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Autore: LaMicheCoria    19/10/2012    2 recensioni

-Sono dappertutto?-
-Nelle poste.- il ragazzo poggiò il mento sul palmo della mano e batté la punta dell’indice sul labbro inferiore -Rigattieri. Musicisti, anche. Se ti dico Elvis Presley?-
-Elvis è morto.-
-No, è solo tornato a casa.-
-…Ah.-

[MIB - Men In Black!AU] [KagaKuro] [Accenno KasaKise]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi di Kuroko no Basuke
non mi appartengono, ma sono di proprietà
di Tadatoshi Fujimaki ©.
Non mi appartiene nemmeno l’Universo di riferimento,
i cui diritti sono detenuti dalla Columbia Pictures ©.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: Girone Invisibili :.

 

-Tendi ad esagerare col cibo quando sei teso. -
Se anche all’inizio quella frase era stata concepita come una domanda, Kagami non poté fare a meno di notare di come si fosse trasformata in una vera e propria affermazione –Cosa che aumentò notevolmente la propria irritazione.
Gli occhi del ragazzo davanti a lui non avevano più espressione di quelli del cagnolino che si portava appresso, anzi: avevano la stessa piega indagatrice, un lieve reflusso di sensazioni già provate, come ricordi vaghi e sfumati che si tenti in ogni modo di incatenare alla parete più buia della memoria. Non che Taiga si fosse soffermato così tanto sugli occhi dell’altro, ci mancherebbe, assolutamente no, ma guardandosi riflesso nel vetro del bar si era accorto di avere il medesimo sguardo.
Anche se era quasi sicuro di star cercando di far emergere i ricordi, a differenza del ragazzetto in giacca nera, camicia bianca e cravatta scura –completo che non gli si addiceva per niente, a dirla tutta.
Kagami addentò il panino, ignorando la domanda-affermazione.
O forse era solo confuso. Poteva essere, eh. Insomma, scoprire che l’arbitro di pallacanestro era un…come l’aveva definito il ragazzo? Ah, già. Alieno. Bhè, quello avrebbe fatto crollare chiunque.
-Ho solo fame.-
Gli occhi dell’altro guizzarono in alto e Taiga si affrettò a dedicarsi alla montagnola di cibo ancora da scartare, giusto per non lasciarsi coinvolgere in qualche altro volo pindarico sulla vita extraterrestre.
Alieno.
Ora, lui era sempre stato convinto che, quando si trattava di arbitri, un paio d’occhi in più non avrebbero certo fatto male, ma da lì a vedere effettivamente una seconda testa srotolarsi dalle scapole, lacerando la divisa per poi dondolare attenta sul campo a controllare il segnapunti..No. C’era giusto qualche differenza concettuale, una linea di confine tra il reale e l’impossibile che per la sanità mentale mondiale sarebbe stato bene non varcare.
-Puoi chiedermi quello che vuoi, Kagami-kun.-
Perché tanta confidenza, anzitutto. Chi sei, in particolar modo. Cos’è questa storia degli alieni, se avanza tempo.
Ma Kagami non pose nessuna di quelle domande. Le prime due non gli parvero nemmeno degne di risposta: erano un’impressione che gli montava lenta tra il costato, l’essere convinti che deve essere così, una consapevolezza che andava ben al di là della coscienza. Un mormorio lontano agli angoli della testa, un bubbolio di parole confuse, rimasugli di immagini e di suoni impastati tra loro, ingarbugliati in matasse informi, impossibili da districare. Ma era naturale, giusto, che l’altro gli usasse tale confidenza. Anche se non sapeva dirne il motivo.
-Prendi solo il milkshake?-
E per quel che riguardava la terza: preferiva dormire, quella notte, non passare il tempo a sfogliare pagine su pagine di Google per atrofizzarsi i neuroni su complotti e associazioni non governative con gli occhiali da sole.
-Quelli del mio pianeta non posso bere altro.-
Taiga quasi si strozzò con l’ennesimo panino, salvo poi avvertire il bisogno di strozzare l’altro quando vide due lievi fossette disegnarsi ai lati della bocca. Si stava prendendo gioco di lui, il bastardo.
-Quanti sono?-
Il ragazzo fece spallucce, sorseggiando il milkshake.
-Tanti quante sono le stelle, forse un po’ di più. Hai mai guardato le stelle, Kagami-kun?-
-Non mi interesso di astrologia- tagliò corto -Anche se lo sguardo dell’altro  fu abbastanza per capire quanto fosse stata miserevole la risposta.
Glissò, nel tentativo di sviare su quell’uscita infelice.
-Sono dappertutto?-
-Nelle poste.- il ragazzo poggiò il mento sul palmo della mano e batté la punta dell’indice sul labbro inferiore -Rigattieri. Musicisti, anche. Se ti dico Elvis Presley?-
-Elvis è morto.-
-No, è solo tornato a casa.-
-…Ah.-
Non che ci fosse molto altro da commentare, in effetti. Elvis Presley un alieno. Okay. Forte. Poteva anche starci, davvero. Tutto fa buon brodo, basta che se ne parli. O era diverso il detto? Oh, che importava. Elvis era tornato a casa..Qualunque cosa volesse significare quell’affermazione al limite dell’irreale.
Fuori cominciò a ticchettare la pioggia, le luci liquide dei lampioni si fusero al vetro appannato del locale.
Il ragazzo continuò a bere il milkshake, Taiga continuò ad osservarlo di sottecchi –Ma era sicuro che l’altro fosse del tutto conscio delle proprie occhiate curiose.
Occhiate che nessun altro gli lanciava. Erano tutti più interessati al quantitativo inumano di cibo che aveva ordinato lui, piuttosto che al tipo in stile impresa di pompe funebri che gli stava davanti.
-Chi sei?-
-Un’ombra.-
Lo disse senza esitazione, con una tale, melanconica sicurezza che Kagami rimase a fissarlo per qualche minuto buono, incapace di mettere insieme un pensiero logico o quantomeno una frase dotata di soggetto, verbo e magari complemento.
-Io non esisto, Kagami-kun. Come un’ombra, mi allungo sulle pareti e nessuno mi vede in volto. Non faccio rumore, quando parlo. Il mio respiro è meno di nulla.-le dita, appoggiate al bordo del tavolino, si serrarono . Le nocche ebbero un guizzo bianco. -Potrei osservarti da qui fino alla conclusione della tua esistenza:  il tuo sguardo non si poserebbe una sola volta su di me.-
-…Mh.- Kagami socchiuse gli occhi, le labbra disegnarono una linea scura sopra il mento.
Il bubbolio s’era fatto più pressante, prendeva forma contro la bocca e i denti serrati; vaghe gocce di qualcosa che era stato colarono lungo il torace, si appesero, ciondolanti, alle costole.
Non era mai stato un tipo paziente, Kagami Taiga. Né uno che dava retta al ragionamento. L’istinto era la guida migliore, come una palla sempre a canestro.
-Perché, allora, mi sembra di ricordarmi di te…Kuroko-kun?-

 

***

 Kuroko sfilò gli occhiali e li rimise nella tasca interna della giacca.
Le stanghette cozzarono contro il neutralizzatore: un lieve crepitio del dispositivo, i contatori rossi che tornavano a zero.
Non aveva ancora smesso di piovere, così si mise ad aspettare con pia pazienza sotto la grondaia del bar; si strinse nelle spalle, soffiando un sospiro bianco di freddo dalle labbra. Il cagnolino, ai suoi piedi, si grattò tranquillo l’orecchio.
-Kurokocchi..!-
Il ragazzo alzò la testa. Un’ombra di sorriso ai lati dello sguardo.
-Buonasera, Kise-kun. - lo salutò, accettando volentieri l’ombrello che l’altro gli porgeva -Con Kasamatsu-san non è andata bene?- e accennò con un gesto veloce al segno rosso sullo zigomo.
Kise sbatté confuso le palpebre, si massaggiò la parte lesa, scoppiò a ridere.
-Vorrà dire che ritenterò domani!- esclamò, ma la nota sconfitta che gli incrinava la voce era più che palese -Provo sempre domani. Tanto non mi riconosce mai, domani. -
Kuroko, semplicemente, annuì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kagami, nel bar, corrugò la fronte.
Che strano.
Eppure lui non aveva ordinato alcun milkshake.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Non s’era capito che amo Men In Black, vero?
Comunque! Nulla da dire, a parte che la citazione su Elvis è presa direttamente dal primo film -Così come quella sulle stelle- Perché, . Elvis non è morto, è solo tornato a casa.
Per chi non conoscesse molto l’universo MIB, vi rimando alla pagina Wikipedia del primo film:
http://it.wikipedia.org/wiki/Men_in_Black_%28film%29

   
 
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