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Autore: manicrank    10/11/2012    2 recensioni
Maya, rigirandosi il lecca-lecca tra le dita lunghe, pensava. Si perdeva nei suoi stessi giri di parole. Ed era così concentrato, per trovare una soluzione al problema, che aveva completamente cancellato il problema.
Lo stesso problema che ora stava in posa davanti ad una macchina fotografica professionale, assicurata ad un cavalletto, e che veniva catturato in mille flash diversi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Love will never tear us apart.

 

 

 

 

 

 

   Maya, rigirandosi il lecca-lecca tra le dita lunghe, pensava. Si perdeva nei suoi stessi giri di parole. Ed era così concentrato, per trovare una soluzione al problema, che aveva completamente cancellato il problema.
Lo stesso problema che ora stava in posa davanti ad una macchina fotografica professionale, assicurata ad un cavalletto, e che veniva catturato in mille flash diversi.
Al lampone... pensò Maya, altresì noto come Masahito Yamazaki, biondo, occhi castano chiari – forse per via delle lenti – alto e secco. Al lampone, non era altro che la constatazione del gusto del dolcetto rosa, che ora aveva addirittura scartato e osato osservare, prima di portarlo alle labbra e carpirlo, succhiandolo con la lingua. Passava il muscolo umido per tutta la circonferenza della sfera dolce, attento a non perdersi nemmeno una piccola molecola di C12H22O11, formula bruta che sta per saccarosio.

Più comunemente detto zucchero.

E mentre si perdeva nel lungo orgasmo del mangiare, il suo compagno di band abbandonò ormai il set del photoshoot, e lentamente si avviò in sua direzione.
Aiji, più basso dell'Iperattivo sopracitato, dai capelli neri ed i tratti abbastanza semplici, ora stava passandosi dietro la nuca un asciugamano caldo, per lavare via le piccole molecole di sudore che si erano formate. Si fermò due volte, per parlare con un tecnico, e poi con una conoscenza nel campo del trucco, poi cercò di non inciampare, ed infine giunse a qualche centimetro di distanza dal vocalist.
Gli dovette picchiettare sulla spalla con l'indice per farsi notare.
E pensare che Maya stava cercando di notarlo e non notarlo essendo quell'ometto dall'aria alternativa, il suo problema.

 

Ma cerchiamo di capire nella mente di un maniaco del dolce, la parola 'problema' che definizione possa avere.
Per Maya, era un problema enorme quando finiva le caramelle.
Per Maya, era un problema enormissimo quando i negozi di caramelle erano chiusi.
Per Maya, era un problema quando pioveva e lui voleva fare jogging.
Per Maya, era un problema fare jogging anche quando non pioveva.
Per Maya, era un problema chiunque osasse svegliarlo o cercarlo prima delle due del pomeriggio.

 

Ma per Maya, quel ragazzo che suonava la chitarra, dagli occhi neri ed i capelli scomposti, poteva risultare un problema?

 

È più corretto dire, dopo un'attenta analisi, che Aiji era IL Problema. Con la P maiuscola.
Era l'apoteosi dei problemi enormissimi. Era la nemesi delle giornate tranquille.
Non tanto perché i due non riuscivano a coesistere nel medesimo ecosistema; più che altro perché Maya non riusciva a sopportare a pelle il poveretto.
Non per disprezzo, no. Era un sentimento di quanto più lontano dal disprezzo esista.

 

Maya non riusciva a sopportarlo, perché qualsiasi cosa l'altro faceva o diceva, gli mandava in tilt il sistema centrale. Lo stesso sistema centrale, che da ora definiremo M.C.S – Maya's Central System – che cercava di mandare avanti a zuccheri costanti, da quando si svegliava a quando andava a letto.

 

Quindi, torniamo ai nostri due eroi. L'uno, perso nelle bellezze lussuriose di un polisaccaride complesso, l'altro, che più normale e semplice, si grattava la punta del naso mentre perplesso osservava la scena.
Il biondo cantante, aperti gli occhi e posata la sua attenzione sul suo primo – ed unico – chitarrista, deglutì a fatica la saliva dolciastra. Perché Aiji, nell'altezza della sua sapienza, si era bagnato i capelli usufruendo di una bottiglietta d'acqua minerale – comprata poco prima da un anonimo distributore automatico.
“Aicchan” disse, tenendo il bastoncino del lecca-lecca tra le dita, cercando di non appiccicarsele.

“Cosa succede? Ti vedo assente” mormorò l'altro, con estrema calma, mentre si sedeva accanto a lui, stappando una lattina di caffè e passandola anche al vocalist. Per quest'ultimo, dover sorseggiare una bevanda che avrebbe volentieri gettato dalla finestra, dalla stessa latta sulla quale le dolci labbra del guitarist si erano posate, era una cosa che lui stesso aveva più volte definito: Fabulos.
Accettò la bevanda con un lieve cenno della testa, represse le facce disgustate ed infine posò la bocca sulla piccola apertura, inclinandosi per mandare giù almeno un sorso di orrendo caffè amaro, che sembrava più acqua stagnante a suo parere.
Poi gli ripassò velocemente quel veleno mortale, ad Aiji, e si cacciò in bocca il dolciume rosato. Almeno questo nuovo sapore l'avrebbe cancellato presto.

 

“Hai da fare stasera?” chiese, a bruciapelo, il chitarrista, mentre accavallava le gambe ed il pantalone leopardato, estremamente attillato, che indossava, si spostava adattandosi alla sua pelle e fasciandolo in maniera fin troppo perfetta. Maya deglutì ancora, accavallando a sua volta le gambe, non di certo per far scivolare i jeans sinuosamente; più che altro per evitare sgraditissime sorprese dovute alla sua immaginazione tutt'altro che casta.
Era più forte di lui, qualsiasi cosa l'altro diceva, lui la trasformava in puro e sano porn.
“Maya, ci sei?” si, fammi ciò che vuoi... Kyaa no, non le mani subito li... un po' di rispetto... e...
“Che stai facendo?” ahh va bene se sei tu... metti le mani dove vuoi, anche li. Si ti prego...
“Sei nel tuo mondo?” nostro mondo da ora... se... kyaa ma come ti chiamano? Mani d'oro?
“Dai scemo!” si te lo do se lo vuoi, anche se credo di volere più io il tuo che tu il mio... mhhh...
“Sto tentando di dire una cosa seria” anche io sono serio, serissimo. Sbattimi ti prego!
“Masahito non fare il coglione! È mezz'ora che ti chiedo di uscire!”.

 

Ecco, Maya, l'urlo dell'altro, proprio non l'aveva messo in conto. Stava per girarsi e dirgli che aveva interrotto una delle migliori fantasie del secolo, quando si rese conto di cosa esattamente il chitarrista gli aveva urlato.

Ti. Chiedo. Di. Uscire.

Ed il biondo, sgranando gli occhi ed alzandosi a sua volta, chinò lo sguardo su di lui e disse semplicemente: “Si, lo voglio”. Per lui quella piccola frase equivaleva ad un invito per le nozze, le loro nozze, quindi la risposta più sensata era: “Si, lo voglio”.

 

“Maya... c-cosa?” Aiji aggrottò le sopracciglia, storcendo le labbra, ed in quel momento il vocalist capì che stava facendo sul serio. Sull'uscita e tutto.
“Scusami, pensavo ad altro... dicevi... per uscire?” l'altra abilità speciale dell'Iperattivo era la velocità con cui riusciva a cambiare espressione e stato d'animo, passando da pensieri sconclusionati a serietà disarmante anche per l'avvocato più rigido.
“Si uscire, stasera. Una bevuta, cose così”
“Va benissimo, alle 8?”
“Okay, pizza e poi in birreria”
“Passi tu?”
“Passo io”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella gioia della serata, Maya riuscì a stilare una lista con 3 punti fondamentali di ciò che successe. Almeno finché era a mente lucida, dato che poi, la vodka alla fragola sembrava essere divenuta la prossima candidata alle elezioni del suo cuore.

 

  • Si ruppe un unghia mentre tentava di infilare i pantaloni di pelle lucida.

  • Si stupì di quanto Aiji stesse bene con jeans strappati ed usaticci, con camicia a quadrettoni da boscaiolo, con righe rosse, blu profondo e grige, su sfondo color crema. E poi anche gli anfibi a fare la loro porca figura, insieme al giacchetto di pelle.

  • Aiji, nella calca della discoteca – luogo che avevano scelto come post-cena – aveva iniziato a strusciarsi con una donna abbastanza bella.

 

Da quel momento, Maya aveva ordinato l'alcool, tanto alcool, e ci era convolato a nozze.

 

 

 

 

 

Quando poi, verso l'una, Aiji si era degnato di raggiungerlo al bancone, l'aveva trovato sommerso dalle bottiglie e dai bicchieri. Sbiancò, perché sapeva che prima o poi l'avrebbe trovato in quelle condizioni. Ma si stupì ugualmente quando il biondo alzò la testa, perfettamente lucido, e pagò il conto di una bottiglia da 500ml di Smirnoff alla fragola.
Come gli spiegò poi, in macchina, quelle altre cianfrusaglie vitree appartenevano ad un'orda di fan accaniti che aveva bevuto con lui.
In successione, toccò al vocalist sgranare gli occhi, perché il chitarrista, sobrio, che stava guidando, a quanto pareva aveva deciso di fargli uno scherzo. Perché quello era uno scherzo vero?
Deviò dalla rotta di casa, svoltando in un parcheggio che dava su Tokyo, trovandosi loro un po' fuori mano, dalla parte delle colline. Erano praticamente attaccati a Shinjuku, o giù di lì, leggermente sopra il livello del mare. Accanto c'era un albero, ed altre tre macchine ad una settantina di metri di distanza, parcheggiate sotto le stelle. Così come la loro, adesso, completamente ferma.
“Aichan, che fai?” chiese il biondo, quando notò che l'altro si slacciava la cintura e si voltava in sua direzione. Sarebbe stata una scena romantica, che Masahito avrebbe volentieri trasformato in un po' più che romantica, ma allo stesso tempo aveva paura di essere preso in giro. O peggio, di aver frainteso. Il chitarrista si tirò sulle ginocchia, poggiando le palme delle mani contro lo sportello alle spalle del cantante, che si era voltato a sua volta in sua direzione.
“A-Aichan” farfugliò, quando l'altro gli sciolse la cintura, facendo arrivare il viso ad un soffio dal suo. Aveva le guance arrossate.
“Masahito” disse quello, annullando la distanza tra i loro volti.

 

Quella che seguì fu una serata che entrambi capirono di volere, da tempo ormai, solo dopo che fu finita. Quando Aiji si accese una sigaretta, posando la testa sul petto di Maya, che lo accolse con piccole e tenere carezze. Sdraiato sul sedile, abbassato, con i piedi sul cruscotto. Indossava ancora le calze, verdi.
“Perché l'abbiamo fatto in macchina?” chiese, dopo un po', il dolci-dipendente.
“Perché, non ti è piaciuto?”
“Potevi dirmelo subito e saremmo andati da me”
“Mi avresti dato del malato”
“Imbecille”.

 

Maya alla fine insistette così tanto che lo costrinse ad arrivare fino a casa sua, dove salirono abbracciandosi e dicendosi parole dolci.

 

Fino a quel giorno, entrambi avevano coltivato in gran segreto il piccolo alberello dei loro sentimenti, innaffiandolo e curandolo, ma tenendolo nascosto. Avevano paura che parlando, il loro rapporto si sarebbe rotto. Che tutto si sarebbe rotto. Che li avrebbe fatti a pezzi.

 

Capirono, la mattina dopo, quando si svegliarono abbracciati, quanto si sbagliavano.

 

Nulla, tanto meno l'amore, li avrebbe mai fatti a pezzi.











































































































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Ho invaso anche questa sezione.
Yee!
See yaaa!!!
MANICRANK

   
 
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