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Autore: Ranerottola    14/11/2012    3 recensioni
"Alle otto in punto ero seduto al bar di fronte ad Ingrid e ad un bicchiere di whisky sorridendo come uno scemo." Una Salvo/Ingrid sulle note di un meraviglioso Battisti per raccontare l'evolversi di un'amicizia.
Genere: Generale, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una donna per amico

 

Può darsi ch'io non sappia cosa dico,

scegliendo te - una donna - per amico,

ma il mio mestiere è vivere la vita

che sia di tutti i giorni o sconosciuta;

ti amo, forte, debole compagna

che qualche volta impara e a volte insegna.

“Pronto, Salvo?” Era quasi un anno che Ingrid ed io non ci vedevamo, da quando si era definitivamente libbirata del suociro “Ciao, che posso fare per te?”

Ero davvero molto contento di sentirla ma avevo il mio vice, Mimì Augello, seduto di fronte e non volevo dargli motivo di pinsari malo. Per fortuna la mia vecchia amica svidisa era una fimmina ‘ntelligenti e invece di prendiri d’acito m’arrispuse: “Scusami se ti disturbo in ufficio ma volevo sapere se sei libero per cena.” Dovetti trattinire un sorriseddro, compiaciuto che mi volisse arrivedere e le arrispunnii semplicemente: “Certo, dove e quando?” La sentii ridere nella cornetta prima di dirmi: “Alle otto al solito bar di Marinella? Così compriamo anche il whisky per dopo cena.” “D’accordo” le arrisposi “a presto.” Attaccato il tilefono ripresi il discorso interrotto con Mimì come se nulla fosse, ignorando le occhiate curiose che mi lanciava e pregustando la sirata che mi attendeva.

 

Alle otto in punto ero seduto al bar di fronte ad Ingrid e ad un bicchiere di whisky sorridendo come uno scemo. “Scusami se oggi ti sono sembrato freddo ma non ero solo, sono veramente contento di rivederti!” Lei era sempre più bella: non sembrava invecchiata di un giorno ed era elegante come al solito, rassomigliava ad una modella mentre mi taliava sorridendo. “Non preoccuparti, avrei dovuto chiamarti a casa ma non sapevo quando ti avrei trovato e volevo vederti oggi. Piuttosto dove andiamo a cena?” La sua frase mi mise in allarme: se aviva urgenza di vedermi doviva aviri un qualiche problema epperciò era meglio aviri un poco di privacy. “Adelina ha preparato la caponatina e delle triglie freschissime se vuoi possiamo mangiare da me.” Si alzò, pronta ad andare e, dopo aver comprato due bottiglie del nostro solito whiskey, acchianammo sulla sua macchina (la mia l’avevo lasciata a casa sapendo che Ingrid odiava dovermi seguire per come guidavo piano.)

 Conzammo la tavola nella verandina e ci assettammo affiancati come facevamo sempre.

Dopo mangiato sparecchiammo insieme e ci portammo la bottiglia nuova di whisky con due bicchieri sulla pilaja per fare una passiata digestiva.

Guardai Ingrid che si levava le scarpe coi tacchi e immergeva i pedi nell’acqua con un sospiro di piaciri, poi tornò narrè e mi prese per mano accomenzando a camminarmi accanto, in silenzio.

La nostra amicizia era accussì: semplice, senza bisogno di tante parole, fatta solo del reciproco affetto e del piacere di stare assieme.

 

 

L'eccitazione è il sintomo d'amore

al quale non sappiamo rinunciare.

Le conseguenze spesso fan soffrire,

a turno ci dobbiamo consolare

e tu amica cara mi consoli

perché ci ritroviamo sempre soli.

 

Bevemmo tre quarti della bottiglia prima di decidiri di tornare ad assettarci sutto alla verandina; sapevo che Ingrid abbisognava di qualiche cosa ma non si addecideva a parlarmene. “Allora, come vanno i tuoi amori?” Parlai non aspettandomi certo che accomenzasse a chiangiri sulla mia spalla.

“Sono così sola, Salvo, così sola! E’ da quando è morto mio suocero che non vedo mio marito, ho pochi amici e, di questi pochi, quasi nessuno abita da queste parti e persino gli uomini cominciano a starmi lontano: sto invecchiando troppo per avere degli amanti, evidentemente.”

La guardai sbarracando gli occhi, inizialmente troppo stupito dal suo sfogo per reagire, poi la scossi piano per le spalle ed esclamai: “Ingrid che minchia stai dicendo?” Mi fissò scantata dal sentirmi santiare accussì ma funzionò: smise di chiangiri e accomenzò a ridiri forte. “Non sono abituata a sentirti imprecare, con me sei sempre gentile ed educato.” “Se tu dici minchiate che mi fanno arraggiare iu te lo dico!” Sentendomi parlare in dialetto rise ancora chiù forti e mi avvrazzò stritto.

“Salvo non ho capito una parola ma grazie! Mi hai tirato davvero su il morale.”

Avrei potuto lasciar perdiri ma ero ristato troppo sconvolto dal suo sfogo “Ho detto che se mi fai incazzare dicendo stronzate io te lo devo dire.” Le arripetei in taliano. Lei mi fissò negli occhi per un po’ in silenzio, poi mi strinsi e mi vasò sulla bocca. Non era la prima volta che ci vasavamo a leggio sulle labbra ma questa volta, forse per averla sintuta accussì indifisa, la abbrazzai e apprufunnii il bacio.

La sentii esitare prima di rilassarsi e aprire le labbra per accogliere la mia lingua.

Era la prima volta che prendevo l’iniziativa invece di fuggire e non sapevo bene nemmeno io come comportarmi, ci vasammo a lungo con le lingue che si intrecciavano, la sua mano dietro al mio collo e la mia tra i suoi capelli. Quando ci separammo eravamo senza fiato tutti e due e ci taliammo negli occhi in silenzio per un po’.

Fu lei a parlare per prima: “Grazie, Salvo! E’ così bello sentirsi ancora desiderata.” Io arrussicai e fissai il mare per non taliarla mentre le rispondevo “Ingrid sai benissimo che non è il desiderio di te che mi manca.” “Lo so, lo so è per Livia.” Mi arrispose lei “Non è neanche per Livia, oltretutto sono mesi che non ci sentiamo, è che non voglio rovinare la nostra amicizia: tu non sei mai stata un tipo monogamo e io sono troppo geloso e all’antica per accettare un rapporto aperto.” Lei si alzò e si allontanò per appoggiarsi alla balaustra prima di guardarmi seria “Vorrei che queste cose me le avessi dette anni fa, sai?” Proprio accussì mi disse e io non seppi far altro che taliarla in silenzio.

Ci salutammo dopo poco ripromittendoci di rivederci presto.

 

 

 

Ti sei innamorata di chi?

Troppo docile, non fa per te.

Lo so divento antipatico

ma è sempre meglio che ipocrita.

D'accordo, fa come vuoi I miei consigli mai.

Mi arrendo fa come vuoi

ci ritroviamo come al solito poi.

 
Il “presto” fu tre misi dopo, quando Ingrid mi chiamò per invitarmi a cena con lei ed un suo amico.

Arrestai in un silenzio stupito perché mai era successo, in tanti anni, che addecidesse di presentarmi uno dei suoi uomini. “Salvo, ci sei ancora?” Mi arriscosse la sua voci e le arrispunnii più esitante di quanto, forse, avrei dovuto “Certo, sì, verrò naturalmente.” Ci accordammo per la sira dopo.

Cenammo da Enzo. Ingrid bella e curatissima come sempre. Il suo amico, Filippo, un trentacinquino biundo, timido, che continuava a fissarla come un coniglio abbagliato davanti ai fari. Infine io, mutanghero, come sempre, davanti agli estranei. Non accapivo se dovessi sentirmi il terzo incommodo io o se, magari, ci si sentisse il biondino.

Non avevo mai visto la mia amica assieme ad un masculo che le piaciva e la cosa mi diede fastidio.

La cena durò anche troppo, per i miei gusti: Ingrid sostiniva la conversazione e faciva la svenevole con l’amico allo stisso tempo, lui arrispunniva alle sue dimanne con la stissa profondità dell’accendino con cui giocava nirbusamenti ed io addivintavo sempri più nivuro.

Insomma la sirata fu un fiasco. Ci salutammo presto e a mezzanotti mi rigiravo già nel letto.

Arriniscii a evitare Ingrid per una simana prima di esaurire le scuse.

 

 

 

Ma che disastro, io mi maledico

ho scelto te - una donna - per amico,

ma il mio mestiere è vivere la vita

che sia di tutti i giorni o sconosciuta;

ti odio forte, debole compagna

che poche volte impara e troppo insegna.

 

Quando ci vedemmo a casa mia la svidisa era nivura come una iornata di pioggia. “Insomma, Salvo! Si può sapere che ti è preso? Ti sei comportato ai limiti della scortesia con il povero Filippo.

Avevo bisogno del tuo sostegno, della tua approvazione e tu che fai? Ti comporti peggio di un marito geloso!” Ascoltai la sua tirata in silenzio, presi un gran respiro e partii in quarta:

“Ma, insomma, che pretendevi? Che mi piacesse guardarti fare la scema con quell’idiota? Che morissi dalla voglia di darti la mia benedizione? Bhè mi dispiace deluderti ma non succederà! Quel tipo è un imbecille che non sa neanche mettere due frasi in fila. Ti piace solo perché ti guarda come se fossi una dea e dice di sì a tutto!” Quando chiusi la bocca non sapevo chi dei due era più sconvolto da quella sfuriata. Ci fissammo negli occhi per quasi un minuto, poi Ingrid singhiozzò e scappò via. Feci per correrle appresso ma mi fermai subito: ero troppo arraggiato per parlare tranquillamente e arrischiavo di comportarmi peggio di quanto avessi già fatto.

Avevo appena imparato che la mia vecchia amica era cchiù fragile di quanto mostrasse e che la mia opinione contava per lei forse troppo. Addecisi di lasciarla sbollire e telefonarle l’indomani. Beata ingenuità: non avevo messo in conto che la svidisa avrebbi potuto non volermi parlare cchiù.

 

Non c'è una gomma ancor che non si buchi.

Il mastice sei tu, mia vecchia amica.

La pezza sono io, ma che vergogna.

Che importa, tocca a te, avanti, sogna.

Ti amo, forte, debole compagna

che qualche volta impara e a volte insegna.

La cercai per un mese ma si fece sempre negare, oppure era davvero partita per la Svezia.

Non mi ero mai vergognato tanto come dopo quella sera. Continuavo a pensare a quello che ci eravamo detti e a quello che, invece, avrei voluto dirle: “Ti meriti di meglio di quel tipo, non è abbastanza per te, nessuno è abbastanza per te!” Ma perché diavolo non lo avevo detto invece di aggredirla? L’unica risposta possibile è che ero un idiota.

Dopo un mese e mezzo dispiravo di salvare la nostra amicizia.

Dopo due mesi pensavo che non l’avrei vista mai più.

Dopo tre mesi decisi di chiedere a Fazio di cercarla con discrezione.

Dopo cinque mesi senza notizie cominciavo davvero a prioccuparmi.

Non ero abituato a litigare così con Ingrid, con Livia sì: era una vita che discutevamo e facevamo a tira e molla ma la mia amica era sempre stata una fimmina ragionevole e comprensiva, almeno nei miei confronti. Forse per questo non avevamo mai avuto grosse sciarriatine.

 

Mi sono innamorato? Sì, un po'.

Rincoglionito? Non dico no.

Per te son tutte un po' squallide.

La gelosia non è lecita.

Dopo sei mesi che non ci sentivamo e vari di più che non sentivo a Livia uscii con una bedda picciotta conosciuta durante un’indagine. Era una trintina bionda e m’arricordava un po’ una giovane Ingrid. Non volevo portarla da Enzo così andammo in un posto nuovo vicino Fela. Eravamo assittati da manco cinco minuti che vidi entrare proprio la mia vecchia amica assieme ad una fimmina cchiù o meno dell’età sua ma molto meno bedda.

Ci fissammo a longo, poi si sedette e mi ignorò per tutta la sirata.

Non ebbi cuore di portarmi a letto la picciotta, anche se mi fece intendere che non le sarebbe dispiaciuto, così l’arriportai a casa e me ne arritornai a Marinella.

Ero assittato sutta la verandina, con un bicchiere di whiskey e le sicarette, da meno di mezz’orata quando suonò il campanello.

Andai ad aprire con la pistola nascosta lungo il fianco perché non si sa mai e m’attrovai davanti a Ingrid ancora vestita come al ristorante.

“Hai avuto il coraggio di rimproverarmi la scelta degli uomini e poi ti ritrovo con una ragazzina che potrebbe essere tua figlia? Sei un ipocrita Salvo! Te ne sei innamorato? E Livia? Non ci pensi a lei?” La guardai con l’occhi sbarracati finché non smise di parlare poi feci la cosa più assurda di tutta la mia vita: la presi per le spalle la sbattei contro la porta e la baciai.

 

 

Quello che voglio lo sai, non mi fermerai

Che menagramo che sei,

eventualmente puoi sempre ridere poi.

Stavolta fu lei a tirarsi indietro “Salvo, smettila, non sopporto più questo tira e molla sapendo che tanto ti tirerai indietro. Sai che tra noi non può funzionare non voglio usare il sesso solo per fare pace.” Era la prima volta in assoluto, tra di noi, che io ero disponibile e Ingrid no.

“Non essere pessimista – le arrisposi – Livia ed io non ci sentiamo da un anno e non credo che torneremo assieme, non so se tra noi due cambierà qualcosa: tu hai ancora voglia di divertirti ed io sono ancora un uomo più vecchio di te e geloso, non posso negarlo, ma so che ti voglio e che non voglio più tirarmi indietro.”

Mi fissò a lungo negli occhi, forse chiedendosi se dicevo sul serio, poi chiuse gli occhi, sospirò e mi baciò.

 

FINE

 

 

 

 

 

Note dell’autore:

Dopo una lunga riflessione ho deciso di non modificare il finale ma lasciarvi in sospeso perchè anche se qualcuno mi aveva fatto venire dei dubbi mi sembrava una forzatura modificare la storia così come me l’ero sentita. Un grazie di cuore per l’aiuto a MidnightChaos che mi ha supportato nel fare chiarezza. Ho deciso anche di non mettere note dal siciliano all’italiano per non diminuire la scorrevolezza del testo quindi … arrangiatevi! XD

Grazie a chi è arrivato fin qui e mi raccomando recensite! Baci baci Rane.

   
 
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