So che esiste una storia con un titolo molto simile a questo, "The Greatest Beckett's Prank" di sydney bristow (storia stupenda che consiglio), volevo solo chiarire che nonostante abbia preso ispirazione per il titolo, questa storia è totalmente frutto della mia immaginazione.
In ogni cosa se ciò dovesse dare fastidio a qualcuno, contattatemi e provvederò immediatamente a cambiarlo; scrivo per il puro gusto di farlo, non per "rubare" le idee ad alrti autori :)
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The greatest Gates’ prank
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Possibile spoiler per chi non avesse visto la 5x05.
E se non se ne fossero occupati Ryan ed Esposito di controllare i tabulati telefonici di Castle, ma la Gates? Piccolo delirio post-Castle.
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Non era certo un compito piacevole, ma a qualcuno doveva pur
toccare, e del resto la squadra al completo era già
impegnata. Incredibile come i suoi uomini si fossero affezionati a
quello scrittore da strapazzo.
La Gates sorseggiò il caffè bollente e
si accomodò dietro la scrivania. Appena aperto il voluminoso
fascicolo fu evidente che un numero che non corrispondeva né
al cellulare della figlia, né della madre, era stato
chiamato con una frequenza decisamente sospetta. Così
cercò gli stampati degli SMS per confrontarli. Non poteva
crederci: quello era il numero della Detective Beckett! E quelle
conversazioni!! E certi MMS!!! Non c’era
possibilità d’errore, non dopo quel botta e
risposta:
C- Stasera alle 10 ti aspetto nella mia casa di Brooklyn. Io,
te, una tequila e… un tanga di pizzo?
B- Sai ke non indosso tanga di pizzo >.<
C- Ne faremo a meno ;D
Quei due avevano una relazione! Il capitano era furiosa, non solo quella storia era contro il regolamento, ma nessuno l’aveva messa al corrente del fatto prima d’ora; si erano presi gioco di lei! Una volta risolto questo assurdo caso, sarebbe passata all’azione!
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Qualche mese dopo.
“Certo, certo,. Può attendere un attimo
in linea che prendo una penna?” La mano della Detective si
spostò automaticamente sul cassetto in basso a sinistra
della sua scrivania. Lo aprì alla ricerca di qualcosa per
scrivere, ma la prima cosa che notò fu il pacchettino di
carta rossa scarlatta. Finì di prendere l’appunto,
riagganciò al telefono e aprì curiosa la busta
senza estrarla dal cassetto, per evitare che finisse oggetto di occhi
indiscreti. Una sbirciata fu più che sufficiente per
scandalizzarsi (per finta) di fronte allo striminzito completino nero.
Prese il bigliettino e – sempre attenta che nessuno facesse
caso a lei – lo lesse: “Stasera alle 10 al solito
posto. io, te, una tequila e… questo?”
Non era firmato, ma alzò lo sguardo a trovare
quello del suo partner e sorrise. Lui ricambiò. A stasera
allora, mio caro scrittore.
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Era così bella quando gli sorrideva
così, senza motivo, solo perché era lui ed era
felice d’averlo intorno. O forse Beckett sorrideva
indovinando la sua faccia quando nella tasca interna della giacca aveva
trovato una piccola chiave, di quelle che si usano per i lucchetti
delle palestre, accompagnato da un biglietto assai provocante:
“ Stasera alle 10 al solito posto, io, te, una tequila
e… una sorpresa?”
Quella donna sapeva ben scatenare le sue fantasie –
già di loro molto fantasiose –, sapeva che andava
ai matti per le sorprese come un bambino di dieci anni.
Tentò di immaginarsi cosa poteva aprire quella
chiave: gli vennero in mente esibizioni in stile Houdini, ma anche la
chiave magica di Barbablu. In ogni caso era certo che il lato sfrenato
della sua musa avrebbe superato di gran lunga le sue aspettative.
Sorrise al pensiero. Allora a stasera mia cara Detective.
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“Che mortorio!” sbottò Espo
animando finalmente la serata.
“Ci credo. Alexis è tornata dal college e
il paparino si è evitato ben volentieri una nottata di
lavoro d’ufficio. Beckett si è presa mezza
giornata di permesso”.
“Di nuovo il misterioso fidanzato?”
“No, ha detto che sarebbe uscita con Lanie”
tagliò corto Ryan.
“Sicuro che non sia solo una copertura?” Espo non
intendeva demordere, ma il telefono squillò interrompendolo.
“Dodicesimo distretto, scrivania del Detective
Esposito”.
La persona dall’altra parte aveva un tono basso e roco, come
se avesse messo una mano davanti alla bocca o avesse tentato di
camuffare la voce in qualche altro modo: “Correte, correte.
Sta succedendo qualcosa di brutto al 41 di Lansbury Av. Si sentono
delle urla e delle botte. “ click.“Ha
attaccato” rispose l’ispanico allo
sguardo interrogativo del collega. “Qualcuno sta dando delle
rogne in Lansbury Av. E’ un po’ fuori mano, ma in
un quarto d’ora dovremmo farcela anche senza
sirena”.“Chissà perché hanno
chiamato
noi?” Si infilarono le giacche e Ryan afferrò al
volo le chiavi: “Guido io Bro”.
“Andiamo” sbuffò Espo. Pensava di essersi lasciato alle spalle certe seccature dopo essere entrato nella omicidi. Probabilmente si trattava del classico gruppetto di adolescenti sbronzi, che dopo aver alzato un po’ troppo il gomito, approfittando dell’assenza dei genitori, aveva iniziato a ripercorrere ogni singola scena del copione di Jack Ass. Che teste di cazzo, ma almeno avrebbero impedito a lui e Ryan di fare la muffa al Dodicesimo.
I due poliziotti bussarono più volte inutilmente. “Accidenti Bro, non ci sentiranno mai con questa cavolo di musica”. Proprio in quel momento si udì uno schianto fortissimo – per sovrastare quel baccano – e seguirono delle urla. Si scambiarono un cenno d’intesa e sfondarono la porta dopo aver sfoderato le Sig in simultanea.
“NYPD mani in alto!” L’atrio in penombra era vuoto.
“Non ci sentono Bro!” Un altro urlo giunse dal fondo del corridoio al piano superiore.
Salirono le scale sempre all’erta. Qui la parola colluttazione assumeva un significato quasi tangibile: libri e suppellettili varie caduti dalle mensole erano ammucchiati per terra insieme a vestiti, giocattoli di pezza, schegge di un bicchiere di vetro colorato. Alle pareti non c’era un solo quadro che stesse perpendicolare al terreno. L’irlandese guardò il partner e fece una smorfia portandosi l’indice al naso; effettivamente c’era un odore di caffè piuttosto forte e alzando lo sguardo ne capirono la ragione: dall’intricato lampadario di design Pendeva una grossa caffettiera, e quando si alzò sulle punte dei piedi per toccarla era ancora calda. Ma che cavolo?...
“Guarda!” l’ispanico indicò un tubo verde da giardinaggio che correva lungo tutto il corridoio per poi sparire dietro una porta socchiusa. Altre urla.
“Sono qui” si scambiarono un’occhiata mimando con le labbra il conto alla rovescia, uno… due… tre! “Mani in alto, polizia!” Espo tenne sotto tiro quel groviglio di gambe e braccia e coperte e… tubo da giardinaggio? mentre Ryan zittiva quell’odioso tormentone. “Mani in alto!” ripetè il Detective al confuso ammasso che si divincolava sul letto.
“Esposito?!?”
I due Detective non potevano credere ai loro occhi.
“Castle? Beckett??”
“Ryan, Espo? Che ci fate voi qui?!” Chiese paonazza la donna, coprendosi come meglio poteva con il piumino bianco.
“La c..chiamata anomina, cioè aminima, non ci hanno detto chi era! E la collimazione, consultazione, insomma le urla!” Iavier aveva preso a balbettare mentre Ryan fissava in un angoletto dando le spalle alla coppia.
La spiegazione squillò sul cellulare di Beckett: la Gates! Premette “accetta” e mise in vivavoce.
“Che vi serva di lezione signori. Non osate MAI più nascondermi qualcosa. Sono stata chiara?”
“Sissignore” risposero in coro i quattro, ma Iron Gates aveva già attaccato.
Quella camera da letto stava diventando stretta; Beckett imbarazzata com’era, continuava a fissare il vuoto, nella speranza – vana – di smaterializzarsi per combustione spontanea: le sue guance erano in fiamme. I due poliziotti erano sbigottiti, si guardavano intorno vagamente, cercando una buona scusa per precipitarsi fuori di lì. Castle da buon padrone di casa, gliela offrì prontamente: “Ok, ora mm… perché non scendete di sotto, così noi.. ci ves.. rendiamo presentabili”“Si, certo, bene” I Raylito sembrarono recuperare finalmente l’uso della parola, e soprattutto delle gambe.
“Bene”
“Bene”
“Bene.. poi vi raggiungiamo e.. non so, gradite un caffè?” O.o