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Autore: Nivees    03/12/2012    4 recensioni
{ Libertá/Nova }
Provò a fare un passo, poi un altro; la presa sul suo braccio divenne più forte, ma non ci diede peso, continuando ad avanzare verso quel calore che lo attirava quasi come una calamita.
Si sentiva un po' come una falena, che si avvicinava al fuoco brillante e dai colori accesi.
Avrebbe fatto la stessa fine, lui? Si sarebbe bruciato?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Libertà, Nova
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Fight fire with fire.
Autore: Nivees.
Fandom: La Storia dell'Arcana Famiglia.
Personaggi: Libertá/Nova.
Note e Avvertimenti: Introspettivo; What if..?
Rating: Giallo.
Trama: Provò a fare un passo, poi un altro; la presa sul suo braccio divenne più forte, ma non ci diede peso, continuando ad avanzare verso quel calore che lo attirava quasi come una calamita.
Si sentiva un po' come una falena, che si avvicinava al fuoco brillante e dai colori accesi.
Avrebbe fatto la stessa fine, lui? Si sarebbe bruciato?
Desclaimer e crediti: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente. Inoltre questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
Note Autrice (?): Partecipa alla challenge ‘35 Passi’ sul forum di EFP. Numero 10, prompt ‘incendio’.






Fight fire with fire

 

Il fumo nero saliva verso il cielo notturno, riempiendo così l'aria di uno sgradevole odore di bruciato. Ciò fece tossire più di una persona, che non poteva fare altro che assistere, impotente, a quello spettacolo disastroso, scappando il più lontano possibile dall'abitazione in rovina.
«Libertá! Che diavolo stai facendo? Sbrigati e dai una mano!».
Il biondo, però, sembrava non ascoltare nemmeno le parole del ragazzo accanto a lui. I suoi occhi osservavano vacui quelle fiamme rosse e gialle ingrandirsi sempre di più, senza dare il minimo segno di volersi placare, nonostante gli altri membri della Famiglia si erano già messi all'opera per domare l'incendio.
Quella scena era così dannatamente familiare: dov'era che aveva già assistito ad una cosa simile? Perché ciò rendeva il suo petto così opprimente, quasi come se fosse schiacciato da qualcosa di molto pesante, e la testa sembrava che volesse scoppiare da un momento all'altro?
«Libertá!».
Ignorò di nuovo il richiamo di Nova. Sentì a malapena la sua mano appoggiarsi sul suo braccio in un gesto piuttosto secco, per scrollarlo da quella posizione di immobilità che aveva assunto appena arrivato lì. Provò a fare un passo, poi un altro; la presa sul suo braccio divenne più forte, ma non ci diede peso, continuando ad avanzare verso quel calore che lo attirava quasi come una calamita.
Si sentiva un po' come una falena, che si avvicinava al fuoco brillante e dai colori accesi.
Avrebbe fatto la stessa fine, lui? Si sarebbe bruciato?
Le fiamme lo avvolsero in un attimo, le grida alle sue spalle si attuirono; divennero solo un'eco lontano, sopraffatto dal crepitare del fuoco attorno a lui.
Brucia. Lo aveva detto quel giorno, si ritrovò a pensare. Quel giorno che quell'uomo mascherato lo portò via dall'orfanotrofio. Era bastata quella semplice parola sussurrata ad una candela accesa, per far sì che intorno non ci fosse altro che fuoco, fiamme, rosso e caldo. Ora lo ricordava, ma di cosa se ne faceva di quel ricordo adesso? Non gli sarebbe servito a niente in quella circostanza. Non poteva spegnere quel fuoco divampante con solo una parola.
Se Felicitá fosse stata accanto a lui, forse non si sarebbe avventurato da solo nell'abitazione rovente: sarebbe restato accanto a lei, o al massimo avrebbero aiutato a domare il fuoco dall'esterno, e non dall'interno come aveva intenzione di fare lui ora. Non avrebbe mai messo la Principessa in pericolo, non in questo modo almeno.
Lei comunque non c'era. E lui non era abbastanza forte.
Ringhiò, dando un pugno alla sua destra ad una trave inclinata, che al suo minimo tocco cadde a terra. Gli bruciò la mano, segno che il fuoco era ormai diventato troppo ingombrante e non gli aveva lasciato altra via di scampo.
«Libertá!». Ancora sentiva Nova chiamarlo e sorrise, portando una mano sulla sciabola che aveva appesa al fianco: non si sarebbe mica arreso per così poco, lui. Non quando fuori c'era il tappo che, sicuramente, stava di nuovo inveendo contro la sua idiozia e al suo agire senza pensare.
Cercò di farsi spazio tra le fiamme. Il calore stava iniziando ad essere insostenibile, il fumo gli entrava nelle narici e gli rendeva impossibile anche solo respirare normalmente.
Ma non si sarebbe arreso: non ora che ricordava, e che doveva chiedere spiegazioni a Dante sul suo passato, sul suo potere, e ad altre questioni ancora da risolvere.
Qualcosa lo colpì – non troppo forte, però – la schiena, facendogli quasi perdere l'equilibrio, «Brutto idiota!» berciò Nova al suo fianco, prendendolo per il colletto della manica per abbassarlo alla sua altezza e gridargli con maggior facilità in viso, «Ti arrabbi così tanto quando ti faccio notare quanto siano stupide le tue azioni, eppure non fai assolutamente niente per farmi cambiare idea! Ti sembra normale entrare in un edificio in fiamme, da solo, senza mezzi per sopravvivere, per di più sembrando come se non fossi nemmeno presente mentalmente?».
Libertá sgranò gli occhi, osservando quelli glaciali di Nova ardere di rabbia – e preoccupazione? – davanti a sé. Mostrò i denti, ignorando il dolore delle scottature che iniziavano a bruciare in molteplici parti del corpo, e con un gesto secco si liberò dalla presa ferrea del più basso.
«Nessuno ti ha detto di seguirmi, tappo» gli fece notare, prendendogli saldamente un polso per poterlo trascinare con più facilità verso l'uscita – anche se nemmeno lui stesso sapeva dove si trovasse, ma era certo che l'avrebbe trovata, fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto in vita sua.
E se proprio doveva fare la sua parte, Libertá decise che andava bene qualsiasi uscita avessero trovato, purché fossero in salvo in qualche modo.
I cocci di vetro della finestra che infranse – dopo che si ebbe lanciato contro, tirando anche Nova con sé – lo ferirono da qualche parte, ma non vi badò. L'aria fresca della notte lo colpì in pieno viso e ne fu così contento, ritornando finalmente a respirare.
«Ma direi che, forse, questa volta mi sono meritato la tua strigliata» continuò, una volta atterrati sul prato nel retro, e da lì poterono entrambi risentire quanto la Famiglia si stesse dando da fare per spegnere l'incendio – e ritrovarli, «Altrimenti, non sarei mai uscito da lì, da solo».
Nova non rispose. Si alzò soltanto da terra, rosso in volto – forse dal fatto che Libertá aveva attuito la sua caduta tenendolo tra le braccia – e dandogli le spalle, «Ora sii più utile e aiuta a spegnere il fuoco, senza fare altre scemenze» mormorò freddo, camminando a passo di marcia per raggiungere gli altri.
«Sì sì».
Sorridendo, anche se un po' dolorante, Libertá lo affiancò. Dopo aver spento l'incendio, gli avrebbe chiesto se avesse voluto accompagnarlo da Dante per chiedergli spiegazioni. Era più che convinto – conoscendo il ragazzo – che la sua risposta sarebbe stato un secco No, ma infondo sapeva che alla fine non lo avrebbe lasciato da solo. Proprio come aveva fatto giusto pochi minuti prima.
«E smettila di chiamarmi tappo» disse, porgendogli un secchio colmo d'acqua, serio in volto.
Riporse la spada nella sua federa e lanciò l'acqua contro il fuoco.
«Certo certo... tappo».

  
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