Serie TV > CSI - New York
Ricorda la storia  |       
Autore: Avah    25/11/2012    2 recensioni
-Non mi sembravi così scettico quando ti ho salvato!- disse Marjeka con tono duro.
-E io non ti ricordavo così vanitosa e saccente!- replicò lui sul suo stesso tono.
-Sono cambiate parecchie cose, sai? Ma tu non te ne sei accorto, eri troppo preso dal collo della bottiglia- la sua voce divenne dura e severa -Ti sei mai chiesto a cosa hanno portato le tue azioni?-
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Don Flack, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Consequences


Capitolo I - Com'è difficile il mondo senza te


Flack era sulla metro, in un vagone deserto, a parte una giovane ragazza con le cuffiette bianche dell’i-Pod e una signora con la borsa della spesa; quella che aveva lui, invece, era un’altra compagnia. Prese il sacchetto che era accanto a lui e svitò il tappo della bottiglia che vi era dentro, per poi berne il liquore deciso. Era ormai completamente ubriaco: la vista era confusa e i suoni delle ruote della metro sulle rotaie di ferro erano attutiti. Aveva quasi dimenticato quando era stata l’ultima volta che era stato completamente lucido; probabilmente era stato prima della morte di Jess, quando sembrava andare tutto per il meglio e la loro relazione era al massimo.
In quel momento si aprì la porta del vagone e fecero il loro ingresso due giovani ragazzi di colore, dall’aspetto non molto rassicurante. Si piazzarono in piedi proprio di fronte a lui, lanciandosi occhiate piuttosto eloquenti. La ragazza seduta sull’altro sedile si alzò e lasciò il vagone, mentre l’altra donna rimase lì, tenendo ben stretta la sua borsa.
Uno dei due diede un cenno d’inizio, gettando via lo stecchino che stava mordendo; Flack si alzò in piedi, cercando di difendersi, ma uno dei due lo colpì e lo fece cadere a terra. L’uomo cercò di prendere la pistola che teneva legata al polpaccio, ma un calcio gliela fece scappare dalle mani. I piedi di uno dei due ragazzi si abbattevano sul suo corpo, mentre l’altro cercava il suo portafogli e lo svuotava delle banconote.
Erano calci sempre più forti, sempre più violenti, sempre più dolorosi. Flack riuscì a reagire e a colpire uno dei due uomini in mezzo alle gambe, mentre l’altro lo colpiva ancora una volta, stavolta alla testa, provocandogli una ferita sulla fronte. L’uomo che era caduto a terra per il dolore si rialzò, estraendo dalla tasca un coltello. Si apprestò a colpirlo, quando all’improvviso si aprì la porta del vagone.
-Metti giù quel coltello!- disse la donna appena entrata, recuperando la pistola che era scivolata a terra -Non farmelo ripetere, metti giù quel coltello!-
L’altro però uomo non sembrava affatto intenzionato a obbedire.
-So usare bene le armi, ora dammi retta e metti giù il coltello-.
I due si guardarono per un momento negli occhi, poi l’uomo lasciò cadere l’arma, con un suono metallico. In quel momento le porte della metro si aprirono e i due fuggirono, scomparendo nel nulla.
La donna si mise la pistola alla cintura, poi si avvicinò a Flack, ancora a terra con la fronte sanguinante; lo aiutò a mettersi a sedere, controllando la ferita alla testa.
-Dio mio, perché non ti sei difeso?- disse, cercando qualcosa per fermare almeno un po’ il sangue.
Lui non rispose; lasciò ciondolare un po’ la testa, prima che gli ricadesse sul petto.
-Andiamo, ti porto via di qui- si portò un braccio intorno alle spalle e lo alzò, poi uscì dalla metro, quasi strascicando i piedi.
 
-Che significa che non posso farlo?!- la sua voce divenne quasi esasperata.
-Ascoltami bene. Io sono quella che ha più esperienza, e se c’è qualcosa che ti dico di non fare non devi farla, per nessuna ragione al mondo- disse lei, cercando di mantenere la calma.
-Almeno potresti dirmi se c’è qualche motivo, no?-.
-Senti, adesso si trova in un periodaccio, lo sai quanto me. Deve riuscire a capire che certe cose succedono e non può scappare dai problemi delle sue azioni-.
-E cosa c’entra riordinare l’appartamento con questa lezione di morale?-.
-Quando tornerà qui capirà cos’ha fatto e quanti problemi si è procurato. Se tu ora metti tutto in ordine, non potrà mai capirlo da solo. Vuoi che esca da questa situazione, no?-.
L’altra donna non rispose; si limitò soltanto ad abbassare lo sguardo, meditando su quelle parole.
-Jess, so che ti preoccupi per lui- le appoggiò una mano sulla spalla -Anche io lo sono, ma non possiamo intervenire continuamente. Sa della nostra esistenza, ma deve capire che non potrà contare sempre su di noi. Facciamo questo solo per lui-.
-Lo so, Marjeka, ma a volte è così difficile… Mi sento così impotente…-.
-Ti capisco perfettamente. Ma se tieni duro, sarà una vittoria sia per lui che per te-.
In quel momento le due donne provarono una strana sensazione, come una serie di calci allo stomaco, sempre più forti e decisi. Jessica si piegò a metà, come se stessero colpendo proprio lei.
-Che sta succedendo?- disse con un gemito, cercando di rialzarsi.
-Gli sta succedendo qualcosa di grave- disse l’altra donna, cercando di aiutarla a rimettersi in piedi -Stavolta dobbiamo aiutarlo-.
-Ma…- iniziò l’altra, ma la donna con viso da ragazzina non le fece finire la frase.
-Non c’è tempo per le spiegazioni. Andiamo- la prese per un braccio e, spiegate le ali, volò fuori dal palazzo.
I colpi d’ala erano vigorosi, talmente potenti da farle volare velocissime, senza aver la paura che qualcuno potesse vederle.
-Come lo troviamo?- chiese Jessica, volando di fianco all’altra.
-I legami sono indissolubili. Le nostre intuizioni ci porteranno dritte dritte da lui- spiegò lei, iniziando a planare dolcemente tra i palazzi di Brooklyn.
L’altro angelo la seguì, scendendo con lei verso il cemento grigio, per poi sparire sotto terra, nel tunnel della metropolitana. Quando appoggiarono di nuovo i piedi per terra, il treno era sparito e la banchina era deserta.
Marjeka si guardò intorno, spaesata e, per la prima volta da mezzo secolo, confusa. Qualcosa non quadrava.
 
-Flack non dormire!- fece lei, strattonandolo. Si trovavano in una stradina di Brooklyn, non molto lontano dalla fermata da cui erano scesi.
Lui cercò di mormorare qualcosa, ma lo stordimento dell’alcool gli permise soltanto di emettere un rantolo rauco.
-Forza, ti porto in un posto tranquillo- rispose, continuando a controllare che non ci fosse nessuno per strada -Su, andiamo- lo prese di nuovo sottobraccio e lo trascinò per la strada, tenendosi rasente al muro, fino a un portone poco lontano.
Quando aprì la porta dell’appartamento, ormai non si sentiva più le braccia, a furia di trascinarsi dietro un peso non indifferente come il suo; nonostante tutto, lo avrebbe fatto altre migliaia di volte. Lo lasciò sul divano e si allontanò di un passo, guardandolo mentre si rannicchiava come un bambino, ormai profondamente addormentato.
Era stata una sfacchinata portarlo fin lì, ma mai e poi mai lo avrebbe lasciato in quelle condizioni da solo, per di più sulla metro in un quartiere come quello. Tolse dalla cintura la pistola che aveva recuperato, guardandola come se fosse stato un oggetto misterioso: da quanto non ne impugnava più una? Quanto tempo era passato da quella scelta così difficile e radicale?
No, non era quello il momento di pensarci. Adesso c’era solo lui, aveva bisogno del suo aiuto, più che in qualsiasi altro momento. Ma cosa poteva fare? Aveva perso così tanto tempo da non sapere più cosa fosse successo nel frattempo, cosa avrebbe ancora potuto tenerli legati come una volta. Cercò in tasca il telefono, componendo un numero che non avrebbe mai pensato di chiamare ancora.
Quando stava per far partire la chiamata, si rese conto di non essere sicura di quello che stava facendo. A quali conseguenze avrebbe portato il suo gesto? Di certo a qualcuno non sarebbe andata molto bene… Rinunciò all’idea, rimettendosi il cellulare in tasca, e si sedette sul tavolino di fronte al divano, guardandolo con quell’aria vagamente distrutta e inconsapevole del mondo che riusciva a cogliere in quello sguardo chiuso.
 
-Che ci facciamo qui? È tutto deserto!- Jessica prese la donna per un braccio e la strattonò.
-Non è possibile… Non posso essermi sbagliata…- mormorò l’altra, continuando a voltare lo sguardo in qualsiasi direzione -Il mio istinto non mi ha mai tradito!-.
-Eppure è così!- disse la donna, tenendosi le mani tra i capelli e facendo su e giù per la banchina.
-E’ successo qualcos’altro, e non ce ne siamo accorte- s’illuminò Marjeka, guardando l’altra donna -E sono sicura che non sia qualcosa di grave-.
Rimase per un momento in silenzio, ascoltando il suo corpo aeriforme, cercando un segnale che confermasse le sua parole; cercò anche di collegarsi ai suoi pensieri, ma non riusciva a trovarli.
-Credo che stia dormendo- disse a un certo punto, come risvegliandosi da quella specie di trance -E non dovrebbe essere molto lontano da qui-.
Quelle parole agirono come un calmante su Jessica, che stava per scagliarsi di nuovo contro l’angelo che, da circa 6 mesi, si prendeva cura di lei.
-Sta bene?- disse, cercando di inghiottire un nodo che le si stava formando in gola.
-Credo proprio di sì… A parte un fastidioso mal di testa- rispose, sorridendo -Penso che qualcuno l’abbia aiutato. Non può essere uscito da qui da solo-.
Le due donne si alzarono di nuovo in volo, sbattendo lentamente le ali, per tornare alla luce del sole dopo quella piccola gita nella metro.
Marjeka volava lentamente, tenendosi piuttosto bassa, ascoltando con il corpo ogni singola percezione che potesse portarle nella giusta direzione; Jessica, dietro di lei, la seguiva, cercando di capire come fosse possibile che lei poteva avvertire certe sensazioni e lei solo altre.
-Ci siamo- disse la più anziana delle due, iniziando la discesa verso un palazzo -E’ qui-.
 
Flack si era risvegliato e, con l’aiuto della donna, era riuscito a raggiungere il bagno, dove non poté trattenere un conato di vomito; l’altra, invece, rimase appoggiata al muro, vicino alla porta socchiusa.
Poco dopo, Flack uscì dalla stanza, con un viso estremamente pallido e segnato dalla sbronza.
-Quanto avevi bevuto?- chiese la donna, guardandolo mentre si passava le mani sul volto -Puzzi tremendamente di alcool-.
-Non me lo ricordo più- disse lui con un gemito, ancora intontito.
-Avresti bisogno di una bella doccia e di vestiti puliti- disse lei, sparendo in un’altra stanza.
Poco dopo tornò con una camicia e un paio di pantaloni di una tuta, che gli lanciò.
-La doccia sai dov’è- disse, tornando verso l’ingresso.
-Jo- chiamò lui, tenendo in mano i vestiti che gli aveva appena lanciato.
La donna si fermò di colpo, e tutto il suo corpo si irrigidì -Che c’è?- chiese, girandosi a malapena.
-Perché lo stai facendo?-.
Lei si voltò di nuovo, per non far vedere quel mezzo sorriso che spuntava sulle sue labbra -Perché non dimentico-.
Detto questo, sparì di nuovo, mentre l’uomo alle sue spalle la guardava con espressione confusa; appena scomparve dalla sua vista, Flack si rinchiuse in bagno, con i vestiti che lei gli aveva dato.
La donna invece si rinchiuse in cucina, con la mani appoggiate al bancone e la fronte a contatto con lo scaffale davanti a lei. Sentire pronunciare il suo diminutivo da quell’uomo che non vedeva da anni le aveva provocato una sorta di shock. Credeva di aver dimenticato certe esperienze, invece eccole lì, pronte a saltare fuori quando meno se lo aspettava.
In quel momento provò una strana sensazione, come un formicolio sulla schiena: sembrava che ci fosse qualcun altro in quella casa, qualcuno che la stava scrutando.

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > CSI - New York / Vai alla pagina dell'autore: Avah