Disclaimer: I personaggi di
Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Allo stesso modo non mi appartiene l’ambientazione,
ripresa dal racconto “Modello Due” di Philip K. Dick. ©
{ Il mondo di Modello Due }
“In un ipotetico mondo futuro
l'Unione Sovietica (i cui soldati vengono chiamati Ivan) ha sferrato un attacco nucleare agli Stati Uniti d'America e
questi hanno risposto con un contrattacco nucleare scatenando una guerra
nucleare. Dopo la guerra nucleare i civili e il governo statunitense si sono
trasferiti sulla Luna, lasciando sulla Terra i soldati a combattere una guerra
di posizione con l'Armata Rossa. Gli statunitensi per difendersi dalle
incursioni russe alle loro fortificazioni hanno sviluppato delle
apparecchiature meccaniche in grado di attaccare autonomamente i Russi e anche
in grado di autoripararsi. Queste apparecchiature sono chiamati Artigli
(Screamers) e non attaccano anche l'esercito statunitense solo perché tutti i
soldati USA sono dotati di una particolare piastrina radioattiva che li rende
immuni.” (Wikipedia)
.: Inglourious Soldiers :.
-Sei scomodo- borbotta Jones, puntellandosi sui
gomiti.
Non l’avesse mai fatto. Una scarica cremisi schiocca
e saetta lungo l’avambraccio, fino a mordergli la spalla; a specchio, il
medesimo ringhio di dolore si propaga per tutta la gamba destra, dandogli l’impressione
di avere il ginocchio al limite del punto di fusione.
-Lo dici solo perché hai finito le sigarette, da-
Signore e signori, ecco a voi Braginsky e la sua pragmatica
ironia che non fa mai ridere nessuno.
Ma lui è un Ivan,
in fondo, per cui è impossibile abbia qualcosa di buono da dire. Anzi, lui è Ivan, il che sta a significare che
non ci sarà mai un dialogo degno di questo nome che non sia privo di
insulti alla terra d’appartenenza, all’economia e alle reciproche madri.
-Certo, metà me le hai fregate tu!-
Alfred non è un tipo particolarmente possessivo, a
meno che non si tratti di preziose e ormai introvabili sigarette
americane: persino Braginsky ha finito con l’ammettere la loro utilità. E anche
se non l’avesse ammesso, come prova c’è la divisa grigio-verde tutta
bucherellata di cenere.
-Dovevo far passare il tempo-
Jones arriccia il naso e rinuncia al tentativo di
sistemarsi meglio contro il petto del sovietico.
Ora, cosa ci faccia un soldato americano accoccolato
tra le braccia di un Ivan degli Ivan
è un po’ una patata bollente, e Alfred vorrebbe quasi quasi scaricarla sulla
testa del nasone che lo tiene stretto a sé, con le braccia attorno alla vita.
La storia è lunga, a tratti noiosa, patetica e se
vogliamo anche tacciabile di cliché, per cui Jones è più che mai propenso a
darne solo le note principali: lui che si scontra con Braginsky su un declivio,
il piede in fallo, le ossa fratturate, il bunker chissà dove, gli Artigli e la piastrina.
La piastrina è la chiave di tutto, l’unica speranza
di salvezza, ciò che tiene entrambi in posizione di stallo: Alfred non può
muoversi a causa delle ferite, ma è salvo dagli Artigli grazie agli impulsi
radioattivi emessi dalla piastra; per contro, Ivan è libero di muoversi quando
e come vuole, visto che è ancora tutta integro, peccato per gli Artigli.
Quegli affaretti bellici made in USA non aspettano
altro che il sovietico esca dal campo delle radiazioni per poter indire un
banchetto che ha nel suo sangue e nelle sue ossa la portata principale. Uno
spettacolo che Jones apprezzerebbe volentieri. Dovrebbe apprezzare, in linea di massimo.
O, almeno, avrebbe
apprezzato. Avrebbe. Nel passato. In un recondito prima in cui la guerra si
divideva in due, gli americani da una parte e i cattivi dall’altra, e l’unica
domanda ammessa era “Ho ricaricato il
fucile?”.
Aveva iniziato ad avere qualche dubbio nei momenti
in cui, quando gli Artigli smuovevano un po’ troppo la polvere nerastra, le
mani di Braginsky gli si aggrappavano al petto con una forza che andava ben
oltre il mero istinto di sopravvivenza. Oppure quando lui, Alfred, per
ripararsi dal freddo che gli mordicchiava le ossa, si stringeva e si
accartocciava contro il torace del sovietico. Il freddo sembrava meno intenso,
se c’era il fiato di Ivan o le sue mani o il suo corpo a fare da scudo.
Aveva il respiro regolare, Braginsky, profondo. Non
tradiva nervosismo, panico, non rivelava
nulla. Persino il cuore taceva e Jones s’era chiesto più volte se ancora ne
avesse uno o se glielo avessero strappato prima di mandarlo in guerra.
Alfred sbuffa, roteando gli occhi a cercare lo
sguardo del sovietico.
Hanno passato troppo tempo in quella lurida fossa,
ormai è evidente. Fosse stato da solo, Alfred sarebbe sicuramente impazzito
meglio: perlomeno, se svalvoli con l’unica compagnia con te stesso la cosa non
è tanto drammatica. Se ti va di fortuna, la schizofrenia ti crea pure qualche
amichetto immaginario con cui passare il fangoso scorrere dei giorni.
Ma se dai di testa con qualcun altro, allora sei
fregato, perché quel qualcuno altro sarà la sola ancora cui potrai aggrapparti.
Per poi finire a fare l’ancora della tua ancora, come se già le cose non
fossero abbastanza complicate di loro.
Evviva.
-Cosa succederà quando arriveranno i tuoi rinforzi?-
La domanda di Braginsky è quanto di più impersonale
ci possa essere. Jones si torce con la schiena per affrontarlo, la mascella
serrata e l’espressione indecifrabile.
-Succederà che sarai ridotto a poltiglia di naso
sovietico e io sarò finalmente elevato al rango di eroe che mi spetta!- esclama,
ridendo e scrollando divertito le spalle.
Le labbra di Ivan si concedono un impalpabile
sorriso, ma niente di più.
-E cosa succederà quando arriveranno i tuoi di rinforzi, commie nasone?-
Il volto del sovietico ha giusto un istante di
tentennamento, come un’ombra che gli sorvola la fronte, creando strane grinze
tra le sopracciglia. O forse è solo che sta arrivando la sera, considera
Alfred, difficile dirlo quando oltre che la nozione dei giorni, hai perso pure
quella delle ore. Poi, con l’orizzonte che vomita sempre fumo livido, uno come
lo capisce se c’è il sole o meno?
-Succederà che di te non sarà rimasto che qualche
brandello di carne, e io sarò il salvatore della Patria, da-
Entrambi, stranamente, sorridono. Un tacito accordo,
quasi un segnale convenuto.
Jones si tende a sfiorare le labbra di Braginsky con
le proprie, si lascia cadere contro di lui senza troppi pensieri o cerimonie –E
intanto va a giocherellare con la piastrina legata attorno al polso, fino a
quando un sonoro clack non li informa
che la chiusura metallica è appena saltata.
Con la coda dell’occhio Ivan coglie i movimenti
frenetici degli Artigli, avverte il ronzio dei sensori che si attivano e
sfrigolano a quell’inaspettato mutare delle onde, e infine il fischio
sferragliante delle lame.
Ma né a lui né ad Alfred importa più.
Il sovietico cinge le spalle dell’americano con un
braccio; la mano libera scende, carezza, pizzica fino a raggiungere il polso.
Raccoglie la piastrina nel palmo e poi la scaglia via, lontano.
Le radiazioni palpitano e si disperdono, la piastra
rotea, nera contro i rami ritorti degli alberi morenti, cade e si perde tra la
cenere grigia.
-See ya,
commie-
Un istante.
-Do skoroy vstrechi-
Silenzio.