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Autore: Jecchan92    14/11/2012    7 recensioni
-Kurata- mi chiama l’infermiera.
Mi alzo immediatamente, buttando a terra i pezzetti di carta ridotti a coriandoli.
-Non oserai-
Non ha urlato, ma è come se l’avesse fatto: mia madre è a pochi metri da me, a braccia incrociate e con uno sguardo di fuoco.
Piccola one-shot sulla storia d'amore di Sana e Akito. La storia di una gravidanza indesiderata, destinata a ripetersi. Così come la sua madre biologica, anche Sana si troverà di fronte a una scelta.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Rei Sagami/Robby, Sana Kurata/Rossana Smith, Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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No, no, no!
Mi rifiuto di crederlo!
E’ solo un brutto sogno, ora Rei mi sveglierà avvisandomi che è tardi e che farò tardi a scuola.
Mi do un pizzicotto sulla guancia e, a giudicare dal dolore, direi che sono più che sveglia.
Mai, mai, nemmeno nei miei incubi peggiori avrei mai pensato di rimanere incinta a questa età.
Ho appena compiuto diciotto anni, accidenti, sono nel pieno della giovinezza!
Ho fatto il test di gravidanza quasi per gioco, perché mai mi sarebbe passato per la mente che quel dannato aggeggio mi avesse mostrato la dura realtà.
Ho un fidanzato fisso ormai da anni, ma la nostra è una relazione a distanza, io sono in Giappone e lui è in America!
Il mio Hayama, come reagirà? Rimarrà sicuramente sconvolto, probabilmente mi lascerà, io che lo amo così tanto.
Prima cosa da fare: abortire. Subito, immediatamente. Questo bambino non lo voglio.
 
Eccomi all’ospedale.
Non ho avvisato nessuno né della gravidanza né della conseguente decisione.
Ormai torturo un fazzoletto di carta da mezz’ora, riducendolo in mille pezzi sul mio grembo.
-Kurata- mi chiama l’infermiera.
Mi alzo immediatamente, buttando a terra i pezzetti di carta ridotti a coriandoli.
-Non oserai-
Non ha urlato, ma è come se l’avesse fatto: mia madre è a pochi metri da me, a braccia incrociate e con uno sguardo di fuoco.
-M-mammina. Che ci fai qui?-
-Potrei farti la stessa domanda-
Preferirei mille volte che mi urlasse contro.
Non posso fare a meno che abbassare lo sguardo, mentre mia madre mi afferra dolcemente il braccio e mi porta fuori dalla sala d’attesa.
-Annulli pure l’appuntamento, signorina. Kurata ci ha ripensato-
Non ci ho ripensato affatto, sono ancora decisa. Questa volta nessun discorso di mammina mi farà cambiare idea.
 
-Vuoi una tazza di the?-
Non rispondo. Sono ancora offesa dal modo in cui mi ha trascinata fuori dall’ospedale. Mi ha messa decisamente in imbarazzo.
Lei comunque mi ficca la tazza tra le mani, si siede di fronte a me e si mette a sorseggiare lentamente il suo the.
Solo dopo qualche minuto, noto il mio test sul tavolino di fronte a noi, in centro come un trofeo.
Impallidisco e alzo lo sguardo su mia madre, che mi guarda sorridendo.
-E così, aspettiamo un piccolo Hayama, eh?-
-Non dire queste cose, mi fanno venire i brividi. Non voglio questo bambino, Akito non lo verrà mai a sapere. Ora prenderò un altro appuntamento e tu non mi fermerai-
-Hai ragione-
Ehi, non mi dire che l’ho avuta vinta su mia madre! E’ stato più facile di quello che pensavo!
-La scelta è solo tua. Voglio solo farti riflettere su una cosa: tu esisti, ora?-
Cosa? Mia mamma con l’età si è rincitrullita?
-Certo che esisto, mamma. Sono qui, sono di carne e ossa, ti parlo e respiro-
-Bene. Detesto doverlo dire, è una cosa che ancora mi fa soffrire, ma purtroppo non per merito mio-
In un attimo tutto mi è chiaro: se la mia madre biologica avesse abortito, io non sarei mai esistita, ed è una cosa che ogni volta mi fa venire i brividi.
Anche questo bambino non è desiderato, come me, ma questo non giustifica un aborto.
Se decido di mandare avanti la gravidanza, quando nascerà lo darò in adozione.
-Sei sleale, mammina, ma hai ragione. Un giorno, anche questo bambino mi ringrazierà per non aver abortito, così come ho fatto io con la mia madre biologica-
Mammina si siede vicino a me e mi abbraccia forte.
-Questo è quello che si dice “imparare dagli errori degli adulti che ti circondano”-
-Questo è quello che si dice “avere una mammina scorretta, che sfrutta la mia storia per convincermi a non abortire-
Mia madre ride tra i miei capelli.
-E’ troppo lungo, l’ho già dimenticato!-
 
E adesso come faccio a dirlo ad Hayama?
Siccome volevo abortire, non mai pensato ad un ipotetico discorso da fargli.
E per di più domani torna a casa.
In America ci sono le vacanze di Natale, quindi approfitta della pausa scolastica per tornare a casa.
Mi rigiro nel letto in continuazione, ovviamente non riuscendo a prendere sonno.
La domanda che mi ronza in testa per tutta la notte è solo una: come glielo dico?
 
Ecco il mio ragazzo, sta uscendo ora dall’aeroporto. Io lo aspetto ai parcheggi.
Con foga mi faccio notare, agitando le braccia e urlando il suo nome. Ovviamente molte persone mi fissano come se fossi pazza, ma ci sono abituata.
Anche Hayama, a quanto pare, anche se noto un lieve rossore di imbarazzo mentre si avvicina a me.
E’ ancora più bello di quando l’ho visto l’ultima volta, e l’ho visto appena due mesi e mezzo fa (pensavate che il figlio fosse di qualcun altro?): alto e muscoloso, non sembra un ragazzo di diciotto anni, potrebbe fare il modello se non avesse un caratteraccio. Ha un paio di occhi color del miele che potrebbero scioglierti in un attimo, e lui sa molto bene come usarli, soprattutto sulla sottoscritta.
Mi prende per la vita e mi bacia dolcemente.
-Ehi-
-Ehi? Sono due mesi che non mi vedi e mi dici solo “ehi”? Non hai nulla da raccontare?-
-Sana, sono appena arrivato, dammi il tempo almeno di farmi una doccia!-
Tenendoci per mano, ci avviamo alla mia macchina, un regalo della mia mammina per la promozione.
Mentre lui mette le sue valigie nel portabagagli, io metto in moto l’auto.
-Comunque, potresti sempre farla con me la doccia- dice con nonchalance mentre si siede nel posto del passeggero e mette una mano sulla mia coscia, un gesto consueto, lo fa sempre quando guido io.
Immediatamente divento rossa per l’imbarazzo.
-Dai, non dire queste cose. Cavolo, ma non pensi ad altro!-
-Effettivamente, quando ti ho nei paraggi è difficile pensare razionalmente- sussurra dandomi un bacio sulla guancia.
Ora l’unica cosa che voglio fare è portarlo a casa e fiondarmi sotto la doccia insieme a lui.
 
Akito abita da noi, quando viene in Giappone: la loro casa è affittata da degli studenti universitari, quindi non possono usarla, se non durante il mese di agosto.
Mammina ci ha dato un’ala della casa solo per noi, per cui è come se convivessimo, anche se per poche volte. Nella mia testa mi piace pensare che sia anche colpa di mia madre e dell’eccessiva libertà che ci ha dato, se ora mi ritrovo in questo pasticcio.
Ormai il danno è fatto, non posso fare altro che godermi questi giorni insieme, amandoci il più possibile e sperando che arrivino altri periodi come questo.
La vigilia l’abbiamo passata con gli amici di sempre: Tsuyoshi e Ayachan, Fuka e Takaishi.
Sul tardi ci hanno raggiunto quasi tutti i nostri ex compagni delle medie, più alcuni amici del liceo.
Il Natale invece l’abbiamo passato in famiglia.
Più guardo me e Hayama, più mi convinco che non potrei mai stare con nessun altro.
Voglio avere una famiglia da lui, certo non ora, è troppo presto, e poi come si potrebbe crescere un bambino con la madre in Giappone e il padre in America?
Ma ancora una volta, decido che non è il momento di parlargliene , nonostante le pressanti occhiate di mammina.
Così, in men che non si dica, le vacanze di Akito sono finite.
All’aeroporto è sempre triste lasciarlo andare.
-Mi mancherai, ma questo lo sai già- dico tristemente, abbracciandolo.
Lui risponde volentieri al mio abbraccio.
-Certo che lo so! Quindi posso sperare che verrai te qualche giorno? Lo sai, mio padre non vede l’ora di vederti, e poi i miei amici americani non ci credono che ho una fidanzata famosa!-
Gli tiro dolcemente un pugno sulla spalla.
-Ah, certo, mi vuoi lì con te per espormi come trofeo eh?-
Mi accarezza il viso, poi avvicina le sue labbra alle mie, in un bacio che mi fa mancare il fiato.
Quando si stacca, io sto ancora boccheggiando.
-Ovvio, sei bellissima e ti amo. Quindi non tradirmi-
Lo dice sempre quando se ne va. Pensa davvero che riuscirei a tradirlo, quando amo solo lui in modo così disperato?
-Idem con patate per te, signorino- lo rimbecco.
Mi regala uno dei suoi rarissimi sorrisi, che mi fanno morire dalla gioia.
-Penso di poterti assicurare che ti sarò fedelissimo-
Quando l’altoparlante chiama per l’ultima volta il suo volo, siamo davvero costretti a separarci. E’ sempre una tortura vederlo andare via.
-Akito!- lo chiamo, proprio mentre lui sta per entrare nel tunnel che lo porterà sull’aereo.
Si gira e mi fissa curioso.
-Fai buon viaggio, e chiamami quando arrivi!-
Ancora una volta mi sorride, poi sparisce dietro gli sportelli, che si chiudono.
E così è partito, senza che io gli abbia detto nulla del bambino.
Una volta all’aria aperta, mi avvio verso la mia macchina.
Ora, pensate alla cosa più stupida che possiate mai fare nella vita, e moltiplicatela per dieci.
Ecco, è quello che ho fatto nel momento in cui mi sono seduta in macchina.
 
“Sono incinta”.
Messaggio inviato. MA COSA HO FATTO!
Ho appena inviato un SMS ad Hayama con scritto “Sono incinta”?
Per di più, lui non lo vedrà fino a domani mattina, visto che il viaggio in aereo dura dodici ore, durante le quali non può tenere acceso il cellulare!
Mia madre ha riso fino alle lacrime quando gliel’ho raccontato. Cosa ci fosse tanto da ridere, non lo so.
Rei per poco non è svenuto quando gli ho raccontato della mia gravidanza: anzi, è davvero svenuto, siamo riusciti a rianimarlo solo grazie ai sali.
Mi ha fatto una ramanzina tipica di un padre, stavo quasi per scusarmi con lui, poi ci siamo accordati su quanto ancora sarei riuscita a lavorare prima di rinchiudermi in casa per far sì che i paparazzi non si accorgano della pancia.
In che diavolo di situazione mi sono cacciata.
 
Sono passate più di dodici ore, Akito sarà atterrato ormai, avrà anche già letto il messaggio, sarà per questo che ancora non mi ha chiamata?
Un’altra notte insonne: sicuramente ciò non fa bene al mio viso da attrice.
Non ho il coraggio di chiamarlo, preferisco che mi chiami lui. Deve assimilare la notizia da solo, probabilmente.
Anche mia madre è della stessa idea.
-Dagli il tempo di elaborare la cosa, poi sarà lui a chiamarti. Non stargli col fiato sul collo e dormi, per favore. Hai delle occhiaie terribili-
Ma dopo un’altra giornata senza sentirlo, non riesco più a resistere.
Compongo il numero di casa Hayama, sbagliandolo due volte, e attendo angosciata la risposta.
-Hello?-
-Signor Hayama, sono Kurata! Tutto bene? Volevo sapere se Akito è arrivato!-
Quasi urlo tutta la frase senza prendere fiato, e già mi immagino mio suocero sbattermi la cornetta in faccia, mentre mi urla “sei una povera sgualdrina! Hai diciotto anni e sei incinta! Non sperare di coinvolgere mio figlio in questa storia!”.
-Ciao Sana! Tutto bene! Quando ci vieni a trovare? Ci manchi tanto! Akito si sta facendo la doccia, voleva chiamarti subito ma ha scoperto che all’aeroporto gli hanno rubato il cellulare. Io gli ho detto almeno di farsi prima una doccia! Ma non voleva che ti preoccupassi!-
Non riesco più a seguire bene ciò che mi dice il signor Hayama: Akito ha perso il cellulare, con dentro il mio messaggio.
Il destino ha voluto avvisarmi: DEVI DIRGLIELO TU! NON AFFIDARTI ALLA TECNOLOGIA!
-Oh eccolo. E’ uscito ora! Te lo pass..-
-Sana! Scusami, so che ti sei preoccupata, ma qualche bastardo mi ha rubato il cellulare, l’avevo messo nel cappotto, così appena sceso dall’aereo ti avrei chiamata subito, ma sono riusciti a sfilarmelo dalla tasca!-
-Amore non preoccuparti. Va tutto bene. Sì, ero un po’ preoccupata, ma ora che so che stai bene, mi sono tranquillizzata-
Riesco a sentire il suo sospiro di sollievo: forse si aspettava una mia sfuriata? Cosa sono, una bestia?
-Mi manchi già- riesco solo a dirgli. Se il destino non vuole che usi la tecnologia, non vorrà neanche che gli dia la notizia a distanza, attraverso il telefono!
-Anche tu amore- risponde dolcemente.
Dopo esserci salutati, mi butto sul divano, e chiudo gli occhi. In un attimo mi addormento, con la testa piena di pensieri.
 
Sono passati più di due mesi da quando io e Akito ci siamo visti l’ultima volta.
La mia pancia inizia a farsi vedere, siccome sono di costituzione magra.
Sono sempre attenta a farmi vedere con vestiti abbastanza larghi, per distogliere l’attenzione dal mio grembo.
Mi vengono i brividi se penso che qualcuno possa notarlo.
Infatti, come si suol dire, me la sono appena mandata da sola.
-Una volta, una dannatissima volta che mi metto un abito leggermente più aderente! Ma i paparazzi cos’hanno, un radar adocchia gravidanze?!-
Sono fuori di me dall’angoscia: la copertina della rivista più popolare del Giappone urla, a caratteri cubitali “Sana Kurata in dolce attesa?”, e una mia foto in cui si vede perfettamente il pancino appena pronunciato occupa tutta la pagina.
Anche mia mamma e Rei sono preoccupati: non posso neanche negare, perché è vero, e in un attimo, i giornalisti hanno assediato la strada davanti a casa mia.
Sono diventata la notizia del momento: ora il fatto che ho sempre indossato abiti larghi è diventato sospettoso, e più io non dico nulla, più si alimentano voci.
-Non puoi fare altro che far finta di nulla. Questo momento passerà, vedrai- mi incoraggia mia madre.
-Maestra, non passerà finché Sana non negherà o confermerà la cosa!-
Mentre cerchiamo di trovare una soluzione, il telefono di casa suona.
-Non rispondere, sarà qualcuno dei tuoi amici che vorrà sapere come stanno le cose, e l’ultima cosa che ti serve è spargere la voce- dice Rei.
Lo fisso furibonda.
-I miei amici non spargono nessuna voce, altrimenti tutto il mondo saprebbe della mia storia con Hayama! Non ti permetto di dubitare dei miei amici!-
E proprio per fargli un dispetto, rispondo al telefono.
-Sana-
E’ Akito, ma non è il suo solito tono dolce e calmo: è nervoso, freddo.
-Akito, amore! Scusa, posso richiamarti più tardi? Ora non è proprio il..-
-Sei incinta?-
Per poco non cado per terra dallo stupore: e lui come lo sa?
-Ti ricordo che mia sorella è molto affezionata alle riviste giapponesi, in particolare una ritrae la tua meravigliosa figura con una pancia sospetta- risponde alla mia domanda inespressa.
-Sana, devi dirmi qualcosa?-
Il mio silenzio per lui è sufficiente. Spesso io e lui non abbiamo bisogno di parole, anche a chilometri di distanza ci capiamo non dicendoci nulla.
-Cristo santo, Sana, ma ti rendi conto della situazione in cui ci siamo cacciati? A proposito, a onor del vero, sono stato io, vero?-
La mascella mi casca al suolo: ha osato davvero dirlo.
-Tu hai osato dire.. dire..-
Non riesco neanche a parlare.
-Bè, Sana, te come la prenderesti? Ci vediamo si è no tre volte l’anno, e poi vengo a sapere dalle riviste che sei incinta. Permetti che dei dubbi mi vengano?-
-No che non dovrebbero venirti! Sono la tua fidanzata, ti amo e questo è anche un problema tuo! Anzi, ora non lo è più. Tra noi è finita-
Non gli do neanche il tempo di controbattere, gli sbatto giù la cornetta.
 
Piango da tre giorni, ormai. Non mangio e non dormo, so che dovrei farlo anche per il bambino, ma il mio subconscio spera che questo bambino non nasca mai, che si perda in un rivolo di sangue.
Mi giustifico pensando che gli aborti spontanei non sono così rari, ma comunque per questi pensieri mi sento uno schifo.
Non so come, ma sono riuscita a eludere i paparazzi per andare alla visita ginecologica.
Per la prima volta, vedrò il bambino.
-Bene, signorina Kurata, è pronta?-
Odio le domande stupide dei medici.
-Facciamo questa cosa in fretta, per favore-
So di essere stata cafona, ma al momento tra la gravidanza e la rottura con Hayama non me ne importa nulla.
-Oh, certo, certo. Ecco, si tiri su la maglietta-
Faccio come mi dice. Il medico inizia a spalmare un gel freddissimo, che mi fa rabbrividire.
-Lo so, è un po’ freddo, ma serve per vedere il bambino-
Ma per chi mi ha preso, per una bambina di dieci anni? So benissimo come si svolge una visita.
Ma mi mordo la lingua e faccio finta di nulla.
-Eccolo! E’ ancora piccolo, e non riesco a vedere il sesso, ma a prima vista mi pare sano! Ora faccio qualche controllo-
Forse è autosuggestione, ma dando un rapido sguardo al monitor, ho notato il nasino simile a quello di Akito.
Ma scuoto la testa, come per scacciare quell’immagine: impossibile, non posso notare queste cose.
-Vuole il CD con le immagini del bambino?-
Mentre io dico “no”, mia madre dice “sì”, conquistandosi un’occhiataccia dalla sottoscritta.
-Sì, grazie, io vorrei le immagini del bambino-
Una volta fuori, non posso fare a meno di aggredirla.
-Quale parte di “voglio darlo in adozione” non hai ben capito? Vuol dire non collezionare cose, oggetti, ricordi di questo bambino! E vale anche per quel CD!-
-Calmati amore, lo voglio solo per ricordo! Non è per convincerti a tenere il bambino!-
Stremata, mi sdraio sui sedili posteriori.
 
-Sana, c’è qualcuno per te-
Mia madre interrompe la mia lettura per avvisarmi che qualcuno mi sta aspettando all’ingresso.
Non sono sorpresa nel vedere che è Akito l’ospite.
Chi mi sorprende sono il padre e la sorella al seguito!
-Riunioni di famiglia?- chiedo sarcastica.
Questo non è il mio modo di fare, non sono mai stata sarcastica o ironica, non sono mai stata così nervosa, ma al momento li vorrei tutti fuori da casa mia.
-Sana, non si trattano così gli ospiti! Signor Hayama, Natsumi, se volete seguirmi vi offrirei un caffè, o quello che volete!
Il silenzio che cala tra me e Akito è diverso dal solito: è freddo e imbarazzato.
-Devi dirmi qualcosa?-
-Cosa dovrei dirti? Lo sai già-
-E l’ho scoperto da una rivista, dannazione! Ma stiamo insieme sì o no?-
Si siede sul divano e si mette le mani tra i capelli. Se non fosse che siamo in piena crisi, gli salterei addosso.
-Te lo volevo dire, ma poi ho pensato che siccome ci vediamo così poco, sarebbe stato inutile rovinare i pochi giorni in cui stiamo insieme-
Decido per la totale sincerità, è sempre la scelta migliore.
-Oh, Kurata, cavolo. Ma perché devi rovinare tutto? Avevamo un nostro equilibrio!-
-Scusami? Pensi che l’abbia cercato? Pensi che sia felice? No, due mesi fa ero a un passo dal concludere tutto, se mia madre non mi fosse venuta a prendere!-
Lui si alza di scatto.
-Vuoi dire che stavi per.. abortire?-
Annuisco.
-Ma poi ho pensato che questo bambino vuole disperatamente vivere, così come l’ho disperatamente desiderato io..-
Per un attimo il suo sguardo mi trafigge di un amore intenso, che mi fa quasi girare la testa.
-Cosa vuoi fare?-
Mi siedo anche io a fianco a lui.
-Lo darò in adozione. Non lo abbandonerò su una panchina come quella donna ha fatto con me, anche se devo ammettere che la capisco.. Cercherò la migliore famiglia per lui-
-O per lei. Potrebbe essere anche una bambina, no?-
Akito mi prende la mano, e in un attimo mi abbraccia.
- Non cercare di sfuggire dalle difficoltà, io le affronterò insieme a te-
Mi si scioglie il cuore: ha ripetuto le stesse cose che gli ho detto io, quel giorno in ospedale.
Mi viene spontaneo rispondergli nello stesso modo in cui rispose lui allora.
-Grazie-
 
Le riviste hanno aperto le scommesse su chi sia il padre del bambino.
Molti si sono buttati su Naozumi Kamura, il mio amico da sempre, senza sapere che ovviamente è gay.
Mi ha chiamato proprio l’altro giorno.
-Sanachan! Tutto bene?-
Sorrido inconsciamente a risentire la voce del mio amico dopo tutto questo tempo.
-Ciao Nao, tutto bene e te? Il lavoro?-
-Il lavoro va benissimo. Sanachan, ma cosa sta succedendo? Ho ricevuto un sacco di chiamate dai paparazzi per chiedermi se sappiamo già se è maschio o femmina!-
Con un sospiro, racconto brevemente a Naozumi il mio problema.
-E Hayama che dice?-
-Nulla, è d’accordo con me. Quando nascerà, lo daremo a qualcuno che se ne saprà occupare meglio di noi-
-Ma sei.. Sicura?-
E’ la prima volta che qualcuno mi pone questa domanda.
-Sì che sono sicura. Gli darei solo una vita infelice..-
-Vita infelice? Certo, siete ancora giovani, ma avete una relazione stabile, i soldi non vi mancano, e avete dalla vostra parte le vostre famiglie. Sinceramente, Sanachan, non trovo un motivo per cui questo bambino possa avere una vita infelice con voi..-
Come al solito, in poche parole Naozumi è capace di sconvolgere tutto ciò che penso sia giusto.
-Ma.. non sarebbe amato..-
-Amica mia, te sei una persona straordinaria, è chiaro che sei cresciuta a latte e amore. Questa creatura potrebbe crescere circondata solo dal più puro dell’amore. Anche Hayama, per quanto mi sia strano ammetterlo, ha tanto di quell’amore da dare!-
Mi salgono i brividi sulla schiena: è davvero la cosa giusta darlo via?
-Non pensi che.. stia fuggendo dalle mie responsabilità?-
-No Sanachan, ma sei molto spaventata. Hai paura che le persone che ami di più ti voltino le spalle, ma posso scommettere tutto quello che vuoi che non sarà così. Hai ancora molto tempo, per favore, ci penseresti ancora un po’?-
-Nao, ma perché tutto questo interesse per la mia gravidanza?-
Qualche minuto di silenzio.
-Perché.. Io sono “il bambino con il tuo stesso segreto”. M al contrario tuo, non ho una famiglia adottiva a cui dire grazie. L’orfanotrofio mi ha dato un sacco di amore, e ringrazierò per sempre la signorina Kamura per questo, ma tutt’altra cosa è la famiglia. Pensaci, Sanachan, ti prego-
Dopo esserci salutati, il mio cervello è in totale tilt.
Fino a pochi minuti fa, l’idea di tenerlo non mi è mai sfiorata per un secondo.
Ma dopo aver parlato con Naozumi.. devo riflettere, da sola. Non parlerò a nessuno della telefonata con Nao.
 
Si avvicina la primavera, e il mio pancione lievita come la pasta della pizza.
Non ho ancora parlato ad Akito della telefonata con Naozumi, ma al momento non me la sento: si sta organizzando per lasciare il liceo in America e concludere gli studi qui in Giappone, per starmi vicino.
Ormai la riabilitazione si riduce a dei semplici massaggi, che si sa fare da solo.
La sua famiglia rimane in America, ma tornerà per la data presunta del parto.
Akito vive da noi, ovviamente. Questa volta conviviamo sul serio, senza scherzi, e mi stupisco di quanto mi trovi a mio agio a stare ventiquattro ore su ventiquattro con Hayama.
Ma voglio parlargli, è una decisione da prendere insieme.
 
-Akito!-
Lui fa un sobbalzo. Stava dormendo profondamente al mio fianco.
-Che c’è? Tutto bene? Sei pallida!-
-Credo.. Credo di avere le doglie..-
E scosto la coperta per fargli vedere la chiazza sul materasso.
-Ok, non ci facciamo prendere dal panico, chiamo Rei e tua madre, e vediamo come fare-
Anche se ostenta tranquillità, è l’emblema dell’angoscia: lascia cadere tutto per terra, inciampa spesso, e queste cose succedono solo a me.
-Amore, ci siamo eh?- esclama mia madre, già vestita di tutto punto per uscire.
-Ok, Sanachan, non ci agitiamo, a tutto c’è una soluzione. La borsa, la macchina, la..-
Rei inizia a fare un elenco di cose assolutamente inutili, ed ha tutte le intenzioni di metterle nel mio borsone.
-No Rei! Non metterai una molla nel mio borsone, è assolutamente inutile!-
Ma non riesco a dire altro: il bambino sta premendo sul ventre, se non ci muoviamo rischia di nascere qui!
 
-Signorina Kurata, spinga!-
Faccio come mi dice, anche perché non ho molta scelta: sono nel pieno del travaglio.
Akito per poco non sviene sul pavimento, ma cerca di rimanere lucido, e mi stringe forte la mano.
Mi sento debole, ma voglio assolutamente farla finita con tutto questo dolore, il peggiore mai provato in tutta la mia vita.
Raccolgo tutte le mie ultime energie, conscia del fatto che dopo quelle potrei svenire, e spingo con tutta la forza che mi rimane.
-Benvenuta al mondo! E’ una femmina!-
Riesco a malapena a vedere una delicata peluria rossiccia sulla testolina sporca di sangue e liquido, poi guardo Akito.
Sento la sua mano tremante, e per la prima volta da quando lo conosco, non ha parole, sulla faccia ha scritto a chiare lettere la parola “sconvolto”.
-Assomiglia a te..- sussurro.
Mi rivolge un sorrisetto nervoso.
-Non l’hai neanche vista in faccia, altrimenti sapresti che è la tua copia spiaccicata-
Sorrido, e con quel sorrido ricado sul letto, svenendo.
 
Dei fastidiosi “bip” disturbano il mio meritato sonno.
Nonostante tutto, non riesco comunque ad aprire gli occhi, la luce è forte e mi penetra anche attraverso le palpebre.
Dopo un paio di tentativi, decido di arrendermi momentaneamente, cercando di pensare.
Ricordo solo una testolina rossiccia e lo sguardo sconvolto di Akito. Ma nessun lamento, nessun pianto disperato.
I bambini non dovrebbero piangere alla nascita?
Questo pensiero mi fa aprire improvvisamente gli occhi, incurante della luce improvvisa che mi brucia la retina.
Dopo una strizzata d’occhi, noto che Akito dorme profondamente sul divano accanto al letto.
In un secondo momento, mi accorgo dei tubicini che iniziano nel mio braccio e finiscono in una grossa sacca di liquido trasparente.
-Akito- sussurro con voce strozzata.
Non uso un tono di voce alto, ma lui si sveglia subito, e in un secondo è accanto a me.
-Kurata dannazione. Vuoi farmi morire prima di arrivare ai vent’anni?-
Si siede sul bordo del letto e mi riempie di piccoli baci angosciati sulla mano e sul viso.
-Ma.. cosa è successo? La bambina?-
-Sta bene, non ti preoccupare. Dimmi, te stai bene invece?-
Ma come fa a preoccuparsi di me ora?
-Non piangeva! Perché non piangeva?-
Le mie parole fanno fatica a uscire, la gola secca e le corde vocali chiuse le ostacolano.
-Ti ho detto che sta bene. Aveva il cordone ombelicale intorno al collo, per questo non piangeva. Dopo due secondi, ha emesso uno strillo pari a quello di una banshee, e posso assicurarti che ha preso tutto da te. Il problema è che nel frattempo la tua salute è peggiorata..-
Anche la sua voce si strozza, e riprende a baciarmi il viso, ad affondare il viso tra i miei capelli.
-Ti si è abbassata la pressione, e sei svenuta. Perdevi molto sangue..-
-Ma quanto ho dormito?-
Mi fissa perplesso.
-Dormito? Sei stata in coma farmacologico per tre giorni. Dovevamo aspettare che la tua salute si stabilizzasse. Oggi effettivamente dovevi risvegliarti, ma mi sono addormentato. Mi perdoni?-
Poggio le mie mani sul suo viso, e gli stendo la piccola ruga di preoccupazione che si è formata sulla fronte.
-Ma taci, amore. Lei dov’è?-
-Tutto a suo tempo. Ora devo chiamare il dottore e avvisare tua madre. Si è allontanata un attimo per prendersi un caffè, anche lei non ti ha abbandonato un istante-
-Hayama, non c’è bisogno che giustifichi l’assenza di mia madre. Non ho preteso che qualcuno di voi rimanesse al mio capezzale, a pregare per me- ribatto sorridendo.
Dopo avermi dato un ultimo intenso bacio sulla fronte, esce dalla stanza.
Dopo dieci secondi, mia madre varca la soglia, l’espressione assolutamente disperata.
Accidenti, devo aver rischiato davvero di morire.
-Sana, amore! Come stai, tutto bene? Oh, fatti abbracciare! La mia bambina..-
E in un attimo trovo rifugio nel mio posto preferito: le braccia della mia mammina.
-Sto bene mamma, mi sento come una che ha fatto un gran bel sonno ristoratore! Lei dov’è?-
-Dopo amore.. Ora è importante che il dottore ti visiti-
 
Dopo aver abbracciato Rei, il signor Hayama e Natsumi, ed essermi goduta lo spettacolo delle lacrime di tutti e tre, finalmente è arrivato il momento di vedere la bambina. La mia bambina.
Ancora non ho detto ad Hayama della mia indecisione, accidenti a me e al mio tergiversare!
In un attimo, nella stanza rimaniamo io e il ragazzo in questione, e un corpicino agitato nella culla.
-Deve essere cambiata-
Come se non avesse mai fatto altro nella vita, Akito prende delicatamente in braccio la piccola e la stende sul fasciatoio.
E’.. perfetta: tutt’altra cosa dallo sgorbietto rugoso e sporco di sangue che avevo visto uscire dal mio corpo.
Aveva ragione Akito, è identica a me: le sue labbra rosee, che formano una piccola “o” mentre sbadigliano, una manciata di capelli rossicci, al tocco delicati come seta.
Le manine e i piedini sono deliziosi, non sono più lunghi del mio anulare.
Dopo aver emesso un altro meraviglioso sbadiglio, la piccola apre gli occhi.
Devo fare uno sforzo disumano per non cadere a terra dalla sorpresa. Boccheggio, indico la bambina e poi Akito.
-Hai visto? Ha degli occhi meravigliosi-
-Sono.. sono i tuoi, Akito!-
-Dici? Allora è la prova che anche io ho fatto la mia parte-
Fissa la piccola con uno sguardo talmente dolce e intenso che per un attimo mi sento come una che sta spiando una scena troppo intima.
-Le cambio il pannolino e poi te la passo- poi mi fissa, quasi dispiaciuto –O forse vuoi farlo tu?-
Mi risiedo sul letto, esausta da quella scoperta.
-Prego, procedi pure-
Ripeto, sembra che Akito non abbia fatto altro nella vita se non cambiare pannolini e tenere in braccio neonati.
In particolare, la bambina sembra un pezzo di un puzzle tra le braccia di Akito che semplicemente non si trovava da nessuna parte.
Per un attimo, il mio stomaco si contrae: possibile che io sia gelosa di una neonata?
Ma quando Akito mi mette in braccio la piccola, sparisce tutto: basta accarezzarle le manine, sfiorarle le guance paffute, osservarla mentre tenta di succhiare il mignolo che le metto sotto la bocca.
Poi, il suo sguardo si fissa su di me: è come guardare Akito, giuro su Dio.
Inevitabile, dunque, che mi innamorassi all’istante si quell’Hayama in miniatura e al femminile.
-Bellissima- riesco solo a dire.
-Lo sei anche te. E’ come se l’avessi sempre fatto- sussurra Akito di rimando, non riuscendo a smettere di sorridere.
-Stavo pensando la stessa cosa di te-
-Volevo dirti una cosa-
Lo vedo agitarsi leggermente sulla sedia, per un attimo penso che voglia togliermi la bambina, e me la stringo impercettibilmente al petto. Akito ovviamente se ne accorge, e sorride misteriosamente.
Poi torna serio.
-So che avevamo parlato di adozione e cose simili. Ma.. Non so come spiegarmi, e forse, anzi, sicuramente ti arrabbierai. Ma in questi tre giorni, mentre aspettavo il tuo risveglio, ho imparato a conoscere la bambina. So distinguere il pianto di quando ha fame e il pianto di quando va cambiata. Spesso ci siamo guardati molto a lungo, senza che lei emettesse alcun suono, e io riflettevo. Perché non provarci? Insomma, so che siamo giovani e tutto il resto, ma non ti piacerebbe vederla crescere? Vederla camminare, sentire le sue prime parole? Non ti piacerebbe sapere che tua figlia potrebbe chiamare “mamma” una persona che non sei tu-
Alzo la mano, per intimarlo a tacere.
Incredibile come spesso io e Akito siamo sulla stessa lunghezza d’onda, ma spesso non ce lo diciamo.
E’ la prima volta che mi affronta apertamente, probabilmente convinto che la volessi dare in adozione.
Non sa, ovviamente, che in realtà penso di tenerla da mesi.
Lo fisso, apparentemente con un espressione indecifrabile.
Lui non parla, nemmeno respira, quindi mi conviene non tenerlo più sulle spine se non voglio che la bambina resti già orfana di padre.
-Mi avevi già convinto con il fatto che sai distinguere i pianti-
In un attimo mi è addosso. Sempre attento a non schiacciare la bambina con il suo petto, infila le sue mani nei miei capelli e mi bacia intensamente, a lungo.
Il tutto sotto gli occhi della nostra bambina, che ci fissa tranquillamente, quasi aspettasse educatamente che concentrassimo di nuovo l’attenzione su di lei.
 
E’ già diventata la beniamina di tutti i nostri amici, e improvvisamente io e Akito siamo diventati invisibili: chi ci viene a trovare, spesso se ne va salutando la piccola con occhi dolci e vocina stupida, scordandosi completamente di noi.
Ma va bene così: sono contenta che Suri abbia tanti “zii” e “zie” che già la amano profondamente.
Mia madre ovviamente non ebbe nessuna sorpresa quando le comunicammo la nostra decisione: anzi, sorrise sorniona, dicendo che aveva già comprato “due o tre cosucce” per la sua nipotina.
Le “due o tre cosucce” comprendevano: sedile per la macchina, passeggino e carrozzina, culla, vestiti per i prossimi tre anni, una scorta di pannolini tale che, quando Suri non ne avrà più bisogno, potremmo tenerli per i prossimi bambini.
Ah sì, Suri è il suo nome: è uscito dalla bocca di entrambi, contemporaneamente. Il nome della madre di Hayama.
Non vi dico le lacrime di commozione del signor Hayama alla notizia, e di come Natsumi mi abbia abbracciato fino a soffocarmi mentre piangeva sulla mia spalla e non la smetteva di dirmi quanto mi fosse grata.
Per il semplice fatto che avevo chiamato sua nipote come sua madre.
 
Siamo a casa da una settimana, ed è come se la bambina non ci fosse. Non si sveglia mai la notte, se non per mangiare, e sembra già una bambina più grande, invece che una neonata di neanche due settimane.
Pensavo che con la nascita di Suri, il rapporto tra me e Akito si sarebbe deteriorato sotto le cure costanti della piccola, invece ancora una volta sono stata smentita.
Non l’ho mai sentito più vicino come in questo periodo, e non pensavo di poterlo amare più di quanto l’abbia mai amato in questi anni.
Come è possibile che una creaturina di quelle dimensioni possa portare questa armonia e questo amore in casa?
Naozumi aveva ragione: Suri avrà talmente tanto amore, da non sapere dove metterlo.
E aveva ragione anche su Akito. Ama talmente intensamente la sua bambina da non sapere più in che modo dimostrarlo, se non passando delle ore vicino alla sua culla, a guardarla mentre il suo minuscolo petto si alza e si abbassa ritmicamente, e sperare che faccia solo bei sogni.
 
*Quattro anni dopo*
-Papà!-
L’urlo disperato di Suri giunge fino alla nostra camera da letto, e sento appena un frusciare di coperte, segno che il mio fidanzato è volato da sua figlia.
In punta dei piedi mi alzo anche io, e mi fermo dietro la porta socchiusa.
-Cosa è successo amore?-
Sento i singhiozzi soffocati di Suri.
-Ho.. ho fatto un brutto sogno.. Ho sognato che tu e la mamma non mi riconoscete.. Io dicevo “sono io!” ma voi dicevate “scusa ma non ti conosco” e andavate via a volere bene a un’altra figlia!-
Il mio cuore per poco non smette di battere: incredibile come poco eravamo andati vicini a non volerla riconoscere.
E scommetto che anche Akito sta pensando le stesse cose, mentre stringe silenziosamente tra le braccia sua figlia.
-Sai che quando sei arrivata, mamma e papà erano molto piccoli?-
Sento che smette di singhiozzare. Sbircio dalla fessura della porta, e noto che Suri fissa Akito curiosa.
-Piccoli come me?-
Sorride dolcemente.
-Più o meno-
Oh no, Akito. Non è proprio il momento delle confessioni, ha solo quattro anni!
-Ma quando ti hanno messo tra le nostre braccia, ti abbiamo amata da subito. E’ bastato un attimo, per capire che non potevamo amare nessun’altra bambina. Ma la cicogna ci ha detto “se non la volete, ne ho un’altra pronta da consegnare!-
Vedo mia figlia trattenere il fiato, come se le stessero raccontando una storia di paura.
-E sai noi cosa abbiamo risposto?-
-Cosa?-
Sempre continuando a sorridere, le infila una ciocca dei suoi lunghi capelli setosi dietro l’orecchio.
-“No grazie, signora cicogna, questa bambina è la più bella e la più brava. Non vogliamo assolutamente che qualche altra mamma e papà ce la porti via”-
La vedo rilassarsi visibilmente, poi si rannicchia ancora tra le braccia accoglienti di suo papà.
Mi tocco le guance, che sono calde e bagnate. Le lacrime sono scese da sole, prepotentemente, senza che me ne accorgessi.
-Quindi, anche la mamma non voleva che qualche altro genitore mi portava via?-
-Lei è stata la più decisa di tutte. Ti ha tenuta stretta stretta e non ti ha più voluta lasciare andare-
E’ strano ritrovarsi accucciata dietro la porta, a piangere e ridere nello stesso tempo.
-Perché non vieni a dormire con mamma e papà? Domani penseremo a come cacciare via i brutti sogni-
In un lampo mi fiondo in camera e mi butto sul letto, fingendo di dormire come un sasso.
Quando sento Suri e le sue manine calde sulla mia schiena, mi giro e la stringo forte a me.
-Suri, solo questa volta, ok? Ora dormi, puoi stare tranquilla, qua i brutti sogni non possono arrivare-
Nel giro di pochi minuti, si addormenta tra le mie braccia, mentre la cullo e le bacio dolcemente la testa.
-Lo so- sussurra pianissimo Akito.
La riporto nel suo letto, poi gli rivolgo uno sguardo interrogativo.
-So che stavi ascoltando. I tuoi pianti non sono proprio.. Ecco, silenziosi-
Anche io, come mia figlia, mi rintano tra le braccia di Akito.
-Perché il tuo orecchio è allenato-
Ci guardiamo, ma non c’è bisogno di parole. Abbiamo avuto lo stesso brivido di angoscia a causa del brutto sogno di mia figlia.
In un attimo, le lacrime scendono ancora sul mio viso.
-Va tutto bene, amore.. E’ tutto passato. Siamo qui, tutti e tre. Anzi, cominciamo a pensare ad allargare la famiglia-
Mi allontano un attimo per guardarlo come se fosse impazzito.
Fa uno sforzo sovraumano per non scoppiare a ridere, tanto da doversi nascondere il viso sul mio collo.
Poi mi bacia, a lungo e intensamente. Non ho mai ricevuto un suo bacio che non sia pieno di amore e di gratitudine.
Continuiamo a baciarci, e finiamo inevitabilmente per fare l’amore.
In silenzio, però. Nell’altra stanza sta dormendo beatamente una piccola pallina d’amore, e non vogliamo disturbarla.
  
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