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Autore: wrtltwtwd    27/10/2012    1 recensioni
A scuola abbiamo seguito un seminario di scrittura il cui tema doveva essere "l'amore in tutte le sue forme"... Ammetto che ne è uscita una storia decisamente drammatica, ma spero vi piaccia :D
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ho scritto questa storia per un concorso di scrittura; all'inizio ammetto che è stata una palla, ma poi la cosa mi ha preso, ed ecco cosa ne è uscito!

Se dovesse piacervi, sareste poi tanto gentili da andare sul link che segue e mettere "mi piace" alla storia per piacere? Grazie :D

http://www.festivaldelleletterature.com/racconti2012.php?idracconto=422&pag=27

°°°

Mother

°°°

Fin da piccola sono sempre stata orgogliosa di mia madre. Era il giudice che si stava occupando di un grosso caso: un potente signore della droga poteva finalmente finire dietro le sbarre, dipendeva da lei. Avevano tentato invano di corromperla. Un giorno le mandarono un certo Karl Novakova a farle visita.

Il suo modo di fare visita alle persone consisteva nel legarle ad una sedia, cospargerle di benzina e dargli fuoco costringendo i parenti ad assistere. Concludeva marchiandoli con le sue iniziali, usando una stampella arroventata perché non dimenticassero.

Avevo dodici anni. Ricordo perfettamente gli occhi spalancati di mia mamma, terrorizzati mentre la benzina le gocciolava dalle ciglia e le arrossava la pelle. Il puzzo acre bruciava nelle narici e faceva tossire; mi sentivo soffocare dal nastro adesivo sulla bocca.

Solo io ero imbavagliata: dovevo sentire ogni singolo doloroso lamento che mia madre sarebbe riuscita ad emettere prima di esalare finalmente l'ultimo respiro.

Quella donna lasciò me – e probabilmente anche il suo carnefice – increduli.

Mi guardò senza piangere: “Marina, Marina, shh... - mi chiamò per nome – guardami. Non soffrirò, te lo prometto: il fumo mi farà svenire quasi immediatamente. Sarò incosciente al momento della morte. Fai finta che stia dormendo. Non preoccuparti andrà tutto bene”.

La sua voce era un flebile sussurro, tremavo violentemente, i singhiozzi e gli spasmi facevano male. Non sapevo cosa sarebbe successo. Non si divincolò, non urlò, non chiese pietà... non so nemmeno se pianse o meno. Le fiamme già le lambivano i capelli e le lacrime mi annebbiavano la vista quando sentii di nuovo il mio nome: “Marina, non cambierà nulla, ti vorrò sempre bene”.

L'ultimo ricordo che ho di lei è il suo sorriso, il crepitio spaventoso del fuoco e il fumo che mi bruciava nei polmoni. Urlavo ma non so se qualcuno mi sentì.

Ora ho quarantuno anni e sono patologa forense. Ora so che essere arsi vivi è una delle torture più crudeli che si possa infliggere ad un essere umano. So anche che la perdita di coscienza è tutt'altro che immediata e l'agonia incommensurabile.

Ho studiato medicina: è straziante sentirsi morire mentre il fuoco ti divora le carni lentamente. Pezzo dopo pezzo ti sbrana viva, con ferocia crescente e impietosa, ti penetra con violenza e credi di impazzire. Preghi solo che il supplizio abbia fine e invochi la morte come una liberazione.

Ora so che pur di salvaguardare la mia innocenza di bambina, mia mamma fece appello a tuta la forza di cui disponeva per impedirsi di urlare. Grazie a lei, le grida che sogno la notte non sono le sue.

Solo questo mi da la forza di scendere dal letto ogni giorno e sopravvivere al mondo.

La stessa forza di cui tutti noi abbiamo bisogno per continuare a vivere.

Qualunque sacrificio mia madre affrontò quella notte, so che non ce l'avrebbe mai fatta senza la forza dell'amore.

  
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