e le quattro divinità erano due appartenenti alla luce e le altre appartenenti alla notte. Le rispettive prime due erano Realthas e Invara, mentre le ultime due si chiamavano Astorx e Mindael. Si dice che il mondo fosse sempre esistito e che solo con la comparsa degli uomini giunsero anche gli dei, i quali aiutarono gli abitanti di quel mondo a progredire ed insegnarono loro a costruire utensili e città ed altro ancora. A partire da questo progresso gli uomini cominciarono però a voler dominare l'uno sull'altro ma le divinità spiegarono loro che l'ostilità non avrebbe portato da nessuna parte. Non tutti gli abitanti del mondo seguirono il consiglio delle divinità e alcuni decisero di ribellarsi ed attaccare i templi e gli altri uomini. Nel frattempo si erano sviluppate due grandi città: una era stata costruita dagli dei della luce, mentre l'altra era nata per merito di quelli della notte, così nacquero due ordini: l'ordine della luce e l'ordine della notte. Le città vennero attaccate subito dagli uomini che volevano dominare su tutti gli altri, così decisero di formare un'alleanza.
Le due città, insieme, riuscirono a contrastare gli invasori e riportarono la pace in tutto il mondo, così che gli dei poterono lasciarli vivere in armonia ma senza più intervenire nello sviluppo poiché temevano che il progresso avrebbe potuto portarli nuovamente ad avere e volere di più. Le due città presero così il nome dei rispettivi ordini: Pemry e Tenbri, che erano anche le due famiglie che avevano unito le loro forze e portato le loro città alla vittoria, assumendone il comando.
Rart era si era sempre mostrato indifferente a questi racconti, forse perché non facevano che narrare storie di guerre e combattimenti guidati da eroi.
In quel momento il cavaliere venne colpito in viso dai primi raggi solari che giungevano dalla grande finestra di fronte e lui e si inginocchiò, aspettando che il padre gli legasse al collo il medaglione. Tutti tacquero ed Anvol si avvicinò per compiere quell'atto molto significativo, quel gesto che per un padre, in quella situazione, voleva dire " questo ti proteggerà, non sarai tenuto a combattere e i soldati saranno pronti a morire per te".
"Giuro di onorare la nostra e le altre casate, così come la regione di Ennearel, fino a quando la guerra sarà conclusa o il mio corpo venga sopraffatto dal nemico. Giuro di adempiere al mio compito perché gli dei possano tornare a guardarci con orgoglio.
Giuro di abbattere ogni ostacolo che troverò davanti ai miei occhi, con ogni mezzo, porterò libertà ovunque i pagani hanno portato sofferenza" recitò Rart, quindi si alzò e baciò l'anello del padre, così la cerimonia finì e quando si voltò tutti i presenti si inchinarono, anche i Pemry e Fendaron.
Il nuovo capitano uscì per primo dalla chiesa, affiancato dal padre e seguito da una cinquantina di guardie scelte. Il popolo applaudiva ed esultava il nuovo capitano che sarebbe partito per compiere gesta eroiche rappresentando la loro città, cosa a cui Rart non pensava minimamente, anche se sentirsi acclamato lo portava a pensare agli anni in cui voleva avere fama, nel periodo antecedente alla guerra, quando si batteva contro mostri immaginari e ogni anno si iscriveva ai più importanti tornei, sempre in rivalità con i Pemry e con le altre, allora più numerose, casate della regione.
Intanto Fendaron stava a guardare la scena da dietro, insieme ad Anvol ed ai Pemry; scrutavano la speranza in quell'unico evento.
"Al popolo serve qualcuno che rappresenti la vittoria, un simbolo! Con questo gesto non avremo più lamentele da parte dei cittadini, né dai sacerdoti" disse a bassa voce il signore dei Tenbri.
"Si ma quanto durerà? Se mio figlio non dovesse farcela, allora la guerra proseguirebbe ancora per anni ed il malcontento arriverebbe ancora più forte di prima, ci potranno essere delle rivolte" aggiunse Anvol.
"E allora sarà meglio che non fallisca, inoltre ci basta che per adesso la situazione si calmi" replicò una donna della famiglia Pemry.
Fendaron annuì lentamente , dopodiché raggiunse la fila di guardie, acclamato anch'esso dalla folla che sembrava in preda al delirio.

   
 
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