Disclaimer: I personaggi di
Kuroko no Basuke non mi appartengono
Ma sono di proprietà di Tadashi Fujimaki. ©
Would You
Hold It
Against
Me?
Kagami doveva tenersi lontano da Aomine.
Era una questione di principio, un istinto di
sopravvivenza, un imperativo categorico, un qualcosa
che gli faceva ribollire il sangue per la rabbia anche solo a sentire il suo
nome. Tutto quello non aveva una vera e propria definizione, né lo stesso Taiga
avrebbe saputo spiegarlo a parole: non che fosse nella propria natura esplicare
verbalmente ciò che gli girava nella testa, ma l’irritazione che provava nei
confronti di Daiki si era ormai trasformata in un blocco mentale. Aomine era il
nemico, Aomine era il contrario, Aomine era sbagliato, Aomine non doveva
rientrare in alcun modo nella vita di
Kagami, quale che fosse il ruolo al suo interno.
Per questo, anche a vederlo lì, tra la folla che rumoreggiava
a Shibuya, non si sarebbe avvicinato. Non gli avrebbe dato nemmeno la possibilità
osservarlo, soprattutto nel momento in cui -nell’’angolo
degli occhi di Taiga- sollevò piano il capo nella sua direzione, spianando
soddisfatto la fronte e le sopracciglia, le labbra storte in un ghigno
divertito.
Anche solo lasciare un simile spazio a Daiki avrebbe
significato concedergli la presa totale su ciò che sarebbe seguito, arrendersi
senza combattere, genuflettersi e chinare la testa –Mai. Mai. Mai.
Aomine andava tenuto a distanza. Taiga doveva tenerlo a distanza.
A distanza dalla squadra, perché non spezzasse loro
le ginocchia, a distanza da Kuroko perché non lo distruggesse, frantumasse,
ridicolizzasse.
A distanza da se
stesso, perché non si sentisse meno di nulla, debole sotto ogni punto di
vista, incapace di decidere e di lottare, preda dell’amarezza e dello
sconforto, vittima di qualcosa che andava troppo
al di là di quanto Kagami potesse sopportare -O ammettere.
Non sarebbe sceso a patti con gli occhi di Daiki, non
col lampo scuro che poté cogliere quando questi alzò la testa. Tantomeno poteva
lasciarsi distrarre dalle braccia che cadevano lungo i fianchi, dai passi
sicuri, dal corpo che emergeva nero nel contrasto con la folla in movimento.
Non doveva dimenticare chi fosse Aomine, cosa
avesse fatto a tutti loro, l’effetto
che sentiva vibrare nel torace e serpeggiare sulla pelle quando una mano
arrivava a stringergli la spalla e la lingua schioccava contro i denti.
Non doveva perdere di vista il significato palese del ghigno che sollevava gli
angoli delle labbra, né l’espressione di assoluta sicurezza e padronanza del
mondo che gli rivolgeva non appena faceva scivolare lo sguardo su di lui.
Come se Daiki sapesse senza ombra di dubbio quel che
sarebbe successo, un copione già scritto dove Kagami non aveva altro ruolo se
non quello della marionetta, altra battuta se non un silenzio di furioso
assenso, la mascella contratta e la vergogna che mordeva lo stomaco.
Taiga doveva tenersi lontano da Aomine e resistere.
Avrebbe trasformato la rabbia in un’arma, la difesa contro la voce di Daiki,
contro il respiro che sussurrava mellifluo all’orecchio o il profilo della
bocca schiusa, la piega del collo che scompariva nell’ombra del petto, contro
la linea del bacino con cui il maledetto sfiorava intenzionalmente Kagami in un
movimento tanto fluido che a tutti sarebbe parso perfetto e naturale.
Doveva tenersi lontano da Aomine. Voltare le spalle
e andarsene. Non ci sarebbe stato proseguimento a quell’incontro, la serata si
sarebbe consumata in un bagliore di soffuso fallimento nel momento esatto in
cui Taiga avesse posto un deciso di rifiuto, sottraendosi alla presenza di
Daiki con uno scatto nervoso.
Non gli avrebbe permesso di essere padrone della
propria esistenza, non si sarebbe fatto condurre dove più piaceva ad Aomine,
non avrebbe sfiorato col petto il petto dell’avversario, né condiviso con lui
fiato o respiro, sfiorato la sua pelle con le labbra, colmando le dita della
forma delle gambe e delle braccia, mentre sotto i polpastrelli si disegnava il
profilo aguzzo delle vertebre e delle scapole.
Non sarebbe successo nulla di tutto quello, perché Taiga
sapeva di poter resistere: il ghigno di Aomine non aveva più alcun significato,
le sue parole alcun potere.
Ma la folla si chiuse attorno a loro, la mano di
Daiki scese ad accarezzargli il fianco.
E
Kagami si sentì in trappola.
{ If I said I want your body now
Would you hold it against me? }
Hold It Against Me – Britney Spears ~