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Autore: unleashedliebe    01/12/2012    8 recensioni
Jade odia l’inverno: è una stagione piacevole quando si ha qualcuno pronto a proteggerti dal freddo e riscaldarti, lei invece è sola.
Poi però arriva Niall.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ooo
A Rouge,
anche se "non ti piacciono" i 1D (ma sei una Directioner inside),
vedrai che un giorno troveremo il nostro Nialler,
pensiamo positivo! Love ya.


(c)



Cold December.


I was made to keep your body warm
But I’m cold as, the wind blows
So hold me in your arms


Jade corre rapidamente fra le vie di Londra, lo zaino colmo di libri le pesa e rende i movimenti ancora più impacciati del solito – senza contare la pioggia che cade incessantemente bagnandole i capelli, i vestiti, le scarpe e gli occhi. Si maledice ad ogni passo, dopo un anno passato in quella città dovrebbe imparare che non ci si può fidare del tempo – imprevedibile e scostante – e quanto sia utile avere un ombrello a portata di mano, eppure ogni mattina si ostina a uscire di casa senza, sperando che il sole si decida finalmente a splendere, cosa che – puntualmente – non avviene. Allora corre, cerca di non prendere tutte le pozzanghere presenti lungo il suo percorso – senza avere molto successo – e impreca mentalmente per la sua sbadataggine.
Una delle cose più odiate da Jade è l’inverno: è una stagione piacevole quando si ha qualcuno pronto a proteggerti dal freddo e riscaldarti, lei invece è sola: non conosce nessuno disposto ad offrirle un ombrello, tenderle la propria giacca per non farle sentire la pioggia scrosciante, prenderla per mano per farle provare calore.
Mentre l’aria gelida di dicembre le sferza il viso e rivoli d’acqua segnano la sua pelle facendola rabbrividire, lei corre. A rigor di logica, facendo movimento fisico si dovrebbe sudare: a lei pare solamente di congelarsi sempre più.
Odia la pioggia, odia il freddo. Sono questi i momenti in cui si domanda cosa l’ha spinta a trasferirsi a Londra per studiare, forse sarebbe più indicato per lei abbandonare l’umida Inghilterra e puntare a posti caldi come l’Italia o la Spagna, peccato non sia così coraggiosa da abbandonare la propria madrepatria e imbarcarsi in una tale avventura; quindi deve imparare a sopportare i temporali improvvisi, la foschia a tutte le ore del giorno e la solitudine.
I pomeriggi passati a studiare e a fare zapping intanto si fanno sentire, avrà corso per neanche cinque minuti eppure si trova senza fiato, paonazza, di cattivo umore e sconfortata: la mattina si era anche svegliata bene, aveva aperto le finestre e il cielo era senza nuvole, poi era scesa in cucina, aveva mangiato qualche biscotto di fretta e aveva aperto la prima casella del calendario dell’avvento, mangiare quel piccolo quadretto di cioccolato le aveva fatto iniziare bene la giornata, peccato che dopo quel gesto il resto si era dimostrato un crescente disastro.
Ecco perché, appena scorge un bar poco affollato lungo la strada, vi entra senza esitare.
Un piacevole tepore la investe e tira un sospiro di sollievo; non osa immaginare in quali condizioni sia: capelli incollati al viso rosso per lo sforzo, abiti bagnati e sguardo stanco.
In sintesi, tutto tranne che un spettacolo gradevole.
Adocchia un tavolo libero in un angolo abbastanza appartato, perfetto per non essere vista in quel modo da troppe persone e vi ci si reca immediatamente. Con poca grazia tira fuori i libri dallo zaino, constatando che – per fortuna – i danni sono limitati, le pagine solo umide ma nulla di irreparabile.
«Vuole ordinare?» una voce allegra la risveglia dalla contemplazione dei vari oggetti, era così assorta dal non essersi accorta del cameriere che si era diretto verso di lei.
E, quando alza lo sguardo per rispondere, inizia a maledirsi.
Si maledice perché la mattina ha scelto di indossare un anonimo paio di jeans e un maglione color sabbia.
Si maledice perché, nella fretta, ha evitato di truccarsi almeno un po’, neanche una passata di fondotinta per coprire una parte delle sue – numerose – imperfezioni.
Si maledice perché non ha preso appuntamento dal parrucchiere per sistemare quella matassa informe di capelli sopra la sua testa.
Si maledice perché, come sempre, non ha portato con sé un ombrello, bagnandosi perciò tutta.
Si maledice perché, appena entrata, si è persa a controllare quaderni e libri invece di andare in bagno per darsi una sistemata.
Decisamente questo primo dicembre non è la sua giornata, il cameriere che la scruta in attesa di qualche segno ne è l’ennesima conferma.
E’ così bello, pensa Jade.
Lo guarda velocemente, passando per i capelli biondi – tinti, il fisico asciutto, le mani grandi e gli occhi.
Guarda le sue pupille e deve trattenersi dal sospirare sognante, ama l’azzurro in tutte le sue variazioni ed è convinta di non aver mai visto in tutti i suoi diciotto anni di vita un celeste così chiaro, puro e limpido.
Potrebbe perdersi in quella tonalità e, in effetti, è quello che fa; il ragazzo è costretto a tossicchiare per richiamare la sua attenzione.
Jade arrossisce, è proprio un disastro: chissà cosa sta pensando il giovane, probabilmente la trova ridicola e non può dargli torto.
«Oh.. sì, scusami.» bofonchia imbarazzata, «una cioccolata calda con panna e un bicchiere d’acqua.» cerca di non balbettare, ma il tremolio della sua voce lascia trasparire tutta la sua timidezza e il suo disagio, che cresce ulteriormente vedendo il sopracciglio dello sconosciuto alzarsi mentre segna l’ordinazione: nel suo lavoro ha ricevuto le richieste più strane, ma mai una ragazza gli ha domandato una bevanda calda accompagnata da acqua.
È quello che, invece, prende sempre Jade: una cioccolata calda per scaldarsi in fredda, un bicchiere d’acqua da bere subito dopo perché la lingua si scotta visto che non aspetta che si raffreddi, tanto il bisogno di sentire tepore.
«Ehi, tenga.» due minuti dopo il ragazzo è di nuovo lì, sempre sorridente.
Cerca di sorridere anche lei mentre, impacciata, porge i soldi al ragazzo. Probabilmente le esce una smorfia, ma è il meglio che riesce a fare. Odia sentirsi costantemente a disagio quando è fra la gente, c’è sempre quel senso inferiorità che la colpisce facendola sentire fuori posto, soprattutto quando il suo aspetto non è dei migliori e davanti a lei si trova uno dei ragazzi più belli che abbia mai visto.
Scruta un attimo la sua maglietta e nota la targhetta “Horan” su di essa, probabilmente è il cognome. Non pensa sia inglese, vorrebbe sapere di più su di lui ma non hai il coraggio per fare alcuna domanda. Perciò tace.
«Grazie!» risposte, lui la fissa per qualche istante e poi torna dietro al tavolo, dedicandosi agli altri clienti.
Come di routine, Jade beve tutta la cioccolata scottandosi la lingua e poi cerca di darsi sollievo bevendo la bibita più fresca.
Ci riesce, peccato che poi le rimanga quel formicolio spiacevole al palato, è un prezzo che paga volentieri però: almeno si sente più umana e meno ghiacciolo.
Si intrattiene nel locale per un’altra mezz’ora, alternando lo sguardo tra la gente che passa fuori, il suo tavolo, Horan e il paesaggio esterno, così da cercare il momento giusto per uscire.
Il maltempo non sembra però intenzionato a passare, così è costretta ad uscire sotto la pioggia – di nuovo.
Nessuno le porge un ombrello, nessuno le offre un passaggio, nessuno le presta attenzione.
Come sempre.

* * *

Passano le settimane, ma la situazione rimane la stessa.
Jade è in una delle tante vie di Londra, la borsa a tracolla che le distrugge la spalla destra e il braccio sinistro teso verso l’altro per cercare di evitare l’acquazzone che sembra non volerla risparmiare. E corre.
Stavolta però sa dove andare, lo stesso posto in cui si è recata molti giorni prima – Rouge Cafè – mentre era intenta a scappare dall’ennesima ondata di maltempo e dove aveva visto quel ragazzo, lo sconosciuto capelli-biondi-occhi-azzurri- più-belli-mai-visti-sorriso-sempre- stampato-in-volto-e-voce-dolce Horan.
È diventata una meta fissa, ci va quasi ogni giorno appena finisce lezione per ordinare rigorosamente la sua cioccolata calda con panna e bicchiere d’acqua e il ragazzo non si stranisce ormai più della sua ordinazione.
Anche quel giorno vi entra, sospira e si siede al solito tavolo. Aspetta un minuto e rimane stranita quando nessuno viene a ordinare, di solito il ragazzo arrivava subito. Non sapendo cosa fare, pensa a quel poco che ha scoperto di lui in quel mese.
Horan è il cognome, il capo lo chiama sempre così, probabilmente perché sa che il giovane lo odia, l’ha capito dal modo in cui arriccia la bocca infastidito ogni volta che si sente appellato in tal mondo.
Lavora dalle quattordici alle diciotto ogni pomeriggio, aveva detto l’orario mentre era al telefono con qualcuno, probabilmente la madre.
Ama il verde, indossa almeno una volta alla settimana una maglietta di quel colore.
Ha una – strana – passione per Justin Bieber, più volte lo vede cantare a bassa voce delle sue canzoni mentre passa fra i tavoli.
Adora il cibo, è sempre impegnato a sgranocchiare qualcosa fra un’ordinazione un’altra.
Queste sono le informazioni che ha raccolto in quell’arco di tempo, si è resa conto però di voler sapere di più su di lui, il problema è che non ne ha il coraggio, non è sfrontata né maliziosa, non sarebbe mai in grado di avvicinarsi a lui e iniziare a chiacchierare con disinvoltura, anzi: probabilmente inizierebbe a balbettare e poi scapperebbe via dalla vergogna.
E’ così persa fra i suoi pensieri che, quando qualcosa viene posato sul suo tavolo, sobbalza dalla sorpresa.
Una cioccolata calda con panna e un bicchiere d’acqua.
Alza gli occhi e ritrova la figura del ragazzo davanti, con gli angoli della bocca arricciati all’insù e gli occhi più luminosi del solito.
«Ecco a lei.» Jade vorrebbe ridere, è così strano sentirsi dare del lei da un suo pressoché coetaneo, però si limita a sorridere imbarazzata.
«Ma io..» vorrebbe dire che non ha ordinato nulla, tuttavia viene subito bloccata.
«Me ne sono ricordato, è da un mese che vieni qua e prendi sempre lo stesso.» in un attimo passa al tu, una piccola conquista per entrambi.
«Oh, già.» stupida, non riesce a smettere di affidarsi i peggiori epiteti mentalmente, finalmente Horan le parla e lei non è in grado di intrattenere una conversazione decente o, almeno, dare una risposta che comprenda più di due monosillabi messi in croce. Stupida.
Il biondo getta un’occhiata al bancone del bar e appena vede che il capo è andato in pausa e che, quindi, non lo prenderà a parole se nota che non lavora, si siede di fronte a lei senza chiedere nulla.
A Jade sembra un po’ di sognare: tutto è così inverosimile. Lui, lei, loro.
«Posso?» chiede poi, indicando il posto in cui si è seduto.
«Beh, ormai..» risponde cercando di non far trapelare la sua felicità.
Horan ride e lei giura di non aver sentito mai suono più bello, anche perché quella melodia è nata a causa sua.
«Come ti chiami?» le domanda.
«Sono Jade, tu?»
«Niall, piacere.»
Horan-occhi-belli-voce-dolce-sorriso-magnifico si chiama Niall, che nome strano – pensa, eppure le piace, ha un suono vellutato. Sì, le piace proprio– come lui, d’altronde. Le sembra di sentire anche un “finalmente” pronunciato a bassa voce dopo “piacere”, ma probabilmente si sbaglia.
Invece no.
Jade non può saperlo, ma anche Niall ha passato pomeriggi ad osservarla, cercando il giusto momento per tentare un approccio. Alla fine si è deciso, non sa perché proprio quel giorno, forse ha temuto avrebbe smesso di venire prima o poi, così si è lanciato.
«Allora, cosa ti porta in questo bar ogni giorno?»
Te. «La pioggia, dimentico sempre l’ombrello.» dice mentre guarda fuori, il temporale deve ancora smettere, meglio: ha una scusa per rimanere lì il più a lungo possibile.
«Sai che esistono degli oggetti – fin dall’antico Egitto – che si chiamano ombrelli, che servono proprio per proteggere dalle intemperie?» ridacchia mentre la prende in giro e sorride vedendo come le sue guance prendono velocemente colore. È buffa.
«Lo so ma.. niente, mi piace questo posto.» scrolla le spalle e alza lo sguardo verso Niall, è la prima volta che lo vede da così vicino e, se possibile, le sembra ancora più bello.
«Di dove sei?» gli chiede, finalmente ha l’opportunità di sapere le sue origini, non è ancora riuscita a decifrare il suo accento. Vuole conoscerlo.
«Mullingar, in Irlanda. Tu sei di qui?»
Ecco spiegato il "mistero", è irlandese! Ecco perché è così simpatico – pensa, gli irlandesi sono adorabili.
«Sono nata a Leicester, sono venuta qui per studiare.»
«Cosa?»
«Studio fotografia. Tu invece, cosa fai qui Niall?» pronuncia apposta il nome del ragazzo, vuole sentire come suona detto dalle sue labbra e si accorge di come suoni bene, giusto.
«Frequento un’accademia di musica: canto e suona la chitarra. Per pagarla devo lavorare.» spiega allegro.
«Quindi vorresti fare il cantante?» cerca di immaginarselo sopra ad un palco, su uno sgabello, con la chitarra sulle gambe e il microfono tenuto dolcemente fra le mani. E’ una scena perfetta. Sarebbe un soggetto affascinante da immortalare con la sua macchina fotografica.
«Sì.. ma la vedo difficile.» confida, c’è tanta competizione nel campo musicale ma lui è ostinato, è il suo sogno e vuole realizzarlo.
«Tu diventerai famoso, magari con una band.. girerai il mondo, conquisterai le ragazzine: Niall Horan, beh il nome da persona importante ce l’hai.. e io sarò la fotografa ufficiale.» dice ridendo, contagiando anche l’altro.
«Sarebbe bello.» la dolcezza con cui pronuncia queste due parole la fa tremare e arrossire.
Si sorridono e cominciano a parlare, saltano di argomento in argomento, scherzano come vecchi amici, si guardano e tornano a sorridere.
Intanto il tempo passa, l’altro cameriere in servizio lavora anche per Niall, ha deciso di lasciarlo stare: dopo tanto tempo è riuscito a parlare con quella sconosciuta e non vuole rovinare l’atmosfera, perciò li lascia indisturbati nella loro “bolla”.
Le tre diventano le quattro, le quattro le cinque e così arriva l’ora di andare a casa per Jade.
«Oh, si è fatto tardi, cavolo!» mormora dispiaciuta, controllando l’orologio. Fuori comincia a fare buio, la pioggia continua a cadere comunque, però è meglio non intrattenersi oltre.
Fa per tirare fuori il portafoglio ma l’irlandese la blocca.
«Offro io, sono contento di essere finalmente riuscito a parlare con te, Jade.»
Se potesse, si metterebbe a saltare per il locale tanto è contenta di sentirlo pronunciare una frase così.
«Grazie, davvero. Anche per questo pomeriggio.» si alza dalla sedie e raccoglie la sua giacca leggera, ancora bagnata.
Si avvicinano insieme verso l’uscita, quando Niall le prende la mano e la blocca.
«Tieni.» dall’attaccapanni vicino alla porta sfila un giubbotto di pelle nera e glielo posa sulle spalle.
Jade si sente un attimo smarrita, sia dal gesto sia dall’odore maschile che quel capo porta con sé.
Odora di Niall. Odora di buono.
Le porge poi anche un ombrello. «Io abito qui vicino, non mi serve. Mi riporti tutto la prossima volta.» spiega.
Entrambi sorridono, consapevoli che ora hanno un motivo in più per rivedersi.
La giovane esce, viene colpita da un’ondata di aria fredda che le provoca brividi ovunque.
Eppure, nonostante le gambe tremino per il freddo, le guance siano arrossate e i vestiti non siano ancora asciutti, per la prima volta dopo tanto tempo sente caldo.
E, come fa da più di un mese, corre.

And the feeling I forget
I’m in love now


L’inverno è bello se hai qualcuno che ti riscalda e lei, in questo momento, non sente alcun tremore.
Jade sta cominciando ad amare il freddo.


* * *



Angolo "autrice"
Buonasera gente di EFP! Sono tornata con la mia settima OS sui One Direction,
(se volete leggere le altre basta andare sulla mia pagina autrice)
non c'è niente da dire, sono i personaggi perfetti per scrivere! :°D
Che dire su questa storia? L'idea l'avevo in mente da un po', oggi finalmente l'ho buttata giù!
E' stata una settimana infernale, tanto per concludere un mese ancora peggiore ç_ç
Oggi è il primo dicembre, speriamo vada meglio (intanto sono felice perché ho comprato il biglietto per il concerto dei Mars - non interessa a nessuno, ma dettagli lol)
Spero che questa OS vi sia piaciuta, è una delle mie solite storie dolci e romantiche, non so scrivere altro!
La canzone citata all'inizio e alla fine è Kiss Me di Ed Sheeran, se non la conoscete vi consiglio di ascoltarla.
Detto questo, una recensione mi farebbe felice! Vi richiede solo qualche minuto e mi rallegrerebbe la serata lol
Sono consapevole questa storia si perderà fra tutte le altre 23456789, nevermind!
Okay, questo angolo autrice sta diventando più lungo della storia >_____<
(Ah, ho scritto December con la lettera minuscola nel banner, però non avevo voglia di rifarlo, fate finta di nulla!)
Concludo qua! Se volete, mi trovate su twitter: @xunleashedliebe
Un bacio.
   
 
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