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Autore: misScarlett    08/12/2012    1 recensioni
[Multicapitolo, seguito personale della 1x17 - Alice/Mad Hatter story]
"There is never a time or place for true love. It happens accidentally, in a heartbeat, in a single flashing, throbbing moment."
Fin da quando Jefferson è arrivato alla Corte della Regina dei Cuori, il suo pensiero fisso è quello di creare un cappello che lo riporti dalla sua Grace. Ha perso il senno, tanto da essersi guadagnato l'appellativo di Cappellaio Matto. Ma se l'amore è la magia più forte di tutte, c'è la possibilità che qualcuno possa riportarlo alla ragione?
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jefferson/Cappellaio Matto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Fa che funzioni, fa che funzioni. FA CHE FUNZIONI! Fachefunzionifachefunzioni…
Jefferson continuava con quella frase da un tempo che non sapeva più definire. Settimane, forse solo pochi giorni, mesi, forse solo qualche ora. Era impazzito. Faceva un cappello, poi provava a farlo funzionare. Era ogni volta tutto inutile e allora iniziava da capo. Intorno a lui vi erano sempre più cappelli a cilindro, che sembravano non finire mai: aumentavano di minuto in minuto, o forse erano tempi più lunghi, ma lui non sapeva. Era solo il Cappellaio Matto. Alla corte della Regina di Cuori ormai era conosciuto con quel nome, probabilmente per via di quegli occhi spiritati che aveva costantemente e per il fatto che si spostasse dalla stanza dei cappelli solo per necessità primarie, dormire, mangiare. Non curava più il suo aspetto, niente aveva più senso o importanza a parte cercare di far funzionare un cappello e tornare da Grace. La sua piccola era la sola cosa che lo tenesse ancora lucido, seppur poco. Ma ogni giorno che passava portava via con sé un pezzo delle sue speranze, finché non sarebbe arrivato a non averne più, a perdere se stesso completamente. Aveva finito un altro cappello e ora lo fissava, con sguardo vuoto. Aveva già visto la stessa scena troppe volte per crederci davvero. All’improvviso l’immensa porta della stanza – tutto in quel regno era enorme e pomposo – si aprì con gran rumore. Jefferson alzò spaventato lo sguardo, fissando con il suo sguardo pazzo l’annunciatore personale della Regina.
- Sua Maestà la Regina di Cuori richiede la sua PRESENZA! Venga con noi, SUBITO!
Urlava sempre alla fine di ogni frase, senza motivo. Jefferson, tuttavia, non mutò la sua espressione, così le guardie lo presero di peso – senza che lui opponesse resistenza – e lo portarono via, verso la sala del trono, in cui la regina si nascondeva dietro una maschera. Il perché gli sfuggiva ancora. Qualche minuto e fu davanti all’intera Corte reale, che lo guardava e bisbigliava come la prima volta che era capitato in quel mondo che di meraviglioso aveva ben poco. Vide l’ombra della donna rossa bisbigliare qualcosa, poi urlata dal solito valletto.
- Sua Altezza ha un compito da affidarti, CAPPELLAIO!
Jefferson si inchinò, come aveva imparato a fare per non essere decapitato, e inespressivo, con lo sguardo vacuo, fissò tutto intorno a lui come per confermare a se stesso che era davvero dove si trovava. Non era un sogno, purtroppo.
- Pronto a servire i desideri di Sua Maestà.
Il suo tono era così atono che era fin troppo evidente quanto non sentisse nulla di quanto aveva espresso, né rispetto né lealtà verso la Regina o chiunque dei presenti. Non gli importava nemmeno di quale fosse il compito, purché gli fosse permesso di continuare a fare cappelli per cercare di uscire da lì. La Regina bisbigliò ancora.
- La Regina di Cuori sa TUTTO! Ed è venuta a conoscenza della presenza di un’intrusa nel nostro prezioso Paese delle MERAVIGLIE! Tu sarai incaricato di partire fuori dal castello e trovarla in modo che venga portata qui e DECAPITATA!
- Io devo… I-Io devo fare i cappelli. Cappelli… Fare i cappelli.
Rispose così Jefferson, guardingo e sentendosi minacciato. Guardò le reazioni dei presenti, molti dei quali apparivano scioccati per quell’indiretto rifiuto. Nessuno poteva opporsi alla Regina di Cuori. Assolutamente non un’anima. Vide la Regina irrigidirsi e comunicare qualcosa al valletto. Quello immediatamente si mise sull’attenti una volta percepito l’ordine e si mise a gridare che la regina voleva stare sola con il Cappellaio. In pochi minuti erano spariti tutti. Passò qualche lento secondo prima che la donna si muovesse.
- Quello che volevi dire prima e che non farai quanto ti ho ordinato?
La voce della Regina si alzò sicura e ferma, con un tono gelido e soave al tempo stesso, inquietante e melliflua. Si tolse la maschera che le copriva il volto, mostrando una donna non più giovane ma che conservava la bellezza che doveva esserle sicuramente appartenuta un tempo. Jefferson scosse la testa, dando quindi una risposta ambigua.
- Parla, Cappellaio.
- Devo fare. Fare i cappelli.
Con un solo gesto della mano, la Regina lo immobilizzò portandolo vicino a sé in un attimo. Il suo sguardo era crudele, il suo sorriso era sadico.
- Tu farai esattamente quello che dico io o farò in modo che tu non te ne vada mai da questo posto. E mi sembra che tu, invece, ci tenga particolarmente, sbaglio?
Jefferson sembrò riappropriarsi istantaneamente della ragione. Guardò la donna capendo seriamente la situazione in cui si trovava: stare lì per sempre avrebbe significato non vedere più Grace, non poterla riabbracciare e vederla crescere. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
- D’accordo. Farò quello che ordinate. Ma promettetemi che mi farete uscire di qui. Promettete!
La Regina rise, e non disse altro. Jefferson si sentì colpito da una forza oscura, crollò e non ricordò più nulla fino al suo risveglio.
Fu una strana luce a svegliarlo. Quella a cui era abituato era spenta, come se alla Corte della Regina non fosse accettata troppa luce, perché avrebbe potuto dare fastidio a Sua Maestà. Questa era forte, strana e piacevole. Aprì lentamente le palpebre, lasciando abituare gli occhi a quella nuova sensazione. Iniziò a mettere a fuoco quanto aveva intorno: fiori giganteschi che sembravano guardarlo e ridere di lui, piante mai viste, animali sconosciuti. Il tutto era intriso di colori saturi e intensi, vivi, eccentrici. Il suo sguardo non riusciva a contenere tanta meraviglia. Ora poteva darsi una spiegazione per il nome di quel luogo, che fino ad allora gli era sembrato più simile ad un manicomio, che altro. E quando stai vicino ai matti, finisci per diventarlo anche tu. Si alzò lentamente, ancora stordito. Improvvisamente sentì passi veloci, rami che si spezzettavano, foglie che frusciavano. Si voltò ma non vide niente: solo le cose che erano lì anche un minuto prima.
- Come sei riuscito ad arrivare qui all’improvviso?
Una voce di donna - delicata ma squillante - lo colse di sorpresa; arrivava proprio da dove aveva sentito quel rumore di passi. Si girò lievemente e vide a chi apparteneva: una ragazza, dai lunghi capelli biondi e lisci, anche se parecchio scompigliati, che le cadevano in alcune ciocche sul viso. Aveva un vestito bianco e celeste, sporco di erba e di terra, come se fosse caduta ripetutamente e non le fosse importato molto di pulirsi o risistemarsi. Lo fissava con i suoi occhioni blu, vispi e curiosi. Era vestita come una bambina, ma non lo era.
- Tu chi sei?
La bionda inclinò la testa di lato, contrariata. Aveva entrambe le mani intrecciate dietro la schiena e adesso avanzava verso di lui osservandolo, incuriosita.
- Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda, è maleducazione. Comunque, io farò la persona educata. Mi chiamo Alice.


[Note dell'autrice: questo è il mio primo capitolo della storia su Alice e Jefferson/Il Cappellaio Matto. Ho deciso di farla in capitoli per approfondirla meglio, perchè nei due personaggi fiabeschi vedo una potenziale coppia che adorerei! Fatemi sapere che ne pensate, ogni recensione è importantissima per me! Baci, al prossimo capitolo! :** ]
  
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