Disclaimer: I personaggi di
Hetalia: Axis Powers non mi appartengono
Ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
Non mi appartiene nemmeno la canzone La Locomotiva
Di proprietà di Francesco Guccini ©
A Eileen_Shinigami ~
*Autore: Nemeryal
*Personaggi : Feliciano “Veneziano” Vargas (Nord Italia), citato Lovino
“Romano” Vargas (Sud Italia)
*Pair : Nessuno.
*Numero capitoli : 1 (One Shot)
*Generi : Storico, Introspettivo.
*Avvertimenti : Non per Stomaci
Delicati.
*Rating : Arancione
*Numero parole: 993
*Note dell'autore: (4), (5), (7), (9), (10), (11), (14).
*Note storiche: (1), (2), (3), (6),
(8), (12), (13).
.: Che Essere Legato :.
Se avesse dovuto scegliere un colore, sarebbe stato
il rosso.
Il porpora del cielo che esplode di fiamme, il
vorticare cremisi del fuoco, il ruggito vermiglio contro il dolce degradare dei
colli. Avrebbe fatto scivolare il pennello con uno sbuffo grigio, tentacolato
di stralci lividi: il fumo della macchina che intrecciava anelli di vapore
lungo l’orizzonte. Tra l’erba stracciata dalla deflagrazione, i volti pallidi e
insicuri dei contadini, le guance ustionate dal calore, le labbra schiuse a
donare un gonfiore grottesco agli occhi sbigottiti. Come novelli pastori attardati a contemplare quella stella caduta
anzitempo, un fischio invisibile a tenerli legati: Proletari di tutto il mondo, unitevi(1).
Fosse stato davvero chiamato a dipingere un quadro,
Veneziano avrebbe avuto il tempo necessario per sostare dinanzi alla scena,
assorbirne ogni piega ed ogni sfumatura di pensiero. Analizzarla. Comprenderla.
Ma non aveva pennelli con sè, non doveva riempire alcuna
tela: il dramma si era compiuto. Compreso o meno, l’atto si era concluso, il
teatro era del tutto vuoto se non per gli oggetti di scena ancora sul palco,
come incomprensibile monito per il pubblico della borghesia.
Veneziano avanzò di un passo e la sabbia scricchiolò
sotto la suola delle scarpe; un colpo di vento, la bocca s’impregnò del sapore
della cenere. Si coprì il volto con una mano, schermandosi gli occhi per ripararli dal fumo
che si riversava a terra in roboanti scrosci neri: tra quell’avvoltolarsi
pesante poteva intravedere i resti liquefatti della locomotiva e dei carri
merci, come tanti bubboni disciolti e solidificati sui binari.(2)
Qualcuno, dietro lui, chiamò aiuto; la folla prese
ad accalcarsi, uno zampettare di insetti curiosi. Veneziano rimase fermo ad
osservare lo scheletro della 3451(3): sentiva chiaramente il
bubbolio crepitante del metallo che si scioglieva per il calore, lo
scricchiolare delle assi schiacciate dal peso dei vagoni, ma null’altro. Si
aspettava una voce. Un richiamo che lo trascinasse in avanti. Un sentiero di
sussurri.
Eppure gli era sembrato così chiaro il gemito della
macchina!(4) Un urlo riverberatosi con forza nel cielo, una promessa
cui tutti, nei campi oltre il vetro del vagone, avevano guardato con speranza..
(5)
In quell’istante incastrato a forza nello scorrere
dei secondi, gli occhi che si alzano dal libriccino tedesco(6), il
sorriso di lei, il frusciare della pagina, il tintinnio degli orecchini, una
domanda discreta, una risposta educata, l’ombra della stazione che si allunga
sul vetro del vagone e copre di nero la mussola della gonna, d’improvviso il
fischio prolungato, lo sbuffo, l’ansimo, la corsa, il lampo rossastro delle
froge, ed ecco..! L’illusione del tempo che si allunga e si distende, lo
sguardo alto sui caratteri a stampa e sul filo di perle, un volto seminascosto
nel buio e occhi negli occhi una stilettata al cuore, un brivido scoccato dalla
schiena fino alla fronte.
La consapevolezza dell’odio e della vendetta, di un
destino già scritto, il panico che increspa l’anima nel momento in cui il treno
devia e i velluti e gli ori(7) si allontanano, risate d’argento e di
cristallo che vanno a perdersi nella confusione di Bologna. Che scompaiono in
un gonfiarsi di gonne e sgranarsi sorpresi di monocoli, sempre più distanti,
sempre più inconsistenti. Il braccio che si tende, il respiro pesante. La
deflagrazione. Il mondo che si squarcia.
Il respiro si era spezzato in gola.
Veneziano non era riuscito ad urlare, né ad
intimargli di fermare la corsa: quell’attimo di comprensione era bastato all’odio
per gocciolare nel suo sangue ed esplodere nel boato della locomotiva che
s’accartocciava sulla linea morta.
-Perché?- Veneziano s’inginocchiò.
Se avesse potuto scegliere, sarebbe scappato.
Fuggito per la paura e il terrore: via da Bologna, via dall’Emilia, a Roma, da
suo fratello, a stringerlo tra le braccia e a sentirlo sacramentare in una
lingua che non conosceva davvero, ma di cui amava il suono solo perché era
Romano a pronunciarla(8).
Ma la scelta di muoversi non era contemplata, non in
quel momento, non se a bloccarlo era il corpo del ferroviere, rattrappito tra i
rimasugli fumanti di una rabbia antica -Il
cuore accecato dal grido di generazioni senza nome.(9)
Poteva solo decidere un colore per quel nuovo
soggetto, condottiero di una guerra santa di pezzenti(10).
E se avesse dovuto scegliere un colore, sarebbe
stato il rosso.
Rosso era il sangue sul volto, negli occhi, dentro
la bocca. Rosso erano il volto, gli
occhi, la bocca. Rosso il petto ansante, la carne lacerata del torace, il
ventre informe, le ginocchia divelte. Rosse le mani dalle nocche spezzate, i
palmi enfi di cenere e terra. Rossa la saliva che colava dalla guancia
strappata. Rosse le parole biascicate di bava giallastra, vivide come il colore
che lento ne disegnava le lettere in densi rigagnoli di condanna.
-Che importa…morire?-
Il tono era rauco, graffiava la gola e impastava la
voce in bandoli di gemiti e sofferenza.
-Meglio morire-
La matassa di labbra e brandelli di carne si storse,
un filo bianco a segnare il movimento della cornea sotto la palpebra gonfia. Chissà com’erano i suoi occhi, si chiese
Veneziano, la testa piegata di lato, quant’era
fiero il suo sguardo. Forse aveva i capelli biondi, orecchie dal lobo
marcato e naso distinto, un collo ben modellato e le spalle ampie. Forse
assomigliava un po’ a Romano. Forse un po’ a lui. A tutti gli italiani e a
nessuno in particolare.
Non poteva esserne certo, né poteva assicurare fosse
il contrario: più cercava di immaginarsi quel corpo prima che fosse avviluppato
dalle fiamme, più le fattezze prendevano il contorno dell’ideale, abbandonando l’involucro
della realtà.
Poteva sentire il mormorio di quei contadini
sorpresi montargli nel cuore e disegnare con cura le forme ed il volto: nella
fantasia divenne come gli eroi, sempre giovani e belli.(11)
-…Che essere legato- (12)
Completò per lui Veneziano, mentre il rosso del
tramonto stendeva il proprio manto su quella calda sera di Luglio(13).
-Veh~, non capisco cosa vuoi che ti dica su
di lui!-
-Tutto quello sai, tutto quello che ricordi!
Ogni cosa!-
-Ma Francesco…Non so che viso
avesse.
Neppure
come si chiamava(14).-
Note
Storiche:
La sua intenzione era quella di
andare contro a un treno di lusso che vedeva transitare quotidianamente per
distruggerlo. (Wikipedia, voci “La Locomotiva” e “Pietro Rigosi”)
Note
dell’Autore:
(4) E sembra dire ai contadini curvi quel fischio/ che si spande in aria
/”Fratello non temere, che corro al mio dovere! / Trionfi la giustizia
proletaria!” (La Locomotiva – Francesco Guccini)
Giudizio
di Rota:
*Autore/Titolo
fanfiction –
Nemeryal/ Che essere legato
*Ortografia/Lessico e Stile
Hai uno stile davvero ricco, questo lo si deve riconoscere, ma temo che in
alcuni punti tu sia stata troppo ridondante, specie considerando che la tua
storia non è eccessivamente lunga. In tal caso, una lunghezza maggiore avrebbe
amalgamato meglio, a mio parere. Tuttavia, hai la capacità penso davvero rara
di totalizzare l'attenzione del lettore, proprio con questa tua eleganza innata.
Non posso far altro che complimentarmi con te.
*Caratterizzazione dei personaggi/IC
Direi che hai sfruttato come meglio potevi la parte tragica del personaggio di
Feliciano.
*Trama/Coerenza
Questo è, secondo me, un po' la pecca della tua storia: slegata da ogni altro
contesto. Avendo tu preso un episodio molto, molto particolare della storia
italiana, e benché amalgamandolo bene con la canzone che lo descrive, secondo
me avresti fatto meglio a spendere quelle poche righe di più di testo per introdurre
tutta la situazione e l'ambiente circostante. Solo questo.
*Originalità
Ma appunto perché hai preso un episodio, indubbiamente storico, così
particolare, posso anche dire che l'originalità da te usata è ottima.
*Impressione Generale
La mia impressione generale è davvero buona, in quanto la fanfiction da te
presentata non è sbilanciata in niente e regge quasi perfettamente su se
stessa. I miei complimenti.