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Autore: Riseha    10/11/2012    4 recensioni
«..Kuroko. Tu e quegli altri. Tu e la tua ‘Generazione’. Cosa facevate di solito, insieme?»
La Generazione dei Miracoli era stata solo un gruppo di amici, all'inizio, no?
Prima di cambiare.
Prima di diventare qualcosa di troppo grande persino per loro.
[Kiseki no Sedai-centred. Forse qualche traccia KagaKuro.]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Here's hoping
you’ll help me to be brave.
Devotion, Hurts.
 
La brezza ormai cominciava ad essere sempre più fredda.
Lambiva la pelle come piccole lame nel vento, penetrava lentamente nelle ossa fino a quando non capivi che l’Inverno ormai era arrivato.
Che era dietro l’angolo, tendeva la mano all’Autunno che diceva addio, arrivederci al prossimo anno.
Però, per il Seirin, l’incombente stagione significava solo una cosa.
Per loro, per Kuroko e Kagami, il duo di assi di quella nuova squadra di basket, la Winter Cup significava guerra.
Dopo il brusco atterraggio dovuto alla sconfitta degli Inter High, la determinazione era ancora più forte.
Obiettivo, destinazione?
Battere quei cinque, onnipotenti Miracoli.
Bene o male, Kagami li conosceva. Solo di nome, quegli ultimi due che ancora rimanevano avvolti in un’aria quasi di mistero e che, a sentire le parole della sua Ombra, erano stati quelli che più si erano allontanati da Tokyo dopo le medie.
La sua Ombra, Kuroko.
A Taiga era sembrato quanto meno normale, che Tetsuya si tenesse informato sui propri ex compagni di squadra, almeno per quanto consentisse quel piccolo bagliore di ricordi che l’azzurro era solito portarsi dentro.
Ciò che non era sfuggito agli occhi scuri del power forward, tuttavia, era quello strano riflesso /malinconia, forse?/ che albergava negli occhi di Kuroko ogni volta che quel nome, ‘Generazione dei Miracoli’, veniva nominata.
Kagami non sarà stato certamente un campione nell’introspezione, nel tatto, o anche solo minimamente decente nei rapporti con gli altri, ma non era sicuramente /così/ stupido da non poter notare come il ricordare i suoi cinque compagni della Teikou creasse ogni volta una strana reazione nel piccolo giocatore fantasma.
Compagni.
A dire la verità, l’americano non aveva idea di come quella ‘Kiseki no Sedai’ potesse essere, nei tempi di ‘luce.’
Quando ancora non erano stati accecati dai propri talenti individuali, dalle esaltazioni che le continue vittorie avevano portato.
Quando si chiamavano ancora amici.
 
«Oya, Kuroko.»
‘Quando l’aria si raffredda, un hambuger è la soluzione.’
Con questa frase Kagami aveva lasciato la palestra dopo l’ennesima sessione di allenamenti, con il brontolio del proprio stomaco pari a 4.5 della scala Richter.
Che si fosse poi ritrovato il compagno di squadra dai capelli azzurri stazionato al solito posto del Maji Burger, è un ovvio cliché.
Per questo si erano ritrovati in una situazione che sapeva di infinito déja vu per tutte le volte che era accaduta, seduti uno davanti all’altro a quel tavolo da fastfood, a dividerli una coltre insormontabile di Hamburger della Casa che in confronto, il Monte Fuji avrebbe sfigurato.
«Cosa c’è, Kagami-kun? Hai di nuovo ordinato il Burger alla salsa cipollina…?»
«….No, e se anche fosse non lo mollerei a te.»
Studiando per un attimo l’altro, Taiga si sistemò meglio sulla panchina, come guest star delle profonde occhiate le briciole di pane che cadevano dal suddetto pasto.
Cos’era, il suo, forse un tentativo di provare a conoscere meglio la piccola Ombra della sua Luce?
Il pensiero che girava per la testa del rosso, ‘Non farebbe male cercare di conoscere un po’ di più i suoi anni passati alle medie’ aveva un valore solo puramente strategico, in fondo.
Se conosci meglio il tuo nemico, sai come combatterlo meglio.
«Capisco.»
Altra pausa, di nuovo silenzio.
Ormai era questa, la loro quotidianità.
E mentre il cervello bilingue di Kagami si sforzava di trovare un punto da dove cominciare la sua immersione nel passato della Kiseki no Sedai, fu proprio il silenzio a comunicargli qualcosa.
«..Kuroko.
Tu e quegli altri.
Tu e la tua ‘Generazione’.
Cosa facevate di solito, insieme?»
 
Le parole sembrarono rimanere sospese nell’aria, come se ci fosse dei sottilissimi fili a collegarle l’una all’altra.
Per un attimo temette di aver posto una domanda davvero sbagliata, in quanto gli occhi color cielo di Kuroko si fissarono in un punto vuoto, come se stessero evitando di dare una risposta.
 
« …Aaagh-. Fai finta che io non te l’abbia chies-- »
 
La voce dell’altro si levò improvvisamente, sommessa come al solito, ma stranamente decisa nelle proprie piccole frasi.
 
«Parlavamo. Tantissimo.
Di cose stupide, di cose divertenti.
Anche di quelle serie.»
«E poi…?»
«E poi, più nulla.
Diventammo i ‘miracoli’.  Non eravamo più ‘amici’.
Aomine-kun cominciò a saltare gli allenamenti.
Kise-kun non chiacchierava più come prima di tutto ciò che gli accadeva.
Murasakibara-kun cominciò a non voler nemmeno più uscire con noi.
Akashi-kun e Midorima-kun…loro si allontanarono. Sempre più.
Prima che me ne rendessi conto, ero rimasto solo io, nella luce di noi ‘Miracoli.’»
 
Dire che Kagami fosse sorpreso, è dir poco.
Possibile che l’unico argomento che potesse portare Kuroko a parlare, a fare un discorso così lungo, fossero quei cinque strambi lì?
Che fossero per lui così importanti da lasciare solchi profondi nelle proprie memorie, dolorose ferite?
Adesso capiva realmente, capiva a fondo il perché della sua proposta.
‘Allora sarò la tua ombra, e diventeremo i migliori del Giappone insieme.’
Finché non ci fosse stato qualcuno in grado di far colare a picco la luce di quelle cinque, egocentriche, luminosissime stelle, Kuroko non sarebbe mai sceso a patti con sé stesso.
Che desse la colpa a sé stesso, in un modo o nell’altro, per non aver fermato quel loro ‘degrado’?
Kagami non poteva saperlo.
Non ancora.
Ancora una volta il silenzio come compagno, la borsa nera del Seirin che veniva sollevata dalla panca e la schiena massiccia della matricola dai capelli rossi  venne rivolta verso il compagno.
Fu solo quando, di fuori, alla luce dei lampioni che proiettavano strani giochi di riflessi sui vetri delle auto di passaggio, che si voltò.
Sul viso, nuova determinazione.
Non ebbe nemmeno bisogno di controllare che Kuroko fosse dietro di lui, la sua ombra incrociava la propria.
‘Più forte è la luce, più scura è la sua ombra.’
Mai quelle parole avevano assunto una sfumatura tanto forte, tanto profonda quanto ora, nella sua testa.
Aveva sempre cercato qualcuno da sfidare, no?
Qualcuno che facesse dannatamente ribollire il sangue nelle sue vene.
Ed ora, ha trovato un degno avversario.
Non uno.
Cinque.
Il ghigno che attraversò il viso dai lineamenti marcati del ragazzo fu più decisivo di qualsiasi altra cosa.
 
«Distruggiamoli. Spegniamo le loro luci.
Così, potrai ancora chiamarli ‘amici’ un’ultima volta.»
 
Anche con la penombra della via dove si trovavano, il sorriso spuntato sul pallido viso del Giocatore Fantasma era ben visibile.
E ben udibile fu la sua risposta.
 
«Grazie, Kagami-kun.»
 
_________________
Just some words.
Oddio. Ho scritto una oneshot. Non mi sembra vero, io che sono sempre arrivata a scrivere al massimo una flashfic risicata.
E dire che tutto è nato da una frase, una piccola parte di discorso con la quale feci una copertina di Facebook.
Ringrazio innanzitutto chi l'ha letta, e chi magari lascerà una recensione, chi la inserirà fra i seguiti o i preferiti.
E più di tutto, ringrazio la mia Sedai. La mia 'Generazione dei Miracoli' conosciuta tramite roleplay, che ogni giorno mi sopporta, sopporta le mie crisi di nervi e tutto ciò che il mio cervello elabora nel corso delle giornate.
La vostra Mukkun vi vuole bene, niente da fare.
Dedicata a voi, miei miracoli.
   
 
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