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Autore: LaMicheCoria    18/11/2012    1 recensioni
Veneziano avanzò di un passo e la sabbia scricchiolò sotto la suola delle scarpe; un colpo di vento, la bocca s’impregnò del sapore della cenere. Si coprì il volto con una mano, schermandosi gli occhi per ripararli dal fumo che si riversava a terra in roboanti scrosci neri: tra quell’avvoltolarsi pesante poteva intravedere i resti liquefatti della locomotiva e dei carri merci, come tanti bubboni disciolti e solidificati sui binari.
[20 Luglio 1893]
[Non cosa accadde, perchè prese la decisione. Forse una rabbia antica, generazioni senza nome (La Locomotiva - Francesco Guccini)]
[Prima classificata al contest: Hetalia: Axis Powers' Contest - About History indetto da Rota]
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Disclaimer: I personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono
Ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Non mi appartiene nemmeno la canzone La Locomotiva
Di proprietà di Francesco Guccini ©

 

 

 

A Eileen_Shinigami ~

 

 

*Autore: Nemeryal
*Personaggi : Feliciano “Veneziano” Vargas (Nord Italia), citato Lovino “Romano” Vargas (Sud Italia)
*Pair : Nessuno.
*Numero capitoli : 1 (One Shot)
*Generi : Storico,  Introspettivo.
*Avvertimenti : Non per Stomaci Delicati.
*Rating : Arancione
*Numero parole: 993
*Note dell'autore:  (4), (5), (7), (9), (10), (11), (14).
*Note storiche: (1), (2), (3), (6), (8), (12), (13).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.: Che Essere Legato :.

 

Se avesse dovuto scegliere un colore, sarebbe stato il rosso.
Il porpora del cielo che esplode di fiamme, il vorticare cremisi del fuoco, il ruggito vermiglio contro il dolce degradare dei colli. Avrebbe fatto scivolare il pennello con uno sbuffo grigio, tentacolato di stralci lividi: il fumo della macchina che intrecciava anelli di vapore lungo l’orizzonte. Tra l’erba stracciata dalla deflagrazione, i volti pallidi e insicuri dei contadini, le guance ustionate dal calore, le labbra schiuse a donare un gonfiore grottesco agli occhi sbigottiti. Come novelli pastori  attardati a contemplare quella stella caduta anzitempo, un fischio invisibile a tenerli legati: Proletari di tutto il mondo, unitevi(1).
Fosse stato davvero chiamato a dipingere un quadro, Veneziano avrebbe avuto il tempo necessario per sostare dinanzi alla scena, assorbirne ogni piega ed ogni sfumatura di pensiero. Analizzarla. Comprenderla.
Ma non aveva pennelli con sè, non doveva riempire alcuna tela: il dramma si era compiuto. Compreso o meno, l’atto si era concluso, il teatro era del tutto vuoto se non per gli oggetti di scena ancora sul palco, come incomprensibile monito per il pubblico della borghesia.
Veneziano avanzò di un passo e la sabbia scricchiolò sotto la suola delle scarpe; un colpo di vento, la bocca s’impregnò del sapore della cenere. Si coprì il volto con una mano,  schermandosi gli occhi per ripararli dal fumo che si riversava a terra in roboanti scrosci neri: tra quell’avvoltolarsi pesante poteva intravedere i resti liquefatti della locomotiva e dei carri merci, come tanti bubboni disciolti e solidificati sui binari.(2)
Qualcuno, dietro lui, chiamò aiuto; la folla prese ad accalcarsi, uno zampettare di insetti curiosi. Veneziano rimase fermo ad osservare lo scheletro della 3451(3): sentiva chiaramente il bubbolio crepitante del metallo che si scioglieva per il calore, lo scricchiolare delle assi schiacciate dal peso dei vagoni, ma null’altro. Si aspettava una voce. Un richiamo che lo trascinasse in avanti. Un sentiero di sussurri.
Eppure gli era sembrato così chiaro il gemito della macchina!(4) Un urlo riverberatosi con forza nel cielo, una promessa cui tutti, nei campi oltre il vetro del vagone, avevano guardato con speranza.. (5)
In quell’istante incastrato a forza nello scorrere dei secondi, gli occhi che si alzano dal libriccino tedesco(6), il sorriso di lei, il frusciare della pagina, il tintinnio degli orecchini, una domanda discreta, una risposta educata, l’ombra della stazione che si allunga sul vetro del vagone e copre di nero la mussola della gonna, d’improvviso il fischio prolungato, lo sbuffo, l’ansimo, la corsa, il lampo rossastro delle froge, ed ecco..! L’illusione del tempo che si allunga e si distende, lo sguardo alto sui caratteri a stampa e sul filo di perle, un volto seminascosto nel buio e occhi negli occhi una stilettata al cuore, un brivido scoccato dalla schiena fino alla fronte.
La consapevolezza dell’odio e della vendetta, di un destino già scritto, il panico che increspa l’anima nel momento in cui il treno devia e i velluti e gli ori(7) si allontanano, risate d’argento e di cristallo che vanno a perdersi nella confusione di Bologna. Che scompaiono in un gonfiarsi di gonne e sgranarsi sorpresi di monocoli, sempre più distanti, sempre più inconsistenti. Il braccio che si tende, il respiro pesante. La deflagrazione. Il mondo che si squarcia.
Il respiro si era spezzato in gola.
Veneziano non era riuscito ad urlare, né ad intimargli di fermare la corsa: quell’attimo di comprensione era bastato all’odio per gocciolare nel suo sangue ed esplodere nel boato della locomotiva che s’accartocciava sulla linea morta.
-Perché?- Veneziano s’inginocchiò.
Se avesse potuto scegliere, sarebbe scappato. Fuggito per la paura e il terrore: via da Bologna, via dall’Emilia, a Roma, da suo fratello, a stringerlo tra le braccia e a sentirlo sacramentare in una lingua che non conosceva davvero, ma di cui amava il suono solo perché era Romano a pronunciarla(8).
Ma la scelta di muoversi non era contemplata, non in quel momento, non se a bloccarlo era il corpo del ferroviere, rattrappito tra i rimasugli fumanti di una rabbia antica -Il cuore accecato dal grido di generazioni senza nome.(9)
Poteva solo decidere un colore per quel nuovo soggetto, condottiero di una guerra santa di pezzenti(10).
E se avesse dovuto scegliere un colore, sarebbe stato il rosso.
Rosso era il sangue sul volto, negli occhi, dentro la bocca. Rosso erano il volto, gli occhi, la bocca. Rosso il petto ansante, la carne lacerata del torace, il ventre informe, le ginocchia divelte. Rosse le mani dalle nocche spezzate, i palmi enfi di cenere e terra. Rossa la saliva che colava dalla guancia strappata. Rosse le parole biascicate di bava giallastra, vivide come il colore che lento ne disegnava le lettere in densi rigagnoli di condanna.
-Che importa…morire?-
Il tono era rauco, graffiava la gola e impastava la voce in bandoli di gemiti e sofferenza.
-Meglio morire-
La matassa di labbra e brandelli di carne si storse, un filo bianco a segnare il movimento della cornea sotto la palpebra gonfia. Chissà com’erano i suoi occhi, si chiese Veneziano, la testa piegata di lato, quant’era fiero il suo sguardo. Forse aveva i capelli biondi, orecchie dal lobo marcato e naso distinto, un collo ben modellato e le spalle ampie. Forse assomigliava un po’ a Romano. Forse un po’ a lui. A tutti gli italiani e a nessuno in particolare.
Non poteva esserne certo, né poteva assicurare fosse il contrario: più cercava di immaginarsi quel corpo prima che fosse avviluppato dalle fiamme, più le fattezze prendevano il contorno dell’ideale, abbandonando l’involucro della realtà.
Poteva sentire il mormorio di quei contadini sorpresi montargli nel cuore e disegnare con cura le forme ed il volto: nella fantasia divenne come gli eroi, sempre giovani e belli.(11)
-…Che essere legato- (12)
Completò per lui Veneziano, mentre il rosso del tramonto stendeva il proprio manto su quella calda sera di Luglio(13).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-Veh~, non capisco cosa vuoi che ti dica su di lui!-
-Tutto quello sai, tutto quello che ricordi! Ogni cosa!-
-Ma Francesco…
Non so che viso avesse.
Neppure come si chiamava(14).-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Storiche:

(1) Frase di chiusura de “Manifesto del Partito Comunista  ” (Marx – Engels)
(2) Quale atto di protesta, Pietro Rigosi (Anarchico) nel 1983 si impadronì di una locomotiva da un treno merci nei pressi della stazione di Poggio Renatico e si diresse alla velocità di 50 km/h verso la stazione di Bologna. Il personale tecnico della stazione deviò la corsa della locomotiva su un binario morto, dove si schiantò contro sei carri merci in sosta. (Wikipedia)
(3) Modello della locomotiva.
(6) “Manifesto del Partito Comunista”, pubblicato in Italia nel 1891.
(8) Fino alla Grande Guerra e all’esperienza “linguistica” delle trincee (che poi ha portato alla formazione di un italiano parlato vero e proprio), era molto difficile che un italiano del nord ed uno del sud potessero capirsi reciprocamente.
(12) “Che importa morire? Meglio morire che essere legato.” (Frase che, secondo la Gazzetta Piemontese si sarebbe lasciato sfuggire Pietro Rigosi dopo il ricovero) (Wikipedia)
(13)
Poco prima delle 5 pomeridiane del 20 luglio 1893 Rigosi si impadronì di una locomotiva sganciata da un treno merci nei pressi della stazione di Poggio Renatico - approfittando dell'assenza del macchinista titolare Carlo Rimondini- e si diresse alla velocità di 50 km/h, che per quei tempi era notevole, verso la stazione di Bologna. Il personale tecnico della stazione deviò la corsa della locomotiva su un binario morto, dove si schiantò contro sei carri merci in sosta. L'impatto fu tremendo ma l'uomo fu sbalzato via durante l'urto e sopravvisse. Gli venne amputata una gamba e rimase sfigurato in viso, ma dopo due mesi venne dimesso dall'ospedale e esonerato dal servizio in ferrovia per motivi di salute. Non svelò mai il motivo di quel gesto che fu interpretato dai giornali come atto di pazzia.
La sua intenzione era quella di andare contro a un treno di lusso che vedeva transitare quotidianamente per distruggerlo. (Wikipedia, voci “La Locomotiva” e “Pietro Rigosi”)

 

 

Note dell’Autore:

 

(4) E sembra dire ai contadini curvi quel fischio/ che si spande in aria /”Fratello non temere, che corro al mio dovere! / Trionfi la giustizia proletaria!” (La Locomotiva – Francesco Guccini)
(5)
Ma un' altra grande forza spiegava allora le sue ali, / parole che dicevano "gli uomini son tutti uguali"  / e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via / La bomba proletaria e illuminava l' aria / la fiaccola dell' anarchia. (La Locomotiva – Francesco Guccini)
(7) Vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori (La Locomotiva – Francesco Guccini)
(9)
Non so che cosa accadde, perchè prese la decisione, / forse una rabbia antica, generazioni senza nome / che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore (La Locomotiva – Francesco Guccini)
(10) I tempi cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti (La Locomotiva – Francesco Guccini)
(11) Ma nella fantasia ho l’immagine sua, gli eroi son tutti giovani e belli (La Locomotiva – Francesco Guccini)
(14) Verso d’attacco della canzone “La Locomotiva”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giudizio di Rota:

 

*Autore/Titolo fanfiction – Nemeryal/ Che essere legato
*Ortografia/Lessico e Stile
Hai uno stile davvero ricco, questo lo si deve riconoscere, ma temo che in alcuni punti tu sia stata troppo ridondante, specie considerando che la tua storia non è eccessivamente lunga. In tal caso, una lunghezza maggiore avrebbe amalgamato meglio, a mio parere. Tuttavia, hai la capacità penso davvero rara di totalizzare l'attenzione del lettore, proprio con questa tua eleganza innata. Non posso far altro che complimentarmi con te.
*Caratterizzazione dei personaggi/IC
Direi che hai sfruttato come meglio potevi la parte tragica del personaggio di Feliciano.
*Trama/Coerenza
Questo è, secondo me, un po' la pecca della tua storia: slegata da ogni altro contesto. Avendo tu preso un episodio molto, molto particolare della storia italiana, e benché amalgamandolo bene con la canzone che lo descrive, secondo me avresti fatto meglio a spendere quelle poche righe di più di testo per introdurre tutta la situazione e l'ambiente circostante. Solo questo.
*Originalità
Ma appunto perché hai preso un episodio, indubbiamente storico, così particolare, posso anche dire che l'originalità da te usata è ottima.
*Impressione Generale
La mia impressione generale è davvero buona, in quanto la fanfiction da te presentata non è sbilanciata in niente e regge quasi perfettamente su se stessa. I miei complimenti.

   
 
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