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Autore: Beauty    20/10/2012    6 recensioni
Ogni mattina, alle sette e mezzo in punto, la storia si ripete. Ma un giorno, fra pettegolezzi e muffin al cioccolato, le cose cambiano...
[Missing moment; ArchiexRuby]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Archibald Hopper/Grillo Parlante, Cappuccetto Rosso/Ruby
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Storybrooke era una città piccola, tutti i suoi abitanti si conoscevano – chi semplicemente di vista, chi invece per amicizia o parentela –, e il Bed & Breakfast della signora Lucas era quanto di più vicino a un luogo di ritrovo esistesse in quella cittadina.

Tutte queste cose sommate insieme, secondo Ruby Lucas, rendevano il turno del mattino un orario alquanto interessante, soprattutto se nei tuoi progetti vi era la ricerca di una compagnia maschile per il prossimo sabato sera; ma nel caso sapessi già che la troppa dose di cocktail al rum e whiskey Bloody Mary ti avrebbe sicuramente causato un mal di testa post-sbronza tale da rendere impossibile qualunque tipo di approccio con l’altro sesso, quello restava comunque l’orario ideale per sbirciare cosa succedeva di nuovo in città ed eventualmente spettegolare sottovoce sulle ultime notizie del giorno. Ruby era un’amante del gossip e del pettegolezzo, e non si vergognava ad ammetterlo, nonostante sua nonna le ripetesse fino alla nausea che una delle qualità principali per svolgere il loro lavoro era la discrezione. Non metteva in dubbio che Granny avesse ragione – e se anche l’avesse fatto la voce acuta di sua nonna arrabbiata era un’ottima ragione per farla ricredere, causa sfinimento dell’apparato uditivo –, ma se lei era fatta così, che ci poteva fare?

Sii sempre te stessa, Ruby, le ripeteva sua nonna quand’era piccola. Granny pretendeva sempre che lei ubbidisse, che altro voleva di più?

E Ruby, ogni mattina, girava fra i tavoli come una di quelle cameriere con i pattini a rotelle che si vedevano nei telefilm, servendo caffè e cappuccini senza smettere di far saettare gli occhi – con discrezione, per l’amor di Granny Lucas da Storybrooke! – alla ricerca di qualche nuovo argomento su cui chiacchierare selvaggiamente durante i pigiama party con le sue amiche.

Tuttavia, Ruby già da qualche tempo cominciava a non trovare più molto stuzzicante ridacchiare alle spalle di Mary Margaret e contare quanti secondi passavano dal suo arrivo a quello – programmato, nessun dubbio – di David Nolan che veniva a prendere la colazione per sé e per sua moglie, né provava più tanta maliziosa soddisfazione a farsi sbirciare le gambe dal dottor Whale o a far aspettare mezz’ora – anche di più da quando aveva raddoppiato l’affitto, che il diavolo se lo portasse! – il signor Gold solo per un caffè nero.

Per quanto il pettegolezzo e i bei ragazzi la eccitassero non poco, Ruby sapeva che la sua vita non poteva essere tutta lì, in quel modo e in quel luogo. Tutti a Storybrooke la consideravano la Julia Roberts che non avrebbe mai incontrato Richard Gere, e nonostante lei si sforzasse di riderci su in cuor suo soffriva per questa considerazione.

Se l’era cercata, questo doveva ammetterlo. Era lei che decideva di andare a letto ogni sabato sera con uno diverso, senza intraprendere nulla di serio. Vero anche che nessuna delle sue conquiste occasionali si era mai presa il disturbo di chiederle il numero di telefono, e Ruby, in fondo, sapeva che nessuno l’avrebbe mai fatto.

Aveva ventidue anni, sei anni in più da quella che era l’età in cui le principesse delle favole incontravano il loro Principe Azzurro. Ruby non aveva mai creduto che a un’albina dai capelli neri bastasse mangiare una mela, a una quindicenne pungersi con un fuso, o a una sguattera perdere una scarpa per trovare l’amore della vita e dare una svolta alla propria esistenza, ma in segreto, lei il Principe Azzurro lo aspettava ancora. Non pretendeva necessariamente il cavaliere senza macchia e senza paura, o il bel figaccione con la giacca di pelle e i capelli carichi di gel, pieno di piercing e orecchini in maniera sufficiente da provocare una paralisi a Granny.

Lei voleva solo qualcuno che l’amasse, tutto qui. Era chiedere troppo?

Beh, secondo quello che tutta Storybrooke pensava di lei, sì. Lei era la ribelle e la ragazza facile, la disadattata che voleva scappare a Boston per tentare la carriera di attrice e fare la bella vita, carpe diem and all that jazz. Ma Ruby voleva di più. Sì, un giorno se ne sarebbe andata, sarebbe saltata sul primo autobus e ciao-ciao Storybrooke!; ma quando quel giorno sarebbe arrivato, non voleva essere sola.

Ruby non l’avrebbe mai confessato a nessuno, ma desiderava con tutto il cuore che qualcuno l’amasse.

Qualcuno che l’amasse per davvero, non di quell’amore che il dottor Whale mostrava smisuratamente per il suo fondoschiena o di quello che ragazzi di cui appena conosceva il nome pretendevano per una notte.

Ruby voleva qualcuno che fosse in grado di guardare oltre i suoi strati di trucco, qualcuno che l’ascoltasse e la capisse, qualcuno che le facesse sentire lo stesso sfarfallio nello stomaco che avvertiva la mattina precisamente alle sette e mezzo in punto, quando la porta del Bed & Breakfast si apriva per lasciar entrare prima un cane bianco a macchie nere e quindi una chioma rossa e un paio di occhiali.

Ruby lavorava con sua nonna da quando aveva preso il diploma, e conosceva a memoria gli orari in cui tutti i clienti si presentavano al locale. Sapeva non solo quando David e Mary Margaret s’incrociavano, ma anche quando Emma Swann entrava per offrire in gran segreto una cioccolata con cannella a Henry, quando il dottor Whale smetteva di far vagare lo sguardo sulla sua camicetta semi-trasparente per tornare ai suoi pazienti, quando l’orribile signor Gold finalmente le permetteva di riprendere a respirare andandosene via.

E Ruby sapeva con esattezza che, alle sette e mezzo precise del mattino, con la pioggia o con il sole, il dottor Archibald Hopper faceva il suo ingresso al Bed & Breakfast in compagnia del suo cane Pongo.

Granny avrebbe voluto appendere alla porta un cartello che vietava l’accesso ai cani, ma Ruby sperava che non lo facesse mai. Pongo era il migliore amico di Archie dopo Marco, e lei era certa che, senza di lui, il dottor Hopper avrebbe anche rinunciato alla colazione.

E poi, a lei piaceva Pongo, e a Pongo piaceva lei, soprattutto quando gli allungava un wafer al cacao o un biscotto di burro.

Era diventato una specie di rito, quello delle sette e mezzo del mattino. Archie entrava dalla porta appena dopo il dalmata, e solo allora Ruby si sporgeva dal bancone e sorrideva.

- Ehi, Pongo!- lo chiamava, e allora Pongo sollevava il muso e drizzava la coda, quindi spiccava un piccolo balzo sulle zampe posteriori, afferrando al volo il wafer al cacao o il biscotto al burro, a seconda della giornata.

Ruby ridacchiava, quindi tornava a rivolgere il suo sorriso al padrone.

- Che ti porto, Archie?- chiedeva, pur sapendo benissimo che cosa avrebbe ordinato. Ruby avrebbe potuto preparargli la colazione ancor prima che Archie entrasse, se non fosse stata sicura che si sarebbe freddata. Ad Archie piaceva il cappuccino, con una spruzzata di cacao, e almeno tre bustine di zucchero, lei lo sapeva. Se c’era il sole, tre biscotti al cioccolato, se invece pioveva, una brioche calda. A lui piaceva così.

E Ruby fingeva di ascoltare – tanto lo sapeva già – e aspettava che Archie si sedesse al suo posto, che era il suo, sempre lo stesso, sempre il tavolo in fondo, vicino alla finestra, con lo sguardo rivolto alla porta a vetri, ma non sempre prestava attenzione a quello che vedeva. Ruby aveva imparato a capire quando era soprappensiero, chissà, magari stava pensando a un paziente, e il suo sguardo era stranamente più intenso quando era giovedì, il giorno in cui aveva in cura Henry Mills. Allora, Ruby sapeva che non doveva parlare, non doveva disturbarlo, e tutto quello che poteva fare era servirgli la sua colazione – grazie, Ruby, e un sorriso, ogni mattina –, e limitarsi a sbirciare con delle occhiate discrete, ma non per Granny, perché davvero non voleva infastidire Archie.

Poi, alle otto, Archie si alzava, pagava il conto e ringraziava di nuovo, e se ne andava.

E Ruby sentiva ancora quello sfarfallio nello stomaco quando la porta si apriva e si chiudeva facendo tintinnare il campanellino, e poi tutto ricominciava, tutto uguale, fino alla fine della giornata e all’inizio di quella seguente, fino a che, alle sette e mezzo in punto, la porta si riapriva di nuovo.

Anche quella mattina la porta si era aperta, alle sette e mezzo precise, ed era entrato un cane bianco a macchie nere seguito da una chioma di capelli rossi e da un paio di occhiali. Anche quella mattina Ruby si era sporta dal bancone, e quella mattina Pongo aveva afferrato al volo un wafer al cacao.

- Che ti porto, Archie?

Ma quella mattina qualcosa non andava come avrebbe dovuto. C’è il sole, e quindi tre biscotti al cioccolato. Grazie, Ruby, si aspetta di sentirsi dire. Ma quel grazie, Ruby, quella mattina non arriva.

Archie la guarda, sembra perplesso. Ruby sgrana gli occhi, che cosa c’è che non va?

- Ehm…io veramente avevo chiesto un muffin al cioccolato, ma…- mormora Archie, e Ruby si sente avvampare. Sente lo sguardo di rimprovero di Granny su di sé, sei distratta, ragazza!, ma non le importa.

Vorrebbe solo sprofondare.

Raccoglie in fretta il piatto con i biscotti, borbottando delle scuse incomprensibili. Ignora gli altri clienti, gli porta subito il muffin al cioccolato, ringraziando il cielo che ne siano rimasti.

- Scusami, Archie, è che…scusa, ero…ero soprappensiero…- non sa dire nient’altro, si limita a posare il muffin al cioccolato accanto alla tazza di cappuccino, e intanto si chiede se non ci sia un burrone nelle vicinanze per potersi buttare di sotto.

Archie sorride, gentile come sempre, e assaggia il muffin.

- Non preoccuparti, succede…

Ruby sorride a sua volta, ma sente il bisogno di giustificarsi.

- Scusami, è che…sai, quando c’è il sole tu prendi sempre i biscotti, e…

- Ehi, che fai, mi controlli?- ride Archie.

Ruby sgrana gli occhi. Beccata!

- No…no, io…

- Tranquilla, stavo scherzando…Avevo voglia di cambiare…- Archie sorride di nuovo, ma torna subito serio.- Ruby…- si toglie gli occhiali, sembra imbarazzato. Ruby adora quando fa così.- Ho…ho sentito dire che hai aiutato ad allestire lo spettacolo dell’Epifania…

Ruby annuisce; se fosse stato sabato sera e avesse avuto di fronte l’ennesimo sconosciuto, avrebbe iniziato a chiacchierare a raffica, ma Archie non è uno sconosciuto qualunque, no. Non sa neppure lei che cosa rappresenta, ma sa che non è uno dei tanti. Non lui.

- Beh, ecco…vedi…- Archie sembra sempre più imbarazzato, ciò che deve dire deve costargli una fatica sovrumana.- E’ da tempo che non ci vado…e pensavo…immagino tu ci vada, quindi…beh, se…se ti passassi a prendere e ci andassimo insieme?

Ruby annuisce, e aggiunge un volentieri accompagnato da un sorriso smagliante. Sa quello che vuole veramente dire Archie, anche se non ha pronunciato la parola appuntamento, ma l’idea di lei e di lui mano nella mano non le dispiace, anzi, le farfalle nello stomaco sbattono le ali più velocemente, e il cuore fa una capriola nel petto quando, alle otto in punto, il campanello tintinna mentre la porta del locale si chiude.

Mary Margaret solleva lo sguardo dal libro che sta fingendo di leggere, la colazione ormai fredda, David Nolan andatosene, e guarda Ruby che continua fissare la porta da cui è appena uscito il dottor Hopper, e le labbra le si increspano in un sorriso che non potrà mai essere così smagliante come quello della cameriera in quel momento.

L’orario del mattino a Storybrooke è sempre il migliore, se si è in cerca di pettegolezzi.

E presto Storybrooke avrà qualcosa di nuovo su cui chiacchierare.

 

FINE

 

Angolo Autrice: Sì, beh, ehm. Dunque. Se avrete la bontà di starmi a sentire, vi spiegherò il perché di questa nuova cosa che ho deciso di propinarvi.

Premetto che sono una fan dell’irrealizzabile pairing Archie/Ruby, ed era da tempo che volevo scrivere qualcosa su di loro, ma mi ero limitata a una banale citazione nella mia long Once Upon a Time in Storybrooke: Beauty and the Beast. Poi, però, meraviglia delle meraviglie, NevilleLuna inizia a scrivere una long su di loro che mi sta esagitando oltre ogni dire, e così mi sono decisa a scrivere questa one-shot. Per chi non segue Un giorno un grillo e un lupo s’innamorarono (la long di NevilleLuna) né Once Upon a Time in Storybrooke: Beauty and the Beast (quella stranezza che per tirarmela mi piace chiamare “long”, mia), come avrà capito questa one-shot si può leggere tranquillamente senza conoscere le due trame.

Per chi segue l’una o l’altra, questa ff può essere considerata un missing moment inseribile in entrambe le storie e, a questo proposito, ecco qui un paio di spiegazioni.

Il fatto che Ruby a Storybrooke ami “divertirsi” con i ragazzi, che il dottor Whale non si risparmi delle sbirciatine su di lei (vecchio marpione XD), e che voglia scappare a Boston per fare l’attrice, e che desideri qualcuno che la ami e la capisca sono citazioni dalla long di NevilleLuna, così come anche la frase del “vedere oltre gli strati di trucco”, che rimanda a una parte del secondo capitolo che mi ha mandata in pozza nel senso letterale del termine *_*. Quanto al suo odio per il signor Gold, il fatto che lui abbia raddoppiato l’affitto, e la citazione dello spettacolo dell’Epifania sono prese dalla mia long. Idem per quanto riguarda la cosa del cane dalmata, dei capelli rossi e degli occhiali, e lo sguardo di Mary Margaret alla fine, rimandano a quando lei e Belle scherzano con Ruby sulla sua cotta per Archie.

Ultima cosa, mi rivolgo a NevilleLuna: se stai leggendo e questa OS ti ha dato fastidio perché non ti ho chiesto il permesso o per il semplice fatto che ho scritto una castroneria allo stato puro, spero non ti dispiaccia o che non ti sia offesa. Se sì, non devi fare altro che dirmelo, ti faccio le mie scuse e questa ff la cancello :).

A tutti gli altri…hope you enjoyed it!

Ciao!

Dora93

  
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