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Autore: viktoria    26/11/2012    4 recensioni
[Jonathan Rhys-Meyers]Quanto avevo sognato di incontrarlo, di fare una foto con lui e di parlargli. Come quelle ragazzine idiote che vanno dietro i propri idoli per anni. Potevo dire, con un certo orgoglio, che io i miei pensieri idioti su di lui me li ero tenuti per me benché avessi sempre ammesso di far parte di quel 99% della popolazione che ha un suo idolo famoso con cui sogna quella storia romantica da fiaba.
Jonathan Rhys Meyers era il mio.
[STORIA IN REVISIONE]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Whatever works'
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Ero ferma sulla porta di casa per tenerla aperta mentre due o tre paramedici portavano dentro il corpo quasi esanime di mio fratello.
 La testa penzoloni sul suo petto, gli occhi socchiusi e un sorriso idiota sul viso.
Avrei voluto prenderlo a schiaffi.
- Signorina O’Keeffe, dovrebbe firmare alcuni moduli. –
Un uomo attempato mi si avvicinò porgendomi una pila di documenti che io non avevo voglia di leggere.
 Lo guardai poco interessata e mi morsi il labbro un po’ troppo forte annuendo appena e indicandogli il tavolo su cui poggiarli, prima di sparire alla sua vista seguendo i paramedici nella camera di mio fratello.
Lo poggiarono sul letto e chiusero le tende.
- Signorina O’Keeffe, suo fratello ha subito un forte…shock, le consigliamo vivamente di lasciarlo riposare e di aiutarlo ad uscirne in qualsiasi modo. –
Uno dei tre, il più giovane mi sembrava, mi si avvicinò lentamente come per non spaventarmi e mi si parò davanti in modo che non vedessi il viso febbricitante di mio fratello.
Aspettava la mia risposta ma io non facevo che fissarlo proteggendomi con le braccia strette al petto. Non volevo sentire quelle cose sapevo che…
- Parlate di uno psicologo? –
Lo chiesi in un sussurro quando in realtà l’idea era di attaccarlo, di sbranarlo e di fargli chiudere la bocca.
 Mio fratello non aveva nessun problema se non un padre che lo aveva abbandonato a soli 3 anni. Vidi la sua espressione rilassarsi un po’ e mi posò una mano sulla spalla come per calmarmi, sentì che stavo tremando e mi strinse anche con l’altra mano.
- Si, se sarà necessario. –
Sgranai gli occhi e sentì che tremavo sempre più forte presa da un attacco di panico che non potevo e non volevo spiegare.
- Io… -
La voce mi tremò, sapevo che ero ad un passo dalla frattura totale, da un punto di non ritorno.
Un petto possente però mi accolse in quell’istante, fui avvolta dal caldo abbraccio dell’uomo davanti a me un attimo prima che scoppiassi a piangere disperata.

 
 
Dopo pochi minuti andarono tutti via, il paramedico mi aveva fatto accomodare sul divano del salotto dove, nel frattempo, era arrivato anche il manager di mio fratello.
Lo odiavo, ma alcune volte la sua presenza poteva rivelarsi davvero molto utile.
Firmò tutti i documenti mentre io cercavo di liberarmi del mio stato catatonico e di rendermi utile.
Quando mi lasciarono da sola con lui sentì di poter avere un crollo di nervi che mi avrebbe fatto commettere un omicidio.
Iniziò a discutere su come tenere tutto nascosto alla stampa, di come poter riprendere con le riprese il prima possibile e soprattutto di come fare per non perdere un nuovo contratto per un film di un certo Muccino.
Ero un fascio di nervi.
Eppure rimasi semplicemente in silenzio.
Avrei voluto che si preoccupasse per la vita di Johnny, che riuscisse a capire che la sua carriera non era importante e che non c’era motivo di imbottirsi di droga con quell’oca giuliva della sua ragazza.
Fortunatamente mi fece il piacere di non farsi vedere.
Evidentemente il mio odio nei suoi confronti era talmente palese che anche un’idiota come lei avrebbe potuto capirlo imparando a mantenersi a debita distanza da me.
Molto bene.
Mi alzai dal divano dove mi avevano lasciato con un post-it stretto nella mano, mi avvicinai trascinando i piedi in cucina e attaccai con una calamita il numero di telefono scritto in nero su fondo giallo al frigorifero in modo che fosse a portata di mano se ne avessimo avuto bisogno.
Lo guardai a lungo, leggendolo e rileggendolo come se avessi voluto imprimerlo bene nella mia testa, compiendo nel mentre dei gesti meccanici che portarono nella cucina un intenso odore di caffè.
- Ottima idea Maria, un po’ di caffè non potrà che farci bene. –
Sentì la sgradevole voce di Thomas alle mie spalle e dovetti lottare con me stessa per non essere volgare con lui, poteva essermi utile mentre aspettavo i miei fratelli e allora ci avrebbero pensato loro a prenderlo a pugni per me.
Presi due tazze di ceramica dalla credenza, le riempì di caffè e gliene porsi una cominciando a sorseggiare lentamente la mia pensierosa.
Come avrei fatto ad occuparmi di Jonathan adesso che avevo ottenuto un contratto di lavoro in America?
Jamie, Alan e Paul stavano tornando adesso da un tour che però non poteva essere cancellato e sarebbero rimasti solo per pochi giorni, di affidarlo a Thomas non se ne parlava neanche e tantomeno mi sarebbe passato per la testa di lasciarlo nelle mani di quella strafatta della sua fidanzata.
Dovevo pensare ad una soluzione in meno di un mese, ammesso e non concesso che entro quel mese di marzo Johnny si fosse ripreso.
Aprì gli scaffali della cucina e buttai tutto ciò che c’era di alcolico in casa, birre comprese, cominciai a buttare tutto sotto sopra per trovare la droga che ero sicura mio fratello tenesse da qualche parte.
Come avevo fatto a non riconoscerne i segni?
Li avevo avuti tutto quel tempo sotto gli occhi.
Trovai delle piccole dosi in bagno, sotto le assi del parquet della sua camera e nelle tasche di alcuni vestiti.
Sapevo che c’era dell’altro ma finché lo tenevo sotto controllo non avrebbe potuto fare nulla e avrei potuto scoprire dove la teneva nascosta.
- Vado ad una riunione, se vedi dei paparazzi o qualcosa che possa somigliare chiama la polizia, non fare entrare nessuno e rispondi al telefono solo se necessario. –
Lo guardai con stizza e gli risposi con un gesto della mano che era più che chiaro.
- Fino a prova contraria questa è casa mia ed io faccio quello che mi pare. –
Mi fulminò con lo sguardo, presi il cappotto e se lo mise senza lasciare mai il mio sguardo, con quell’aria di sfacciata superiorità che io odiavo sopra ogni altra cosa in lui.
- Dovresti preoccuparti per tuo fratello, per la sua carriera, sei una donna senza cuore che dovrebbe davvero imparare a vivere la sua vita in modo diverso. –
- Io mi preoccupo di mio fratello, non della sua carriera ma della sua vita. E’ questo che fa una sorella! –
Non rispose, si girò stizzito ed andò via senza dire un’altra parola.
Quando la porta si chiuse tornai nella sua camera guardandolo dalla porta mentre dormiva. Respirava a fatica con le braccia bucate dalle flebo e la bocca socchiusa.
Non potevo credere che mio fratello avesse tentato il suicidio una seconda volta, pensavo l’avesse capito che era inutile e che dopo non ci sarebbe stato più nulla.
 
“ non ci sarà più il dolore…”
Lo disse sotto voce, guardando fuori dalla finestra dell’ospedale di Londra circondato da mille paparazzi in cerca di notizie.
 Il suo sguardo era vuoto e privo di quella scintilla che avevo sempre creduto fosse l’anima.
“ non ci sarà più neanche la gioia…”
Aggrottò la fronte e socchiuse gli occhi che divennero tristi.
 Reena era andata via, sapeva che questa volta non sarebbe tornata e con lei erano andati via i suoi milioni, il nome di suo padre e la possibilità di una vita diversa.
Troppe cose, troppo presto.
“vedrai che passerà Johnny, troverai di meglio!”
Gli passai una mano sulla fronte e lui voltò ancora di più la testa per non farmi vedere quella lacrima solitaria che gli rigava la guancia.
 
  
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