Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: jaybird    18/11/2012    2 recensioni
« … Arthur? Che stai facendo? »
« Assecondo il mio Karma. »
« … Non dirmi che non sai andare sull’altalena. »
« … »
« … NON CI CREDO AHAHAHAHA—!! »
« FUCK YOU. »
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Erano futili le cose che, ovviamente, un tipo come Arthur non poteva tollerare in una persona in particolare. In primis: c’era il modo di parlare. I pigri. Gli arroganti. Gli sfacciati. Quelli che non sanno come gira il mondo e, soprattutto, quelli in…

« Ritardo. »

Un commento, rantolato tra se e se, mentre, come un’idiota, se ne stava in mezzo  al Hyde Park pullulante di gente che passeggiava, con coppiette che ridacchiavano tra loro, bambini che giocavano—e in tutto questo, che sembrava essere uno sfondo piacevole, Arthur, se ne stava come un vero idiota, a braccia conserte,  a battere il piede destro a terra, palesemente innervosito da quello che era il ritardo dell’americano. Si, se ve lo state chiedendo: quello era un appuntamento. Il loro primo appuntamento. Doveva essere una /specie/ di appuntamento, ok? Ma la giornata non si prospettava delle migliori da come era iniziata; senza contare che quello che aveva organizzato tutto era America stesso. Aveva avuto la bella idea di tormentare al telefono il povero inglese, /costringendolo/ ad uscire come una coppia. Che poi, coppia non erano. Ma lasciamo perdere, far entrare quel concetto in testa al minore era come vederlo seguire una dieta, impossibile. Anche se… ben nascosto, c’era un pensiero che  Arthur teneva blindato in cassaforte: il fatto che Alfred ci tenesse così tanto a vederli come una coppia, era decisamente gratificante, nonché piacevole—dato che era ovvio, ormai, il fatto che Arthur stesso provava qualcosa nei confronti dell’altro, ma era anche ovvio che si aspettava una dichiarazione più romantica, no? E poi, se oggi era uscito con lui, era anche per vedere come poteva essere come possibile ‘’fidanzato’’. Non erano mai usciti insieme, per i fatti loro e quello sarebbe stata una giornata perfetta—/se solo non fosse dannatamente in ritardo./ Un sospiro, di quelli pesanti per scacciare quel silenzio, andando a cacciare occhiate nei d’intorni ove potesse scorgere una sottospecie di figura con la faccia da beota. Certo, Arthur sapeva anche quanto potesse essere negato, America, nel provare ad orientarsi, ma il posto e l’ora dell’incontro, li aveva decisi lui stesso e la cosa non poteva che essere quasi una presa in giro, se non una comica.  Magari sarebbe stato il caso di chiamarlo e chiedergli  che fine avesse fatto o, meglio ancora, pensar bene di tornarsene a casa. Il tempo di darsi l’ultima occhiata in torno,  con il pensiero, tranquillo, di tornarsene a casa, ecco che una voce acuta, e alta più delle stesa folla, va a sovrastare nell’eco del parco, bloccandolo di scatto—augurandosi, quasi,  che non fosse chi pensasse, dato che non aveva intenzione di farsi fare una figuraccia davanti a tutte quelle persone… ma la fine sembrava parecchio scontata. Gli occhi verdi vanno a spostarsi, quindi, in direzione di quella voce che continuava a chiamarlo, volendo proprio farsi riconoscere, da bravo americano megalomane, ovviamente. Ma poteva anche non farlo apporta, ma /non/ doveva farlo, che diavolo! Un giro su se stesso, ed ecco scorgere, come prima cosa, un sorriso smagliante, due occhi azzurri e tutto il resto di quell’ingombrante carcassa che andava ad urtare gli altri passanti. Avete presente un cucciolo di rinoceronte alla carica? Eccovi serviti la scena.

« OLD MAN~! »

Eccolo lì, la sua disgrazia, in tutta la sua eleganza.
Il braccio destro che si dimenava nell’aria, giusto per farsi notare maggiormente, andando ad avvicinarsi sempre di più all’inglese, palesemente imbarazzato che andava a rantolare tra se e se, senza reprimere quegli insulti, questa volta, mentre tutti gli sguardi dei passanti più vicini, erano tutti rivolti su di lui e in quel momento, Arthur, non voleva che sprofondare, davvero. Peggio che essere al primo giorno di scuola, dove bisognava presentarsi e tu, a mala pena, riesci a dire il tuo nome e cognome senza inciampare nelle parole, con tutti gli occhi curiosi rivolti su di te. Dio.

« Visto? Sono arrivat— »
« Idiota! Che diavolo ti metti ad urlare in mezzo alla gente?! »
« Eh? Ma eri lontano e sembrava quasi che te ne stessi per andare! Non potevo che chiamarti per attirare la tua attenzione! »
« Se solo tu fossi arrivato /in orario/ io non mi sarei mosso! »
« In orario? Io sono in orario. Un Eroe non arriva mai in ritardo. ~ Massimo sei tu che eri troppo in anticipo. »
« Ah, sta zitto! Non iniziare con le tue stupidaggini, chiaro? »

Se fosse stato un momento normale, a quelle parole di rimprovero, Alfred avrebbe già piantato uno di quei suoi soliti bronci da bambino viziato—ma da come lo si poteva vedere in faccia, non  poteva non smettere di sorridere. Non si poteva minimamente descrivere la felicità che stava provando in quel momento nel pensare e ripensare che quello che stavano avendo era il loro primo appuntamento. E, ritardo a parte, Alfred aveva tutta l’intenzione di far si che sia potesse presentarsi come la /loro/ giornata perfetta.  Al contrario, il nostro bisbetico biondino, non poteva che tenere quell’espressione furiosa, non potendo non chiedersi che diavolo avesse da sorridere così tanto, tentato di sputargli altro veleno; quindi, la lingua va a schioccare contro il palato, pronto a dar voce ai suoi cattivi pensieri.

« … Ti avverto già da subito che non ho intenzione di andare in nessun posto stupido al quale, la tua sciocca testolina, abbia già pensato di voler andar—!! »
« Shh. Zitto, non lamentarti e prendi questi. ~ »
« C-Che!? »

Ok, va bene, poteva dire che non si aspettava quell’azzitimento, ne tanto  meno si aspettava che l’altro avesse deciso di comprargli quello che sembrava essere un mazzo di fiori, rigorosamente buttatogli in faccia. Certo, magari sarebbe stato più carino darglielo in mano, invece che agire senza pensar troppo e lanciarglielo letteralmente addosso. L’odore, leggero delle rose ( il suo fiore preferito ), quindi, va a  spiazzarlo, lasciandolo con un’espressione interrogativa sul volto, andando a  strabuzzare gli occhi verdi che, al momento, restavano fissi su quel rosso intenso di quei petali. Davvero aveva avuto la delicatezza di comprargli una cosa come una mazzo di fiori? Banale, oserebbe commentare—ma era anche vero che era dannatamente dolce, ecco.  Le labbra secche del maggiore, allora, vanno a tirarsi in una riga tremolante, palesemente imbarazzato, il quale aveva deciso di manifestarsi sulle proprie guance, colorandogliele dello stesso colore di quelle rose, splendide, non aggiungendo un’altra parola, ne tanto meno un’occhiata.  Che fosse stato quello il motivo di quel ritardo? Poteva essere che aveva girato un po’ prima di poter trovare un fioraio, specialmente se non era nemmeno della zona. Perché disturbarsi per tanto, in fondo? Dopo quegli attimi di silenzio, ecco che una fila di mugolii poco piacevoli, vanno a rotolare dalla gola dello stesso inglese, riuscendo a ritornare a quell’espressione corrugata di prima, senza ottenere grandi risultati con lo scambio di sguardi, però.

« … che diavolo sono? »
« Uh? Sono dei fiori, no?  »
« Io non li voglio—  »
« Cavolo, ma qui fa un freddo insopportabile, capisco perché sei sempre di cattivo umore!  »
« … Mi stai almeno ascoltando!?  »
« Allora! Dove andiamo?  ~ »

Come Arthur si lamentava per principio, per la stessa identica cosa, Alfred non badava a quelle parole che non erano nemmeno vere. Conosceva abbastanza l’inglese da  potersi permettere di dire che quei fiori gli avevano fatto più che piacere—e poi, sicuramente, così, avrebbe pensato che era arrivato in ritardo a causa di quel regalo. Così non avrebbe dovuto ammettere di essersi perso, inizialmente. L’ennesimo rantolo, per poi andare a guardarlo male,  dovendo anche pensare a dove andare.

« … Potremmo andar— »
« Andiamo al parco! Ne avevo visto uno, a pochi minuti da qui! »
« … Non ti è arrivato il concetto del fatto che non ho intenzione di andare in posti stupidi? »
« Eh? Ma non è stupido! E’ tranquillo, e poi io voglio stare un po’ solo con te. »

Chissà se Alfred notava le belle parole che diceva tutto d’un tratto quando parlava. Dirle così, senza nemmeno poterlo prevedere, per Arthur era come perdere due battiti al cuore. Per quanto potesse essere assurdo, non c’era paragone migliore che quello. L’espressione, per tanto, mutò ancora, anche se voleva tentare di non essere troppo  toccato, limitandosi a rilasciare l’ennesima sinfonia di rantoli, andando a portare lo sguardo altrove. Bè, se dice che il parco era vicino e tranquillo, si poteva fare, no?

« Ahh— va bene, come ti pare. »
« Perfetto! ✰»

Sentenzia, alla fine, lasciando intravedere una smorfia che mostrava la sua resa ai voleri altrui, mentre Alfred non poteva non mostrarsi soddisfatto, facendo solo che ampliare il sorriso sul suo volto, iniziando a prendere i primi passi per voler raggiungere la fine di quel parco e di quella troppa gente che sarebbe stata solo d’impiccio per la loro solitudine. Le mani dell’americano, vanno a cacciarsi nelle tasche  del giaccone, andando a mettersi proprio davanti al maggiore, quasi come se volesse fargli da strada—mentre quest’ultimo non potette che limitarsi a scrutare quell’enorme schiena che gli camminava davanti, stringendo quel mazzo di fiori a se. Chissà perché, in quel momento, gli si era presa quasi come una fitta alla bocca dello stomaco; forse doveva evitare di pensare, almeno per quella giornata, ma gli era venuto quasi spontaneo il fatto di pensare che, effettivamente, America era sempre stato davanti a lui: come persona e come Nazione. Non era più quel bambino e ne tanto meno il suo ‘’fratellino’’. Poteva camminargli affianco, ora, fiero, no? Eppure si sentiva quasi in soggezione. Era sempre stato lui a dover dare l’esempio, a come comportarsi e a cosa fare, a proteggerlo a stare ‘’davanti’’. Un mugolio  a quei pensieri sciocchi; mugolio che Alfred sentì, tanto da farlo voltare di dietro, scorgendo quella zazzera scombinata dietro di lui, con un’espressione quasi pensierosa, tanto da fagli chiedere a che cosa stesse pensando.

« Perché non mi cammini accanto? »

Domandò, istintivamente, sperando che in quella breve passeggiata potessero camminare fianco a fianco, anziché distanti, come in quel momento.  D’un tratto, i pensieri di Arthur vennero spossati da quella domanda, che gli fece alzare lo sguardo verso quello azzurro, guardandolo con un’aria interrogativa e quasi spiazzata, nemmeno gli avesse chiesto chissà cosa. Il fatto era anche che non sapeva bene che rispondergli, era stata una cosa istintiva seguire il minore, dato che aveva preso a camminare per primo. Dopo di che, le sopracciglia non persero tempo ad aggrottarsi, con fare scocciato, quasi.

« … Perché sei troppo grosso e quando ti cammino affianco mi vieni addosso. »
« Non è vero! »
« Si invece, lo fai. Bastava notare come prima urtavi il resto dei passanti. »
« … Che c’entra? In quel momento dovevo raggiungerti, o te ne saresti andando! »
« Non sarebbe successo se tu fossi arrivato in tempo. »
« Ancora? »

Come ‘’ancora’’? Era ovvio che glielo avrebbe rinfacciato, forse, per tutta la giornata, peccato solo che America non fosse intenzionato a litigare, non oggi, almeno, non per una sciocchezza come quel ritardo di un paio di minuti. Peccato solo che aveva fatto il ritardo con la persona sbagliata—specialmente se poi andava a ribattere tutto quello che stava dicendo l’inglese.

« … Eh? Che significa ‘’ancora’’? E’ ovvio che non saresti dovuto arrivare in ritardo, no? L’orario lo avevi persino stabilito tu! »
« Zitto, vieni qui. »

I passi, quindi,  dell’americano, si fermarono per qualche istante, giusto per poter andare a voltarsi  per bene verso l’inglese, scorbutico, come al solito, andando ad allungare istintivamente il braccio destro verso il maggiore, con la chiara intenzione di afferrarlo. Veloce, quella stessa mano, andò ad avvolgere quelle secche spalle, strette, trascinandolo sin accanto a se—mentre Arthur, bè, non sembrava approvare quel contatto, specialmente se America decideva di fare di testa propria, potendolo toccare quando più gli era comodo, senza contare che non poteva nemmeno provare a ribellarsi, date le mani impegnate nel mantenere quel mazzo di rose un po’ troppo grande. Gli occhi che si sbarrano, sorpresi, mentre quasi non stava per inciampare nei sui stessi passi, andando ad emettere un verso incomprensibile, totalmente smorzato in gola, sentendo solo il proprio viso andare a premere contro la spalla altrui, mentre una manaccia a caso, avrebbe /dovuto/ togliersi da se. Ma, con quella vicinanza, non aveva mai sentito un profumo così buono e mai aveva provato un’agitazione simile. Nemmeno fosse una ragazzina al suo primo appuntamento.

« Oi, oi— Che diavolo stai facendo? Togli questa mano! »
« Huh? Perché mai? Se stiamo vicini non urtiamo nessuno e usciamo prima da questa folla di gente, non credi? »
« C-Che? E devi starmi così addosso?! »

America tendeva sempre ad essere troppo invadente e non pensava minimamente a quello che poteva pensare o provare Arthur in quel momento, ma non stava facendo nulla di male, alla fin fine, no? E poi aveva ragione, se sarebbero stati più vicini, non sarebbero andati ad urtare nessuno e le persone sembravano più facili da superare. Ma non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione dell’essere fissato, nonostante fosse una semplice mano sulla spalla. Inutile dire che le guance tornarono a pizzicargli, mentre  continuava a scrollare quella spalla, provando anche ad allontanarsi, senza troppi successi, data la netta forza altrui che lo teneva ben stretto.

« A-America! Mi stai ascoltando, diavolo?! Toglimi queste mani di dosso! »
« … Cos’è, sei imbarazzato, per caso? ~ »
« A-Ah? Ovvio che no! Sono solo seccato! »

Ahh—la voglia mandarlo a quel paese sembrava farsi sempre più forte, se poi andava a stuzzicarlo in quella maniera, era ancora più intensa la voglia di mollargli un cazzotto, dritto su quella faccia da babbeo. E mentre l’americano teneva un sorrisetto di chi la sapeva più lunga, Arthur quasi non si dimenticò di quella mano sulla spalla, e del resto dei passanti, troppo impegnato a ringhiare contro il minore, non badando nemmeno troppo a dove stesse camminando, non accorgendosi, dunque, dell’uscita di quel parco affollato, così che, poi, America andasse a lasciarlo libero, come Arthur desiderava, no?

« Ecco fatto, siamo usciti sani e salvi grazie a me. ~ »
« Ahh—ma ‘sta zitto. »

Borbotta, limitandosi a guardarlo di male in peggio mentre, finalmente, riuscì ad afferrare per bene il mazzo di rose, con una mano, potendo sentirsi quasi sollevato  sul fatto che, ora, con la poca gente che girava, fuori dal parco, le rose non si sarebbero rovinate e i petali non sarebbero caduti. Si, se ve lo stavate chiedendo: Arthur aveva ‘’protetto’’ il mazzo dai possibili urti della gente—e non azzardatevi a ridere, ecco. Che poi, con tutte quelle occhiate che lo stesso inglese cacciava a quei fiori, l’americano non poteva che pensare che era stato un genio a fargli un regalo del genere, conscio che gli piaceva, anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura. Ridacchiò, semplicemente, nel pensare quanto potesse essere… carino? Si, in quei piccoli gesti che nemmeno si accorgeva di fare.

« … Perché ridi? »
« Nulla, nulla. ~ Dai, muoviamoci! »

Arthur non si accorse nemmeno che veniva realmente fissato dal minore, e di fatti lo si poteva intuire da quell’espressione perplessa che seguiva l’altro nel riprendere la camminata che li avrebbero portati, finalmente in quel maledetto parco.






« Arthur! Dai, vieni sull’altalena! »
« … Quanti anni hai? Tre, per caso? »

Era inutile anche solo provare a dirgli quanto potesse mostrarsi infantile, Alfred, dato che non darebbe nemmeno peso a quelle parole, e che per tanto, Arthur stava solo sprecando fiato. E, di certo, non era quello si immaginava come un appuntamento: va bene, erano soli, dato che il parco sembrava pullulare solo di piccioni, ma quando due escono insieme, non si dovrebbe andare per il centro, o ad un ristorante o fare qualcosa  insieme, ecco. Ma, dopo tutto, l’inglese aveva la pessima abitudine di ricordare solo dopo con chi stava parlando: ovvero con una persona di settantacinque chili, alto quasi un metro e ottanta che dondolava su un’altalena per bambini. Davvero aveva accettato un appuntamento con una persona del genere? Sospirò, il maggiore,  che andava a fissarlo con un’espressione totalmente arresa. Era inutile anche solo convincerlo ad andare da un’altra parte ma, infondo, non era importante dove fossero, no?

« Quell’altalena sta chiedendo pietà, non la senti, America? »
« Uh? Che intendi? »
« Che sei grasso e che le catene si romperanno se continui a dondolarti in quel modo. »
« … E-EH? Io non sono grasso! E poi mi regge benissimo! »

Tutta via, rallentò, fino a fermarsi del tutto. Non voleva mica rompere per davvero un altalena per bambini e, nonostante non lo ammettesse, era conscio del suo peso non proprio nella ‘’norma’’ ed evitava di pensarci, infatti—ma c’era sempre Arthur a ricordarglielo, a quanto pare.  Dunque, l’americano, si  limitò a darsi delle lievi spinte, aiutandosi con i piedi, andando a guardare con un broncio il maggiore, offeso per avergli dato della persona grassa. Dopo tutto, il suo, era un tasto dolente, ecco.  Nel frattempo, il londinese, se ne stava in piedi, su quel terriccio sabbioso e umido, andando a guardare l’alto come una madre, probabilmente, farebbe con un figlio. E si sentiva anche abbastanza stupido, sinceramente.

« Che c’è? »
« Vieni sull’altalena. »
« … »

 L’ennesima manciata di secondi, passati in silenzio a scambiarsi solo delle occhiate—per poi ecco un altro sospiro: l’ennesima arresa di Arthur, dato che America aveva ben deciso di tenergli il broncio e di fissarlo con una certa insistenza fino a quando non lo avrebbe accontentato.

« Se si rompe, sarà solo colpa tua. »
« Non si romperà. ~ »

Effettivamente, se quella povera altalena aveva retto con uno come America, poteva reggere qualsiasi altro essere umano, giusto? Il mazzo di rose, allora, venne posato accanto a quello scivolo, delicatamente, giusto per evitare che si sporcasse e quant’altro, andando poi a raggiungere il minore sul seggiolino accanto—e si sentiva un’idiota, va bene? Le mani che si reggevano sulle catene, fredde e un’espressione totalmente imbronciata che andava a fissare l’altro che aveva deciso di riprendere a darsi le spinte. Non erano mica due  mocciosi, e l’idea di stare tutto il tempo su quel seggiolino troppo piccolo, non lo allettava tanto, ma era anche vero che erano appena arrivati e poi si stava bene, c’era pace, come detto inizialmente dell’altro. Gli occhi verdi, si spostarono a curiosare quel posto desolato, silenzioso, andando a ritornare inesorabilmente sull’americano che sembrava divertirsi e non poco—e la cosa lo perplimeva: poteva essere cresciuto, ma era rimasto praticamente lo stesso di qualche secolo fa.

« E’ così divertente? »
« E’ piacevole. ~  Ti  fa sembrare di poter essere più vicino al cielo! »
« … Che stupidaggine. »

Borbottò, lui, in tutta risposta, andando ad alzare inevitabilmente gli occhi al cielo, pensando che lui non era mai stato su un’altalena e mai aveva provato quella specie di sensazione di ‘’poter essere vicino al cielo’’. Un altro borbottio poco comprensibile, gli occhi che si abbassano ai suoi piedi, ed ecco che, senza nemmeno farci caso, iniziò a provare ad imitare quelle spinte che si era dato fino adesso il compagno accanto a se. ‘’Avanti e poi indietro, dovendo reggersi con le catene’’, si ripeteva. Bè, che sarà mai? Non sarà mai salito su questi aggeggi, ma sembrava facile la cosa; per  tanto, come prima cosa, le gambe andarono a tendersi, dritte, e poi a piegarle verso il basso… continuando così un paio di volte. Forse troppe volte, come un completo deficiente, senza ottenere alcuna spinta che si aspettava succedesse—e si stava anche irritando. Che dovesse metterci più forza? Pensando che fosse quello il problema, ecco che le gambe andarono a tendersi in avanti—forse anche troppo, portando le punte dei piedi troppo in alto e, nonostante si stesse reggendo alle catene,  l’inglese, inesorabilmente, perse l’equilibrio.

« W-WHA—!? »

Puff! Con la schiena totalmente a terra. Inutile dire di quella figuraccia immane, ritrovandosi con gli occhi al cielo e con le gambe sul seggiolino, mentre l’americano, in quella scena, non potette che fermarsi e trattene una grossa, grossissima, risata. E Arthur sembrava quasi essersi arreso con quella sua sfortuna che continuava a fargli solo pessime figuracce, specialmente in presenza di Alfred.

« … Arthur? Che stai facendo? »
« Assecondo il mio Karma. »
« … Non dirmi che non sai andare sull’altalena. »
« … »
« … NON CI CREDO AHAHAHAHA—!! »
« FUCK YOU. »

Inutile dire quanto potesse insopportabile la risata di America e quella sensazione di essere così stupido da non riuscire a stare su di un’altalena, limitandosi solo a sbraitargli contro, senza avere alcuna intenzione di muoversi da quella posizione e Alfred non fece altro che fermarsi e scendere da quell’altalena, solo per poter andare ad avvicinarsi alla sagoma rimasta a terra, andando a piegarsi con le ginocchia, lasciando che gli occhi azzurri parassero totalmente la visuale all’inglese: ecco, aveva raggiunto il cielo senza nemmeno doversi sforzare di doversi alzare. Anche se quel sorrisetto era fastidioso, tanto da farlo rantolare, come al solito, andando ad aggrottare le sopracciglia.

« … Lo trovi divertente? Aiutami ad alzarmi piuttost— »

E il paesaggio ritornò nel più totale silenzio. Silenzio causato dal bacio appena dato all’inglese, giusto per farlo stare zitto; e poi Alfred moriva dalla voglia di farlo, di aver quel semplice contatto di labbra, stupendo. E, da come lo iniziò, il minore, lo interruppe con uno schiocco, così da tornare a fissarlo e di potersi godere, così, quelle guance che aveva deciso di colorarsi di rosso per lui.

« Ti amo, anche se non sai andare sull’altalena! »
« … Dici sempre qualcosa di troppo, diamine. »
« Allora dico solo che non sai andare sull’altalena. ~ »
« … Fottiti. »
« I love you too. ~ »
« Zitto e aiutami ad alzarmi, deficiente! »
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: jaybird