Era
un pomeriggio invernale davvero uggioso.
La mia ferita di guerra mi aveva costretto
a rimanere a casa, data l’umidità
dilagante in quei giorni a Londra. Così mi ero arreso a
godermi uno degli
ultimi saggi sulle nuove malattie neurologiche appena scoperte,
comodamente
disteso sul divano.
Si sarebbe prospettata una giornata all’insegna
dell’inerzia
se improvvisamente la porta del salottino non si forse aperta,
lasciando
entrare il mio coinquilino.
Era chiaramente dolorante, e ciò mi fece pensare che
qualcosa
fosse andato storto in uno dei suoi ultimi casi. Sapevo che
ciò faceva parte
del suo lavoro, ragion per cui all’inizio non mi diedi tanta
pena per lui.
Ma quando lo vidi far fatica nel compiere un semplice gesto
quale quello di togliersi il soprabito,
compresi che la situazione fosse veramente grave.
“Cosa le è successo Holmes?” gli chiesi,
sedendomi
compostamente sul divano e abbandonando il libro sul tavolino li vicino.
“Veramente Watson, non ne sono sicuro. Temo di aver fatto un
movimento inappropriato con la spalla e forse ho compromesso qualche
muscolo”
spiegò a fatica, mentre cercava di sedersi sulla sua
poltrona.
“Se vuole posso darle un’occhiata, non mi
costerebbe niente”
e avrei così fatto qualcosa. Ero leggermente annoiato a dir
la verità, il
saggio non si era rivelato per niente interessante.
“Grazie, accetto volentieri.” E così
dicendo cominciò a
sbottonarsi la camicia per darmi la possibilità di
controllare.
Mi alzai e mi diressi lentamente verso di lui. Non era la
prima volta che vedevo Holmes svestirsi. Mi era già capitato
più volte di
vederlo compiere quelle azioni, la sera, quando mi ritiravo in camera
mia, dato
che lui aveva la deprecabile abitudine di non chiudere la porta della
sua
stanza.
Non so quindi come mai ora mi sentissi così in torto, quasi
se così facendo stessi entrando senza permesso nella sua
intimità.
Ma supportato dalla mia etica professionale, mi dissi che
non stavo infrangendo proprio alcuna regola, e che invece stavo solo
perpetrando il mio lavoro, quasi lui fosse un comune paziente.
Mi posizionai dietro la poltrona e cominciai ad esaminare il
punto da lui indicatomi, come quello da cui sentiva provenire il
dolore.
Individuai subito un leggero rigonfiamento, tipico di quando si sforza
troppo
un muscolo, e premendolo leggermente sentii un piccolo gemito di dolore
esalare
dalle labbra di Holmes.
“Mi scusi se le ho fatto male, ma era indispensabile ai fini
di una quanto più accurata diagnosi”.
“Non si preoccupi, stava solo cercando di fare il suo
lavoro” mi tranquillizzò lui. Apprezzai quella
premura; ero già restio a
provocare dolore inutile ai miei normali pazienti, e lo ero ancora di
più con
quello che era il mio coinquilino.
Continuai a raccogliere informazioni, finché non mi sentii
pronto a dare la mia diagnosi e allontanandomi dalla poltrona concessi
ad
Holmes di potersi rivestire.
“Da quanto ho potuto vedere, lei ha una contrattura.
Generalmente vengono quando si sollecita per troppo tempo e in modo
sbagliato
un muscolo. L’unico modo per farle passare è
tenere il punto soggetto al dolore
al caldo, oppure applicarvi delle pezze bollenti, in modo tale da far
sciogliere
il nodo ai nervi. Normalmente le prescriverei dei giorni di riposo, ma
non so
se nel suo caso sia possibile; dico bene?” sapevo
già che sarebbe stato inutile
chiedergli di prendersi qualche giorno di pausa dai suoi casi.
“Perfettamente Watson! Non ho intenzione di abbandonare i
miei clienti per un motivo così banale. Non conosce qualche
altro modo per
alleviare questa sofferenza?”.
Ci pensai un attimo, effettivamente quando avevo frequentato
i corsi all’università avevo anche imparato come
far attenuare i dolori
muscolari attraverso la manipolazione. Ma era passato tanto tempo da
allora e
non ero sicuro di ricordare ancora come si facesse.
“Si potrebbe tentare con una manipolazione. Ma si corrono
dei rischi concreti, potrebbe anche rimanere paralizzato se per caso
toccando
un nervo sbagliassi qualcosa.” Speravo vivamente che
rifiutasse quell’opzione,
ma evidentemente quel giorno la fortuna non voleva arridermi.
“E allora opterò per la manipolazione”
asserii Holmes.
Arreso al volere del mio coinquilino lo pregai di stendersi
prono sul letto, di modo che io potessi avere un più facile
accesso al suo
muscolo dolorante.
Una volta che il detective si fu steso, mi accinsi a salire
a cavalcioni su di lui, per avere una postazione più comoda
dalla quale
lavorare. Ma, forse, lui dovette fraintendere perché
leggermente imbarazzato mi
chiese.
“Cosa sta facendo lì seduto Watson?”.
“Se non sbaglio Holmes, lei mi aveva chiesto di farle una
manipolazione alla spalla, dato che non intende prendersi qualche
misero giorno
di riposo” gli risposi redarguendolo.
“Oh... ehmm... già, si ha ragione. Ma doveva
proprio sedersi
li?” chiese nascondendo la sua voce nel materasso.
“Si, così mi sarà più
facile. Le arreca forse un disturbo?”
continuai mentre facevo colare un olio alle mandorle
all’altezza delle sue
scapole.
Lo sentii rabbrividire sotto di me, quando l’essenza fredda
toccò la sua pelle e nello stesso momento dovetti perdermi
la sua risposta alla
mia domanda, perché non lo sentii più parlare.
Ma il lavoro non si sarebbe fatto da solo e quindi cominciai
lentamente a massaggiare la sua spalla.
Partii con lenti movimenti circolari, facendo meno pressione
possibile, per non provocare ad Holmes del dolore inutile. Man mano che
percepivo il nodo muscolare sciogliersi sotto le mie mani, aumentavo la
pressione, di modo che si potesse sciogliere del tutto. E devo dire che
il
calore del camino che si spandeva nella stanza mi facilitò
molto il compito.
Quando però capii che ormai il mio lavoro era finito, non
smisi di massaggiare Holmes, ma bensì continuai, beandomi
della perfezione
della sua schiena.
Poteva sembrare un controsenso, lui così magro, quasi
scheletrico
delle volte a causa dell’alimentazione sregolata, risultava
poi, alle abili
mani di uno specialista, perfettamente conformato
nell’ossatura e coi muscoli
delineati.
Rimasi estasiato a percorrere quella tavola che era la sua
schiena; intervallata solo dai piccoli dossi creati dalle vertebre
sporgenti.
Ammirai le innumerevoli cicatrici, che più volte mi ero
ritrovato a ricucirgli
e medicargli, di ritorno da uno scontro.
Mi diede una bella sensazione percepire quanto io fossi
utile per lui. Mi fece sentire al posto giusto nel momento giusto,
appagato
dalle mie scelte che mi avevano condotto a lui.
E capii che mi stavo affezionando a questo strambo detective
dalle pessime abitudini, ma anche geniale nei suoi modi di rapportarsi
con la
sua professione.
Continuai ancora qualche minuto a massaggiargli la schiena,
finché, quando ormai l’olio si era del tutto
asciugato, scesi dalla sua vita e
andai a lavarmi le mani nel catino.
“Holmes ho finito, può rialzarsi ora” ma
nessuna risposta
venne dal letto che mi ero lasciato alle spalle.
“Holmes, mi sente? Le ho detto che può
rialzarsi” e così dicendo
mi rivolsi verso il letto, cercando di capire cosa impedisse al mio
coinquilino
di proferire verbo.
Mi avvicinai al giaciglio e appoggiai lievemente una mano
sul torso di Holmes per cominciai a scuoterlo leggermente.
“Holmes? Holmes si sente bene?” ma in risposta, dal
detective venne solo un profondo respiro, tipico di chi dormiva il
sonno dei
giusti.
Al che, mi chinai in avanti per guardarlo dormire. Sembrava
quasi un bambino, così rilassato da non accorgersi neanche
di ciò che lo
circondava. Mi fece un’enorme tenerezza dacché
sapevo che non si concedeva
quasi mai un lusso come il riposo, soprattutto se durante il periodo in
cui si
dedicava ad un caso. E ciò mi convinse a lasciarlo riposare.
Presi le coperte, che avevamo precedentemente scostato, e le
spostai per poter coprire il mio amico dormiente. In fine, mi chinai
ancora una
volta su di lui, per lasciargli un piccolo bacio sulla tempia,
augurandogli
tacitamente di fare dei buoni sogni.
E così facendo, me ne tornai al divano e al mio saggio di
neurologia, aspettando il risveglio del Bell’addormentato.
***
Note:
Salve!
Questa è la mia prima fic in questo fandom,
nonostante io sia già un’assidua lettrice. Non so
come ho fatto a farmi venire
il coraggio per decidere di pubblicare qui, ma ce l’ho fatta.
Quindi eccovi
servita questa piccola cosina senza arte ne parte, e che non ha pretese.
Spero vi abbia
strappato almeno un sorriso di tenerezza, e
se avete voglia di farmi sapere se vi è piaciuta spendendo
qualche parola, vi
aspetto per le recensioni.
Ma niente
obblighi.
Grazie ancora
per l’ascolto.
Baci!!!