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Autore: char18    27/10/2012    0 recensioni
20 settembre 2005, l'inizio della lunga e complicata storia di due persone così diverse e così simili al tempo stesso. Orlando Bloom torna a Londra, la sua città natale, per prendersi una pausa dagli ultimi avvenimenti che hanno cambiato per sempre la sua vita. E' prorpio ad una festa di vecchi amici di famiglia che rincontra Nicole Leinghton, una sua ex compagna di scuola che nasconde dietro al suo caratteraccio una personalità fragile e insicura. Grazie all'ostinità dell'attore nel volerla conoscere, i due ragazzi si ritroveranno a passare molto tempo insieme e a condividere più di quello che avessero mai immaginato. Questo perchè l'amore stravolge e cambia tutto ciò che è sempre sembrato chiaro e già definito.
Ma in fondo cos'è tutto in confronto all'amore?
20 settembre 2005, l'inizio della lunga storia tra Orlando e Nicole, due vite parallele che saranno destinate ad unirsi in una sola.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 17


Londra, 28 maggio 2007

L’inverno era passato e la primavera aveva portato con sé un po’ della sua energia e felicità. A quanto pareva, però, l’inverno sembrava essersi portato via anche la tranquillità di Nicole che, negli ultimi mesi, era diventata ancora più isterica di prima.

Come i medici avevano previsto, Robert verso la metà di marzo perse pian piano l’utilizzo delle gambe e, dopo aver abbandonato definitivamente il suo bastone, aveva accettato con riluttanza l’idea di passare i suoi ultimi giorni su una sedia a rotelle. Suo padre cominciò anche ad avere difficoltà nel parlare così fu costretto al dire il minimo e indispensabile. Come Nicole lo aveva sentito dire ad un medico durante una visita di controllo, ogni volta che pronunciava una parola era come se sentisse un coltello rigirarsi nel petto. Aveva perso anche la voglia di mangiare ed aveva iniziato a dimagrire a vista d’occhio. La fede, che Robert non aveva mai smesso di portare, gli stava troppo larga a causa del peso che aveva perso, così come il suo orologio e i soliti pantaloni che indossava. Del corpo forte e robusto che la ragazza ricordava il padre avesse sempre avuto, ora non ce ne era più traccia.
Vedere Robert così fragile e vulnerabile aveva smosso un qualcosa dentro Nicole, non sapeva precisamente cosa, ma non riusciva ad accettare quel cambiamento radicale. Quando era piccola credeva che suo padre sarebbe morto come un supereroe, salvando una città dall’invasione aliena che minacciava di distruggere la Terra, salvando una donna che stava per essere investita da un camion, insomma in una impresa eroica, e tutti quanti lo avrebbero ricordato con onore e solennità.
Invece ora lo stava vedendo morire lentamente, si stava spengendo come una candela: pian piano la cera si stava sciogliendo e, si sa, quando la cera finisce la candela si spegne. Ma quanto ci avrebbe messo?
La malattia si era portata via tutto: la sua energia, la sua determinatezza, il suo carattere, la sua voglia di andare avanti e di progettare le cose come al suo solito, le sue amate sigarette e, soprattutto, stava portando via anche la sua vita.
 
Orlando, dopo cinque mesi di continuo stress, continuava a giustificare la sua fidanzata dicendo che era normale reagire così quando una persona deve veder morire suo padre, ma un giorno anche lui arrivò al limite della sopportazione e sbottò.
Fu il giorno prima della sua partenza per Tokyo, dove tutto il cast de “I Pirati dei Caraibi” doveva andare per prendere parte alla prima mondiale del film. Mentre stava finendo di fare le valigie, Nicole lo stava guardando dalla soia della porta con aria diffidente borbottando di tanto in tanto di quanto fosse egoista e stupido solo a pensare di poterla lasciare da sola in quel momento. Cosa gli era saltato in testa? Lei non loi avrebbe mai fatto se ci fosse stato lui al suo posto. Lei non lo avrebbe mai lasciato per volare dall’altra parte del mondo.
L’attore non ce la fece più a sopportare il carattere irascibile e insopportabile che la ragazza aveva da mesi e mesi, così, anche se sapeva che era sbagliato e ingiusto, le vomitò addosso tutto quello che avrebbe voluto dirgli in questi mesi e finirono per litigare pesantemente. La mattina seguente, dopo aver passato la notte sul divano, Orlando prese le valigie e se ne andò senza dire una parola. La sera, quando il ragazzo la chiamò per avvertirla di essere atterrato, si chiesero scusa a vicenda e si promisero di essere più comprensibili verso la situazione dell’altro.
Quando Orlando tornò dal Giappone, Nicole lo stava aspettando con ansia e, per la prima volta dopo tanto tempo, fecero l’amore con passione. Così le giornate ripresero il loro naturale percorso e i due cercarono di essere più calmi e aperti al confronto per non rischiare di litigare ancora.
 
 
Quella mattina Nicole andò a casa del padre e lo trovò in giardino, come sempre da quando erano iniziate le belle giornate, seduto sulla sua poltrona preferita mentre si godeva una bellissima giornata di sole. Come da manuale aveva appoggiato il suo adorato libro di poesie sul tavolino basso di legno e stava aspettando la figlia perché glielo leggesse. Il libro preferito di Robert era di un famoso scrittore inglese dei primi anni del'900, Joseph Rudyard Kipling. Un genio, secondo il padre.

- Ciao papà. – lo salutò Nicole sedendosi sulla sedia di vimini accanto alla sua poltrona.

Lui alzò hli occhi all'improvviso, come se non si aspettasse minimamente di vederla lì a quell'ora, e poi lentamente si allargò in un sorriso radioso. - Ciao tesoro. – Era più pallido e stanco del solito quel giorno.

- Come ti senti? – domandò la figlia studiandolo con apprensione.

Robert sospirò e fece morire appena il suo sorriso. - Stanco –

Nicole fece finta di non aver notato il suo repentino cambio d'umore. - Allora, cominciamo subito con le poesie? – domandò poi prendendo il libro dal tavolo e fingendo come al solito di essere raggiante nonostante il suo evidente e progressivo peggioramento.

- Si. Oggi voglio dedicartene una in particolare. E’ a pagina 218. –

Nic lo guardò stupita e si sbrigò ad andare alla pagina da lui indicata inumidendosi l'indice con la punta della lingua. - “Se”? – chiese leggendo il titolo della poesia.

- Si, è proprio quella. Ho sempre voluto fartela leggere. 
 In qualche modo esprime tutto quello che avrei voluto e dovuto insegnarti in questi anni e sono sicuro che ti aiuterà nei momenti in cui sarai in dubbio, con me l’ha fatto. Quando un giorno me ne sarò andato e ti sentirai persa, rileggitela, così è come se ti fossi sempre vicino. –

Nel sentir pronunciare quelle parole, lo stomaco della ragazza si contrasse dolorosamente. “Quando un giorno me ne sarò andato” . Non poteva ancora accettare una cosa simile.
Ricacciò indietro le lacrime con un sospiro e iniziò a leggere la poesia. –“Se riesci a tenere la testa a posto quando tutti intorno a te l'hanno persa e danno la colpa a te.
Se puoi avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te, ma prendi in considerazione anche i loro dubbi.
Se sai aspettare senza stancarti dell'attesa, oessendo calunniato, non ricambiare con calunnie, o essendo odiato, non dare spazio all'odio, senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo da saggio.
Se puoi sognare, senza fare dei sogni i tuoi padroni.
Se puoi pensare, senza fare dei pensieri il tuo scopo.
Se sai incontrarti con il Successo e la Sconfitta e trattare questi due impostori allo stesso modo.
Se riesci a sopportare di sentire la verità che hai detto, distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per gli ingenui, o guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte, e piegarti a ricostruirle con strumenti usurati.
Se puoi fare un solo mucchio di tutte le tue fortune e rischiarlo in un unico lancio di una monetina, perdere, e ricominciare daccapo senza mai fiatare una parola sulla tua perdita.
Se sai costringere il tuo cuore, nervi, e polsi a sorreggerti anche quando sono esausti, e così resistere quando in te non c'è più nulla tranne la volontà che dice loro: Resistete!
Se riesci a parlare alle folle e conservare la tua virtù, o passeggiare con i Re, senza perdere il contatto con la gente comune.
Se non possono ferirti né i nemici né gli amici affettuosi,
Se per te ogni persona conta, ma nessuno troppo.
Se riesci a riempire ogni inesorabile minuto dando valore a ognuno dei sessanta secondi,
Tua è la Terra e tutto ciò che contiene,
E, cosa più importante, sarai un Uomo, figlio mio!” –  


Quando ebbe terminato la poesia, Nicole alzò lo sguardo commosso dal libro e guardò il padre.

- Magari cambia l’ultima frase mettendola al femminile, ma in sostanza è quello che voglio dirti sulla vita: tieni duro, resta sempre te stessa, goditi ogni minuto, sogna e progetta ma rimanendo sempre con i piedi per terra, sii sempre pronta a metterti in gioco e a ricominciare daccapo se perdi tutto quanto. Sono tutte lezioni di vita che ho dovuto imparare a mie spese perché non ho avuto nessuno che me le dicesse quando ero giovane. Ora, anche se so che hai venticinque anni e che magari è un po’ tardi, io voglio dirle a te. Sono cose davvero importanti. – le disse guardandola negli occhi.

Nicole mise da parte il libro e abbracciò forte l’uomo davanti a lei. - Grazie papà. Ti voglio bene. -

Robert ricambiò stancamente la dimostrazione d’affetto - Te ne voglio anche io, tanto. -  aspettò che si staccarono per parlare di nuovo. - Ora mi puoi leggere le poesie dal punto in cui ci siamo fermati ieri? – disse appoggiando la testa allo schienale della poltrona e chiudendo gli occhi, come faceva sempre. Diceva che ascoltare le poesie ad occhi chiusi lo aiutava a capirne meglio il senso.

- Va bene. – acconsentì l’altra asciugandosi con un dito la lacrima che le era scappata da un occhio. Sfogliò le pagine fino ad arrivare a quella che il padre le aveva chiesto e cominciò a leggere le poesie lentamente e scandendo bene le parole, come piaceva a Robert. Cercò di intonare le frasi meglio che poté, come se le stesse recitando.

Aveva ragione suo padre, quell’uomo era un genio. Sapeva cogliere il senso delle cose, anche quello più profondo o difficile e riusciva a trasformarlo in poesia. Le sue frasi creavano una melodia deliziosa e si intersecavano tra di loro come in una danza perfetta.
Non seppe dire per quanto tempo rimase lì seduta a leggere ad alta voce, alzando di tanto in tanto lo sguardo per vedere se il padre la stava ascoltando. Quando si sentì la gola secca guardò Robert e, vedendo che non aveva ancora iniziato a lamentarsi dell’improvvisa interruzione, Nicole capì che si era addormentato. Chiuse il libro, lo appoggiò sul tavolino e si avviò verso casa. Andò in cucina e chiese a Igor, dopo essere stata travolta da uno degli abbracci travolgenti dell’omone che odorava come al solito di cucinato, un bicchiere di tè ghiacciato.
Trangugiò assetata la bevanda, ringraziò il cuoco e cominciarono a chiacchierare, proprio come facevano di solito quando Nicole abitava ancora in quella casa e senza neanche accorgersene passarono quaranta minuti.
Dopo essere uscita dalla cucina tornò in giardino e vide che suo padre stava ancora dormendo. La ragazza preferì non disturbarlo e aspettò che arrivasse Charlotte per darsi il cambio e poter tornare a casa da Orlando. Quel giorno le era mancato davvero tanto. Voleva tornare a casa loro, baciarlo e raccontargli delle belle cose che gli aveva detto il padre, descrivendogli la sensazione di gioia e calore che le aveva avvolto il cuore e che non aveva mai provato prima. Chi lo avrebbe mai detto che il rigido e composto Robert Leinghton si sarebbe rivelato un padre così affettuoso e dolce?

- Nic. – disse Charlotte entrando nel salone e interrompendo i pensieri della sorella.

L'altra la guardò sorridendo. - Charl, ciao! –

La sorella maggiore posò la borsa e il cappotto su una sedia e domandò ravvivandosi i capelli - Dov’è papà? –

- E’ fuori. Mentre gli leggevo il libro si è addormentato e non volevo svegliarlo. Oggi sembrava particolarmente stanco. –

Charlotte annuì distrattamente.

- Tutto bene Char? - le chiese la sorella piegando la testa da un lato - Ti vedo strana. -

- No, sto bene. E' solo che in questo periodo è tutto così... difficile. -

Nicole le prese una mano e la strinse forte tra le sue. - Lo è per un po' tutti. -

Lei sorrise debolmente e si diresse verso la porta-finestra. - Vado a salutarlo. –

- Si, vengo anche io, sto andando via. –

Le sorelle scesero dalla veranda e camminarono sul prato perfettamente tagliato fino a raggiungere il gazebo sotto il quale dormiva il padre. Seduto sulla sua poltrona, con la bocca aperta e nella sua posizione rilassata era davvero buffo. Le due repressero a stento una risata e si guardarono complici.

- Papà? – lo chiamò dolcemente la figlia maggiore mettendogli una mano sulla spalla, la sua voce però era ancora divertita.

Robert parve non sentirla.

- Papà? – ripeté lei scuotendolo con delicatezza.

Niente, era profondamente addormentato e non dava nessun segno di sentire la voce della figlia che lo chiamava.
Nessun segno di vita.

Nicole rimase immobile e all’istante gli occhi gli si riempirono di lacrime. Si portò una mano alla bocca e aprì le labbra senza emettere alcun suono. 

- Papà? Mi senti? Rispondimi. Papà? – stavolta la voce di Charlotte era preoccupata, ansiosa. Probabilmente i suoi pensieri avevano preso lo stesso corso di quelli dell’altra.

Nicole cominciò a piangere in silenzio e si lasciò cadere in ginocchio accanto alla poltrona beige. Un senso di nausea e di confusione si insinuarono dentro di lei. Era un sogno. Non poteva essere vero. Ora si sarebbe svegliata e avrebbe capito che si trattava solo di un orribile e stupido incubo. Doveva essere così, per forza. Non poteva essersene andato così, di punto in bianco.

- NO! Papà no, ti prego. Non ora! Papà! Rispondimi, ti supplico, Papà! PAPA’! – il pianto di Charlotte era straziante. Nicole avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non sentirlo più.

La ragazza rivide il viso sorridente del padre mentre raccontava del primo incontro con Elisabeth, rivide la sua grande mano che si posava sulla sua, rivide la sua espressione stanca quando era in ospedale dopo la sua crisi, lo rivide da giovane mentre piangeva disperato dopo la scoperta della morte della moglie, rivide le sue sopracciglia aggrottate quando Orlando lo aveva battuto per la prima volta a scarabeo in quella domenica pomeriggio di fine marzo, rivide la sua faccia orgogliosa mentre guardava sua figlia che si sposava.

Charlotte continuava a chiamare il padre senza ottenere risposta ma non si dava per vinta, quasi sperando che stesse scherzando. Nicole le tolse di forza la mano dalla spalla del padre e le bloccò entrambe le braccia stringendola a sé. Lei continuava a dimenarsi ma dopo qualche secondo demorse e si abbandonò contro la sorella.

Lui se ne era andato.
 
 
 

Londra, 30 maggio 2007

Nicole stringeva il braccio della sorella mentre guardava la lapide che aveva di fronte a sé con uno sguardo vacuo.

Robert Eric Leinghton
1951 – 2007


Robert sorrideva posato all’obiettivo, stretto nel suo smoking nero firmato Armani. Quella foto era stata scattata il giorno del matrimonio di Charlotte, a Parigi, quando ancora non sapevano a cosa sarebbero andati incontro. Quando ancora non si erano ritrovati. Quando ancora non sapevano cosa voleva dire unirsi in un unico abbraccio e affrontare insieme quello che la vita gli avrebbe riservato.
Come aveva espresso il padre, lo avevano sotterrato accanto alla moglie così sarebbero stati insieme per sempre. Sia in vita che in morte.  Finalmente Robert aveva potuto raggiungerla e si erano potuti ricongiungere dopo più di vent’anni di separazione.

Nicole voltò lo sguardo e osservò la foto della meravigliosa donna che le somigliava tanto.

Elisabeth Victoria Leinghton
1951 - 1985


Un’altra calda lacrime le solcò una guancia andando a sparire nella scollatura dell’elegante vestito nero che aveva scelto di indossare quella mattina. La mano di Orlando andò a cercare la sua e la strinse forte facendole sentire la sua presenza.
Dio, non ce l’avrebbe mai fatta ad affrontare tutto quello senza di lui. Non sapeva immaginarsi senza lui al suo fianco che la sosteneva e le stava accanto come aveva promesso di fare mesi prima, il giorno che avevano scoperto della malattia di Robert.

Gli invitati alla cerimonia oramai se ne erano tutti andati. Ci avevano pensato Pierre e Orlando a raccogliere tutte le condoglianze e i fiori che le persone volevano rivolgere alle due ragazze. Liquidarono le strette di mano e gli abbracci commossi dicendo che avrebbero riferito tutto quanto a Charlotte e Nicole, dicendo che ancora non erano pronte per affrontare decine e decine di sguardi tristi e frasi di circostanza.

Per tutta la durata del rito Nicole quasi non aveva pianto. Aveva esaurito le lacrime quando si era ritrovata di fronte alla salma del padre, quando si era ritrovata ad abbracciare una disperata Charlotte che non riusciva quasi a respirare tanto erano forti i suoi singhiozzi, quando era tornata a casa distrutta e aveva detto a Orlando che Robert era morto, quando si era ritrovata ad organizzare il suo funerale, quando aveva ricevuto la chiamata del notaio che la voleva vedere per la lettura del testamento.
Era preparata a questo. Sapeva perfettamente che nel giro di pochi mesi avrebbe dovuto affrontare tutto ciò ma dal pensarlo al viverlo era tutta un’altra cosa. Non avrebbe mai potuto sapere del dolore che avrebbe provato, non avrebbe mai potuto immaginare della sensazione di vuoto che si era creata dentro di lei dopo la perdita, non avrebbe mai potuto immaginare di come le sarebbe mancato suo padre e il suo sorriso.
Sapere che lui era lì, pronto a dire la cosa giusta al momento giusto, che l’avrebbe stretta nel suo forte e confortante abbraccio, che l’avrebbe guardata con quei due occhi profondi e penetranti. Come avrebbe fatto senza tutto ciò?

Abbandonò la testa sulla spalla del suo fidanzato e strinse forte il braccio di Charlotte. Pierre, poco più in là, guardava addolorato le due sorelle e baciava i capelli di sua moglie.
Quello era cosa le era rimasto della sua famiglia: Orlando, sua sorella e suo cognato. Sapeva che avrebbe sempre potuto contare su di loro. In qualche modo quella perdita, il doversi consolare a vicenda e il dover collaborare per affrontare la situazione, li aveva legati ancora di più. Tra di loro si era creato un legame speciale, si erano appoggiati l’uno a l’altra non per rimanere in equilibrio ed evitare di cadere, ma per cadere insieme, come se fossero un tutt’uno, come una vera famiglia.

Nicole ne era sicura, da qualche parte, lassù nel cielo, Elisabeth e Robert li stavano guardando con gli occhi pieni d’amore. Con gli occhi di due genitori che si sono finalmente riuniti e che guardano le loro figlie, e i loro rispettivi compagni, consapevoli di aver fatto il possibile per dargli un futuro migliore del loro, nonostante tutto.
Poteva quasi sentire su di se i loro sguardi d’approvazione e di felicità. Non si era mai sentita così tanto vicina a loro, neanche quando erano in vita.
L’unica cosa che in qualche modo la consolava da quell’immenso dolore era sapere che Robert aveva vissuto la sua vita a pieno, senza farsi mancare nulla, dall’amore alla famiglia, dal denaro alle soddisfazioni e alle relative sconfitte. Certo magari aveva anche qualche rimpianto ma era sicura che non avrebbe cambiato mai niente del suo passato visto che tutto quello l’aveva portato a costruire la vita che aveva sempre sognato. In fondo anche lui era un Leinghton, e i Leinghton ne escono sempre vittoriosi.

  
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