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Autore: Beats of heart    28/10/2012    6 recensioni
Non smise mai di sorridere.
Nonostante la sua malattia, non lo fece mai, vivendo così i suoi ultimi giorni in modo spensierato.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Le persone arrivano, entrando nella tua vita senza che tu te ne accorga.
Entrano e poi, dopo un po’, ne escono fuori, lasciando uno strapiombo dentro al tuo petto.
Un solco che difficilmente e solo con il tempo guarirà.

 
 
25 Ottobre 1971
 
“Ehi cara Charli,
ho un sacco di cose da raccontarti!
Oggi, nonostante stia arrivando l’inverno, è una giornata soleggiata e io.. beh io sto bene!
Perfino mamma mi ha detto che posso andare a fare una passeggiata al parco.
Era da tanto che non andavo, e mi ha permesso di camminare da sola, senza l’utilizzo della carrozzina, perché hanno asfaltato una stradina e non c’è pericolo che io cada per colpa della ghiaia.
Ora sono seduta su una panchina verde foglia.
L’aria e pura e i miei polmoni ne possono solo gioire.
Davanti a me c’è uno scoiattolo intento a portare le sue ghiande nella sua tana, per prepararsi anche lui all’inverno.
Ormai c’è poca gente in giro per le strade. Le persone escono solo per procurarsi le cose necessarie, per colpa del freddo.
Mamma dice che fra pochi giorni dovrebbe addirittura nevicare, e io non vedo l’ora che accada.
Mi piacerebbe tanto vedere la neve per l’ultima volta, fare delle soffici palle di neve e addentarle.. spero che mamma mi lasci uscire di casa quando accadrà.
Spero di star bene per quel giorno.
 
Ora ti saluto Charli, mamma sta tornando
Hope <3”
 

Hope era una ragazza dolcissima.
Era slanciata con capelli lunghi, lisci e biondi.
Aveva dei tratti molto delicati e la pelle era olivastra.
Quel giorno soleggiato, era uscita con sua mamma per andare a fare una passeggiata a Central Park.
Le piaceva molto quel posto, ma raramente poteva andarci a causa della sua salute.
Sua madre le diceva sempre che avrebbe potuto ammalarsi più di quanto già fosse, così le toccava stare tutto il giorno in un letto e l’unica cosa che le faceva compagnia era Charli, il diario segreto su cui scriveva tutte le sue emozioni, dato che non aveva nessuno con cui parlare.
Conosceva poche persone:
sua mamma, la sua tata che si prendeva cura di lei quando sua madre doveva uscire e il suo ormai defunto padre.
 
Hope era innamorata di suo padre.
Era l’unica persona per cui provasse un sentimento così forte.
Quando egli morì, Hope si sentì crollare il mondo addosso, non le rimaneva più nessuno.
Ma dopo anni però si riprese, ma i medici le scoprirono una grave malattia: il cancro.
 
Hope aveva 17 anni, ma non poteva vivere la vita di tutti gli adolescenti.
Si sentiva sempre debole e doveva sempre prendere delle medicine: ormai ci era abituata.
Lei sapeva tutto.
Era cosciente del fatto che prima o poi, più prima che poi, lei non ci sarebbe più stata.
Lei sarebbe stata un leggero ricordo che col tempo sarebbe svanito del tutto nelle menti di chi la conosceva.
Ma nonostante tutto, lei era forte, lei non si dava per vinta.
Lei lottava, lei voleva vivere, anche per poco, una vita normale.
Voleva provare quelle emozioni che tutti i 17enni provavano, ma che per lei erano oscure.
Lei sapeva che sarebbe morta, ma ora era ancora viva, e voleva vivere i suoi giorni in modo spensierato, così che le persone vicine l’avrebbero ricordata come la ragazza felice e sorridente che era.
Aveva un sorriso come poche, e lo avrebbe avuto fino alla fine.
 
 
 
30 Ottobre 1971
 
“Charli!!
Nevica! Nevica!
È una cosa stupenda! Il giardino di casa è tutto bianco e io sono alla finestra che guardo quel fiocchi candidi cadere dal cielo e posarsi sull’erba verde che ormai è interamente ricoperta.
La voglia di toccarla è grande, ma mamma dice che non posso. Dice che sono troppo debole in questi giorni.
Sto morendo dentro.
Il mio unico desiderio è quello di divertirmi sotto la neve, ancora una volta, e lei non me lo permette.
Non sa quello che sto passando io.
Lei crede che tenendomi chiusa in una stupida stanza da letto, il cancro rallenti il suo processo, ma non è così.
Non è stando rinchiusa in una campana di vetro che vivrò più a lungo.
Ma lei questo non lo capisce.
Guardo il mondo da una finestra, come se fossi in un sommergibile e le perone fuori fossero pesci.
Oh, guarda.. un pesce in bici che consegna la posta.. no ok, meglio che parli in modo normale.
C’è un ragazzo, devo dire un bel ragazzo che consegna i giornali.
Trisha, la mia badante, dice che i ragazzi per guadagnarsi qualche soldo, fanno questi lavoretti, così hanno dei risparmi da parte.
Questo ragazzo deve fare il postino.
Lo vedo sfrecciare sulla sua bici gialla, mentra lancia i giornali arrotolati sulla soglia di tutti le case.
Poi si ferma, forse stanco, davanti il cancello di casa mia. Ha il fiatone e alza la testa al cielo, tenendo gli occhi chiusi e la lingua fuori, per far sì che alcuni fiocchi di neve si posino su di essa.
Lo facevo anche io da piccola, me lo ricordo bene.
Io e mio padre facevamo spesso dei deliziosi pupazzi di neve, dopodichè facevamo delle battaglie di neve. Ah, i ricordi.
Il ragazzo intanto, ha aperto gli occhi e guarda verso la mia finestra.
Non capisco cosa stia guardando.. poi lo vedo alzare una mano in segno di saluto..
Sfodera un sorriso a dir poco mozzafiato e.. mi saluta.
Sì, ne sono sicura, ha salutato proprio me.
Non so spiegarti il mio stato d’animo in questo momento.
Ora riposo un po’, sento che le forze mi stanno abbandonando.
 
Ciao Charli.
Hope <3”
 

Era la prima volta che Hope incrociava lo sguardo di quel ragazzo e fin da subito sentì che qualcosa in lei stava crescendo.
Ogni mattina lo vedeva passare, sempre alla solita ora e ogni mattina, quando lui si fermava davanti casa sua e la salutava, lei ricambiava con un cenno della mano ed un sorriso.
Nonostante la lontananza, era riuscita a scorgere il colore delle iridi del ragazzo: erano di un azzurro oceano.
Indossava sempre un giubbotto marroncino, una sciarpa color panna ed un berretto a forma d’orsacchiotto, per quello lo chiamava Boo Bear.
Passò più di una settimana, quando Hpe decise di uscire dalla sua stanza.
Infilò i suoi stivaletti panna e mise il suo cappotto bianco, proprio come la neve che avrebbe toccato fra poco.
Era felice.
Era felice perché finalmente avrebbe assaporato la morbidezza della cosa che amava di più: la neve.
Facendo attenzione che sua madre non la vedesse, uscì dal retro della casa e andò nel giardinetto visibile dalla sua finestra.
Si fermò sotto il grande salice piangente, in modo che nessuno l’avrebbe potuta vedere dalle finestre e si inginocchiò, prendendo un po’ di neve in mano.
La guardò fra le sue mani e ne mangiò un po’.
Istintivamente sorrise, ma poi sentì il tintinnio di un campanello di una bici.
Si girò di scatto e lo vide.
Era in sella alla sua bici gialla e la guardava sorridente.
Non ci poteva credere, finalmente l’avrebbe visto da vicino.
Lui la salutò con un gesto della mano, e lei si avvicinò alla ringhiera, afferrando due sbarre con le mani.
 
-       ora siamo vicini, puoi anche salutarmi con un normale 'ciao' – disse lei sorridendo
-       già scusa, ma mi ero abituato ormai – disse lui arrossendo
-       piacere, io sono Hope – disse facendo passare la sua mano attraverso le sbarre
-       Louis, Louis Tomlinson – rispose afferrando la mano della ragazza e stringendola dolcemente
-       Mi chiedevo quando avrei avuto l’occasione di parlarti.. non ti ho mai vista in giro, e nemmeno a scuola.. quale istituto frequenti? – continuò lui
 
Hope si fece triste in volto, ma non volendo rattristare anche il ragazzo con la sua storia, gli rispose:
 
-       no, infatti non esco quasi mai, e per quanto riguarda gli studi, i miei genitori preferiscono che io studi con un insegnante privato, che si occupi di me e basta –
-       sospettavo che appartenessi ad una famiglia benestante – disse lui sorridendo
-       già, che fortuna – rispose lei con l’amaro in bocca
-       ora devo andare, devo finire il giro delle consegne, ma.. domani ci rivedremo? –
-       n-non lo so, tu passa come sempre, se mi vedrai, vorrà dire che ci sarò – disse scoppiando a ridere
-       ahahah beh, il tuo ragionamento non fa una piega. A domani Hope –
-       a domani Louis –
 
Non appena il ragazzo se ne fu andato, Hope corse in camera sua, prima che la madre la potesse scoprire.
Per fortuna arrivò in camera in tempo, prima che sua madre l’andasse a chiamare per il pranzo.
 
 
23 Dicembre 1971
 
Tutti i giorni, alla stessa ora, Louis si fermava davanti il cancello della casa di Hope e aspettava che lei scendesse.
Parlavano di qualsiasi cosa ed entrambi sentivano crescere sempre di più in loro qualcosa.. ma nessuno dei due sapeva come definirlo.
Ma come sempre, quando qualcosa inizia ad andare per il verso giusto, la sfiga è sempre dietro l’angolo.
Una mattina, mentre Hope stava uscendo di soppiatto dal retro, sua madre la vide e le chiese cosa stava facendo.
Hope cercò di giustificarsi, ma la madre arrabbiata, la rispedì in camera.
Hope salì le scale correndo, con quelle poche forze che le rimanevano e si affacciò alla finestra.
Vide Louis fermare la sua bici e guardare in direzione del salice per cercarla, ma quando si accorse che non c’era, alzò lo sguardo verso la finestra e la vide piangere mentre lo guardava.
Gli dispiaceva, è vero, ma la salutò lo stesso con la mano e andò via.
 
Quella sera Louis era disteso sul suo letto, con le mani incrociate dietro la testa a fissare il soffitto bianco della sua camera.
Ormai quel soffitto lo conosceva a memoria.
Tutte le sere lo aveva fissato per ore ed ore, cercando in esso qualche risposta.
Una risposta che da settimane cercava di darsi: cosa provo per Hope?
Era in uno stato totale di confusione, così prese ilstuo cappotto e il suo berretto e uscì.
Una ventata d’aria fredda si scontrò contro il suo viso, mise le mani in tasca e iniziò a camminare.
Erano circa le 9 di sera, quando alzando lo sguardo, si ritrovò davanti casa di Hope.
Fissò la sua finestra, dove l’aveva vista quel freddo giorno di Ottobre per la prima volta.
La luce era ancora accesa. Fissava quel quadrato giallo, nella speranza che lei si affacciasse e lo vedesse, ma non successe nulla di tutto questo.
D’un tratto la luce si spense e lui sentì come se il suo cuore avesse smesso di battere per un secondo.
Fu in quel momento che ebbe una scarica d’adrenalina e con agilità scavalcò il cancello e atterrò nel giardino.
Prese dei sassolini da terra e iniziò a lanciarli contro la sua finestra, nella speranza che si affacciasse.
Finalmente vide accendersi la luce e Hope squadrare il terreno del giardino, per poi riconoscerlo e sorridere conme una bambina a cui è appena stato regalato un cucciolo di cane.
Tirando la maniglia della finestra, riuscì ad aprirla e Louis, arrampicandosi a fatica, riuscì ad entrare in camera sua.
 
-       tu sei matto. Fa un freddo cane fuori e tu hai fatto tutta questa strada, arrampicandoti fino alla mia finestra.. l’ho sempre pensato che non fossi un tipo a posto – disse Hope
-       sì, in effetti anche mia madre me lo dice spesso, ma lei sa che sono un’anima libera e che mi caccio sempre in qualche pasticcio – scoppiò a ridere, facendo ridere anche Hope
-       allora, Peter PanBoo Bear, cosa ci fai qui? –
-       aspetta spetta spetta! Come mi hai chiamato? –
-       ah già! Non te l’avevo mai detto! - sussurrò Hope, portandosi una mano davanti la bocca
-       ora sei obbligata a spiegarmi questa faccenda! - le disse Louis indicandola col dito
-       allora, dal primo giorno che ti ho visto, ho notato il tuo dolcissimo cappello ad'orso e da lì, prima di sapere il tuo nome, ti chiamavo 'Boo Bear'. non ti piace? - chiese lei torturandosi le mani
-       no, il contrario, mi piace molto - disse lui prendendo le mani di lei e stringendole sul suo petto.

Hope alzò lo sguardo, facendolo allacciare a quello freddo del ragazzo.
Si guardarono per un tempo che a loro parve infinito, dopodichè, Louis iniziò pian piano ad avvicinarsi alle sue labbra.
A quelle labbra che ogni volta fissava, facendo attenzione a non farsi vedere.
Quelle labbra che che sognava quasi tutte le notti di baciare.
Quelle labbra che non vedeva l'ora di assaporare.
Un solo centimentro li divideva, e lei sfiorò il naso di lui.
Lui, in modo dolce, le diede un soffice bacio sul naso, poi uno sulla guancia destra ed infine, prendendola di sorpresa, uno sulle labbra.
Rimasero uniti per qualche secondo, dopodichè lei si allontanò di qualche centimetro, fissandolo nelle iridi color cielo e sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi arrossendo.
Lui sorrise a sua volta e 'sta volta il bacio non fu un semplice bacio a timbro, ma fu un vero e proprio fuoco d'artificio.
Non servivano parole per sapere ciò che provavano l'uno per l'altra: lo stavano dimostrando.
Si staccarono e Louis fece congiungere le loro fronti.

-       non sai quanto ho aspettato questo momento.. - soffiò lui sulle sue labbra
-       non sai quanto ti ho aspettato .. -

Si ribaciarono, come se il giorno dopo non si sarebbero più rivisti.

-       sai che giorno è domani? - chiese lui
-       la Vigilia di Natale, non vedo l'ora - disse lei sorridendo
-       già, ma non solo. Domani è anche il mio compleanno - annunciò
-       che bella cosa Louis! Son felice per te! - disse lei euforica e abbracciandolo
-       so che teoricamente il regalo lo dovrebbe ricevere il festeggiato, ma domani vorrei farti io un regalo -
-       Louis, non dire sciocchezze! Domani goditi la tua festa, è la tua giornata! -
-       sei tu la mia miglior festa, Hope - sussurò lui, baciandola appassionatamente

Stettero un po' a parlare sul letto di lei, quando poi sbadigliò, così Louis decise di tornare a casa, ripercorrendo il tragitto di prima al contrario, ma non prima di aver salutato come si deve la sua amata Hope, come se non ci fosse stato un domani.



24 Dicembre 1971

Quella mattina tutte le strade erano candide.
Quella mattina regnava il silenzio.
Quella mattina si sentivano solo dei leggeri singhiozzi, provenienti dalla madre della ragazza.
Quella mattina, la mattina della Vigilia, nessuno stava festeggiando in quella casa, nessuno.
Quella mattina, il debole cuore di Hope smise di battere, per sempre.
Eppure, quella mattina Louis si svegliò pieno di energie.
Non si era mai sentito così vivo, forse perchè ancora non sapeva nulla.
Forse perchè in mente aveva ancora il ricordo indelebile del primo bacio con Hope, della sera precedente.
Nel suo volto regnava un sorriso spledido.
Si preparò velocemente, per non far tardi e passò da un bar vicino casa sua, che faceva delle brioches squisite. Ne comprò due ripiene alla Nutella.
Aveva intenzione di portarle a Hope e di mangiarle insieme.
Voleva di nuovo scavalcare quel cancello e arrampicarsi fino alla sua finestra, baciarla e poi ridere con lei. Già assaporava la scena.
Arrivò davanti il cancello di casa sua e il suo cuore si congelò.
Una tela viola scuro era appesa alla porta del cancello:

"Hope Smith era una grande ragazza, con un gran cuore.
Continua a sorridere anche lassù, come solo tu sapevi fare, piccola Hope"


Louis non capiva. Si sforzava ma non capiva.
Cosa voleva dire quella frase?
Cos'era successo alla sua Hope?
Doveva sapere. Non poteva averla persa, proprio ora che si erano trovati.
Suonò al campanello e una signora vestita di nero e con le occhiaie andò a chiedere cosa volesse.

-       mi chiamo Louis Tomlinson, sono un amico di Hope.. cosa vuol dire questa frase? - disse con gli occhi lucidi, indicando la stoffa viola

La donna, la madre di Hope, col capo chino gli disse:
 
-       Hope Smith ha raggiunto suo padre. Ora è in un mondo migliore. Ora potrà sorridere in modo spensierato col suo caro papà - una lacrima le rigò il viso

Louis non capiva.. com'era potuto accadere?

-       non capisco.. com'è potuto accadere? - la sua voce era rotta dal pianto
-       lei.. quella malattia. Quella malattia me l'ha portata via! - urlò la donna in preda alla disperazione, buttandosi sul petto del ragazzo
-       n-non ne sapevo nulla.. - disse abbracciando la donna
-       è stato il cancro. Lei ha sempre combattuto. Non si è mai lasciata sconfiggere. Lei pareva essere più forte della malattia, ma così non è stato -


Le persone arrivano, entrando nella tua vita senza che tu te ne accorga.
Entrano e poi, dopo un po’, ne escono fuori, lasciando uno strapiombo dentro al tuo petto.
Un solco che difficilmente e solo con il tempo guarirà.











Spazio Autrice

che ve ne pare?
l'ho scritta in un giorno intero, perchè volevo far in modo che le parti fossero ben sviluppate e soprattutto BEN SCRITTE
mi stavo commuovendo perfino io mentre la rileggevo c':
spero che anche a voi abbia fatto questo effetto!
vi chiedo una cosa:
se l'avete letta e vi ha toccato nel profondo anche a voi, potreste lasciare una recensione?
Grazie mille a tutti coloro che lo faranno c:
Siete dei lettori fantastici!
tanto amore per voi
thesecarrots
  
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