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Autore: Jessica Fletcher    25/11/2012    3 recensioni
Dopo una giornata di lavoro particolarmente difficile Nick ritorna a casa e c'è qualcuno ad attenderlo. Qualcuno che gli vuole molto bene e che si prende cura di lui.
Scritta dal punto di vista di Anna, la ragazza di Nick, è una fan fiction semplice e senza grandi pretese.
La mia prima fan fiction, del resto.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Nick Stokes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Una ragazza per Nick'
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LA CURA
 
 
 
Lasciate che mi presenti: mi chiamo Anna Alexander, vivo a Las Vegas, lavoro come insegnante di inglese alla Las Vegas High School, soprattutto, sto con Nick Stokes da 10 mesi e….convivo con lui da sei.
E’ quasi un anno che quest’uomo meraviglioso è entrato nella mia vita, illuminandola col suo sorriso, scaldandola con la sua passione  e certe volte mi pare quasi un sogno.
L’ho conosciuto solo perché lavora con la mia amica Catherine, lei ci ha presentati, quasi per caso una sera che ero andata a prenderla alla fine del suo turno di lavoro per una serata fra donne, poi l’ho incontrato qualche volta al bar  e una volta lui si è fermato a chiacchierare e mi ha offerto il caffè. A quel caffè ne è seguito un altro, poi un altro ancora, poi una cena, poi il “dopocena” (ci siamo capite eh?)  e poi….si sa queste cose come vanno a finire e mi sono ritrovata innamorata cotta di lui e lui di me!
 
So (quasi) tutto di lui; le cose terribili che gli sono capitate sia quando a nove anni è stato molestato sessualmente dalla baby-sitter, sia qualche anno fa, quando è stato rapito,  sepolto vivo in una bara di plexiglass e quasi mangiato dagli insetti; Catherine mi ha raccontato tutto e mi ha detto che queste cose hanno influito sul suo carattere rendendolo impulsivo ed estremamente emotivo. E, secondo lei, anche se fa il duro in apparenza, è in realtà rimasto molto fragile dentro.  Non so se Cath ha ragione, non saprei dirlo, quello che so è che, nonostante quello che gli hanno fatto, il mio Nick non ha mai smesso di adoperarsi per la giustizia, di cercare di proteggere la gente e di credere in un domani migliore e questo me lo rende caro, tanto caro. E non mi dispiace, se a volte, lascia trapelare le sue emozioni, un vero uomo non dovrebbe mai avere paura di mostrare i suoi veri sentimenti, secondo me.
 
Ma lasciate che vi racconti, a questo proposito, una cosa accaduta qualche giorno fa. Era il suo compleanno e io avevo preparato tutto per benino per festeggiarlo nel migliore modo possibile. Mi ero messa un baby doll nero e avorio che è un vero spettacolo, avevo preparato una bella torta alla panna e una bottiglia di spumante della California se ne stava a raffreddarsi nel secchiello del ghiaccio. La camera da letto era illuminata dalle candele profumate alla vaniglia e nel letto avevo messo le lenzuola nuove di lino color avorio. Mi ero fatta la pettinatura che piace a lui e mi ero messa il profumo che sapevo che lo manda fuori di testa. Insomma ero pronta per una serata di autentica passione. Me ne stavo seduta tutta languida sul divano del soggiorno quando ho sentito la porta aprirsi, non ho resistito e sono corsa verso di lui immaginandomi il suo sorriso e il suo sguardo nel vedermi ma……lo vidi subito, appena entrato, da come si muoveva e avanzava verso di me, con le spalle curve e lo sguardo basso, che c’era qualcosa che non andava.  
 
Mi avvicinai e gli sollevai il viso con la mano; aveva gli occhi rossi e gonfi come di chi aveva pianto abbastanza a lungo “Nicky” gli chiesi “cosa c’è che non va? È successo qualcosa? Qualcosa a un tuo collega”  “No, stanno tutti bene, compresa la tua Cath, se è di lei che ti preoccupi” , “Cosa c’è , allora? Tu hai pianto, si vede bene. E sei triste, maledettamente triste, si vede bene anche questo, non si può proprio dire che tutto vada bene”
Lui non rispose, sulle prime, si limitò a sospirare e a deglutire. Solo dopo alcuni secondi si decise ad aprire bocca: “tempo fa, un anno esatto fa, per la precisione, avevo conosciuto questa ragazza, Hayley, nel corso di un indagine. L’avevo poi rivista, sempre per lavoro, sembrava non riuscisse a stare lontana dai casini. Non essere gelosa: è solo una ragazzina….era solo una ragazzina! Era perché oggi è morta, uccisa da sua madre, dalla sua madre adottiva! L’aveva adottata anche se era la figlia della donna che aveva ucciso, per errore, la sua vera figlia. Un figlio per un figlio, come se questo potesse mettere a posto le cosa! La madre l’ha tenuta con se per quasi 17 anni ma in realtà la odiava, la odiava perché le ricordava la donna che le aveva rovinato la vita. Come si fa, dico io, come si fa a prendersi cura di una creatura indifesa, allattarla, cullarla,  prendersi cura di lei quando è malata, portarla a scuola, vestirla, lavarla e contemporaneamente odiarla, odiarla sempre di più fino ad arrivare ad ucciderla impiantandole un paio di forbici nell’addome. E quella povera ragazza, l’ultima cosa che ha visto prima di morire è stato lo sguardo pieno d’odio della donna che credeva fosse sua madre, della donna che avrebbe dovuto amarla sopra ogni altra cosa!  Oddio, certe volte lo odio, questo lavoro!” .
Nick aveva parlato senza quasi riprendere fiato ma verso la fine la voce gli si era incrinata,  le lacrime avevano ripreso a scorrere sul suo viso e ora piangeva, sommessamente, silenziosamente, senza un singhiozzo, solo lacrime che scendevano copiose sulle sue guance.
Gli asciugai le lacrime con la punta delle dita e posai la mia bocca sulle sue labbra salate, sfiorandole appena. Ma lui posò entrambe le mani sul mio viso e mi bloccò con un bacio mozzafiato in cui riversò tutta la sua rabbia e frustrazione del momento; poi si staccò da me per riprendere aria, mi piantò quei suoi occhi color cioccolato in faccia e mi disse, quasi implorante, “Fammi stare bene, fammi dimenticare, ti prego”.
Gli accarezzai il viso, poi lo presi per mano e lo portai in camera da letto: le candele in quella situazione apparivano quasi lugubri e il profumo di vaniglia era diventato un odore dolciastro e nauseabondo. Le spensi, mi tolsi di dosso quell’inutile, stupido, completino sexy e feci sedere Nicky sul letto. Lo aiutai a spogliarsi, lo feci distendere e ….mi presi cura di lui. 
 
Giacevamo in silenzio, dopo avere fatto l’amore, in silenzio e allacciati sopra il grande letto stropicciato; lo sentivo respirare sommessamente e quasi non osavo dire niente e avevo quasi paura di scoprire che i miei sforzi non erano serviti niente e che lui si sentiva ancora depresso e abbattuto come prima. Eppure, sarà stato il particolare stato emotivo in cui entrambi eravamo coinvolti, ma mai come quella notte lo avevo sentito mio, e mai come quella notte avevo sentito di appartenergli totalmente.
Facendomi forza sollevai il mio viso verso il suo, gli occhi socchiusi come se stesse per addormentarsi, l’espressione distesa e rilassata “Nicky?” lo chiamai, “Siiii” fu la risposta un po’ strascicata “Stai dormendo?”, “Mmmh, quasi” , “Nicky, io ti amo, ti amo tanto, forse non sai quanto”, “Lo so” fu la risposta “lo so benissimo” e un lieve sorriso illuminò il suo volto.
Che bello vederlo sorridere nuovamente!
 “Dormiamo, ora. Okay?” mi disse , “Okay” risposi.
Dopo alcuni minuti capii dal suo respiro regolare e rallentato che aveva preso sonno, mi rilassai sul suo petto e mi addormentai anch’io.
 
 
Perché sei un essere speciale
E io avrò cura di te 
 
 
Ed eccomi qui, Jessica Fletcher, alle prese con la mia prima fan fiction! Che emozione!
Per iniziare ho scelto il mio personaggio preferito della mia serie preferita, non avrei potuto nè voluto fare altrimenti.
La canzone che cito nel finale e che da' il titolo alla storia è "La Cura" di Franco Battiato, una canzone bellissima e che trovo molto adatta alla situazione.
Ringrazio chiunque vorrà lasciarmi una recensione e, se qualcuno riconoscerà nel mio modo di scrivere qualcosa che richiama allo stile di altre autrici, beh, me ne scuso, non è assolutamente voluto.
Bacioni a tutti.
Many kisses
  
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