-Sì, Emiliano, non preoccuparti. Certamente… sei mesi. Ah, giusto, quattro. No… non c’è bisogno che tu venga, ci pensiamo noi. A tra poco.
Fisso Ghirelli che litiga con il mio cellulare: è divertente. Ok, lo è solo per un po’, ma per ora va bene:
-Finito?- domando, le sopracciglia inarcate.
-Sì.
Ghirelli mi sorride con aria sarcastica e mi passa il telefono.
Siamo davanti al quindicesimo negozio per neonati, ma non ci decidiamo a entrare: davanti ai nostri occhi ballano ancora i quattordici modelli di tutine rosa per bambini che abbiamo già visto. E che non andavano bene.
-Tutine rosa, tutine rosa, tutine ros…
-Piantala, Ghirelli.
-D’accordo… Dossena.
Evidentemente crede che il mio nome sia un dispregiativo.
Per un momento ci fissiamo. Le mie labbra tremano appena, lui deglutisce: non è una decisione facile, non dopo tutto il tempo passato a compiere questa missione:
-Entriamo, Daniele?- sussurro, fissando terrorizzato i modelli nuovi che ci aspettano.
-Vai, Bart.
E’ un chiaro segno della difficoltà dell’impresa il fatto che ci chiamiamo per nome. E che io non protesto.
Entriamo.
-Salve, avete bisogno di aiuto?- la commessa ci è subito addosso col suo sorriso finto.
Annuiamo:
-Tanto, tanto aiuto…- sussurra Ghirelli, fissando i vestitini rosa come se fossero assassini. O peggio.
-Ditemi.- ci sorride la commessa.
Ghirelli mi fissa:
-Noi, ecco, noi avremmo bisogno di una tutina rosa per una bimba di quattro mesi.
La commessa continua a sorriderci:
-Bene, vi faccio vedere i vari modelli.
Prende una scala e si arrampica fin sull’ultimo gradino, poi comincia a tirar fuori una scatola dopo l’altra. Le conto: sono sette!
-Sette?- geme Ghirelli, stringendomi la mano.
Lo scanso.
-Sapete…- continua la commessa, aprendo la prima scatola. –E’ una cosa molto bella. Non molti hanno il vostro coraggio.
Annuisco, serio:
-Già… ci sono persone che non lo farebbero. Io stesso se potessi tornare indietro…
-Ma perché? Siamo moderni, ormai!
Decido di abbandonare la conversazione, dato che non ne capisco il senso, e mi dedico all’esame della diciannovesima tutina della giornata: se Giada boccia anche questa, giuro che torno a casa e gliela cucio a mano.
-Guarda qui!
Daniele è chino su una tutina rosa con delle caramelle bianche disegnate:
-Non è carina?
È impazzito: tutte questa tutine gli hanno dato alla testa più del solito.
-La prendiamo.- taglio corto: forse, mettendola davanti al fatto compiuto, Giada non protesterà.
La commessa ci incarta la tuta e Ghirelli paga.
-Arrivederci! E auguri!
Ci allontaniamo.
-Sai cosa ha pensato, Bart?- domanda Daniele.
-Chi?
-La commessa!
-Cosa avrebbe pensato?
-Ha pensato che siamo gay. Lo si capiva benissimo.
Spalanco gli occhi, sconvolto:
-Ghirelli? Da oggi in poi stammi almeno dieci passi più dietro.- ordino, poi aggiungo: -Non entreremo mai più in quel negozio, sai?
-Naturale.
Ci incamminiamo verso l’auto, chilometri dietro, mentre la voce di Giada risuona nel telefono:
-Caramelle bianche, Ghirello? Ma so cafonissime!