Tim e Lex
Anaheim,
California
Alexis Murphy
sedeva in platea, applaudendo e fischiando rumorosamente mentre suo fratello
riceveva il diploma di scuola superiore. Tim Murphy le scoccò uno sguardo severo, scendendo dl
palcoscenico. Lei gli aveva promesso di non metterlo in imbarazzo
ma, con suo orrore, aveva anche deciso di ignorare la promessa.
“Lex,
smettila… lo stai mettendo in imbarazzo!” Disse sua madre.
“Scusa mamma, non ho resistito.
Guardalo, è talmente secchione.”
“Alexis.”
Intervenne suo padre. “Smettila.”
Lex guardò suo padre e annuì
freddamente. Erano 7 anni che non lo vedeva. Dopo il divorzio dei suoi
genitori, suo padre era venuto a trovarli per un paio di anni
ma in seguito non si era più fatto sentire. E poi, all’improvviso, aveva
chiamato per sapere se poteva venire alla cerimonia per il diploma di Tim. Lei lo odiava. Lo odiava per averli lasciati senza niente. Ma più di qualsiasi altra cosa, lo odiava per non
essere stato parte della sua vita. Era semplicemente sparito dalla faccia del
pianeta.
Tim tornò a sedersi al suo posto, il
diploma in mano. Ora poteva andare al college. Aveva seguito ogni corso di matematica e scienze disponibile durante la scuola
superiore. Aveva già ottenuto una borsa di studio per
Lex invece aveva già conseguito una
laurea breve in Programmazione e Sviluppo Software al Westwood
College di Anaheim, California. Aveva completato il programma prima di compiere 19 anni, dato che seguiva le
lezioni al college mentre andava ancora alle superiori.
Mentre pensava a quale
specializzazione prendere, aveva deciso di tentare una strada tutta nuova.
Attualmente era al suo primo anno al Centro Medico della Stanford
University. Faceva volontariato al Stanford Hospital,
dove aveva lavorato fin dal suo secondo anno di superiori. Aveva già sostenuto
gli esami di ammissione alla Facoltà di Medicina, totalizzando un ottimo
punteggio. In più aveva una delle medie più alte del suo anno.
Alla fine della cerimonia di
diploma, Tim trovò il padre fuori.
“Grazie per essere venuto, Papà.”
“Sembravi così adulto lassù.”
“Questo perché lui è adulto.”
Disse Lex.
“Lex,
smettila.” Le ingiunse Tim.
“Perché dovrei? Se ne è fregato di
noi per tipo, un eternità. E ora, vuoi che lo perdoni
per essere uscito dalle nostre vite? Beh, mi dispiace, Tim.
Ma non penso proprio che lo farò.”
“Alexis,
calmati per favore.” Disse suo padre.
“Non rivolgermi mai più la
parola.” Disse Lex, puntandogli contro un dito.
Corse quindi verso la sua
macchina, non voltandosi finchè non l’ebbe raggiunta.
“Mamma, ti chiamo dopo.”
“Lex,
aspetta, per favore. Torna qui.” Chiese sua madre.
Lex non rispose. Mise in modo la
macchina e uscì il parcheggio, lasciando il resto della famiglia lì in piedi.
“Andrò a casa anche io.” Disse sua
madre, poi guardò suo padre. “Arrivederci.”
“Ciao.”
Presto, Tim
rimase da solo con suo padre. Ci fu un lungo e spiacevole silenzio tra di loro, mentre stavano lì uno di fronte all’altro,
guardando le auto che passavano. Alla fine, suo padre ruppe il silenzio.
“Allora, ho sentito che studierai
dinosauri.”
“Sì, Papà.”
“Bene, è una buona cosa, figliolo.
Quel tizio, quel dottore, ti ha aiutato ad entrare nella scuola?”
“Che dottore?” Chiese Tim, confuso.
“Lo sai, il tizio che era con voi
su quell’isola con i dinosauri.”
“Intendi il Dottor Grant. Oh no,
non ha avuto bisogno di aiutarmi, Papà. Sono riuscito ad ottenere una borsa di
studio.”
“Wow, non lo sapevo.”
“Sarà meglio che vada ora, Papà.
Ho parecchio da fare prima della festa che Mamma sta organizzando per me.
Grazie di essere venuto.”
“Prego, figliolo. Sono molto fiero
di te.”
Tim annuì e strinse la mano di suo
padre. Non si sentiva abbastanza vicino a lui per abbracciarlo o fare qualcosa
del genere. Entrò nella sua Jeep e si avviò verso casa, lasciando suo padre lì
da solo.
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Lex stava guidando e piangendo allo
stesso tempo. Era molto arrabbiata per il modo in cui aveva trattato suo padre.
Gli voleva bene, ovviamente, ma era ancora furiosa con lui. Decise di andare
verso la casa di suo nonno, in modo da poter parlare con lui di questa storia.
John Hammond sembrava sempre dire e fare la cosa giusta, quando lei era
arrabbiata.
Entrò nel viale della villa e
inserì il codice di sicurezza all’entrata. Mentre guidava la macchina su per la
lunga e ventosa salita, notò che era tutto molto buio. Non sembrava ci fosse
nessuno in casa. Era sul punto di tornare indietro quando
notò alcune luci accendersi e spegnersi al secondo piano della grande casa.
Uscì velocemente dalla macchina e corse verso la porta principale. Era molto
preoccupata per suo nonno. Qualche mese prima, quando
era caduto, aveva acceso e spento le luci molte volte per catturare
l’attenzione di uno degli addetti della sicurezza che pattugliavano la tenuta.
Si guardò intorno mentre raggiungeva la porta. Non
c’era nessun addetto in vista. Solo oscurità e
tranquillità.
Lex usò la sua tessera per aprire la
porta principale. Entrò e salì veloce le scale, dirigendosi verso l’ala ovest
della casa.
“Nonno? Nonno? Ci sei?” Chiamò,
mentre andava verso la stanza dalla quale le sembrava fossero venute le luci.
Con sua sorpresa, e orrore, suo
nonno non era nella stanza. Invece, c’erano 5 uomini vestiti di scuro. Pensando
che si trattasse di una rapina si girò e cercò di
scappare ma non andò lontano. Due degli uomini la afferrarono, proprio mentre raggiungeva le scale. Quello più grosso le
artigliò i capelli e la scagliò violentemente sul pavimento.
Lex rotolò su se stessa e guardò
verso i suoi assalitori per un breve istante. I due uomini erano proprio sopra
di lei, di nuovo. La tirarono su e fecero per riportarla verso la stanza dove
aspettavano gli altri uomini. Lottò, cercando di liberarsi dalla loro presa.
Dopo aver morso uno dei due su un braccio, ci riuscì. Mentre lei si liberava,
l’uomo si lasciò sfuggire un grido. Lex corse verso le scale e cercò di scendere al piano di sotto ma era quasi a metà strada quando si udì un colpo di
pistola. Si fermò immediatamente, alzando le mani.
“Okay, okay, hai vinto.” Disse,
voltandosi.
L’uomo con la pistola superò gli
altri due. Stava scrutando Lex, mentre camminava
lentamente verso la scala. Teneva la pistola puntata
verso di lei, il che la rendeva molto nervosa.
“Alexis Murphy, dico bene?” Chiese l’uomo.
Aveva l’accento inglese.
“Uh, sì. Sì, signore.” Rispose.
“Bene, Alexis.
Il mio nome è Patrick Bodan. E’ un piacere conoscerti.”
Lex non sapeva che cosa pensare.
Questi uomini non erano amichevoli, poco ma sicuro. Ma questo Bodan le stava
parlando in un modo inaspettato.
“Alexis.”
Disse Bodan, raggiungendo le scale. “Perché non torni qui sopra?”
Lex annuì e salì le scale. Quando
arrivò in cima alle scale, Bodan diede la pistola all’uomo che aveva morso. Ora
che era proprio di fianco a Bodan, calcolò che ad
occhio doveva essere alto un metro e novanta e di sicuro pesava più di cento
chili. Era un uomo imponente.
“Ora, questo è per il morso che
hai dato al mio caro collega.”
Bodan alzò la sua mano alla
velocità del fulmine, colpendo Lex su un lato del
viso. Il colpo improvviso costrinse la sua testa a scattare di lato. Lex lo guardò, alcune lacrime che scendevano lungo le guance.
“E questo è per essere scappata, Alexis.”
La schiaffeggiò di nuovo,
facendola quasi cadere dalle scale. Lex guardò in
alto, verso di lui.
“Per favore, mi lasci in pace. Non
so che cosa volete. Non so chi siete. Voglio soltanto andare a casa.”
“Oh Alexis,
tesoro.” Disse Bodan, continuando ad usare il suo nome completo. “Tu non andrai
a casa. Non per molto, molto tempo mia cara. Ho paura che tu ti sia ficcata in
qualcosa ben al di là della tua comprensione.”
A questo punto Lex
stava piangendo forte. Quest’uomo la stava davvero spaventando. Non aveva così
tanta paura da molto tempo.
“Ora, Alexis,
questo è semplicemente per esserti trovata nel posto sbagliato al momento
sbagliato.”
E con queste parole, Bodan spinse Lex giù dalle scale. Rotolò e rotolò, sbattendo la testa
diverse volte contro la ringhiera mentre cadeva.
Quando raggiunse la base delle scale, era svenuta.
“Che cosa stai facendo?” Chiese
uno degli uomini.
Il nome dell’uomo era Jacob Darnby. Anche lui era uno degli agenti più fidati di Envoy.
Jacob spesso era in disaccordo con il modo di lavorare prescelto da Bodan. Ma
Envoy aveva messo bene in chiaro che era lui a comandare questa particolare
missione.
“Sto prendendo il controllo della
situazione. Chiama il Signor Envoy. Aggiornalo sulla situazione. Digli che
abbiamo la nipote di Hammond. Vedi che cosa vuole che ne facciamo.”
Jacob fisso Bodan per un minuto,
pensando di rifiutare. Decise di non farlo.
“Okay.”
Jacob compose il numero sul suo
cellulare e parlò con Envoy per alcuni minuti, quindi chiuse
la chiamata.
“Il Signor Envoy ha detto che lei
sarà molto utile per il piano. Ha detto di portarla con noi.”
“Bene, è lui il capo. Prendetela.
Andiamocene di qui.” Ordinò Bodan.
Mentre lui e gli altri stavano
uscendo dalla casa di Hammond, Bodan si scontrò con un giovane uomo che stava
salendo lungo il viale. Bodan era molto più grosso del ragazzo e riuscì
facilmente a ridurlo impotente, a terra. Fischiò a due dei suoi uomini. Questi
corsero verso di lui e presero su il ragazzo. Bodan lo studiò per qualche
secondo, sorridendo nel riconoscerlo.
“Timothy
Murphy. Beh, questo è decisamente un bel colpo. Tutti
e due i nipoti di Hammond sono decisamente meglio che uno solo. Benvenuto alla
festa.”
Tim lo guardò. Non aveva idea di chi fosse l’uomo. Lo sguardò si portò
dietro Bodan e vide due uomini portare Lex. Non si
muoveva.
“Lex? Lex!” Urlò Tim.
Lex non rispose. Bodan sorrise.
“Timothy,
abbiamo dovuto contenere tua sorella. E’ stata una bella sfida. Ora, se anche
tu decidi di sfidarci, dovremo contenere anche te.”
“Chi è lei?”
“Il mio nome è Patrick Bodan. E
questo è tutto ciò che ti occorre sapere per ora, Timothy.”
Tim si ribellò per qualche secondo,
ma i due uomini che lo stavano trattenendo erano troppo forti per lui. Alla
fine smise di lottare.
“Vogliamo andare, signori?” Chiese
Bodan.
Camminarono per qualche centinaio
di metri nell’area boscosa vicino alla costruzione. C’era un qualche tipo di
veicolo militare nascosto tra gli alberi, insieme ad
altri uomini vestiti di nero.
Tim guardò mentre
gettavano sua sorella, ancora incosciente, nel retro del veicolo, forzandolo
quindi ad entrare a sua volta. Non aveva idea di cosa stesse
succedendo. Era venuto soltanto per vedere se Lex era
lì. Era andato a casa per aiutare sua madre con la festa. Aveva provato di chiamare Lex diverse volte, al
suo appartamento, ma non aveva risposto. Era un po’ preoccupato per lei perché
sapeva quanto fosse arrabbiata, dopo aver visto il loro padre. Aveva tirato ad
indovinare, o stava guidando a casaccio o era andata a casa del nonno. Mentre
risaliva il viale non gli sarebbe mai venuto in mente che potesse accadere
qualcosa del genere.
Bodan era nel retro, insieme a Tim, Lex e altri 6 uomini.
“Signor Bodan, da chi dobbiamo
andare ora?” Domandò uno degli uomini, Smith.
“Beh, Signor Smith,
visto che ci siamo buttati sui bambini, voglio che mi
trovi la prossima della lista.” Disse Bodan, per poi sorridere a Tim. “I bambini si rapiscono così facilmente.”
Smith iniziò a sfogliare pagine e
pagine di dati. Finalmente si fermò su una.
“Ecco qui, Signor Bodan. Jodie Grant.”
“Grant? Vuol dire... Alan Grant?”
Tim si raddrizzò appena sentì nominare
Alan Grant. Iniziò ad ascoltare più attentamente.
“Sì, signore. Qui dice che Jodie è sua nipote. Ha 12 anni.” Disse Smith,
leggendo dal profilo.
“Oh, non è perfetto? Okay, che Jodie Grant sia allora. Qual è la sua locazione?”
“Chicago, Illinois, signore.”
Bodan accese l’interfono e parlò
al conducente.
“Dobbiamo andare all’aeroporto
immediatamente. E procuraci 4 biglietti per Chicago, più in fretta che puoi.”
“Sì signore.” Rispose l’autista.
Bodan guardò agli uomini seduti
intorno a lui.
“Mi servono 4 uomini che vadano a Chicago per fare visita alla Signorina Grant.”
Jacob fu il primo ad offrirsi
volontario.