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Autore: Logan0388    07/12/2012    1 recensioni
E se la discendenza delle Muse si prolungasse oltre il periodo nel quale è ambientato il romanzo di Falconi? Se non ci soffermassimo solo nel 2012 di Alice De Angelis, ma guardassimo oltre? In un futuro distopico in cui ogni cosa è stata ribaltata?
"Discendenza muta" è ambientata nel 2987; le gesta di Alice, Lou, Patricia e le altre Muse sono ormai un lontano ricordo. Talmente lontano al punto che neanche Vince Steel, il nuovo discendente di Euterpe, ne è a conoscenza.
Vi auguro una buona lettura :)
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Guardami.»
Avrebbe voluto rispondere. Dirgli di andare a farsi fottere, per il semplice e puro piacere di istigarlo e far accrescere la rabbia nei suoi confronti.
Avrebbe voluto, ma non ci riuscì: la sua gola era arida come il deserto nel quale si trovava la base in cui l’avevano condotto.
Non avevano fatto altro che interrogarlo, promettendogli in cambio qualcosa che non avrebbe ricevuto: la libertà. Non era incosciente, sapeva bene che la sua unica ricompensa sarebbe stata – nel migliore dei casi – una pallottola in mezzo agli occhi.
Il suo corpo? Gettato in pasto ai Coyote Tera.
Di conseguenza non aveva detto una parola su ciò che volevano sapere; in quattro giorni non avevano ricevuto alcuna informazione da parte sua… e lui non aveva ricevuto cibo né acqua. Tutto ciò che gli avevano dato era stata una cosa che credeva ormai fuori produzione e di cui da piccolo andava ghiotto: una Gibsy Bum. Non lo sfiorò nemmeno, chissà con quali tipi di droghe avevano imbottito quel confetto. Più di una volta si era chiesto se la sua continua nemesi, quel gruppo chiamato Pragmatici, fosse composta da gente talmente idiota da credere che lui avrebbe ceduto davanti ad un chewingum. Aveva provveduto a farlo sparire, schiacciandolo sotto il peso dello scarpone.
Gli interrogatori erano continuati; le torture erano all’ordine del giorno; l’acqua solo un miraggio. Non l’avevano però ucciso: serviva vivo se volevano arrivare al loro scopo ultimo.
Fortunatamente aveva ancora i bottoni della giacca ormai logora: metterli in bocca e succhiarli manteneva in circolo la salivazione, evitando così la disidratazione. Aveva sfruttato quel trucco sin dal primo giorno di prigionia… fino a due giorni fa. Aveva visto il calcio di un fucile colpirlo sul viso, e si era risvegliato solo con dei boxer addosso.
Era finita, pensò inginocchiato mentre le raffiche di vento colpivano il suo corpo deturpato da molteplici cicatrici. Se non l’avessero ucciso sarebbe morto di sete.
Non gli importò più.
Aveva ormai parlato contro la sua volontà: da parte sua si era limitato a perdere i sensi per aver superato la soglia della resistenza fisica, il resto l’aveva fatto il siero della verità iniettatogli dopo aver ripreso coscienza.
Perché non ci avevano pensato prima? Perché spingerlo fino a quel punto?
La risposta arrivò subito dopo. Che stupido, era logico.
Il suo dono. La sua dote. Si era indebolita tanto quanto lui, diventando quindi vulnerabile. Aveva rivelato inconsciamente la posizione degli altri otto membri del suo gruppo.
Il suo compito era finito.
Non aveva opposto resistenza quando l’avevano preso con la forza e gli avevano legato i polsi dietro la schiena per poi condurlo all’esterno. La luce di una falce di Luna, che illuminava il deserto e la vegetazione, gli aveva fatto capire di essere ancora in Arizona… o forse nel Nevada. In quel momento, un luogo valeva l’altro.
«Vince Steel! Mi hai sentito?»
Una mano gli afferrò i capelli sporchi di polvere, costringendolo ad osservare l’ammasso di muscoli che aveva di fronte. Gli occhi grigi di Vince puntarono quelli color ghiaccio dell’uomo dalla carnagione scura.
Cos’altro voleva da lui?
«So bene che se tu potessi, uccideresti me e tutti i miei uomini. Spazzeresti via questa base in qualche secondo» sussurrò a denti stretti l’uomo il cui cognome, da quanto riportava la targhetta dell’uniforme, era Parker. «Credendo così di aver sconfitto i Pragmatici, proprio come pensavano di aver fatto i vostri antenati del 2603. O ancora prima: nel 2012, quasi un millennio fa.»
Il cuore di Vince parve fermarsi all’improvviso.
Mille anni. Quella lotta andava avanti da così tanto tempo… e chissà da quanto prima.
Tentò di deglutire, ma il dolore che gli provocò quel semplice gesto lo portò a stringere i denti e gli occhi.
«Fortunatamente nel tempo i vostri protettori si sono estinti uno dopo l’altro. Quegli…Eclettici. Non facevano altro che ostacolarci e proteggervi.»
«Non so…» sussurrò il ragazzo trentenne.
Parker tirò con più forza i capelli di Vince tendendo l’orecchio. «Come dici?»
«Non so di cosa parli.»
L’uomo ridacchiò beffardo alzando gli occhi verso la Luna. «Ovvio che no. Ma non importa, non sono più un problema da parecchio tempo. Così come non lo sarai tu.»
 Ecco quindi l’ora X. Avrebbe lasciato i suoi compagni al loro destino, spezzando così la discendenza delle Muse. Chiuse gli occhi e prese una grande boccata d’aria ricca di terra che gli bruciò in gola.
«Nonostante io lo desideri, ho l’ordine di non ucciderti» affermò Parker. «Ma ti sei chiesto come il diretto discendente di Euterpe potrebbe invocare le tre Grazie, se qualcuno gli tranciasse di netto la lingua?»
Vince sgranò gli occhi terrorizzato. Avrebbe preferito la morte piuttosto, ma quella gli era stata negata. Prima di poter rendersi conto di cosa stesse succedendo, avvertì la mano dell’uomo afferrargli la lingua e tirarla a sé come se volesse strappargliela.
Il sibilo colpì il suo udito.
Un’esplosione di dolore alla bocca, e il sangue sgorgò.
  
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