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Autore: Naky94    23/10/2012    3 recensioni
Un banale incidente muscolare infastidirà il nostro detective preferito; chissà questa volta cosa si inventerà Watson per aiutarlo? Scopriamolo insieme!
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un pomeriggio invernale davvero uggioso.
La mia ferita di guerra mi aveva  costretto a rimanere a casa, data l’umidità dilagante in quei giorni a Londra. Così mi ero arreso a godermi uno degli ultimi saggi sulle nuove malattie neurologiche appena scoperte, comodamente disteso sul divano.
Si sarebbe prospettata una giornata all’insegna dell’inerzia se improvvisamente la porta del salottino non si forse aperta, lasciando entrare il mio coinquilino.
Era chiaramente dolorante, e ciò mi fece pensare che qualcosa fosse andato storto in uno dei suoi ultimi casi. Sapevo che ciò faceva parte del suo lavoro, ragion per cui all’inizio non mi diedi tanta pena per lui.
Ma quando lo vidi far fatica nel compiere un semplice gesto quale quello di togliersi il  soprabito, compresi che la situazione fosse veramente grave.
“Cosa le è successo Holmes?” gli chiesi, sedendomi compostamente sul divano e abbandonando il libro sul tavolino li vicino.
“Veramente Watson, non ne sono sicuro. Temo di aver fatto un movimento inappropriato con la spalla e forse ho compromesso qualche muscolo” spiegò a fatica, mentre cercava di sedersi sulla sua poltrona.
“Se vuole posso darle un’occhiata, non mi costerebbe niente” e avrei così fatto qualcosa. Ero leggermente annoiato a dir la verità, il saggio non si era rivelato per niente interessante.
“Grazie, accetto volentieri.” E così dicendo cominciò a sbottonarsi la camicia per darmi la possibilità di controllare.
Mi alzai e mi diressi lentamente verso di lui. Non era la prima volta che vedevo Holmes svestirsi. Mi era già capitato più volte di vederlo compiere quelle azioni, la sera, quando mi ritiravo in camera mia, dato che lui aveva la deprecabile abitudine di non chiudere la porta della sua stanza.
Non so quindi come mai ora mi sentissi così in torto, quasi se così facendo stessi entrando senza permesso nella sua intimità.
Ma supportato dalla mia etica professionale, mi dissi che non stavo infrangendo proprio alcuna regola, e che invece stavo solo perpetrando il mio lavoro, quasi lui fosse un comune paziente.
Mi posizionai dietro la poltrona e cominciai ad esaminare il punto da lui indicatomi, come quello da cui sentiva provenire il dolore. Individuai subito un leggero rigonfiamento, tipico di quando si sforza troppo un muscolo, e premendolo leggermente sentii un piccolo gemito di dolore esalare dalle labbra di Holmes.
“Mi scusi se le ho fatto male, ma era indispensabile ai fini di una quanto più accurata diagnosi”.
“Non si preoccupi, stava solo cercando di fare il suo lavoro” mi tranquillizzò lui. Apprezzai quella premura; ero già restio a provocare dolore inutile ai miei normali pazienti, e lo ero ancora di più con quello che era il mio coinquilino.
Continuai a raccogliere informazioni, finché non mi sentii pronto a dare la mia diagnosi e allontanandomi dalla poltrona concessi ad Holmes di potersi rivestire.
“Da quanto ho potuto vedere, lei ha una contrattura. Generalmente vengono quando si sollecita per troppo tempo e in modo sbagliato un muscolo. L’unico modo per farle passare è tenere il punto soggetto al dolore al caldo, oppure applicarvi delle pezze bollenti, in modo tale da far sciogliere il nodo ai nervi. Normalmente le prescriverei dei giorni di riposo, ma non so se nel suo caso sia possibile; dico bene?” sapevo già che sarebbe stato inutile chiedergli di prendersi qualche giorno di pausa dai suoi casi.
“Perfettamente Watson! Non ho intenzione di abbandonare i miei clienti per un motivo così banale. Non conosce qualche altro modo per alleviare questa sofferenza?”.
Ci pensai un attimo, effettivamente quando avevo frequentato i corsi all’università avevo anche imparato come far attenuare i dolori muscolari attraverso la manipolazione. Ma era passato tanto tempo da allora e non ero sicuro di ricordare ancora come si facesse.
“Si potrebbe tentare con una manipolazione. Ma si corrono dei rischi concreti, potrebbe anche rimanere paralizzato se per caso toccando un nervo sbagliassi qualcosa.” Speravo vivamente che rifiutasse quell’opzione, ma evidentemente quel giorno la fortuna non voleva arridermi.
“E allora opterò per la manipolazione” asserii Holmes.
Arreso al volere del mio coinquilino lo pregai di stendersi prono sul letto, di modo che io potessi avere un più facile accesso al suo muscolo dolorante.
Una volta che il detective si fu steso, mi accinsi a salire a cavalcioni su di lui, per avere una postazione più comoda dalla quale lavorare. Ma, forse, lui dovette fraintendere perché leggermente imbarazzato mi chiese.
“Cosa sta facendo lì seduto Watson?”.
“Se non sbaglio Holmes, lei mi aveva chiesto di farle una manipolazione alla spalla, dato che non intende prendersi qualche misero giorno di riposo” gli risposi redarguendolo.
“Oh... ehmm... già, si ha ragione. Ma doveva proprio sedersi li?” chiese nascondendo la sua voce nel materasso.
“Si, così mi sarà più facile. Le arreca forse un disturbo?” continuai mentre facevo colare un olio alle mandorle all’altezza delle sue scapole.
Lo sentii rabbrividire sotto di me, quando l’essenza fredda toccò la sua pelle e nello stesso momento dovetti perdermi la sua risposta alla mia domanda, perché non lo sentii più parlare.
Ma il lavoro non si sarebbe fatto da solo e quindi cominciai lentamente a massaggiare la sua spalla.
Partii con lenti movimenti circolari, facendo meno pressione possibile, per non provocare ad Holmes del dolore inutile. Man mano che percepivo il nodo muscolare sciogliersi sotto le mie mani, aumentavo la pressione, di modo che si potesse sciogliere del tutto. E devo dire che il calore del camino che si spandeva nella stanza mi facilitò molto il compito.
Quando però capii che ormai il mio lavoro era finito, non smisi di massaggiare Holmes, ma bensì continuai, beandomi della perfezione della sua schiena.
Poteva sembrare un controsenso, lui così magro, quasi scheletrico delle volte a causa dell’alimentazione sregolata, risultava poi, alle abili mani di uno specialista, perfettamente conformato nell’ossatura e coi muscoli delineati.
Rimasi estasiato a percorrere quella tavola che era la sua schiena; intervallata solo dai piccoli dossi creati dalle vertebre sporgenti. Ammirai le innumerevoli cicatrici, che più volte mi ero ritrovato a ricucirgli e medicargli, di ritorno da uno scontro.
Mi diede una bella sensazione percepire quanto io fossi utile per lui. Mi fece sentire al posto giusto nel momento giusto, appagato dalle mie scelte che mi avevano condotto a lui.
E capii che mi stavo affezionando a questo strambo detective dalle pessime abitudini, ma anche geniale nei suoi modi di rapportarsi con la sua professione.
Continuai ancora qualche minuto a massaggiargli la schiena, finché, quando ormai l’olio si era del tutto asciugato, scesi dalla sua vita e andai a lavarmi le mani nel catino.
“Holmes ho finito, può rialzarsi ora” ma nessuna risposta venne dal letto che mi ero lasciato alle spalle.
“Holmes, mi sente? Le ho detto che può rialzarsi” e così dicendo mi rivolsi verso il letto, cercando di capire cosa impedisse al mio coinquilino di proferire verbo.
Mi avvicinai al giaciglio e appoggiai lievemente una mano sul torso di Holmes per cominciai a scuoterlo leggermente.
“Holmes? Holmes si sente bene?” ma in risposta, dal detective venne solo un profondo respiro, tipico di chi dormiva il sonno dei giusti.
Al che, mi chinai in avanti per guardarlo dormire. Sembrava quasi un bambino, così rilassato da non accorgersi neanche di ciò che lo circondava. Mi fece un’enorme tenerezza dacché sapevo che non si concedeva quasi mai un lusso come il riposo, soprattutto se durante il periodo in cui si dedicava ad un caso. E ciò mi convinse a lasciarlo riposare.
Presi le coperte, che avevamo precedentemente scostato, e le spostai per poter coprire il mio amico dormiente. In fine, mi chinai ancora una volta su di lui, per lasciargli un piccolo bacio sulla tempia, augurandogli tacitamente di fare dei buoni sogni.
E così facendo, me ne tornai al divano e al mio saggio di neurologia, aspettando il risveglio del Bell’addormentato.

***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Note:
Salve! Questa è la mia prima fic in questo fandom, nonostante io sia già un’assidua lettrice. Non so come ho fatto a farmi venire il coraggio per decidere di pubblicare qui, ma ce l’ho fatta. Quindi eccovi servita questa piccola cosina senza arte ne parte, e che non ha pretese.
Spero vi abbia strappato almeno un sorriso di tenerezza, e se avete voglia di farmi sapere se vi è piaciuta spendendo qualche parola, vi aspetto per le recensioni.
Ma niente obblighi.
Grazie ancora per l’ascolto.
Baci!!!
 

   
 
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