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Autore: Miss I    25/10/2012    6 recensioni
Lia, una ragazza molto scontrosa per i miei gusti.
Liam, è un ragazzo d'oro ed è il miglior amico di Lia.
Sono due ragazzi di Wolverhampton che ormai compiuta
la grande età decidono di stabilirsi a Londra.
Ecco che il titolo è stato creato.
A voi la curiosità di leggere c;

Miss I.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 1 


«Dai mamma, non fare così» le sorrisi mentre lei era in lacrime. 
«Suvvia Janet» la richiamò mio padre. «Andrà a vivere a qualche ora da qui, la andremo a trovare» cercò di alleviare i fatti.
Mia madre chiusa nel mio abbraccio da più di un minuto non accennò a staccarsi, e le parole di mio padre le erano da un orecchio e uscite dall'altro.
«Vi verrò a trovare anch'io» le sussurrai. Anch'io ero giù di morale per il fatto che avrei lasciato per la prima volta la casa dei miei genitori.
Ma da adolescente mi ero promessa che appena avessi finito le superiori, mi sarei presa cura di me stessa, autonamamente.
Da lontano vidi la macchina, più brutta al mondo, raggiungere il fondo del viale dove c'era la casa dei miei genitori.
Quando, togliendo le chiavi, si fermò il rumore il fastidioso rumore del motore ne uscì un uomo con tanto di giacca e cravatta.
Fino a questo punto avrei potuto credere che fosse un ufficiale giudizario venuto a riscuotere le tasse dato che i miei non le pagavano.
Ma quando tolse gli occhiali da sole mi resi conto di essere davanti al mio migliore amico. 
«Come ti sei conciato?» urlai interrompendo le parole dalle risate che mi uscivano spontanee dalla bocca.
«Avrei un colloquio di lavoro» disse con una voce altrettanto diversa. «Dove solo le tue cose?» chiese, poi, con fretta.
I miei genitori lo guardavano a bocca aperta. «Sono lì» dissi indicando tre scatole, sopra un materasso, accanto a due valigie.
La sua faccia cambiò da calma e fredda, a sconvolta. Eccolo che tornava ad essere normale.
«Ti avevo detto al massimo due scatole e una valigia!» disse. La sua voce tornò normale.
«E il materasso? Ne avrai uno migliore» continuò alzando, contemporaneamente, gli occhi e le mani al cielo. 
«Uno: io sono una donna per cui rispetta le mie esigenze,
  due: il mio materasso non lo supera nessuno» finii per fiondarmi sul mio materasso incartato di plastica.
«Tu sei pazza» sussurrò. «Anche tu lo sei» ammiccai. «Londra dicevano, saremo normali dicevano» biascicò mio padre.
«Su Liam, aiutami a portare le sue cose in macchina» continuò mio padre. L'altro annuì.
Mio padre prese una delle scatole, per iniziare, mentre Liam tirava le valigie.
Io, che ero stesa sul materasso, venne a farmi compagna mia madre mentre si asciugava le lacrime inutilmente.
«Sei sicura di voler partire?» chiese, per l'ennesima volta, la mia ripetitiva madre. 
«Sì, mamma, sono grande, devo farlo» risposi fissando il cielo. «Mi mancherai» mi disse.
«Anche a me» la guardai trattenendo le lacrime. «Andiamo» disse Liam dimenticandosi della cosa più importante.
«E il mio materasso?» chiese alzandomi, facendo gli occhi dolci. Si alzò pure mia madre.
Mio padre, che si era allontanato qualche secondo prima andando in garage, tornò con due corde in mano.
«Lo mettiamo sopra la mia macchina» sorrise. «Oh, grazie! Ti voglio bene papà» dissi a quel gesto così premuroso.
Dopo averlo messo sopra la macchina che non reggeva più il peso, incontrando diverse difficoltà, era arrivato il momento del saluto.
Abbracciai mia madre, poi mio padre si aggiunse a noi. Non avrei mai, e poi mai, dimenticato questo momento.
«Ora vado, ciao, vi voglio tanto bene» sussurrai trattenendo ancora le lacrime.
Liam li saluto, fingendo un sorriso. Infatti si vedeva che anche lui era triste. 
Aprii lo sportello e una volta seduta dovetti mettere le mani sul viso per coprirlo. 
Il mio amico mi fissò per un momento fuori dalla macchina poi entrò anche lui.
Mise in moto la macchina, e questa iniziò ad allontanarsi dalle sagome dei miei genitori abbracciati che mi salutavano.
Li salutai anch'io finché Liam non voltò la strada e non si trovavano più nel mio campo visivo.
«Sfogati» sussurrò Liam mettendo una mano sulla mia spalla, anche se ritrasse subito per continuare a guidare.
«Anch'io ho pianto in macchina prima di venire da voi» confessò. 
«Non riuscivo a vedere mia madre piangere in quel modo, non l'aveva mai fatto» ammise, ancora.

Le lacrime andarono a rigarmi il volto. Sapevo che sarebbe stato difficile staccarsi dai propri genitori, ma non fino a questo punto.
«Passerà» mi sorrise per un momento. «Lo spero» risposi asciugando le lacrime con un fazzoletto. 
«Sì, tranquilla » ammiccò. Dopo aver lasciato la città di Wolverhampton ci trovavamo sulla via Saint Patrick's.
Seguendo un percorso rettilineo entrammo in autostrada e da qui, in poi, seguimmo le indicazioni sui cartelli blu.
Fortunamente Liam sapeva guidare. Io, l'unica cosa che sapevo guidare, era la bici.
«Ci siamo persi» ammisi sconfitta da tre ore di macchina. Era troppo.
«Google Maps diceva due ore e mezza» dissi. «Allora Google Maps si sbagliava» mi rispose orgoglioso.
«E ora non fare così» sorrisi. «Abbiamo bisogno di aiuto» dissi cercando di convincerlo.
«Fermiamoci in questa stazione di servizio» continuai vedendo un cartello che ne dichiarava la presenza.
«Tra cento metri» dissi entusiasta. «Devo anche fare la benzina, quindi..» non ammise del tutto che stavamo cercando aiuto.
Dopo aver percorso quei cento metri, Liam si tenne sulla sinistra e entrò nella stazione di servizio.
«Io faccio la benzina» si prese la briga il mio amico. «Il solito» scossi la testa. 
«Vado io a chiedere» dissi rassegnata. Entrai nel negozio della stazione cercando qualcuno a chiedere.
Magari avrei chiesto al cassiere. «Mi scusi..» sorrisi. «Ciao bellissima» mi rispose appena si accorse della mia presenza.
Sì, sono bella, grazie. «Ehm, sì» aggrottai le sopracciglia. «Mi può dire se questa è la strada giusta per Londra?» chiesi.
«Certo, è ad una quarantina di minuti da qui» rispose sfoggiando un sorriso. «Oh, grazie» lo ringraziai mentre uscivo velocemente.
Quindi non ci eravamo persi. Il fatto di esserci persi era solo frutto della mia immaginazione.
Google Maps non si era sbagliato sulle due ore e mezza, ma con la velocità della macchina di Liam sembrava un eternità.
«Non ci siamo persi, vero?» chiese quando mi vide arrivare confusa. «Sì» ammisi. «E' la tua macchina ad essere lenta» rigirai lo sbaglio contro di lui.
«E' già tanto che ci porta a Londra» sorrise. «Dai sali» e salii seguita da lui.
«Quanto ha detto che manca?» chiese. «Ha detto una quarantina di minuti» risposi.
Con la macchina che ci ritrovavamo arrivammo dopo un'ora. «Londra, londra» urlai eccitata.
Non l'avevo mai vista. Liam, sì, perché a scuola ci era andato per una gita, ma solo più poco di me.
«Dio guarda che bella» dissi mentre videvo una casa gigante, con il viso appiccicato al vetro dello sportello della macchina.
«C'è un traffico assurdo» imprecò lui invece di godersi la vista di questa bella città.
«Andiamo a casa?» chiese lui, cercando un consenso in me, perché gli sembrava che volessi uscire a girarla tutta.
A malincuore annuii, ma stanca com'ero, era meglio andare un po' a riposarsi. Magari per la sera avremmo fatto qualcosa.
Dopo una ventina di minuti riuscimmo ad arrivare a destinazione ma sembrava un posto sbagliato. Almeno, io lo pensavo.
«Eccoci qua» disse fermando la macchina. Ci trovavamo a East End, da quanto avevo capito.
«Sei sicurò che la via sia questa?» chiesi vedendo dal vetro dove eravamo arrivati.
«Certo!» disse entusiasta. «Sarà meravigliosa, dobbiamo solo entrare» cercò di convincermi. Forse doveva convincere, più se stesso.
«Lasciamo le cose in macchina?» chiesi insicura. «Sì, sì» disse tutto pimpante. A me sembrava tanto una catapecchia.
La via dove si trovava il nostro appartamento era stretta, Liam era impazzito prima di trovare
un posto per parcheggiare la macchina e per di più la gente non era amichevole.
C'era solo un negozio che vendeva valigie di ogni tipo, moltissime scuole di vari indirizzi.
Dopo aver analizzato l'esterno, o per meglio dire il quartiere di Whitechapel per bene, seguii Liam all'interno del palazzo.
Il palazzo aveva tre piani, e ognuno di questi aveva un appartamento. L'esterno non assomigliava per niente alla descrizione.
«Sei ancora sicuro che questo sia il nostro appartamento?» chiesi, come prima, ma con un cenno evidente di sarcasmo.
«Sì, lo sono» mi rispose deciso. Dopo varie scalinate, fatte in silenzio, arrivammo all'ultimo piano dove c'era la nostra casa.
«Okay» iniziò tirando un mazzo di chiavi dalla tasca. «Ci siamo» continuò infilando una chiave viola all'interno della serratura.
Quando entrammo rimanemmo a bocca aperta. La bocca non lo era per stupore ma dallo schifo.
«Che cosa?» chiese dinanzi alla scena del nostro appartamento che sembrava più un monolocale.
«Non sembra per niente uguale a quello grande e spazioso che avevamo visto su internet» dissi chiudendomi
gli occhi per poi riaprirgli nella speranza ch fosse solo un brutto miraggio o uno scherzo della vista.
«Io..» aggrottò le sopracciglia. «Io non lo so» continuò. «Okay, calma e coraggio» cercai di mantenere la calma.
«Che casino!» urlò lui entrando nel monolocale. Riuscii a seguirlo al suo interno. 
«Io chiamo il proprietario» disse cercando di calmarsi, anche lui, mentre tirava il suo cellulare dalla tasca.
«Fai bene» gli diedi, ovviamente, il mio sostegno.
Andò sulla rubrica e dopo aver trovato il numero del proprietario, piuttosto del truffatore, lo chiamò.
Dopo due chiamate constatammo che non avrebbe risposto. «Porchis madonis» imprecai.
«Per favore non iniziare con quelle parolacce con la is finale» mi riprese sulle mie parole. 
«Scusa» sussurrai. «E' stato più forte di me» mi grattai il capo osservando dove eravamo finiti.
Il monolocale aveva una piccola entrata che unita ad un angolo cottura consisteva nel soggiorno.
Mentre un piccolo corridoio di forma quadrata, unito al soggiorno, dava su un sola camera che io e Liam, 
probabilmente, avremmo dovuto dividere. Dava, anche, su un bagno. In realtà avevamo altre aspettative. Intanto doveva essere un appartamento spazioso. 
Doveva avere un'ampia cucina di ultima generazione. Un soggiorno, collegato alla precedente, già arredato con tanto di televisione al plasma.
Due camere collegate ai loro rispettivi bagni, e uno studio che avevamo deciso di usare come stanza dei videogiochi.
Per fortuna, Liam, non aveva ancora dato tutti i soldi ma solo una piccola parte. 
«Vado a pendere le cose in macchina» disse lasciandomi sola nel monolocale. 
«Non vuoi che ti aiuti?» chiesi avvicinandomi a lui prima che se ne andasse.
Mostrò i suoi pettorali alzando la sua leggera maglietta e si vantò delle sue possenti braccia.
«C'è la faccio» disse vanitoso. «Okay signorino sonofigoeloso» lo presi in giro.
Sentii le sue risate rimbombare nelle scale. Successivamente mi sedetti per terra, sul pavimento,
ma subito dovetti alzarmi per via delle urla del mio amico.
«Ci hanno rubato il materasso» continuava a ripetere tra le sue urla. 
Scesi le scale e quando vidi la macchina senza il materasso sopra con le corde che lo legavano per terra, mi misi ad imprecare sulle ginocchia.
Io e il mio caro materasso che mi aveva protetto dal mostro della scuola, la mattina, eravamo stati compagni sin dall'adolescenza.
Aveva fermato le mie lacrime, mi aveva tenuto al caldo durante le notti d'inverno. 
«Lia» sussurrò il mio amico avvicinandosi a me. «Liam» sibilai guardandolo e sfoggiando, stranamente, un grande sorriso.
Non era poi tanto strano. Per il mio amico era molto facile farmi tornare a sorridere. Aveva questo dono, con me.
«Su alzati che è sporco» mi porse la mano. La presi e mi alzai alla sua altezza. 
«Dato che la mia autostima è scesa a zero e ci hanno rubato il materasso» ammise abbassando lo sguardo. 
«Mi aiuti con la roba?» chiese. «Certamente!» risposi andando verso la macchina.
«Come lato positivo ci sono rimaste le corde di tuo padre» sorrise, lui.
Mi fece ridere come non mai. Davvero.. Liam come fai ad essere così? 
Dopo aver fatto le scalinate per una cinquina di volte fummo pronti ad entrare nel monolacale che avevamo.
Parfett Street, 17 questo era il nostro indirizzo. 
«Hai chiuso bene la macchina?» chiesi insicura collegando questo al fatto di prima.
«Vado a controllare» scese per un'ultima volta.
Insieme alle sue cose erano cinque scatole, e quattro valigie. Qualcosa per iniziare c'è l'avevamo.
Avevamo i nostri risparmi più qualche centinaia di sterline regalateci dai nostri genitori.
«La domanda è: come facciamo a dormire?» disse Liam rientrando dopo una decina di minuti con una busta della spesa.
Io nel tempo in cui non c'era iniziai un po' a disfare le valigie. «Cos'hai comprato?» chiesi.
«C'è un negozio appena fuori questa via, si chiama East End Halal..» introdusse. 
«Che nome fantasioso» commentai le sue parole ricordando il nome del complesso del quartiere.
«Ho preso delle patatine e delle bibite» sorrise tirandole dalla busta della spesa. «Qualcosina serviva» continuò.
Sorrisi, di rimando. «Sei bravo» mi complimentai. «Comunque come facciamo a dormire?» chiese tornando sulle sue iniziali parole.
«Non ne ho la più pallida idea» dissi scuotendo il capo. Ad un tratto i suoi occhi si illuminarono in segno di un idea.
«Usiamo i nostri vestiti più caldi come materasso e avvolgiamoci negli asciugamani» consigliò. Dopotutto non era una brutta idea.
«Almeno per questa notte, poi ci adatteremo» ammiccò. «Per me va bene» risposi e così, iniziai,
con il suo aiuto, a tirare cappotti, maglioni, calze, cardigans e i nostri rispettivi asciugamani, dalle valigie.
«E' più calda la camera da letto o questa cucina?» chiese dato che io ero stata di più in casa, fin'ora.
«Penso la camera da letto, perché qui, in cucina, entra del freddo dalla porta» li feci luce su come stavano le cose.
«Allora vada per la camera da letto» disse prendendo tutti i vestiti nelle braccia e andando lì. Io lo seguii con il cibo.

«Va bene così?» chiese dopo averli stesi per terra uniformemente. «Benissimo capitano» lo presi in giro.
Mangiammo le patatine accompagnate dalla coca cola. Non era il massimo ma nemmeno il minimo.
Era ancora un tardo pomeriggio ma stanchi come eravamo era meglio riposarsi.
«Buonanotte Liam» dissi stanca. «'Notte Lia» mi sorrise. 




RECENSITE O NON INCONTRETE MAI I ONE DIRECTION.






Saluto Payniano alle mie lettrici directioneeeeeeeeeeeeeers
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Come va? Io bene, dai, ma penso non freghi molto. Cosa pensate di questo schifo?
A me non piace ma essendo un capitolo introduttivo non si capiscono ancora molte cose! 
Ecco Liam che spunta come uno dei due protagonisti per la prima volta nelle mie storie.
Liam è un ragazzo normale da quanto avete capito ma vedrete che nei prossimi capitoli...
E Lia? Cosa pensate di lei? Le piace Liam? O semplicemente sono amici?
Comunque dove pensate che siano finiti i One Direction in questa storia? E' una cosa curiosa, credetemi.
Se volete seguirmi su twitter sono Diamandis ♥  
o magari rompermi su facebook Imane Giulia Messaoudi 

Miss I.
 ♥ 
 

  
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